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Il Lago e la comunità bientinese

La Toscana fornisce uno degli esempi più importanti di territorio regionale in cui emergono “gli strumenti fondamentali di conquista e di organizzazione degli spazi agricoli: i diversi presidi extra-agrari, le città, e la bonifica”174. Quest’ultima, in particolare, non è il frutto di un processo graduale, consapevole ed inevitabile: essa provoca forti resistenze da parte delle preesistenti economie della palude, fonte di sostentamento (e non solamente una iattura) per le comunità insediate sul territorio. In particolare, l’area del lago di Bientina rappresenta una delle situazioni più interessanti in ambito non solamente toscano: un ampio bacino lacustre che costituisce “una riserva importante di risorse e lavoro per le popolazioni circostanti”175

e che, dopo tanti tentativi e contrasti, viene completamente essiccato alla metà dell’Ottocento. Il legame plurisecolare della comunità bientinese con l’area umida permette dunque di studiare una società contadina molto particolare, scomparsa con la realizzazione della bonifica, “portatrice di una «cultura idraulica» di tradizioni secolari che si era sviluppata nel contesto del rapporto quotidiano con le acque”176

.

L’area umida di Bientina, conosciuta nel medioevo come Lago di Sesto (dal nome di un’abbazia edificata sulle sue sponde), comprende le acque di un

174 P. BEVILACQUA, «Tra Europa e Mediterraneo. L’organizzazione degli spazi e i sistemi agrari» in Storia

dell’agricoltura italiana in età contemporanea. Vol. I, Spazi e paesaggi, Venezia, 1989, citato in A. ZAGLI, Il lago e la comunità. Storia di Bientina un «Castello»di pescatori nella Toscana moderna, Firenze, 2001, p. 18.

175 A. ZAGLI, op. cit., p. 20. 176 Ibidem.

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bacino geografico di 500 Km² circa che va dai Monti Pisani alle colline di Altopascio e Montecalvoli, includendo anche i rilievi che scendono nella pianura lucchese. Il lago ha figura allungata ed irregolare e si colloca nella parte nordoccidentale del Granducato, in direzione di Pisa, confinando ad est con la Valdinievole, attraverso la pianura di Altopascio e i rilievi delle Cerbaie, a nord- ovest con la pianura lucchese, toccando a settentrione i poggi di Montecarlo e Porcari, e a sud con il Valdarno Inferiore; in sostanza, il bacino lacustre costituisce “una profonda depressione fra il corso del fiume Serchio a nord ed il corso dell’Arno a sud”177

. All’inizio dell’epoca storica, il Serchio entra nel lago di Bientina per poi immettersi in Arno presso Vicopisano.

Fin dai tempi più remoti vi sono segni di insediamenti umani, dislocati variamente a seconda dell’estensione del lago: dalle piroghe dell’età del ferro ritrovate nella zona di Orentano agli insediamenti pre-romani ed etruschi e alle tombe romane del I secolo a.C. Con il crollo dell’Impero Romano e le invasioni barbariche, vengono meno le reti di gestione territoriale e vanno in rovina le “grandi realizzazioni tecniche operate dai romani in campo idraulico e stradale”178

. Il basso medioevo è caratterizzato da ricorrenti conflitti militari e il bacino bientinese diventa una zona di confine fra diverse entità in lotta tra loro come Lucca, Pisa e Firenze: il prevalere ora dell’una ora dell’altra, delinea una storia del territorio decisamente conflittuale in cui i lavori pubblici vengono concepiti in funzione della guerra. Con l’avvento del predominio di Firenze e la prima conquista di Pisa nel 1406, il bientinese viene inglobato nello Stato fiorentino e il castello di Bientina sottoscrive delle «capitolazioni» che riconfermano le sue prerogative sul lago e, allo stesso tempo, avviano “la penetrazione della legislazione e delle normative fiorentine in ambito locale”179

. Alla fine di questo processo di assimilazione sono due le entità statali che si

177 A. ZAGLI, op. cit., p. 27. 178 Cit. ivi, p. 29.

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contendono l’area umida: la Repubblica di Lucca a nord-ovest e a sud-est lo Stato regionale di Firenze.

Alla metà del Cinquecento le condizioni della pianura di Pisa sono molto difficili ed instabili a causa delle guerre (soprattutto in seguito alle campagne fiorentine durante l’assedio di Pisa, dopo la ribellione di quest’ultima nel 1494) e di condizioni climatiche avverse. Tuttavia, gli interventi realizzati a partire dal principato di Cosimo I sono di notevole importanza, vista la crescente rilevanza assunta dal contado pisano come retroterra del porto di Livorno. Iniziative ed interventi riguardano, nello stesso periodo, anche il resto del mondo occidentale in merito alla gestione del territorio, con conseguente trasformazione delle varie realtà economiche, sociali e demografiche locali. In Toscana le opere di politica territoriale accompagnano “gli sforzi di elaborazione e di costruzione dello stato regionale”180

: la volontà di mettere a coltura nuove terre si lega “all’attenzione per il potenziamento del commercio e di conseguenza per lo stato ed il miglioramento delle reti delle comunicazioni terrestri e fluviali”181

. Nel Granducato, si è visto, tali interventi sono emanazione del potere centrale mediceo e sono preceduti o accompagnati da un ampio processo di acquisizione di terre da parte dei Medici (processo iniziato a partire dalla seconda metà del Quattrocento e spesso a discapito delle proprietà comunali); i laghi di Fucecchio e Castiglione della Pescaia diventano proprietà dei Medici e così anche vaste zone paludose lungo il canale della Chiana, nel pisano ed intorno al lago di Bientina. L’espansione della proprietà medicea e la conseguente valorizzazione del territorio tramite bonifiche e l’introduzione del sistema mezzadrile si realizza, come si è detto, nell’area pianeggiante del territorio toscano, destinata a diventare “per la sua natura di bacino collettore delle diverse vallate appenniniche e per lo sbocco commerciale offerto al porto di Livorno, l’asse

180 Ivi, p. 34. 181

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dello sviluppo demografico ed economico dello spazio regionale nei secoli successivi”182

.

Infatti, a partire dal Cinquecento, il Valdarno inferiore e la pianura di Pisa sono al centro delle attenzioni dei Medici: interventi di regolamentazione delle acque, conquista di terreni agricoli ed appoderamento costituiscono gli aspetti fondamentali di un vasto processo di cambiamento del territorio. Di grande importanza sono i lavori nel pisano occidentale quali la costruzione del canale dei Navicelli (iniziata nel 1560) per la navigazione tra Pisa e Livorno, del fosso delle bocchette per bonificare il padule fra Pisa e Coltano (1558), del fosso di Ripafratta per incanalare il Serchio ed agevolare la navigazione tra Pisa e San Giuliano Terme e, infine, del fosso di Arnaccio nel tratto Fornacette-Stagno (1564-65) con lo scopo di incanalare le piene dell’Arno e quindi riparare Pisa in caso di inondazioni. Altrettanto rilevanti risultano gli interventi che coinvolgono l’area bientinese: la rettifica dell’Arno tra Montecchio e San Giovanni alla Vena a partire dal 1560 (con l’eliminazione delle anse che sfiorano Bientina e Vicopisano), la creazione del canale della Serezza, in accordo con Lucca, per abbassare il livello del lago di Bientina e l’estendersi della proprietà medicea in zona, con la formazione di grandi fattorie tra Vicopisano, Bientina, Calcinaia e Santa Maria a Monte. L’area umida di Bientina e, in generale, il bacino dell’Arno verso Pisa (compreso il Serchio lucchese e pisano) rappresentano un territorio di importanza fondamentale per le comunicazioni da e per Livorno; territorio caratterizzato, alla metà del Cinquecento, da un dissesto idrico totale a causa della presenza di acquitrini e fiumi arginati male. Responsabile del dissesto idrico delle pianure toscane (ed italiane) in questo periodo è, oltre alle guerre e alle numerose inondazioni, il disboscamento delle montagne: il terreno infatti, privo del sostegno della vegetazione, frana più facilmente e va ad ingrossare i letti dei fiumi a valle; anche l’area umida bientinese è interessata da tale problema. All’indomani delle capitolazioni del 1543, le quali sanciscono

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una specie di compromesso tra Firenze e Lucca (lasciando irrisolta la questione della divisione del lago), il problema del bacino di Bientina viene affrontato nuovamente: terminata la guerra di Siena e consolidato il proprio potere, Cosimo I riorganizza lo Stato mediceo con determinazione. Il fervore di iniziative nell’ambito dei lavori pubblici è imponente ed in tale contesto, nel 1561, viene aperto il canale della Serezza che, come si è detto, ha lo scopo di abbassare il livello del lago di Bientina per migliorare il deflusso naturale delle acque in direzione dell’Arno. I risultati ottenuti dalla costruzione di tale opera sono importanti: 1.682,63 ettari di terreno vengono liberati dalle acque e nella pianura di Lucca circa 4 miglia di territorio, prima soggetto a frequenti allagamenti, viene messo a coltura e poi anche appoderato. Nello stesso periodo viene portata a termine anche l’altra grande opera idraulica che corregge il corso dell’Arno tra Montecchio e S. Giovanni alla Vena, eliminando così le due grandi anse in corrispondenza di Bientina e Vicopisano. Una prima fase dei lavori va situata fra 1561 e 1564, quando viene eliminata la grande ansa situata fra Montecchio e Bientina, mentre l’Arno viene incanalato a sinistra di Calcinaia, mantenendo la direzione verso Vicopisano. Vengono in tal modo liberati dalle acque 205 ettari di terreno che vanno a costituire il nucleo principale della fattoria granducale di Vicopisano. La seconda fase dei lavori viene decisa dal successore di Cosimo I, Francesco I, e risale al 1579: in tale data viene eliminata l’ansa di Vicopisano e l’Arno viene indirizzato verso S. Giovanni alla Vena. Con il compimento delle due opere di cui sopra, si verificano cambiamenti notevoli: come già ricordato, l’abbassamento del lago di Bientina porta alla luce una notevole quantità di terreno coltivabile e il raddrizzamento del corso dell’Arno provoca, da un lato, cambiamenti importanti per i paesi che vedono modificare o allontarsi il corso del fiume Arno (è il caso di Calcinaia, che rimane alla destra del fiume perdendo il suo ruolo dominante sulla via per Pisa, e dei due castelli di Vico e Bientina, entrambi costruiti in posizione di controllo delle idrovie tra l’area umida bientinese e l’Arno), mentre dall’altro favorisce “lo sviluppo agricolo della

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pianura ed un incremento nei trasporti e quindi nei commerci sull’asse Firenze- Pisa-Livorno”183. La penetrazione della proprietà dei Medici nel territorio Pisano, come si visto, risale al Quattrocento, nel periodo successivo alla prima conquista di Pisa. Nel luglio del 1484 le comunità di Bientina, Vicopisano e Buti «donano» a Lorenzo de’ Medici alcuni appezzamenti di terreno paludoso e incolto, mentre altre estensioni più piccole vengono acquisite da privati oppure condotte a livello dalla Badia di Santo Stefano a Cintoia. Tra il 1490 ed il 1491, inoltre, Lorenzo acquista molti piccoli appezzamenti (in parte prativi ed in parte palustri) nella località di Prato Grande nel comune di Bientina, due ettari e mezzo di terra lavorativa nel comune di Buti e, infine, più di 68 ettari di terreno prativo a Vicopisano, lungo il canale della Serezza. Piero dei Medici, figlio di Lorenzo, incrementa il patrimonio di famiglia nell’area prima di essere cacciato da Firenze (in seguito alla discesa in Italia del re di Francia Carlo VIII e all’instaurazione della Repubblica). Pertanto, verso la fine del XV secolo, la proprietà medicea fra il lago di Bientina ed i rilievi di Buti risulta piuttosto estesa. Visto il gran numero di prati e terreni paludosi, la principale attività praticata in essa è l’allevamento: sono infatti presenti “due cascine con stalle per complessive 850 vacche, un casolare per la lavorazione del formaggio, alcuni magazzini in Vicopisano, un mulino ed una fornace”184

. Le vicende della fattoria delle Cascine di Bientina risente fortemente delle difficoltà attraversate dal potere mediceo tra la fine del Quattrocento e l’ascesa al potere di Cosimo I. Alla metà del Cinquecento, tuttavia, si assiste ad una ripresa degli investimenti e del processo di organizzazione della patrimonio fondiario mediceo: nel 1549 viene comprata altra terra prativa lungo la Serezza e nel 1553 viene modificato “il contratto di livello con la Badia di S. Stefano a Cintoia già stipulato negli anni ’80 del ‘400, rendendolo perpetuo ed estendendolo a tutti i beni dell’antica Abbazia nel circondario delle comunità di Buti, Ponsacco, Marti e Pontedera”185

. 183 Cit. ivi, p. 46. 184 Ivi, p. 47. 185 Ibidem.

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Nel 1571 viene poi acquistata la tenuta di Cesano (in realtà un podere di 20 ettari, composto da terre pioppate e vitate): nasce così la fattoria di Vicopisano. Il quadro complessivo delle proprietà dei Medici in zona, però, non si limita alle due fattorie della pianura bientinese; nella parte nord-orientale del bacino si trova la fattoria di Altopascio, situata a cavallo dei bacini di Bientina e Fucecchio, e nel 1592 la Comunità di S. Maria a Monte cede a Ferdinando I il livello della bandita delle Cerbaie, sulla riva orientale del lago di Bientina, da cui ha origine successivamente la fattoria delle Pianore.

L’escavazione del canale della Serezza, dunque, comporta un notevole abbassamento del lago di Bientina e il prosciugamento di un vasto territorio in precedenza paludoso; la realizzazione di tale opera, tuttavia, provoca anche duri contrasti. In particolare, la comunità bientinese chiede nel 1566 un risarcimento per i danni arrecati alla propria economia, basata sullo sfruttamento del lago, dall’apertura del canale. Altro motivo di protesta è dovuta al fatto che la Serezza Nuova viene considerata di esclusivo vantaggio di Lucca: il canale, infatti, scola in Arno tutte le acque provenienti dalle montagne, dalle colline e dalle pianure intorno a Lucca che prima si riversavano nel lago di Bientina tramite il Serchio (aumentando il deposito di materiali nell’Arno ed accrescendo “il problema del suo corso nella pianura pisana e verso lo sbocco al mare”186

. Del resto, se è vero che l’escavazione della Serezza permette di acquisire un’estensione considerevole di terreno tramite l’abbassamento delle acque del lago, è altrettanto vero che quando aumenta la quantità d’acqua nel canale (soprattutto nei periodi più piovosi) viene compromesso il deflusso delle acque nelle fosse tra i campi, legate direttamente o indirettamente al canale. Inoltre, le esigenze di Lucca e del Granducato in merito alla questione della regolazione delle acque del lago sono del tutto inconciliabili: i Lucchesi vogliono che le acque defluiscano consistentemente verso l’Arno mentre nel Granducato si preme per una regolamentazione che tenga presenti “le esigenze delle attività di pesca e

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quelle di un’agricoltura imperniata sulle grandi fattorie della Corona”187

. La situazione è resa anche più confusa nel versante toscano, a causa della pluralità dei soggetti responsabili della gestione idraulica del territorio: oltre all’ufficio adibito all’amministrazione del patrimonio fondiario granducale, lo Scrittoio delle Possessioni, vi sono anche le varie comunità della pianura che costeggia l’Arno come Vicopisano, Bientina e Calcinaia; vi è poi l’Ufficio dei Fossi di Pisa, che ha giurisdizione sull’antico contado pisano (che termina proprio in corrispondenza della nuova Serezza). L’inconciliabilità di interessi tra Lucca e lo Stato mediceo non è certo cosa nuova: già in passato si sono verificati dei contrasti tali da condizionare fortemente l’assetto dell’area umida bientinese. In effetti, il vero problema è la posizione di quest’ultima al confine di due Stati e, come si è avuto modo di vedere, se l’obiettivo principale di Lucca è il deflusso delle acque del lago verso la pianura pisana, da parte fiorentina si vuole difendere le campagne e i centri abitati da un afflusso spropositato delle acque lacustri. Caratteristica principale dell’area umida è la confluenza su di essa di due ampi bacini idrografici, quello del Serchio e quello dell’Arno: entrambi i bacini si incontrano in corrispondenza della depressione di Bientina e il problema principale è dato dal deflusso delle acque da un bacino all’altro. In tale ambito, non bisogna trascurare l’importanza del contesto politico ed economico per poter comprendere le varie politiche alternatesi, nel corso del tempo, nei confronti dell’area umida. Se la presenza di quest’ultima al confine fra due Stati acquista, da un lato, grande importanza strategico-militare nei periodi segnati da conflitti internazionali (come durante la fase di consolidamento del potere mediceo nel Cinquecento e parte del Seicento), dall’altro rappresenta un impedimento in un contesto politico stabile (come il Settecento) in cui l’obiettivo principale è “quello di favorire lo sviluppo economico e le infrastrutture ad esso necessarie”188. L’intreccio di interessi incompatibili, l’uso

spregiudicato delle acque e la congiuntura climatica particolarmente sfavorevole

187 Cit. ivi, p. 53. 188

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(caratterizzata da forte piovosità e numerose annate fredde) fa sì che il problema del bacino di Bientina sia destinato a durare fino al prosciugamento del lago nel 1859.

L’area umida è un insieme di ecosistemi diversi (vegetazione palustre, acqua stagnante o corrente, prati periodicamente allagati, alberete ecc.) strettamente connessi tra loro e molto sensibili alle modifiche apportate dall’uomo. Come si evince dalle varie descrizioni riguardanti il lago di Bientina, due sono le zone che formano l’area umida: il «Chiaro» ed il «Padule»; la prima zona rappresenta il lago vero e proprio mentre la seconda rappresenta i lembi palustri del lago, particolarmente estesi verso Bientina e la bassa pianura in direzione dell’Arno. Acqua, terra e vegetazione creano poi uno spazio praticamente asciutto d’estate ma allagato d’inverno: è la cosiddetta zona dei pagliereti, ovvero dei boschi palustri, caratterizzata a sua volta da terraferma, canali che collegano l’interno del lago con l’esterno e i Pollini, specie di isolotti galleggianti formati da radici di piante palustri ricoperte di fango e foglie su cui nascono altre piante. Le condizioni ambientali dell’area umida favoriscono, chiaramente, attività economiche quali la pesca, la caccia e la raccolta; si tratta di attività che ben si adattano allo spazio naturale e che si differenziano seguendo i caratteri mutevoli del bacino bientinese: se nella zona del «Chiaro» l’attività principale risulta essere un certo tipo di pesca (caratterizzata da tecniche e strumenti specifici), nel «Padule», dove si alternano inondazioni e periodi di secca, si riscontrano differenti tecniche di pesca, attività di caccia (che richiamano, durante il periodo di passaggio degli uccelli migratori, numerosi cacciatori di ogni ceto sociale) e una varia attività di raccolta della vegetazione palustre. Le risorse produttive dell’area umida rappresentano la principale fonte di sostentamento e di occupazione per la popolazione bientinese, le cui strutture economiche, politiche, sociali e demografiche risultano “particolarmente aderenti allo specifico ambiente e finalizzate alla sua conservazione e riproduzione”189

. Fin

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dalle epoche più lontane, sono costanti nella documentazione i riferimenti alla pesca e alle attività di sfruttamento del padule; alla fine del XVIII secolo, i rapporti inviati al governo di Firenze continuano ad evidenziare l’importanza di queste attività. Emerge dai documenti, pertanto, il ruolo fondamentale del «Padule» “per la vita degli abitanti e per le attività economiche da essi svolte, il legame fra la zona umida e l’organizzazione economica e sociale”190

. Grande rilevanza è assunta dalla categoria dei pescatori: nel 1810 circa il 54 % dei capifamiglia bientinesi è dedito all’attività della pesca. Le percentuali di coloro che hanno legami continui o periodici con l’area umida, tuttavia, salgono notevolmente se si considera anche il numero di quanti praticano la raccolta della vegetazione palustre oppure la caccia e la pesca come seconde occupazioni: si tratta, in quest’ultimo caso, di piccoli artigiani mentre ad occuparsi della raccolta del manto vegetale palustre sono soprattutto donne e ragazzi, soggetti quasi mai conteggiati nei censimenti. È possibile, inoltre, individuare un confine netto tra il paese (proteso verso l’area umida) e la campagna al di fuori delle mura, caratterizzata dall’appoderamento mezzadrile. Tale separazione ha conseguenze rilevanti sull’organizzazione economica e sociale del territorio: se sul piano esterno, infatti, sono rilevanti le questioni di confine e la continua conflittualità con Lucca (a causa anche dei molti abusi commessi dai Lucchesi nello sfruttamento dell’area umida), sul piano interno si crea una divisione tra abitanti del borgo (dediti alla pesca, alla caccia e alla raccolta) e quelli del contado (dediti alle attività agricole). Bientina non è soltanto il borgo racchiuso tra le mura (in cui vivono anche le famiglie notabili) ma il suo territorio si estende verso la pianura dell’Arno e, come si è detto, è caratterizzato dalla mezzadria e dall’appoderamento. Il territorio del comune corrisponde esattamente al territorio amministrato dalla Pieve di Santa Maria Assunta di Bientina, unica istituzione parrocchiale, con cui la comunità ha un legame molto stretto: giurisdizione ecclesiastica e amministrazione comunale

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coprono, pertanto, il medesimo territorio. Gli abitanti del contado sono costretti a fare riferimento al borgo per le feste religiose, per i rapporti con i proprietari terrieri, per matrimoni, battesimi e funerali; è il principio di residenza a marcare la distinzione netta tra coloro che abitano «dentro» e coloro che abitano «fuori» le mura e lo sfruttamento delle risorse palustri è riservato solo ai primi. Al di