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2 1 L’immaginario figurativo di Bassan

2.1.1 Dentro le mura

2.1.1.3 Una lapide in Via Mazzin

Il terzo racconto di Dentro le mura è sicuramente quello che subisce più influenze metafisiche. Dall’analisi di quanto scritto dall’autore in Laggiù in fondo al corridoio,

riguardo la composizione del suo racconto, possiamo trarre delle importanti osservazioni:

«Avevo inoltre capito che una narrazione, perché riesca davvero significante, poetica, deve apparire senza dubbio interessata a catturarsi il lettore, ma saper essere al tempo stesso gioco, puro gioco, astratta geometria di volumi e di spazi99».

Subito scatta l’associazione con certi dipinti del periodo metafisico di Giorgio Morandi, realizzati tra Ferrara e Bologna negli anni ‘16-‘18.

Osservando Natura morta con palla del ‘18 possiamo facilmente riscontrare come questa tela abbia influito sulla realizzazione di questo racconto, proprio come testimoniano le parole dello stesso scrittore che commenta la sua struttura:

«Quanto poi alla struttura del racconto, questa volta avevo creduto opportuno accentuarne la geometria. Mentre scrivevo, non avevo mai cessato di pensare a una coppia di sfere di uguale dimensione, sospese in aria ad altezza uguale, e ruotanti lentamente intorno ai rispettivi assi. Identiche le due sfere nel volume, nel lento moto sincronico, in tutto. Senonché una girava in un senso, l’altra nel senso contrario. Due universi prossimi ma separati. L’accordo fra essi non sarebbe mai stato possibile100».

Le due sfere sono facilmente identificabili con Geo Josz e con la società ferrarese che, dapprima, guarda al reduce con stupore e compassione ma alla fine della vicenda tollera a mala pena la sua presenza. Questo perché i ferraresi desiderano andare avanti, superare i tragici eventi della guerra per tornare a vivere una vita normale e serena, mentre Geo continua a guardare indietro, verso quel mondo dei morti dal quale è tornato. Due visioni del mondo, e quindi due movimenti, inconciliabili.

Metafisica è anche l’apparizione di Geo Josz che si presenta nell’ora meridiana in Via Mazzini:

«Immersa nel fulgore e nel silenzio del primo pomeriggio, un silenzio interrotto a larghi intervalli dagli echi di spari lontani, via Mazzini appariva vuota, deserta, intatta101».

Il carattere fantastico e straniante di questa apparizione non può che riportare alla mente la lezione dechirichiana e i suoi dipinti di piazze e luoghi noti. La

99 G.B., Lfc, pp.938-39. 100 G.B., Lfc, p.940. 101 G.B., UlvM, p.85.

rappresentazione della via rievoca non soltanto le decine di dipinti dell’artista che hanno come soggetto luoghi ferraresi, ma anche tutte le piazze italiane e soprattutto Piazza Santa Croce in cui ebbe in «un clair après midi d’automne, [...] l’impression étrange que je voyais toutes le choses pour la première fois102».

Non solo la manifestazione del reduce ha qualcosa di metafisico, ma persino la presenza del contadino, inurbato e muratore improvvisato, che ha il compito di montare la targa commemorativa o la folla di passanti che, incuriositi, si fermano davanti alla lapide hanno un carattere metafisico, surreale.

Nel finale del racconto, Bassani, utilizza nuovamente quelle cornici e quegli effetti di luce crepuscolare già rinvenuti nelle prime pagine, tuttavia, quando la pittura fascista, con il suo irrigidirsi della visione, sembra aver preso il controllo sullo spazio raffigurato, qualcosa riaffiora dal fondo dell’immagine.

La scena viene spostata nuovamente in Via Mazzini e nel ricostruire lo scorcio cittadino, l’autore guarda ancora alla pittura di De Chirico. Egli costruisce la scena seguendo le regole geometriche e luministiche ispirandosi alla metafisica dechirichiana e, proprio come in alcune tele del pittore, accosta oggetti e figure appartenenti a epoche diverse. Ricordiamo L’enigma dell’ora del ‘11-‘12, Nostalgia

dell’infinito del ‘13, Gioie ed enigmi di un’ora strana del ‘13 o L’enigma di un giorno del ‘14, in cui De Chirico dispone l’uno affianco all’altro simboli della

modernità, quali orologi, treni ed edifici industriali ad una serie di architetture e oggetti provenienti da epoche passate. L’accostamento di tali immagini genera un forte contrasto dal quale emerge il carattere assurdo e straniante della situazione. In modo del tutto simile, lo scrittore costruisce la scena finale accostando da un lato delle giovani ragazze in bicicletta, simbolo della modernità, e dall’altro il vecchio conte filonazista Lionello Scocca, emblema del passato più buio nella storia d’Italia. Lo stesso autore, acquisendo il punto di vista dell’intera società, sottolinea il contrasto generato da queste figure e la natura metafisica della scena:

102 GIORGIO DE CHIRICO, Il meccanismo del pensiero, Ed. Maurizio Fagiolo, Torino, Einaudi, 1985,

«Per quale motivo uno avrebbe dovuto rifiutare di commuoversi all’esibizione concreta di una simile allegoria, saviamente conciliante all’improvviso ogni cosa: l’angoscioso, atroce ieri, con l’oggi tanto più sereno e ricco di promesse?103».

Bassani, come De Chirico, volge uno sguardo enigmatico e malinconico verso la modernità; entrambi si distaccano dalla massa che spensierata corre incontro al futuro e verso il progresso, a loro resta solo la capacità di osservare inermi questa folle corsa che tutto dimentica e lascia indietro. Bassani non può e non vuole dimenticare il passato, proprio come Geo.

Così, se l’intero racconto attesta l’interesse dell’autore verso la produzione dechirichiana, la sua conclusione si presenta come un vero e proprio contributo alla poetica del pittore metafisico. Proprio a questa altezza viene introdotto il concetto di enigma, tanto caro a De Chirico, e la ripetizione di questo termine diventa quasi ossessiva.

L’artista, riguardo questa tematica, aveva scritto:

«Una rivelazione può nascere all’improvviso, quando uno meno se l’aspetta, e può anche essere stimolata dalla vista di qualcosa – un edificio, una strada, un giardino, una piazza ecc. – Nel primo caso appartiene ad una classe di emozioni strane che ho osservato in un solo uomo: Nietzsche [...]. Quando una rivelazione viene generatadalla vista di una composizione di oggetti, allora l’opera che si manifesta nei nostri pensieri è strettamente connessa alle circostanze che ne hanno provocato la nascita104».

Commentando il suo Enigma di un Pomeriggio d’Autunno aggiunge:

«Ebbi la strana impressione di guardare quelle cose per la prima volta, e la composizione del dipinto si rivelò all’occhio della mente. Ora, ogni volta che guardo questo dipinto, rivedo ancora quel momento. Nondimeno il momento è un enigma per me, in quanto esso è inesplicabile105».

Alla luce di queste dichiarazioni, il finale del racconto ci appare ancora più chiaramente vicino alla concezione metafisica dechirichiana. Bassani comprende alla perfezione lo stato d’animo che soggiace alla tela del pittore esprimendo a parole quel sentimento di assurdo e di verità rivelata che si genera in prossimità della sera,

103 G.B., UlvM, p.107.

104 GIULIANO BRIGANTI, La pittura metafisica, Venezia, Neri Pozzi, 1979, p.96.

ma ancora di più, sembra proprio parafrasare il concetto di enigma inteso dal pittore quando scrive riguardo alla temporalità metafisica di Geo:

«Un enigma, già. Eppure quando in difetto di indicazioni più sicure ci si fosse richiamati a quel senso d’assurdo e insieme di verità rivelata che nell’imminenza della sera può suscitare qualsiasi incontro, proprio l’episodio del conte Scocca non avrebbe offerto niente di enigmatico, niente che non potesse essere inteso da un cuore appena solidale. [...] Ma fate che scenda alla fine l’ora del crepuscolo, l’ora uguale intrisa d’ombra e di luce di un calmo crepuscolo di Maggio, ed ecco che cose e persone che dianzi vi erano apparse del tutto normali, indifferenti, può succedere che a un tratto vi parlino ( e sarà in quel punto, come se foste colpiti dalla folgore) per la prima volta di se stesse e di voi106».

Grazie al recupero di questa estetica metafisica ed in particolar modo, grazie al recupero di De Chirico (che come abbiamo ricordato non era stato ben accolto dal Longhi e da Arcangeli), Bassani riesce a rendere palese le contraddizioni e le finzioni all’interno della società postbellica e a mostrare quanto di assurdo e misterioso sia sotteso all’immaginario fascista.

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