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2 1 L’immaginario figurativo di Bassan

2.1.1 Dentro le mura

2.1.1.2 La passeggiata prima di cena

Il secondo racconto di Dietro le mura si apre con la descrizione di una cartolina ingiallita, una fotografia che raffigura Corso Giovecca agli inizi del Novecento. L’immagine è stata catturata dall’occhio della fotocamera da un’angolatura particolare: il cavalletto è collocato all’inizio della via lasciando alle proprie spalle il

85 A.L., Il tempo e l’immagine, p.170. 86 Ibid.

castello estense e alla sua destra lo sperone del Teatro comunale; in fondo alla strada appare invece una delle porte della cinta muraria che consentono l’accesso alla città. Bassani ci fornisce anche le coordinate temporali: è il crepuscolo che con la sua luce dorata illumina il lato sinistro dell’immagine. Dalla descrizione dello spazio fisico si passa a quella dei personaggi che popolano la via in quel preciso momento, sono persone di differenti età e differente estrazione sociale. Ci troviamo di fronte ad un’immagine ben precisa dalla quale Bassani tesse la storia di Gemma Brondi, l’infermiera che viene catturata dalla fotografia mentre sta rincasando, e del dottor Elia Corcos, suo marito. La scelta di questo tipo di incipit è perfettamente in linea con quanto detto fino ad ora, lo scrittore continua a costruire i suoi racconti facendo buon uso del suo bagaglio culturale e artistico che ha sviluppato sin dagli anni giovanili. Tuttavia, se anche in questo caso possiamo confermare che il suo immaginario narrativo è senza alcun dubbio di tipo pittorico, dobbiamo ampliare il raggio delle influenze visive dell’autore per avvicinarlo a quella corrente del post- impressionismo di cui fa parte anche il dipinto di Georges Seurat Un dimanche

après-midi à l’Île de la Grande Jatte, già indicato da Paola Bassani per un confronto

con questo racconto.

Per quanto riguarda l’impressionismo francese, la critica italiana sembra riacquistare interesse nei suoi confronti agli inizi del Novecento grazie agli articoli di Ardengo Soffici. Egli si interessa soprattutto al post-impressionismo e, con i suoi scritti, indirizza critici e artisti italiani verso quelle opere definite da una intima percezione dell’oggetto raffigurato, avvicinandosi così agli ideali di Croce. Riguardo a Paul Cézanne, considerato esponente maggiore di questa stagione, Soffici si concentra maggiormente su quegli aspetti proto-idealistici dei suoi dipinti che lo allontanano dal filone impressionista e lo avvicinano a quello dell’astrattismo. Leonello Venturi, seguace di Soffici, riprende questa interpretazione più idealista di Cézanne e lo assume come esponente maggiore del primitivismo. Così facendo, oppone all’espressivismo dell’arte romantica e alla linea armonica di quella classica un sentimento di illuminazione tipica del primitivismo in grado di condensare il caos dell’esistenza.

Bassani entra a conoscenza del post-impressionismo proprio grazie a Soffici e Venturi e si rifà a questa tradizione critica quando farà riferimento a Cézanne o a Seurat.

In questo modo possiamo spiegare il riferimento a Cézanne che fa l’autore in Laggiù

in fondo al corridoio, dove paragona il processo creativo sotteso alle Cinque storie ferraresi all’incapacità dell’artista di ordinare il proprio fare pittorico (topos

tipicamente venturiano): «Certo è che fin da principio ho sempre incontrato la massima difficoltà non dico a realizzare, nel senso cézanniano del termine, ma semplicemente a scrivere87».

Sempre al Cézanne di Venturi si rifà quando in Gli anni delle storie dichiara il suo proposito di impostare la struttura dei suoi testi ‘alla Cézanne’ e quindi di realizzare «in forme geometriche, in prevalenza sferiche, coni, imbuti, cerchi concentrici, eccetera88», trascrivendo quasi una lettera del pittore riportata sul saggio di Venturi:

«Traiter la nature par le cylindre, la sphère, le cône, le tout mis en perspective, soît que chaque côté d’un objet, d’un plan, se dirige vers un point central89».

Anche l’interpretazione venturiana di Seurat è quella che viene recepita da Bassani. Considerato il più scientifico dei post-impressionisti, Venturi evidenzia come il pittore si fosse contraddistinto per la sua grande capacità di astrazione dell’oggetto e di come fosse in grado di ridurre questo in motivi pittorici. Il critico, poi, rimarca la distanza tra Cézanne e Seurat, attribuendo a quest’ultimo il primato della sintesi. Egli è convinto che il suo esprit de synthèse derivi dalla sua capacità di riportare il culto del sentimento nei cardini di un rinnovato metodo pittorico e interpreta la sua tecnica divisionista come una geometria luminosa che unisce poesia e architettura.

Bassani cerca di realizzare proprio queste tecniche di distanziamento e sintesi e questa fusione tra lirismo e architettura mentre si dedica alla stesura del suo racconto. Egli tenta quindi di riorganizzare quel materiale frammentario e indiviso che ha a disposizione con lo scopo di stringere sempre di più la visione su Elia Corcos attraverso strutture geometriche e cornici.

87 G.B., Lfc, p.935. 88 G.B., Odf, 1976, p.146.

89 LIONELLO VENTURI, Impressionisti e Simbolisti: Manet, Degas, Monet, Pissarro, Sisley, Renoir,

È lo stesso Bassani a segnalare un legame con Seurat e la sua Grande Jatte in una lettera a Cesare Gnudi:

«Circa il mio racconto, forse hai ragione tu. Ma le parentesi non sono un vezzo, credimi: e tu ne hai compreso le intenzioni, mi pare. La difficoltà che il lettore incontra è una conseguenza di quella specie di tensione lirica che mi pareva necessaria per non cascare nel sentimentalismo banale. Si parva licet: anche a quella meravigliosa Grande Jatte di Seurat, che ho qui sotto gli occhi, potrebbe essere rimproverata la rigidezza di certi particolari. Ma era l’unica difesa possibile contro la dolcezza di quel soave pomeriggio di domenica. Ne riparleremo. Ciao. Tuo Giorgio90».

Sebbene qui venga proposto un semplice rapporto di somiglianza tra la tela ed il racconto, tuttavia non possiamo ignorare quanto l’aspetto teatrale e il tema stesso del dipinto possano facilmente reperirsi in quella cartolina che apre il racconto.

Cartolina e quadro raffigurano la medesima società borghese e il medesimo momento della giornata: il tramonto. Inoltre, la costruzione del dipinto, fondata su un gioco di cornici, è ripresa dall’autore nel ritrovamento della fotografia di Corso Giovecca che è incorniciata dalla cartolina e che a sua volta si trova fra tante altre cartoline invecchiate ed ingiallite. Infine possiamo rinvenire nel testo delle vere e proprie citazioni dalla Grande Jatte come il «cane che annusa il marciapiede91», lo «scolaretto che attraversa la strada di corsa92» e «il signore di mezza età, in redingote e bombetta93»; personaggi che possiamo facilmente individuare nella tela.

Possiamo anche notare come la tecnica pittorica utilizzata da Seurat, il suo

pointillisme, sia ripresa da Bassani nella narrazione. La trama pittorica del dipinto

appare composta da tessere cromatiche varie e quasi in contrasto con la struttura geometrica che dovrebbe contenerle; ogni tocco di colore è separato dall’altro e, a seconda del tono che viene impiegato in una determinata area, è accompagnato dal suo complementare. Se da lontano, i vari punti di colore si fondono per restituire un colore puro e luminoso, a distanza ravvicinata è quell’aspetto rifrattivo e pulviscolare che prevale. Un effetto simile è intenzionalmente ricercato nella scena iniziale della

Passeggiata:

«Senonché non appena uno tenta di indagare, socchiudendo magari le palpebre, l’esiguo spazio centrale della cartolina corrispondente al fondo più remoto della Giovecca, siccome tutto in quel punto 90 G.B., Il giardino dei libri, a cura di A. ANDREOLI, F. DE LEO, Roma, De Luca, 2004, p.111. 91 G.B., Pps, p.56.

92 Ibid. 93 Ibid.

si fa subito confuso (cose e persone non vi hanno più alcun rilievo, dissolte come risultano dentro una sorta di pulviscolo luminoso) [...]94».

Si può subito notare come il disgregarsi dell’immagine, non appena ci si avvicini al punto di fuga, sia un chiaro riferimento alla Grande Jatte, mentre il ‘pulviscolo luminoso’ richiami senza alcun dubbio la tecnica del pointillisme.

Lo stesso Bassani ne dà la conferma:

«Che cos’era infatti La passeggiata prima di cena, a considerarla sotto il profilo esclusivo della sua struttura, se non l’evento mobile di un’immagine da principio confusa, scarsamente leggibile, che poi con estrema lentezza, quasi con riluttanza, venisse messa a fuoco95».

Un ulteriore elemento di contatto tra testo e dipinto è l’impiego di cornici.

Per mezzo del contrasto tra i colori in ogni cornice, l’artista vuole porre l’attenzione sulla natura illusoria della pittura e del contesto di esposizione e ricezione della sua opera. Il nostro scrittore, allora, si rende conto della grande versatilità di questo meccanismo di cornici e quindi recupera questa dinamica (attraverso la mediazione del Venturi) e la sviluppa nella sua storia.

Seurat ricorre ad una doppia cornice: la prima è realizzata all’interno della tela mediante la tecnica pointilliste, la seconda è invece una cornice reale di colore bianco che crea un forte contrasto tra i lati del quadro e l’insieme dei colori impiegati al suo interno. Seurat considera la sua opera come un qualcosa di fittizio, realizzato in modo astratto, e per questo motivo pone grande attenzione alla cornice, considerata sia oggetto che strumento retorico. Così se per la prima cornice si evidenziano l’artificialità e l’impossibilità all’aspirazione dell’invisibile, col la seconda cornice bianca si sfumano i confini tra tela e le pareti bianche dove questa è appesa, sottolineando il suo essere contemporanea dentro e fuori dal racconto, tra testo e contesto. La duplice cornice, allora, veicola un’idea di ricorsività che spinge l’osservatore a ricercare le altre cornici esistenti all’esterno e all’interno dell’opera. In Bassani, l’utilizzo di cornici diventa un prezioso strumento per costruire lo spazio narrativo che permette di mettere a fuoco il protagonista della vicenda. Il testo prende avvio dal ritrovamento della cartolina fra tante altre, si passa poi alla

94 Ibid.

descrizione di questa per focalizzarsi infine su una sezione specifica dell’immagine, l’occhio del narratore segue quindi una direzione che va dal generale al particolare, seguendo delle precise linee prospettiche. Seguendo queste regole, l’autore riesce ad evocare uno scenario teatrale nitido e preciso, anche grazie all’accumulo di dettagli topografici:

«A destra e in ombra, a guisa di quinta, si staglia lo sperone del Teatro Comunale, mentre la luce, che è quella tipica di un dorato crepuscolo primaverile emiliano, converge interamente al lato sinistro dell’immagine. Da questa parte le case sono basse, per lo più a un solo piano, coi tetti ricoperti da grosse tegole brune [...]96».

Dopo aver seguito questo tipo di narrazione, che stringe sempre di più su una zona circoscritta dell’immagine, ecco che appare la figura di Gemma Brondi, colei che, nonostante la sua funzione marginale, fa partire l’intera vicenda. La posizione liminare della donna e il suo guardare dall’esterno delineano il personaggio di Elia e, cosa di maggior importanza, permettono la realizzazione di una serie di cornici visive che si trasformeranno in vere e proprie focalizzazioni. La marginalità di Gemma è riproposta anche in Ausilia, sua sorella, in modo tale che la figura del dottore possa essere sempre costruita attraverso le focalizzazione di un personaggio interno alla storia narrata, generando così un’immagine dell’uomo continuamente sfocata e mai diretta.

La prima volta che appare Elia sulla scena, egli è presentato secondo lo sguardo di Gemma, come una mera voce, e quindi il lettore non ha la possibilità di identificare la sua fisicità, restando fuori dal suo spazio visivo. Segue la focalizzazione di Ausilia che dalla finestra spia gli incontri amorosi dei due giovani. Tuttavia la visione della sorella non è per nulla oggettiva; è compromessa da una serie di fantasie e sollecitazioni culturali che fanno emergere una figura del dottore molto vaga. Il lettore non può fare a meno di chiedersi quanto ciò che viene narrato sia vero e non frutto delle fantasie romantiche della donna che tutto osserva dalla sua posizione di esclusa. Persino quando Ausilia trova la fotografia del dottore, permettendoci quindi di avere un’immagine della sua persona fisica, persiste un dubbio sulla veridicità della descrizione: «viso smunto, avido e estremamente pallido di Elia Corcos 97».

96 G.B., Pps, p.55. 97 G.B., Pps, p.62.

Solo quando Elia si presenta in casa Brondi, per chiedere il permesso di sposare Gemma, appare come una persona reale. Neppure questa volta, però, lo sguardo che si posa su di lui è oggettivo. I Brondi vedono solo un «nome, cognome, paternità, professione, l’indirizzo98», quindi una mera figura sociale che si è allontanata da ogni

possibile contatto umano. La figura del dottore viene a mano a mano creata attraverso delle strutture geometriche, l’uso di prospettive e di cornici visive e narrative che si stringono maggiormente sul personaggio di Elia senza però dare di lui un’immagine reale ed oggettiva. Egli è sempre visto dagli occhi degli altri personaggi presenti all’interno della narrazione e ciascuno di questi vede solo una parte della sua reale essenza, una parte che a seconda dell’esigenza mette in risalto le sue qualità o i suoi difetti. Solo alla fine del racconto, il dottore, sembra riuscire a conquistare il diritto di mostrare la sua vera immagine, tuttavia, neppure questa rappresentazione corrisponde alla realtà delle cose; Elia ha costruito un’immagine fittizia di sé, risultato di una serie di aspettative della compagine sociale che lo circonda, ma che egli crede essere reale. Si tratta dunque di finzioni, proprio come per l’opera d’arte seuratiana.

L’artista aveva dunque mostrato a Bassani come poter sfruttare al meglio quel valore ambivalente e contraddittorio delle cornici. Se per Seurat, la cornice svolgeva il suo tradizionale ruolo di isolamento dei contenuti, allo stesso tempo creava anche un’accelerazione nelle spinte prospettiche centrifughe e centripete. Lo scrittore non può non condividere una medesima esigenza di narrare e di riflettere su quelle pressioni esercitate dall’ambiente socio-culturale sulla propria narrazione. Così, se da un lato l’impiego di cornici serve a Bassani a costruire l’impianto narrativo e celare la propria individualità narrativa, dall’altro viene impiegato per sottolineare la parzialità di ogni punto di vista.

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