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I lavoratori immigrati e le loro condizioni nel settore

5.2 Le caratteristiche del fenomeno migratorio

5.4.1 I lavoratori immigrati e le loro condizioni nel settore

Il settore delle costruzioni sicuramente rappresenta l'altro ambito, oltre a quello agricolo, dove gli immigrati trovano un impiego. Sono tutti uomini, compresi tra i 20 ed i 40 anni. Non ci sono nazionalità che prevalgono sulle altre, provengono da diversi paesi, dall'Africa all'Europa dell'Est.

stesso tempo la condizione contrattuale appare meno drastica, anche se la grande maggioranza lavora in nero, poiché alcuni tra loro vengono assunti con un regolare contratto. Molto spesso però accade che le mansioni che svolgono e le competenze che hanno non corrispondo a quanto percepiscono in busta paga. Ovviamente poi i lavoratori stranieri sono assolutamente esclusi dalla possibilità di potersi formare in modo da specializzarsi, crescere professionalmente e magari fare carriera. Questo dipende non solo dal fatto che questi lavoratori, in quanto immigrati, vengono impiegati esclusivamente nelle attività più marginali, faticose e a bassa qualifica del settore; ma anche per la totale assenza di investimenti, che hanno da sempre caratterizzato questo settore nel territorio. “Qui non si investe, non si lavora per sviluppare e

valorizzare il territorio. Qui si lavora solo per guadagnare.” (Mina Papasidero, Segretaria Generale della Fillea di Gioia Tauro).

Questo quadro è reso ancora più drammatico dalle precarie condizioni di sicurezza all'interno dei cantieri che si trovano nella Piana. In questo territorio infatti, i lavoratori immigrati, ma in larga parte anche quelli italiani, non conoscono le principali norme relative alla sicurezza nel luogo di lavoro e non hanno mai frequentato un corso che si occupasse e li informasse rispetto a queste tematiche. Il problema della sicurezza è trasversale a tutti i cantieri presenti nella zona, sia quelli impiegati nell'edilizia privata sia quelli che lavorano nelle grandi opere pubbliche. Ad esempio tra quest'ultime, se si considerano i lavori sull'autostrada A3, oltre alle inesistenti condizioni di sicurezza, bisogna considerare il fatto che siccome la tempistica per la realizzazione dell'opera ha già superato di molto i tempi prestabiliti, queste imprese hanno fretta di terminare i lavori, e questo va a discapito esclusivamente della sicurezza dei lavoratori stessi che operano all’interno del cantiere, poiché sono costretti a lavorare ben oltre le 8 ore previste dal contratto, appunto per sbrigarsi, prestando la loro opera anche 12/13 ore al giorno, vittime di un uso arbitrario degli straordinari. Questo trattamento non riguarda solo i lavoratori stranieri, ma coinvolge tutta la manodopera, anche quella autoctona.

Il sindacato, ed in particolare la Fillea, hanno cercato di intervenire in questo senso, introducendo nel contratto integrativo provinciale la questione della formazione - già prevista dal contratto collettivo nazionale – così come il fatto di introdurre all'interno dei cantieri la segnaletica, relativa alla sicurezza, in diverse lingue.

Inoltre gli immigrati anche in questo settore, così come in quello agricolo, sono investiti dal fenomeno del caporalato, anche se nel corso dell'inchiesta alcuni dei soggetti intervistati hanno debitamente descritto questa dinamica come estranea al territorio.

5.5 Le politiche locali

Le poche politiche adottate in questo territorio sono state sempre di carattere assistenziale e mai di carattere propositivo. La classe dirigente ha sempre operato in un'ottica emergenziale e di sussistenza, senza nessuna reale programmazione, ignorando completamente le potenzialità e le problematiche del territorio ed in certi ambiti del sociale le condizioni sono molto difficili. “In questo territorio siamo privati dei diritti fondamentali, perché non abbiamo una sanità

pubblica che funziona, siamo privati dei diritti fondamentali per la presenza della criminalità organizzata, che condiziona e decide tutto.” (Silvio Gangemi, Consigliere municipale di Cittanova).

Spesso poi, come è stato già osservato, le associazioni di volontariato, le ong e la società civile in generale, hanno supplito il ruolo delle istituzioni e delle politiche locali in diversi ambiti, che qui di seguito osserveremo.

5.5.1 Le politiche sociali Le politiche sanitarie

Il sistema sanitario e le sue strutture presenti, nella Piana di Gioia Tauro, offrono un chiaro esempio di come funziona il sistema politico locale. Nel corso degli anni la sanità non è mai stata regolamentata attraverso delle politiche puntuali, che rispondessero alle reali esigenze del territorio, ma ha rappresentato il principale bacino dal quale attingere voti e consensi. Questo meccanismo non è nuovo al territorio, e a tutta la regione nel suo complesso, ma si presenta già a partire dagli anni Sessanta, quando si cominciarono a costruire strutture e presidi sanitari, non perché si rispondesse a reali esigenze e bisogni della popolazione locale, ma per soddisfare interessi politici. Non credo di esagerare dicendo che ad oggi il 30%, se non di più, dei consiglieri

comunali, così come quelli provinciali e regionali, si trovano dove stanno grazie ai posti di lavoro promessi negli ospedali, grazie alle consulenze specialistiche che i primari riescono ad offrire ad altri esperti, grazie alle ecografie che vengono fatte gratis a casa, ecc.” (Silvio Gangemi, Consigliere municipale di Cittanova).

Quindi, come hanno evidenziato alcuni dei nostri testimoni privilegiati, il sistema sanitario produce voti di scambio. Basti pensare infatti che nella Piana ad oggi ci sono 182 mila abitanti e ben 6 ospedali, in un'area di 22 chilometri quadrati, ma in realtà di questi soltanto due sono in funzione, quello di Polistena e quello di Gioia Tauro. Queste strutture, anche se ad oggi non forniscono più alcun tipo di servizio, hanno ancora tantissimo personale che vi lavora al loro interno, ovvero che percepisce uno stipendio, poiché di lavoro realmente non ce n'è.

rispetto a queste strutture sanitarie inutilizzate che si potrebbero riconvertire in nuove strutture sanitarie più piccole, che garantiscano i servizi medici principali ed allo stesso tempo costruire un centro ospedaliero unico, un policlinico, al centro della Piana, che possa servire tutti paesi e dotandolo soprattutto delle necessarie tecnologie ed infrastrutture. Ricordiamo infatti che molti di questi ospedali ad oggi non sono in grado di fornire importanti prestazioni ai cittadini, come ad esempio una tac, e questi sono quindi costretti a recarsi altrove, spesso in un'altra regione, in Campania o in Puglia. Allo stesso tempo, questo sistema sanitario pubblico così deficitario, favorisce sempre più l'affermarsi del sistema sanitario privato, che però non è accessibile a tutti e quindi una parte della popolazione, autoctona e straniera, registra grandi difficoltà nel poter accedere ad essenziali servizi sanitari, producendo forti disparità sociali. Sicuramente gli immigrati, soprattutto coloro che non sono in possesso di un permesso di soggiorno e che vivono ai margini della società, hanno grandi difficoltà ad accedere al sistema sanitario in un contesto di questo tipo e gli unici interventi puntuali che sono stati realizzati per loro nel territorio sono stati condotti da associazioni internazionali e locali, visto che le autorità locali competenti non hanno mai attivato degli interventi rivolti a questa parte della popolazione. A tal proposito è importante ricordare l'azione di monitoraggio ed assistenza che è stata portata avanti da Medici Senza Frontiere, di concerto con alcune realtà locali, come i sindacati, nella fattispecie la Cgil e l'Osservatorio sulle Migrazioni della Piana di Gioia Tauro. Questo intervento risale al 2007 - anche se la prima esperienza di questo tipo è del 2004 - quando un'unità clinica mobile di Medici Senza Frontiere, tra i mesi di giugno e novembre, ha viaggiato per le regioni del Sud d'Italia, offrendo assistenza sanitaria ai numerosi lavoratori immigrati stagionali impiegati nelle campagne. Questo progetto è stato raccontato in un report

Una stagione all'inferno65, nel quale è stata fornita una dettagliata descrizione delle condizioni

igenico-sanitarie di questi lavoratori e sono state anche presentate delle possibili linee d'azione rispetto a degli interventi strutturali, che non sono mai stati presi in considerazione dalle autorità locali. Stando a quanto riportato nel rapporto, gli immigrati presenti nella Piana versano in una situazione riferibile ad un contesto di crisi umanitaria, proprio per le durissime condizioni di vita e di lavoro in cui versano, unitamente al fatto che questi lavoratori hanno dichiarato di avere grandi difficoltà a conoscere e nell'accedere alle strutture sanitarie.

Le politiche abitative

Anche rispetto alla questione abitativa le politiche adottate nel corso degli anni non hanno saputo rispondere alle reali esigenze del territorio. Basti pensare infatti ai grandi investimenti

che sono stati condotti nell'edilizia popolare, che hanno portato alla costruzione, in eccesso, di molti alloggi che ad oggi, in gran parte infatti, sono chiusi o abbandonati. “È accaduto ciò perché

anche questo ambito sembra essere governato dalla stessa logica per cui, la promessa della costruzione di alloggi popolari diventa una merce di scambio in periodo elettorale, con la quale ottenere voti.” (Silvio Gangemi, Consigliere municipale di Cittanova). Molte di queste abitazioni

in eccesso sono state affittate dai proprietari stessi, che hanno ricavato ingenti guadagni attraverso una prestazione illegale. Unitamente al fatto che molti dei detentori di questi alloggi sono in grave ritardo con i pagamenti e non sono quindi in regola. Negli ultimi anni gli enti dell'edilizia popolare hanno iniziato a vendere queste abitazioni.

Le politiche di accoglienza

Nella Piana di Gioia Tauro, proprio per la presenza di molti lavoratori immigrati stagionali, che arrivano in queste campagne oramai da più di vent'anni, è sempre stata necessaria l'attivazione di un reale piano programmatico di politiche volte all'accoglienza, ma ad oggi gli interventi in questa direzione sono stati molto sporadici e poco condivisi nel territorio. “Qui infatti non c’è

mai stata una cultura dell’accoglienza. O meglio i calabresi sono ospitali ma solo verso chi sta meglio di loro, per fare vedere che anche loro stanno bene. Ma non sono affatto ospitali verso coloro che stanno peggio, quindi nella fattispecie gli immigrati.” (Silvio Gangemi, Consigliere municipale di Cittanova).

È da ricordare però uno dei pochi interventi di politica attiva in ambito abitativo, che è stata portata avanti dalla giunta comunale di Rosarno, durante le due amministrazioni che hanno visto Peppino Lavorato come sindaco del paese66. Il quale proprio per rispondere alle esigenze di alloggio da parte dei lavoratori immigrati stagionali, riconvertì alcune case abbandonate in abitazioni, da mettere a disposizione di quanti raggiungevano i comuni della Piana durante i mesi della raccolta. Una volta terminati i suoi due mandati, nessuno si è più speso nel mantenere attive queste politiche di accoglienza abitativa, unitamente al fatto che la presenza di questi lavoratori è andata crescendo considerevolmente e, come è stato sopra descritto, sono stati costretti a vivere in fabbriche abbandonate, prive di qualsiasi servizio.

5.5.2 Le politiche di contrasto al lavoro nero e allo sfruttamento

Rispetto alle politiche di contrasto al lavoro nero ed allo sfruttamento, questo territorio si dimostra ancora più carente, non è mai stato attivato niente in questa direzione, nonostante

questi siano fenomeni assolutamente radicati nel territorio e che coinvolgono tutta la popolazione, locale e straniera ed in modo trasversale a tutti i settori del mercato del lavoro. “Non

sono mai state attivate politiche per far emergere il lavoro nero. Quello che ti risponde l’Ispettorato del lavoro è: “la provincia è molto grande e noi siamo solo cinque ispettori perché non ci sono i soldi”. (Renato Fida, Segretario Generale Flai di Gioia Tauro). Inoltre, nel corso

dell'indagine, è emerso che nella Piana di Gioia Tauro, soltanto nei giorni immediatamente successivi alla rivolta di gennaio a Rosarno l'ispettorato del lavoro ha presidiato le campagne reggine solo per alcune settimane, per poi andarsene, senza apportare però nessun cambiamento di fatto. In tempi più recenti, tra marzo e giugno scorsi, sono state effettuate altre ispezioni, non soltanto in Calabria, ma anche in Campania ed in Puglia, definito “Piano straordinario di vigilanza per l'agricoltura e per l'edilizia”. In particolare in Calabria, stando alla nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nel corso di questi mesi sono stati ispezionate 251 aziende, di cui 106, il 42% circa, sono risultate irregolari. Inoltre, i lavoratori oggetto di verifica sono stati 1.261, di cui 43 provenienti da paesi non comunitari, e soltanto 2 non erano in possesso del permesso di soggiorno. In totale i lavoratori in nero sono risultati essere 269.

Dal canto suo neanche il sindacato ha mai intrapreso percorsi ed azioni che andassero a snidare il problema del lavoro irregolare e dello sfruttamento, ma si è limitato a portare avanti alcuni percorsi vertenziali individuali, senza però creare pratiche riproducibili ed applicabili a tutti i lavoratori vittime del lavoro nero.

Quindi neanche in questo ambito gli enti locali, attraverso politiche puntuali e istituendo maggiori fondi all'ispettorato del lavoro, si sono mai realmente spesi per contrastare questa terribile e diffusa piaga del lavoro nero e dello sfruttamento.