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Il lavoro sul campo: Toynbee tra archeologia, antropologia e la pratica del viaggio

Una caratteristica che Toynbee manifestò in maniera significativa durante la sua vita fu la sua propensione al viaggio. A parte il viaggio formativo, o WanderJahr, che era piuttosto diffuso nel ceto medio britannico come momento finale del processo di formazione di un giovane, il viaggio su lunghe distanze era una pratica rara negli accademici. Ciò valeva in particolare per gli storici, i quali sovente scrivevano opere magistrali, ma senza essere mai usciti dalle biblioteche delle loro università.

La fine dell’800 e l’inizio del Novecento vide invece l’acme dei viaggi archeologici e delle grandi opere di riscoperta del mondo antico: Howard Carter portò alla luce tesori di inimmaginabile bellezza nella Valle di Luxor scoprendo la tomba del faraone Tutankhamon, Flinders Petrie per primo scavò in Terra Santa, Arthur Evans svelò i palazzi di Cnosso mentre Heinrich Schliemann riportò alla luce Troia e il tesoro di Priamo. L’archeologia acquisì così una sua valenza autonoma, si tolse l’etichetta di scienza ausiliaria della storia e guidò a una lettura nuova degli eventi storici. Accanto ad essa, un ruolo di sempre maggior importanza venne riconosciuto agli antropologi che dall’inizio del Novecento avevano deciso di studiare le popolazioni dal vivo, entrando in contatto con loro e fermandosi per anni: Malinowski nelle isole Trobriand e Claude Lévi-Strauss in Amazzonia su tutti2. Essi cambiarono il modo di studiare l’Altro: non ci sia basava infatti più sui racconti dei missionari o dei medici che per primi si erano addentrati nelle regioni più remote del globo con lo scopo di convertire l’Altro, ma si sentiva la necessità di recarsi di persona a vivere accanto alle tribù amazzoniche,

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MCNEILL, Arnold J. Toynbee, cit., p. 254

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Bronislaw Malinowsky fu un antropologo polacco, padre della moderna etnografia e esponente del funzionalismo britannico. B. MALINOWSKY, Argonauts of the Western Pacific: an account of native enterprise and adventure in the archipelagoes of Melanesian New Guinea, Routledge & Kegan Paul, London 1978, tr. it., Argonauti del Pacifico occidentale: riti magici e vita quotidiana nella società primitiva, Newton Compton, Roma 1978. Claude Lévi-Strauss è stato un antropologo, psicologo e filosofo francese. Si è occupato del problema della famiglia e del mito, cercando le strutture logiche comuni a tutte le culture. C. LEVI-STRAUSS, Tristes tropiques, Plon, Paris 1955, tr. it., Tristi tropici, Il Saggiatore, Milano 1968

39 africane o del Pacifico, per studiare con criteri nuovi e “scientifici” queste realtà. Fra gli antropologi Toynbee stimava Frazer, anche se rigettava le sue conclusioni sul ruolo della religione, poiché con The Golden Bough aveva inaugurato l’uso del metodo comparativo in antropologia, quello stesso metodo che poi Toynbee utilizzerà nella sua filosofia della storia1. Curiosamente, fra i molti antropologi citati Toynbee non menzionava mai il famoso Evans-Pritchard, e la ragione di questa dimenticanza stava forse nel fatto che fu l’ultimo degli antropologi “da tavolino”, che preferì sempre i suoi libri all’indagine sul campo.

Toynbee, come modus operandi, apparteneva senza dubbio alla stessa categoria degli archeologi e degli antropologi: il suo desiderio di vedere, sperimentare sul campo, entrare in comunione con le vestigia del passato tradivano la sua scarsa predisposizione a compiere studi chiuso all’interno di una biblioteca, fosse anche la più fornita del mondo. Un indizio della predilezione per chi lavora sul campo viene dalle bibliografie delle sue opere, dove accanto ai classici del pensiero storiografico Toynbee attinge a piene mani ai lavori di famosi archeologi e antropologi. Non stupisce quindi ritrovare uno accanto all’altro Frazer e Lord Acton, Gibbon e Evans, Matteo Ricci e Sant’Agostino. Accanto ad essi poi numerosi erano i riferimenti ai viaggiatori della fine dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento che si erano addentrati nelle ultime regioni inesplorate, in particolare in quelle adiacenti alla catena himalayana. Esploratori e spie delle potenze occidentali, essi si muovevano sulla scacchiera del “Grande Gioco” per procurare vantaggi per la propria nazione e conoscenza per la comunità scientifica. Fra di essi spiccava indubbiamente la figura di Owen Lattimore, il grande viaggiatore e studioso dell’Asia centrale, autore di innumerevoli lavori sulle aree di confine fra Cina e India. Lattimore, come Toynbee, userà in particolare il concetto di contatto fra le civiltà per descrivere lo stato delle relazioni nel cuore dell’Asia2.

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L’opera di Frazer si basa infatti sulla comparazione fra miti classici e società primitive per comprendere i rapporti che esistono all’interno di una società. Si veda J.G. FRAZER, The Golden Bough: Adonis, Attis, Osiris: Studies in the History of Oriental Religion, Macmillan, London 1907, 2^ ed., tr. it., Il ramo d'oro. Storia del pensiero primitivo: magia e religione, 3 voll., A. Stock, Roma 1925, come citato in TOYNBEE, A Study of History, cit., vol. VII, p. 384.

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Fra i libri più importanti dell’autore e dei quail Toynbee dimotra di avere conoscenza, si segnalano O. LATTIMORE, Manchuria: Cradle of Conflict , Macmillan, London1932; The Mongols of Manchuria: their Tribal Division, Geographical Distribution, Historical Reelations with Manchus and Chinese and Present Political Problems, George Allen & Unwin, London 1935; Inner Asian Frontiers of China, American Geographical Society, New York 1940.

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Le occasioni per viaggiare non sarebbero mancate mai al giovane studioso. Ritornato in patria dalla Conferenza di Pace di Parigi, ottenne un nuovo lavoro: professore di storia bizantina, di lingua e letteratura della Grecia moderna presso la cattedra “Korais” del King’s College dell’Università di Londra1. In questo periodo egli elaborò un grandioso progetto editoriale per la realizzazione di un libro dal titolo

Western Travellers in the Levant 1650-1856. Egli approntò un piano di lavoro, raccolse

una bibliografia sull’argomento e cercò di tracciare uno schema con gli argomenti da recuperare per questo lavoro. L’opera non venne mai iniziata; In realtà questa pubblicazione venne dimenticata e questi appunti e la bibliografia rimasero inutilizzati2. Ma l’attenzione e l’interesse di Toynbee per il viaggio era destinata a svilupparsi proprio negli anni dopo la prima guerra mondiale. In questo periodo dedicato all’insegnamento tornava costantemente alla sua mente non solo il ricordo del proprio fallimento nell’influenzare gli accordi di pace con la Turchia, ma anche il disinteresse di Lloyd George per i consigli che lui e gli altri esperti gli avevano offerto. In particolare, egli nutriva rancore verso il Primo Ministro per non aver ascoltato la sua proposta di non concedere nessun territorio anatolico ai Greci. Infatti, alla Conferenza di Pace di Parigi, Lloyd George aveva sostenuto il primo ministro greco Venizelos, che era riuscito così a parteciparvi da protagonista come fedelissimo alleato della causa dell’Intesa. Lloyd George persuase il Consiglio Supremo Alleato a concedere che una forza greca sbarcasse a Smirne.

Toynbee seguì il districarsi degli avvenimenti con crescente interesse. Scrisse diversi articoli sulla situazione nel Vicino Oriente, che apparvero in periodici fra i quali

New Europe, Contemporary Review, e Review of Review. Allorché Lloyd George e il

suo governo vennero travolti dai problemi causati dal Trattato di Sèvres, Toynbee non poté che mostrarsi felice per le difficoltà che il Primo Ministro stava incontrando. E pensò che avrebbe potuto giustificare il ruolo controverso da lui tenuto durante la Prima Guerra Mondiale, se avesse contribuito a una pace giusta e duratura mediante una

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La cattedra era intitolata alla memoria di Adamantios Korais (1748-1833). Umanista, si formò a Parigi e lottò tenacemente per l’indipendenza della Grecia dall’Impero ottomano. Si impegnò per la purificazione della lingua greca dalle contaminazioni, creando una nuova lingua (Katharevousa) a metà strada fra il greco classico e quello moderno. La sua influenza sulla lingua e sulla cultura greca fu talmente grande che può essere paragonata a quella di Dante per l’italiano e di Martin Lutero per il tedesco. Sulla sua vita si rimanda a Adamantios Korais, in “The New Encyclopaedia Britannica”, vol. 6, The University of Chicago, Chicago, 1988, p. 956

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41 campagna giornalistica che informasse l’opinione inglese degli errori della politica di Lloyd George1. Per permettergli di seguire “dal vivo” la guerra greco - turca, il Senato accademico dell’Università di Londra gli consentì di lasciare l’insegnamento per due semestri, a partire dal 1° gennaio 1921. Tuttavia Toynbee arrivò in Grecia non nelle vesti di un professore in licenza, ma come corrispondente di guerra del Manchester

Guardian, grazie all’accordo siglato con il suo direttore, C.P. Scott, che gli coprì le

spese di viaggio e gli corrispose un buon compenso per gli articoli che avrebbe pubblicato2.

Toynbee si recò prima ad Atene, dove il nuovo governo realista era salito al potere nel dicembre del 1920. Intervistò il Primo Ministro Rallis ed altri esponenti politici. Nel frattempo la guerra si stava combattendo nell’entroterra di Smirne e per questo decise di partire alla volta dell’Anatolia, dove avrebbe seguito l’andamento delle vicende belliche, sempre però dalla parte dei Greci e a stretto contatto con i vertici militari. Con parole quasi poetiche descrisse il suo arrivo al largo delle coste dell’Anatolia, commuovendosi al pensiero che per la prima volta, dopo secoli, la civiltà occidentale conduceva un’offensiva in Asia Minore: “I dare say the invasion of Western civilisation, which they [le montagne lungo la costa dell’Anatolia] are looking at now, is the strangest thing they have seen. It is like the new flora covering the country and giving it a different appearance”3. Toynbee girò per le linee greche documentando l’andamento del conflitto contro le truppe di Kemal, ma iniziò anche a insinuarsi in lui il senso di inadeguatezza per il lavoro che stava compiendo: “I see I’m in ranger of becoming a Venizelist, and I don’t want to sum up in favour of either party, not just yet anyway”4. Infatti, egli si rese conto che stava documentando solo una parte della guerra, guardandola dalla zona greca. Decise, perciò, di trasferirsi sull’altro fronte, per conoscere come i Turchi stessero vivendo il conflitto. Una prima occasione la ebbe durante il suo soggiorno a Costantinopoli, occupata dagli Alleati, dove conobbe meglio alcuni esponenti del Movimento Nazionalista turco. Di questo primo contatto con il pensiero e le idee dei Nazionalisti turchi scrisse il 19 maggio sul Manchester Guardian,

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MCNEILL, Arnold J. Toynbee, cit., p. 104

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MCNEILL, Arnold J. Toynbee, cit., p. 105

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Bodleian library, Toynbee papers, box 50, lettera, AJT to Edith Toynbee 26 gennaio 1921. Sulle vicende della guerra greco-turca si veda C.M. WOODHOUSE, Modern Greece: a short history, Faber and Faber, London and Boston, 1986

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in un articolo dal titolo The Turks’ point of view. What they ask to the western nations. Toynbee si espresse molto positivamente in merito alle richieste che essi avanzavano. Il Movimento Nazionalista turco appariva sincero e la gente sentiva profondamente la causa per cui stava lottando. Egli avvisò che, nonostante anni di guerra avessero devastato il paese, non sarebbe stato facile fermare i Nazionalisti: volevano, infatti, trattare su un piano di parità con gli Occidentali oppure combattere fino alla morte1.

Una possibilità ancora più grande per conoscere e farsi conoscere dal popolo turco sembrò presentarsi nel maggio, quando lui e Rosalind, che lo aveva seguito in questa esperienza, accettarono un invito a compiere una missione umanitaria con la Mezzaluna Rossa per soccorrere i rifugiati turchi che venivano da Yalova, una piccola cittadina sulla costa orientale del Mar di Marmara. Il viaggio compiuto con la Mezzaluna Rossa determinò una svolta nel suo pensiero. Le considerazioni ottimistiche e positive sulla politica greca e sulla gestione dell’occupazione iniziarono a vacillare, per poi abbandonarlo del tutto quando vide con i propri occhi di cosa erano stati capaci i Greci a Yalova. Quando la nave della Mezzaluna Rossa con a bordo i Toynbee arrivò a Yalova nell’ultima settimana di maggio, quattordici dei sedici villaggi dell’hinterland di quella città erano stati distrutti e c’erano solo millecinquecento sopravvissuti dei settemila musulmani che vivevano in quella zona. Toynbee rimase letteralmente sconvolto. Lo sgomento era dovuto anche al fatto che non sembrava esserci nessuna giustificazione per un tale massacro, e ciò era confermato dai sopravvissuti. Ma il massacro non era un fatto isolato. Anche a Smirne e a Aidin i Greci avevano attaccato la popolazione turca inerme. Nelle due settimane seguenti i due coniugi inglesi accompagnarono altre due spedizioni della Mezzaluna Rossa portando molti rifugiati turchi dalle coste orientali del Mar di Marmara al sicuro a Costantinopoli.

Le notizie provocarono un vero e proprio shock fra gli Inglesi. C.P Scott, l’editore del quotidiano, ne rimase profondamente colpito perché, come gli altri liberali, aveva ben in mente la denuncia che Gladstone aveva fatto delle violenze turche nel lontano 18702 e l’immagine pubblica estremamente negativa era stata rafforzata dai ben documentati massacri armeni del 1915-1916. Tuttavia, quando i primi dispacci di

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Bodleian library, Toynbee papers, box 51, lettera, AJT to Manchester Guardian, 19 maggio 1921

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Il Primo Ministro inglese Gladstone aveva condannato pubblicamente il Sultano Abdul-Hamid definendolo “il Grande Assassino”, perché sotto il suo regno aveva permesso il massacro di migliaia di Armeni.

43 Toynbee arrivarono in redazione Scott, nonostante il suo scetticismo, li pubblicò e quando numerosi lettori si lamentarono con l’editore del Manchester Guardian per gli articoli del suo corrispondente di guerra, Scott ne prese le difese. Quando Toynbee tornò in patria, all’orizzonte non si profilava nessuna seria possibilità di accordo fra le Potenze alleate, mentre il popolo turco era sempre più schierato a fianco del leader nazionalista Mustafà Kemal.

Il suo secondo viaggio in Anatolia nell’aprile del 1923 venne intrapreso con grandi speranze e attese, che svanirono però alle prime tracce dei massacri. Durante questo viaggio ripassò per quelle zone che aveva già visitato negli anni precedenti come corrispondente di guerra. Ma quello che più gli interessava era cercare di intervistare i leader turchi, per capire quali fossero le loro idee per il futuro. Perciò, nel periodo in cui stette a Costantinopoli, Toynbee incontrò diversi esponenti della vita culturale e politica turca come Remzy Bey, Husni, Adnan Adivar, Ali Shukri Bey, tutti insigni studiosi, uomini di cultura e impegnati in politica1. In questo viaggio Toynbee ebbe modo di incontrare per la prima volta il leader assoluto del Movimento Nazionalista turco, Mustafà Kemal. In precedenza egli si era già espresso in termini positivi nei suoi riguardi: “…he is not a Jew; not a member of that group of politicians who controlled the Committee of Union and Progress…and not under suspicion of making money or other personal gain out of his present position”2. Toynbee si stava creando un’idea diversa del leader del Movimento Nazionalista turco, rispetto alle descrizioni negative fattene dalla stampa. I giornali inglesi, infatti, presentavano Mustafà Kemal come l’ostinato dittatore che non voleva arrivare a un accordo con le Potenze occidentali (e in particolar modo con la Gran Bretagna), tanto che nei mesi precedenti la crisi si era quasi tramutata in conflitto armato. Egli, invece, restò colpito dalla sua intelligenza: “His will power and intelligence are unmistakable, and his capacity for receiving new ideas is proved by his career. But is he very receptive to ideas from other people, or must they, in order to find entrance, at any rate appear to originate within his own mind?”3.

In verità Toynbee, abituato a compiere sempre un’analisi accurata di ogni personalità che incontrava, aveva trovato in Kemal anche diversi difetti. Notò infatti più

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TOYNBEE, Acquaintances, cit., p. 238-240. Questi intellettuali che nel corso degli anni divennero amici di Toynbee, vennero tutti esiliati, una volta che il potere di Kemal si consolidò, a causa della loro ostilità alla deriva autoritaria del suo governo.

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TOYNBEE, The Western Question in Greece and Turkey, cit., p. 178

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tardi come il suo acume fosse in qualche modo limitato dalla sua intransigenza1. Anche successivamente continuò a nutrire qualche riserva sulla sua leadership quasi dittatoriale in un Paese che aveva da poco abbracciato le idee democratiche2. Tuttavia, nonostante queste riserve, rimase sempre un acceso sostenitore di Kemal, anche in disaccordo con i suoi amici intellettuali. I suoi viaggi in Grecia e Turchia gli avevano permesso di acquisire una conoscenza diretta di quello che stava avvenendo nel Vicino Oriente, e di questa conoscenza sfruttò i benefici attraverso la pubblicazione di libri sull’argomento. Grazie al ruolo di esperto nelle questioni Vicino e Medio orientali, inoltre, si creò una reputazione che lo portò in ultima analisi ad intraprendere nuove esperienze professionali, come vedremo in seguito. Sul breve periodo però, il suo cambiamento di attitudine verso i Greci gli comportò la perdita della cattedra “Korais” e l’addio agli ambienti universitari.

Le occasioni per viaggiare non finirono qui. Nel 1929 Toynbee fu invitato a recarsi in Giappone per prendere parte a un incontro dell’Institute of Pacific Relations a Kyoto. Di questo lungo e affascinante viaggio ci ha lasciato una descrizione in A

Journey to China, or Things Which are Seen3 , preziosa fonte per le riflessioni che maturava nel contatto con le altre civiltà. Toynbee accettò con piacere l’invito e decise di cogliere l’occasione per fare un giro un po’ più lungo e visitare il Medio Oriente e l’Asia. Pianificò il tragitto con sua moglie Rosalind che decise di accompagnarlo assieme ai suoi due figli più grandi. Così, il 23 luglio del 1929 partirono da Londra con destinazione Turchia. Durante il tragitto la comitiva passò per i Balcani, osservando gli sconvolgimenti determinati dal conflitto e dalle nuove sistemazioni postbelliche nel tessuto sociale e umano. Ventitré giorni dopo giunsero a Costantinopoli dove, come da programma, Rosalind e i figli si fermarono. Toynbee proseguì il viaggio da solo, addentrandosi nel cuore della Turchia e rivedendo un’altra volta Ankara, dopo la guerra greco - turca. In particolare, gli premeva capire se lo spirito che si era destato qualche anno prima grazie all’opera di Mustafà Kemal fosse ancora vivo. E la visita ad Ankara era l’occasione migliore per vederlo all’opera: “…for the tour de force of creating a modern city in the wilderness is symbolic of the whole task which the Turks have set themselves to carry through…What is being done at Angora has to be done, more or

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TOYNBEE, Acquaintances, cit., p. 249

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TOYNBEE, Turkey, cit., p. 79

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45 less, all over Turkey if Turkey is to survive”1. L’esperienza, quindi, del contatto dell’Occidente con una nazione islamica come la Turchia aveva portato speranze per il futuro delle relazioni con i paesi musulmani. La Turchia era, infatti, l’esempio migliore di come questa fusione fra valori locali e spirito occidentale potesse avere successo2.

Questo esempio era destinato a ripetersi nel resto del viaggio. Infatti, quello che vide nel Vicino Oriente, in India e in Cina confermò più o meno le aspettative di Toynbee, nel senso che rafforzò la visione delle relazioni internazionali che si era formato nel 1921, quando stava studiando la guerra in Anatolia. Le sue esperienze, costituite da una serie di incontri con l’establishment dei Paesi toccati dal suo viaggio, sembrarono attestare la disintegrazione della società asiatica come il risultato della collisione con l’Occidente avvenuta nei due secoli precedenti. Questa collisione aveva portato a due tendenze: da una parte, l’aumento dei processi d’imitazione e incorporazione delle tecniche e delle idee occidentali, con leader locali che puntavano molto sull’integrazione economica con l’Occidente; dall’altra, l’aumento del numero di coloro che lottavano per ottenere l’indipendenza politica il più presto possibile. Ma non tutte le forme di contatto con l’Occidente avevano risvolti positivi. Quattro anni prima Toynbee si era mostrato fiducioso nella capacità inglese di gestire la difficile convivenza fra Arabi e Ebrei. Ora, invece, rilevò che il sistema occidentale dei Mandati