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A LCUNE CONSIDERAZIONI D ' INSIEME SUI MANOSCRITTI INSULARI DEL R OMAN

I manoscritti del Roman de Brut

X 2 O XFORD , B ODLEIAN L IBRARY , R AWLINSON D

II. A LCUNE CONSIDERAZIONI D ' INSIEME SUI MANOSCRITTI INSULARI DEL R OMAN

DE BRUT

A partire dai dati emersi dalle schede appena proposte, è possibile porre l'accento su alcuni aspetti che caratterizzano la tradizione manoscritta di area insulare del Roman de Brut valutando per ciascuno di essi sia le tendenze comuni ad alcuni gruppi di codici, sia le rispettive peculiarità.

Gli assi sui quali ci si interrogherà sono dunque quattro. In primo luogo, si analizzeranno i manoscritti dal punto di vista materiale per illustrare in quali tipologie librarie il Brut viene copiato; quindi si rifletterà a proposito dell'organizzazione macrotestuale dei codici per mettere in evidenza quali testi sono di solito posti accanto all'opera del normanno. Si passerà poi a considerare i vari marginalia presenti nei codici: essi, quando fanno parte del progetto originario, forniscono infatti dei dati di primaria importanza riguardo la percezione del testo da parte di chi ha allestito i manoscritti, mentre, lì dove sono aggiunti da lettori successivi, costituiscono una prima guida nell'analisi dei modi in cui questo è stato recepito. Infine si proveranno a mettere insieme i (pochi) dati riguardo la cronologia e la provenienza dei codici per tracciare una breve storia della diffusione del testo in Inghilterra tra XII e XIV secolo.

1. Tipologia dei codici

Se prendiamo in considerazione i testimoni insulari di cui ci è giunta almeno una carta intera, escludendo cioè, W, Q e X2, i codici latori del Roman de Brut sono nel

loro insieme piuttosto omogenei. Sono tutti, tranne i mss. R2 ed E2, a due colonne e,

fatta eccezione per D e W, presentano una mise en page di tipo under the line.182

Inoltre, per quanto riguarda il formato, la maggior parte di loro è caratterizzata da misure simili, simile numero di righe e, di conseguenza, da un analogo rapporto tra ampiezza dei margini e specchio di scrittura.

In linea di massima, i codici presentano un formato medio-piccolo che Careri, Ruby e Short sostengono essere tipico già dei manoscritti del XII secolo contenenti testi ottosillabici e che discende a sua volta dai manoscritti monastici di XI-XII

182 Cfr. N. Ker, From "Above Top Line" To "Below Top Line": A Change in Scribal Practice, in «Celtica»,

V (1960), pp. 13-16, di recente ripubblicato in The History of the Book in West. A Library of Critical Essays, Vol. I: 400 AD - 1455, ed. J. Roberts, P. R. Robinson, Farnham, Ashgate, 2010, pp. 89-92.

secolo.183 È notevole che soltanto pochi di loro facciano eccezione, come è evidente

dalla lista che segue in cui, accanto alle misure, è presente per ciascun manoscritto anche una cifra che corrisponde al rapporto tra altezza e numero di righe. Quest'ultima fornisce un'indicazione utile circa l'insieme della mise en page: essa è tanto più alta quanto più ampi sono i margini e dunque quanto più ariosa è la pagina nel suo insieme:184

• X1: mm 215 x 150; 30 rr. = 5 • D: mm 234 x 160; 36 rr. = 4,44 • V2: mm 205 x 153; 42 rr. = 3,64 • V3: mm 208 x 138; 38 rr. = 3,63 • T: mm 330 x 220; 41-45 rr. = 4,88 • C2: mm 277 x 220, 47 rr. = 4,68 • P: mm 365 x 240; 26-27 rr. = 9,23 • C: mm 220 x 150; 37rr. = 4,05 • L: mm 255 x 180; 32 rr. = 5,62 • F: mm 250 x 175; 51 rr. = 3,43 • Z: mm 300 x 200; 40 rr. = 5 • A: mm 260 x 180; 40 rr. = 4,5 • B: mm 255 x 190; 40-45 rr. = 4,47 • E: mm 240 x 160; 39rr. = 4,1 • E2: mm 199 x 118, 33-36 rr. = 3,42

Come si può notare, quasi tutti i testimoni presentano un formato medio di 220- 260 mm di altezza e di 150-190 mm di larghezza (a parte il caso specialissimo del ms. Egerton, da valutare separatamente) rispetto al quale fanno eccezione da un lato X1,

V2 e V3, più piccoli,185 e dall'altro T, C2, Z, più grandi. Questi ultimi costituiscono un

esempio di quella mise en page più curata che troviamo in vari codici romanzi del

183 Careri, Ruby, Short, Livres et écritures cit., p. xli. Sul ruolo della produzione monastica latina nella

nascita dei primi codici in volgare, cfr. G. Hasenohr, Traductions et littérature en langue vulgaire, in Mise en page et mise en texte du livre manuscrit, ed. H.-J. Martin, J. Vezin, Paris, Éditions du Cercle de la Librairie - Promodis, 1990, pp. 229-352. La stessa Hasenohr fornisce poco dopo una descrizione del tipo-standard dei primi manoscritti dei testi ottosillabici antico-francesi che si adatta perfettamente al caso della maggior parte dei codici del Brut: «Le portrait type de la copie du XIIe siècle pourrait être le suivant : parchemin ordinaire,

épais, jaune, éventuellement troué : format de la feuille : 250 x 160 millimètres (et plus) : dispositon des vers sur deux colonnes de 60/80 millimètres, à raison d'une quarantaine à une cinquantaine de lignes par colonne, en fonction du format ; aucun exemple de transcription des octosyllabes à la file ou groupés deux à deux [...] ; réglure visible (pointe, mine, encre) [...] ; la première lettre de chaque vers, dont l'isolement et l'alignement rectiligne font ressortir la fonction décorative, est d'un module légèrement plus grand que le corps ordinaire de l'écriture et parfois un peu enjolivée ; l'écriture elle-même, posée et régulière, est d'un calibre moyen (2/3 mm), et les interlignes blancs, d'une hauteur correspondante, assurent une lisibilité parfaite ; les abréviations sont rares et répétitives ; des lettrines alternativement rouges et bleues - et/ou vertes, dans les plus anciennes copies - coupent le texte en unités de lecture de longueur très variable ; elles occupent une hauteur de deux à quatre unités de réglure et sont parfois agrémentées d'entrelacs ou des filigranes de couleur contrastée, dont le tracé délié prolonge dans les marges l'effet décoratif», ivi, p. 249.

184 In via preliminare, è tuttavia necessario segnalare che tali considerazioni sono viziate dalla possibilità che

i codici siano stati rifilati, cosa che è senz'altro accaduta in molti casi. Questi parametri possono allora essere confrontati con un dato che non ha subito modifiche successive dovute ad agenti esterni, ovvero l'altezza media delle righe, che, pur non fornendo alcun elemento per valutare l'originaria ampiezza dei margini, permette di comprendere la tipologia di mise en page del codice.

185 Il ms. X1 è peraltro un'eccezione parziale perché, se consideriamo un altro parametro, ovvero l'altezza

media delle righe, ne risulta presenta un rapporto tra testo e pagina simile a quello della gran parte dei codici visto che le sue righe hanno un'altezza media di 4 mm.

XIII secolo.186 A parte, come si vedrà, va considerato il caso di P, manoscritto dalla

fattura eccezionale per questo genere di produzione.

In linea generale, il Roman de Brut viene dunque copiato in volumi di buon livello, quasi sempre accurati nella preparazione e nella resa grafica, anche in quei casi che presentano una mise en page più compressa, come i due codici conservati al Vaticano o come il ms. F. Se i testimoni del Brut non sono codici di lusso o ufficiali, essi sono però verosimilmente il prodotto di una committenza, aristocratica o ecclesiastica, attenta alla qualità del prodotto finale. Ciò è vero specialmente per i mss. C2, T, P, L, Z e A, mentre fanno eccezione i mss. C e B che, per l'esecuzione più

rapida, per la peggiore preparazione della pergamena nonché per i complessi marginalia che caratterizzano entrambi (su cui cfr. infra), si configurano come codici d'uso destinati allo studio, tipologia che, come ha sottolineato Françoise Le Saux, è caratterizzata da un livello qualitativo più scarso e da una maggiore fragilità.187

La grafia e l'apparato decorativo confermano queste linee generali: nella maggior parte dei casi, gli scribi dell'opera di Wace si servono di una textualis dal tratteggio abbastanza definito, posata e piuttosto dettagliata.188 Quanto alla decorazione,

troviamo di solito un apparato su due livelli: ovvero grandi capitali ornate rosse e blu all'inizio del manoscritto o di ciascuna delle opere in esso contenute e frequenti letterine alternate blu e rosse, con o senza filigrana del colore opposto. Vanno invece considerati a parte il ms. D, la cui grafia presenta ancora alcuni elementi arcaici, oltre ad alcune irregolarità, e la cui capitale iniziale è in vari colori su fondo in foglia d'oro, e il ms. A, l'unico codice insulare a presentare una lettera miniata all'inizio del testo, fatto salvo il caso particolarissimo dell'Egerton.

Se dunque la maggior parte dei codici del Roman de Brut sono piuttosto omogenei tra loro, ciò non impedisce che alcuni siano il risultato di progetti editoriali con caratteristiche molto peculiari. In primo luogo, sono notevoli le scelte dei copisti di P e del frammento X2: testimoniano infatti la possibilità di copiare l'opera di Wace

con gotiche molto calligrafiche e il primo, in particolare, è caratterizzato da un formato molto ampio che può essere avvicinato alla produzione latina.189 È cioè

186 Cfr. ivi, p. 251. A questi va forse aggiunto anche L, caratterizzato da una mise en pase singolarmente

ariosa se si considera che le righe misurano 3,84 mm ciascuna.

187 Cfr. Le Saux, Manuscripts cit., p. 26.

188 I manoscritti del Brut sembrano cioè presentare in media un livello più alto di formalizzazione grafica

rispetto alla media dei codici antico-francesi del XIII secolo nei quali «l'écriture communément adoptée pour transcrire une œuvre littéraire vernaculaire, dès lors qu'aucun effet spécial n'était recherché, ne fut ni la textualis gothique des livres latins, ni l'écriture diplomatique des actes. C'est une petite écriture à l'allure gothique, mais en règle générale beaucoup moins brisée que celle-ci, restée plus proche de la caroline évoluée des gloses du XIIe siècle comme de l'écriture usuelle non livresque (notula), non codifiée -

susceptible donc d'une infinité de réalisasions personnelles -, souvent plus courante et rapide que la

textualis, sur laquelle l'influence de l'écriture documentaire se fait plus ou moins sentir», Album des manuscrits français du XIIIe siècle cit., p. xxvi.

189 Careri, Ruby e Short mettono infatti in evidenza che la gran parte dei manoscritti romanzi è redatta in

una gotica libraria di modulo medio-piccolo e dal disegno meno definito. «Une libraria formelle, de grand module, est utilisée pour la copie de quelques psautiers bilingues, écrits en colonnes parallèles ou à versets alternés», Livres et écritures cit., p. xlviii. Sebbene nel pieno XIII secolo la produzione libraria assuma

rappresentativo della cultura e della tradizione letteraria della grande fondazione monastica da cui proviene, ovvero la Christ Church di Canterbury.

Merita poi di essere ricordato il caso del ms. Egerton 3028 (E2): quest'ultimo ha

un formato notevolmente più piccolo della media, è strutturato su un'unica colonna e arricchisce il testo con numerose miniature, quasi una per foglio. Vernon Underwood ha ricollegato il codice all'aristocrazia vicina a Edoardo III e al suo uso politico della storia bretone e in particolare della figura di Artù.190 Il ricco

programma illustrativo sarebbe infatti espressione di una precisa ideologia nobiliare filo-plantageneta, come testimonia la costante associazione dei vari sovrani bretoni alla casa reale inglese: i discendenti di Bruto, infatti, indossano sempre le armi dei Plantageneti, ovvero i tre leoni d'oro su campo rosso. Il ms. Egerton testimonia allora l'importanza simbolica che il testo di Wace può assumere ancora nel XIV secolo.191

Il Roman de Brut viene però anche incluso in una tipologia codicologica del tutto diversa, ovvero il rotolo genealogico, come testimonia il ms 12/45 A del College of Arms (R2). Le genealogie reali anglonormanne su rotolo sono un prodotto nato nella

seconda metà del XIII secolo nel solco del magistero di Matteo Paris, come ha dimostrato di recente Olivier de Laborderie, in relazione al crescente bisogno da parte dell'aristocrazia insulare di avere a disposizione dei resumés chiari e schematici della storia inglese.192 Tra queste ultime, il ms. R

2 costituisce un caso singolare perché

si sofferma soprattutto sulle vicende bretoni, alle quali sono dedicati i tre quarti del testo, a differenza degli altri rotoli che danno maggiore spazio alla storia anglosassone e normanna.

Il caso del ms. R2 è di particolare interesse all'interno della tradizione dell'opera

di Wace perché l'inclusione del Roman de Brut in un progetto del genere ne conferma da un lato la circolazione e l'uso in un ambiente ufficiale e politicamente connotato, come nel caso del manoscritto Egerton,193 e dall'altro la sua percezione

quale testo depositario di informazioni propriamente storiche.

caratteri molto diversi che nel XII, periodo al quale si riferiscono le parole dei tre studiosi, le autrici del citato Album des manuscrits français du XIIIe siècle definiscono rari i codici in volgare di questa tipologia,

cfr. p. xxvi.

190 Underwood, An Anglo-Norman Metrical «Brut» cit., pp. 35-38; cfr. anche J. Blacker, Courtly Revision of

Wace's «Roman de Brut» in Egerton MS 3028, in Courtly Arts and the Art of Courltiness, ed. K. Busby, Ch. Kleinhenz, Cambridge, D. S. Brewer, 2006, pp. 237-258.

191 Alla persistenza del ruolo di Wace nella cultura storiografica e politica inglese nel tardo XIII secolo e

ancora nel XIV secolo, sarà dedicato l'ultimo capitolo della presente ricerca, a cui si rimanda.

192 Cfr. De Laborderie, Histoire, memoire et pouvoir cit.; Id. «Ligne de reis»: Culture historique,

représentation du pouvoir royal et construction de la mémoire nationale en Angleterre à travers les généalogies royales en rouleau, thèse de doctorat, Paris EHESS, 2002. Per ulteriori informazioni sull'argomento, si rimanda inoltre alla seconda parte di questo lavoro.

193 Si tenga però presente che il ms. R

2 viene vergato probabilmente prima del 1290: ci troviamo cioè nel

pieno del regno di Edoardo I, in un contesto storico molto diverso rispetto a quello che caratterizza la copia dell'Egerton 3028. I due sovrani (Edoardo I ed Edoardo III) sono però accomunati da una medesima politicizzazione delle vicende bretoni.

2. Organizzazione macrotestuale dei codici

Come hanno messo in evidenza gli studi di Jean Blacker, Françoise Le Saux e Ariane Bottex-Ferragne, considerare i testi accanto ai quali è stato copiato il Roman de Brut permette di riflettere circa la percezione dell'opera di Wace da parte dal pubblico.194 È stato infatti più volte sottolineato che, se nei codici continentali la

cronaca del normanno è spesso utilizzata come una sorta di quadro mitostorico volto a introdurre la narrativa di finzione arturiana e in modo particolare i romanzi di Chrétien de Troyes,195 in quelli di area insulare essa è percepita come una cronaca e,

in ragione di ciò, è associata ad altre opere di carattere storiografico. Particolarmente solido è in questo senso il legame con l'Estoire des Engleis di Geffrei Gaimar con la quale il Brut, come si è detto in precedenza, forma una sorta di dittico sul passato bretone e anglosassone dell'isola, attestato in ben quattro manoscritti.196

Il panorama complessivo dell'organizzazione macro-testuale dei codici del Roman de Brut è però più ricco e sfaccettato: la cronaca di Wace non si limita infatti a istituire un rapporto esclusivo con l'Estoire des Engleis, ma si inserisce di volta in volta all'interno di una molteplicità di costellazioni testuali che, nonostante presentino alcuni tratti comuni, sono caratterizzate ciascuna da una sua propria specificità.

Di seguito, una lista delle opere con cui la cronaca di Wace è associata:197

a. Testi storici e documenti giuridici:

• Geffrei Gaimar, Estoire des Engleis, mss. D, L, A, B (+F);

• Jordan Fantosme, Chronique, mss. D, L;

• La Description d'Angleterre, mss. D, L, F;

• Enrico di Huntington, Historia Anglorum, mss. V2, B

• Genealogia in latino dei re bretoni e inglesi, ms. T;

• Insieme di estratti dalle auctoritates storiografiche latine (Goffredo di Monmouth, Beda), ms. T;

• Le Livere des Reis de Brittanie, ms. T; • Le Livere des Reis de Engleterre, ms. C2;

194 Oltre ai più volte citati lavori di Le Saux, cfr. J. Blacker, Will the Real Brut Please Stand Up? Wace's

«Roman de Brut» in Anglo-Norman and Continental Manuscripts, in «Text», IX (1996), pp. 175-186; Bottex- Ferragne, Lire le roman cit.

195 Oltre ai citati, cfr. anche almeno Walters, Le rôle du scribe cit..

196 Ovvero D, L, A e B. A questi va peraltro aggiunto F nel quale l'Estoire viene annunciata anche se poi la

seconda parte del manoscritto è andata perduta. Si tenga inoltre presente da un lato che si tratta dell'intera tradizione della cronaca di Gaimar, dall'altro che l'Estoire è già di per sé costituita come il secondo volet di un dittico: essa è infatti il seguito della perduta Estoire des Bretuns, ovvero di quella che sarebbe stata probabilmente la più antica traduzione dell'Historia regum Britanniae.

197 Si tenga presente che faccio riferimento solo ai testi presenti nella medesima unità codicologica del Brut,

dunque prescindendo dalla configurazione attuale dei manoscritti. Per lo stesso motivo includo nella lista il Manuel des pechiez di William de Waddington (per cui, cfr. É. J. Arnould, Le manuel des péchés. Étude de littérature religieuse anglo-normande (XIIIe siècle), Paris, Droz, 1940) che non è oggi nel ms. V2, bensì,

come si è detto, nel ms. Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Palatini latini 1971 che però in origine faceva tutt'uno con il nostro codice Ottoboniano.

L'unica eccezione è costituita dalla menzione della Chronique d'Angleterre nel ms. C sia in ragione della possibilità, tutt'oggi non esclusa, che la seconda e la terza sezione di quel codice costituiscano un'unica unità codicologica, sia perché la loro associazione è comunque antica e databile almeno al XV secolo. Essa è insomma espressione di una cultura di un periodo che è ancora oggetto del nostro studio.

• De excidio Troiae Historia, ms. P; • Statuti di re Edoardo I, ms. P: • Breve chronique d'Angleterre, ms. C; • Roll Brut, ms. R2;

• Pierre de Langtoft, Chronique d'Angleterre, mss. C, A; • La Lignee des Bretons et des Engleis, ms. A;

• Royal Brut, ms. B;

• Breve continuazione in versi da Egbert a Edoardo III, ms. E2;

b. Testi religiosi o didattico-morali:

• William de Waddington, Manuel des pechiez, ms. V2;

• Ami et amile, ms. T; • Les quatre soeurs, ms. T, P; • La petite philosophie, ms. P; • Apocalisse anglonormanna, ms. P; • Jeu de la resurrection, ms. P;

• Herman de Valenciennes, Bible, ms. Z;

• Herman de Valenciennes, L'Assomption Nostre Dame, ms. Z;

• Chastoiement d'un père à son fils, ms. Z; • Poème sur l'Ancien Testament, ms. Z;

• Robert de Ho, Enseignements Trebor, ms. Z;

• Vie de saint Eustache, ms. Z;

• Roan d'Arundel, Lettre du pretre Jean, ms. Z; • Guillaume Le Clerc, Bestiaire divin, ms. Z; • Lunaire de Salomon, ms. Z;

• Pronostic mensuel, ms. Z; • Pronostic de Noel, ms. Z;

• Berol, Le livre d'Espurgatoyre, ms. Z;

• Honorius Augustodunensis, Imago mundi, ms. B;

c. Testi di narrativa para-storica di argomento anglosassone:

• Gui de Warewic, ms. T, C2;

• Lai de Haveloc, ms. A;

d. Testi di altro genere:

• Fabliaux: Romanz de un Chevalier, de sa dame et un clerc, ms. T;

• Epica: Florence de Rome, ms. C2; La destruction de Rome e Fierabras, ms. E2.

• Romanzi: Partenoepus de Blois, ms. Z; Chrétien de Troyes, Le conte du Graal,

ms. A.

Come si anticipava, i responsabili dei codici che hanno sentito l'esigenza di prolungare il racconto di Wace, non hanno fatto ricorso solo all'Estoire des Engleis. Nei mss. C ed E2 sono infatti presenti altre due continuazioni in versi, ovvero

rispettivamente la cosiddetta Brève chronique d'Angleterre e un testo molto sintetico che va da Egbert a Edoardo III. Dall'altro lato, ciascuno dei mss. T, C2 e R2 associa

il Brut a una diversa sintesi in prosa della storia successiva: si tratta dei due abrégés noti come Le Livere des Reis de Brittanie e Le Livere des Reis d'Engleterre, sui quali torneremo nella seconda parte di questo lavoro, e di un breve testo che si limita ad accennare rapidamente ai principali avvenimenti delle vicende dei re anglosassoni e normanni.

In altri casi ancora, i copisti fanno appello alla sapienza delle auctoritates latine. Il ms. V2, ad esempio, affianca il Brut a un estratto dell'Historia Anglorum di Enrico

in modo simile ai codici menzionati in precedenza, per proseguire il racconto delle vicende insulari. In altri due manoscritti, invece, i testi latini mirano a confortare l'auctoritas dell'opera del normanno e ne certificano dunque il valore storiografico: accade nel ms. T, dove il Roman de Brut è preceduto da alcuni estratti della stessa Historia Anglorum e dell'Historia regum Britanniae, che offrono ulteriori precisazioni riguardo la geografia della Britannia e la storia bretone,198 e nel ms. P,

dove è il De excidio di Darete a introdurre l'opera di Wace, fornendone una preistoria che ne illustra più nel dettaglio le premesse troiane.

Si consideri inoltre a margine che l'intervento del ms. P testimonia anche il doppio volto della storia bretone: il contatto con il De excidio da un lato e con gli statuti di re Edoardo dall'altro indica che le vicende di Bruto e dei suoi discendenti sono percepite allo stesso tempo come fatti antichissimi, caratteristici cioè di un passato remoto nel quale affondano le radici della civiltà europea, e come storia che, nel