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D URHAM , C ATHEDRAL L IBRARY , C IV

I manoscritti del Roman de Brut

D. D URHAM , C ATHEDRAL L IBRARY , C IV

Inghilterra, XII4/4

ff. 167 (numerazione moderna in cifre arabe spesso poco leggibili); 1-78, 8-94, 10-188, 192, 20-228,

235, richiami parzialmente visibili ai fascicoli 1-6 (segnati da ia vi: ne è responsabile la mano A) e 9-

3 Per la lista completa si faccia riferimento a W. D. Macray, Catalogi Codicum Manuscriptorum

Bibliothecae Bodleianae. Partis quintae, fasciculus quartus, Oxford, Clarendon Press, 1898, 136-143.

Disponibile online:

http://solo.ouls.ox.ac.uk/primo_library/libweb/action/dlDisplay.do?vid=OXVU1&docId=oxfaleph014 618915.

4 Sul ms. cfr. la scheda recente in M. Careri, Ch. Ruby, I. Short, Livres et écritures en français et en occitan

13 (segnati da a a e: ne è responsabile la mano B); mm 234 x 160 (mm 187 x 124); scrittura above the line; disposizione del testo all'anglonormanna con maiuscola di inizio verso presente a versi alterni, anche per la Chronique di Fantosme, in lasse di alessandrini;2 coll. fino a f. 138, 1 da f. 139; 36 rr.; rigatura a mina di piombo.

CONTENUTO:

I. Wace, Roman de Brut (ff. 1-94);

II. Les Prophecies de Merlin (ff. 42v-48v), versione decasillabica;5

III. Geffrei Gaimar, L'estoire des Engleis (ff. 94-137);6

IV. La description d'Angleterre (ff. 137-138v);7

V. Jordan Fantosme, Chronique (ff. 139-167v).8

SCRITTURA: gotica di tre o quattro mani: è infatti possibile che le mani A e D siano la stessa. Mano

A (ff. 1r-60v): modulo medio-piccolo (lettere di 2 mm, con aste fino a 3; la larghezza va da 1 a 3 mm), dritto e regolare. La a è aperta, la d tonda e schiacciata, la g ha l'occhiello chiuso; c'è spesso -R a fine verso; la -s finale è alta e poggiata, ma più di rado sono presenti anche s tonde in fine di parola. Presente, ma minoritaria, la u a punta in posizione iniziale; in particolare è regolare per il monosillabo «ù» 'dove'. La z è dritta, larga e non tagliata. Non c'è sovrapposizione delle curve opposte, nemmeno nel caso di de, e la r è tonda solo dopo o.La nota tironiana 7 è curva e perlopiù non tagliata.

La mano B (ff. 61r-96v) si caratterizza per una leggera inclinazione a destra, per un modulo appena più grande (lettere piccole di 3 mm, aste di 4, larghezza fino a 4 mm) e per un contrasto minore: il disegno, pur conservando alcune spezzature delle curve alte, è più tondeggiante. Rispetto ad A si caratterizza per la d tonda ma non schiacciata con frequente ritorno a destra, per la g che molto spesso non chiude l'occhiello. Inoltre a fine verso la -r è sempre minuscola. Non c'è mai nota tironiana 7, ma c'è 9.

La mano C (ff. 97r-138d) presenta un modulo medio-piccolo e stretto con aste slanciate e numerose spezzature. Rispetto alle due mani precedenti si caratterizza per la a a una sola pancia, senza parte superiore, e per la g sia aperta che chiusa e, se chiusa, con occhiello piccolo e molto allungato verso il basso. La h ha una coda profonda che scende sotto il rigo e la q a volte presenta un ritorno a sinistra. Troviamo poi, oltre a -R, anche -N e -E in fine di verso.Nei margini superiori le aste possono essere dentellate o sviluppare dei riccioli. La nota tironiana 7 è tagliata. La fusione delle curve contrapposte è sistematica in de.

La mano D (ff. 138d-167v) è molto simile ad A, ma con alcune caratteristiche distinte: la g è di solito chiusa ma sono frequenti i casi in cui l'occhiello resta aperto; la -r a fine verso è sempre minuscola; la -s quasi sempre alta e poggiata; la nota tironiana 7 è dritta e col trattino.

In tutte le mani gli accenti sono sul monosillabo «e» e in contesti di confusione grafica per segnalare le i.

5 Tale versione, edita in J. Blacker, Anglo-Norman Verse Prophecies of Merlin, in «Arthuriana», XV (2005),

pp. 1-125, pp. 27-57, è contenuta anche nei mss. Cambridge, Fitzwilliam Museum 302 (ff. 90b-99a), Cologny (Genève), Fondation Martin Bodmer, 67 (ff. 49-52v), e Oxford, Bodleian Library, Hatton 67 (ff. 18a-25c).

6 G. Gaimar, Estoire des Engleis, ed. I. Short, Oxford, Oxford University Press, 2009.

7 Si tratta di un testo anglonormanno che si rifà alla tradizione già bediana della descrizione dell'isola, poi

ripresa, tra gli altri, da Enrico di Huntington e Goffredo di Monmouth. È presente in quattro manoscritti: i nostri DLF e il ms. di Londra, Public Record Office E/164. Ipotesi circa la sua funzione e le sue fonti sono in L. Johnson, The Anglo-Norman «Description of England»: An Introduction, in Anglo-Norman Anniversary Essays, a c. di I. Short, London, ANTS, 1993, pp. 11-30. Per il testo, cfr. invece A. Bell, The Anglo-Norman «Description of England» : An Edition, in ivi, pp. 31-47. La versione presente in F non segue lo stesso ordine di quella presente in DL: inizia infatti con la descrizione del Galles e da lì arriva fino alla fine (vv. 179-260), ma è poi seguito dal racconto dei re Sassoni dopo Henguist fino all'Eptarchia (vv. 1-60). Manca la descrizione delle varie contee inglesi.

MARGINALIA: In primo luogo, nel margine superiore di f. 1r c'è una scritta rifilata in una gotica

che sembra essere più o meno contemporanea a quella che ha vergato il codice: è possibile leggere «Hic incipit...», mentre il resto è illeggibile.9

Lungo il testo innanzitutto ci sono alcune correzioni di mano dei copisti.10 Quindi, nei margini

esterni della sezione A troviamo spesso dei cerchietti tagliati verticalmente che segnalano l'arrivo al potere di un nuovo sovrano. Questi ultimi sono poi numerati in cifre romane fino a Cassibellan (n° XXXVIII, f. 22d). Per Le Saux si tratta di interventi realizzati poco dopo la confezione del codice che lasciano presupporre che D fosse destinato allo studio.11

Alcuni interventi mirano invece a mettere in evidenza i passaggi più significativi del testo: è il caso di varie notazioni a margine, in latino e in francese,12 così come di numerosi disegni tracciati in modo

elementare.13 Sono poi presenti anche interventi in una corsiva molto più tarda, probabilmente la

stessa che verso il XVIII secolo ha vergato il moderno ex libris a f. 1 («Liber Ecclesia Cathedralis Dunelmensis»).14

La fine del Brut e l'inizio dell'Estoire sono segnalate a f. 94r da due croci, una nel margine superiore e una nel margine inferiore. All'inizio della sezione C, a f. 105a, troviamo invece una specie di corona. Sul verso dell'ultimo foglio ci sono infine varie annotazioni: in particolare, è presente una nota sulla cronologia degli eventi insulari redatta in una gotica molto piccola:

Ab adventu Britonum [usque adventum Christi Jesu, mille anni Augusto Imperatore]. Ab adventu Christi usque ad Comodum imperatorem .cc.xl.ii anni. In cuius tempore misit Lucius rex britonum ad Eleutherium papam epistolam ut eficeretur Chistianus quod factum est. A tempore illo quo Britones effecti sunt Christiani usque ad tempus illud quo Anglici fidem receperunt fluxerunt quadringenti et .xxx.iii. anni.15

9 Sembrerebbe continuare con «...de Albi...».

10 Per la mano A cfr. ff. 19d, 28c, per la mano B, cfr. ff. 67d, 69d, 78d, 80d, 83b, 84d.

11 Cfr. F. Le Saux, On Capitalization in Some Early Manuscripts of Wace's «Roman de Brut», in Arthurian

Studies in Honour of P. J. C. Field, ed. B. Wheeler, Cambridge, Brewer, 2004, pp. 29-47; Ead., The Reception of the Matter of Britain in Thirteenth-Century England: A Study of Some Anglo-Norman Manuscripts of Wace's«Roman de Brut», in Thirteenth Century England X: Proceedings of the Durham Conference, 2003, ed. M. Prestwich, R. Britnell, R. Frame, Woodbridge, Boydell Press, 2005, pp. 131-145; Ead., Manuscripts, Sources and Adaptation Principles, in Ead., A Companion to Wace, Woolbridge 2005, pp. 85-107.

12 Si faccia il caso di quella in latino a f. 8v, redatta in una gotica successiva e accompagnata da un rozzo

disegno a penna, che indica la fine del regno di Bruto («Brutus regnavit .xxiiij. anni et habuit tres filios»), o di quella a f. 17d («ici la pés fermé») in occasione della riappacificazione tra Belin e Brenne.

13 Così la corona a f. 20v festeggia l'inizio del regno di Sisillius mentre un giglio segnala a f. 28v la profezia

di Teleusin, a f. 33v l'arrivo in Inghilterra di Maximien e a f. 42v l'entrata in scena di Merlino. Inoltre una luna e una stella a f. 30c indicano la cristianizzazione di Lucio mentre un occhio a f. 44d è prevedibilmente collegato alle profezie di Merlino che seguono subito dopo.

14 Si tenga presente che l'ex libris antico della biblioteca di Durham è «Lib scj Cutb d Dunl» (che sta per

«Liber sancti Cuthelberti de Dunelmi»), cfr. A. J. Piper, The libraries of the monks of Durham, in Medieval scribes manuscripts and libraries: essays presented to N.R. Ker, ed. M. B. Parkes, A. G. Watson, London, Scolar press, 1978, pp. 213-241; cfr. anche T. Rud, Codicum manuscriptorum ecclesiae cathedralis Dunelmensis catalogus classicus, Durham, G. Andrews, 1825.

Della stessa mano, a f. 61r, ovvero all'inizio della sezione B, troviamo nel margine superiore: «Poematis superioris continuatio, ut videtur, sed ab alio librario descripta»; mentre a f. 136b-c ci sono due note a margine: nella prima è menzionata la «Willelmi 2ndi mors»e nella seconda, «Robert le fits Hamuni» quando

nel testo si parla di quel personaggio. Di un'altra mano, sempre corsiva e sempre tarda, mi pare invece la scritta nel margine superiore di f. 91r: «legere et non intelligere, nec legere est».

15 Trascrizione fornita in Lestore des Englés Solum la Traslacion Maistre Geffrei Gaimar, ed. T. Duffus

Hardy, Ch. Trice Martin, Cambridge, Cambridge University Press, 2012 [1888], I, p. xxi. Si noti in particolare la precisazione circa gli anni che intercorrono tra la prima conversione dei Bretoni e il loro ritorno al Cristianesimo grazie all'intervento di Agostino: si tratta di un dato che, come si vedrà, è presente anche in vari altri testi galfridiani che, dunque, possono essere stati presenti alla mente del lettore del ms. D, responsabile della glossa.

DECORAZIONE: All'inizio del Brut troviamo unagrande lettera capitale d'oro su fondo blu con

motivi rossi e verdi su sette righe. L'Estoire e la Chronique dovevano essere introdotte da capitali su sei righe che però non sono state tracciate. All'interno del Brut ci sono 92 letterine dal corpo di due righe alternate rosse e verdi (ma non è sistematico; dal computo sono escluse quelle delle Prophécies). Spesso le letterine della sezione A non sono state disegnate. Nella sezione B, esse presentano di frequente una spessa ed elementare filigrana del colore opposto e hanno un corpo a volte maggiore, fino alle quattro righe. Sono inoltre caratterizzate da un disegno più mosso: è in particolare il caso delle D, ricche di volute. In tutte le sezioni è poi interessante il disegno della letterina A con doppia asta sinistra, la cui parte più esterna tende a sviluppare prolungamenti in basso che danno vita a petali o piccoli ghirigori (es.: ff. 71a, 83b, 121b). Notevole in alcuni casi anche la L (cfr. ff. 76b, 87c) caratterizzata anch'essa da prolungamenti in forma di petali.

Le Saux nota che il numero di capitali aumenta nella sezione arturiana,16 anche se in realtà è il

programma della sezione B in genere che sembra essere diverso da quello della sezione A. Le letterine, infatti, non diminuiscono in modo considerevole dopo la morte di Artù: ne troviamo sempre una media di una per foglio. In alcuni casi, nella sezione D (cfr. ff. 158v, 161v, 163r, 164r-v) le letterine sono tracciate a penna nera da una mano successiva e hanno un disegno più rigido. Rari segni di paragrafo.

Sono invece presenti due rubriche vergate verosimilmente dalla mano A. Una è nel margine destro di f. 28r e segnala la profezia di Teleusin («Profecti Thelesini de Christo»); l'altra è nel margine alto di f. 42d e indica l'inizio delle Profezie («Ci cummence la prophetia de Merlin»).17

STORIA DEL CODICE: È già a Durham nel 1727, repertoriato nel catalogo di Rud.18 Il manoscritto

è stato rifilato come segnalano alcune note laterali parzialmente tagliate. Di sicura origine anglonormanna, è però difficile rintracciarne lo scriptorium di provenienza. La confezione va datata entro la fine del XII secolo. L'assenza di una menzione nei dettagliati cataloghi del XIV secolo dell'abbazia di Durham rende però inverosimile che sia un prodotto di quel centro. Secondo Weiss, il sistema di lacune che caratterizza il testo del Roman de Brut (su cui cfr. infra) farebbe pensare a un'origine meridionale visto che molte precisazioni riguardo vicende settentrionali vengono tagliate.19

Peraltro di sicura provenienza sudoccidentale è l'altro codice latore della stessa versione abbreviata, ovvero L.20

2. Manoscritti anglonormanni databili al XIII secolo