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Una tradizione in movimento: Analisi ecdotica e ipotesi stemmatiche

II. A NALISI ECDOTICA

1. Situazione iniziale: vv. 1-2000

Sin dalla prima parte dell'opera, la tradizione manoscritta appare divisa in due rami, α e β. Tale bipartizione permarrà stabile lungo tutto il testo quale struttura di base dello stemma nonostante i numerosi e frequenti cambi di famiglia da parte dei codici. Al suo interno, la versione γ, testimoniata dai codici DLZ, stringe in una prima fase legami piuttosto deboli con il ramo α.

1.1. Bipartizione delle famiglie

La bipartizione sembra definirsi a partire circa dal verso 1000 e oppone dunque i manoscritti DLZCJSFH (α) e PNKGRMD2 (β). Restano fuori T e V2 la cui posizione è

in questa fase molto incerta.

Gli elementi a favore di questa divisione sono i seguenti:

• La Ln 945-946, comune ai mss. DLZCJSFH (con DLZJ a cui mancano anche

i vv. 947-948).66

• La Lb 1049-1050, per la quale la distribuzione nei codici è identica.

• L'aggiunta di due versi dopo vv. 1226 (GRM), 1224 (D2) e 1230 (PNK).

Accogliamo l'ipotesi di Arnold secondo cui deve essersi trattata di una glossa presente nel subarchetipo β, comune ai due sottogruppi, e messa a testo in punti diversi dai loro capostipiti.67 La scelta del ms. D

2 è invece forse dovuta

alla volontà del suo copista di porre rimedio all'intervento dell'antigrafo che ha in comune con GRM: dopo il v. 1226, infatti, il couplet in questione interrompe la nota sull'evoluzione del nome di Londra. Probabilmente D2 si

è accorto dell'incongruenza e ha anticipato allora i due versi ponendoli alla

66 L'assenza dei vv. 945-946 lascia in sospeso la frase sucessiva cosicché DLZ da una parte e J dall'altra, in modo

verosimilmente autonomo, la eliminano. Come si vedrà, inoltre, tra J e L sussistono rapporti abbastanza solidi. È allora possibile (ma a mio parere meno verosimile) che una delle fonti J stesse usando a quell'altezza un codice vicino a L. J però ha a disposizione anche un'altra fonte ed è strano che abbia accettato una lacuna così palesemente erronea. Mi pare che la poligenesi sia la spiegazione più convincente per questo accordo.

67 Fahlin sostiene che si tratti di versi tipici dello stile di Wace. Non sono d'accordo: sebbene è vero che Wace

«ne laisse guère échapper une occasion de faire une explication étymologique», in questo caso i versi aggiunti non completano la spiegazione del nome di Londra, ma si limitano a precisare, con lo stile tipico della glossa, quale sia la traduzione in quattro lingue della parola 'città'.

fine del discorso sulla fondazione di Londra da parte di Bruto («la fist Troie Nove apeler»), subito precedente.

Come che sia, si tratta dell’unico elemento che, a quest’altezza, dimostri l’esistenza di questo gruppo. Mi pare infatti difficile ritenere originali questi versi: oltre che dopo v. 1226, anche dopo v. 1230, il couplet aggiunto introduce infatti uno stacco all'interno di un discorso continuo che è estraneo allo stile di Wace.

Inoltre la bipartizione delle due famiglie è indirettamente confermata dalle sistematiche lacune dei vari rinvii temporali alla storia giudaca e greco-romana, attribuibili con tutta probabilità a un'unica mano. Tali lacune sono comuni a DLZSFJHATV2 e, per quanto riguarda l'ultimo rinvio, anche a C.68 La presenza

alternata di C non stupisce: come si vedrà, il suo copista ha infatti a disposizione due fonti,69 una appartenente alla famiglia α e situata nei piani bassi dello stemma e un'altra

al interno del gruppo β in posizione molto alta.70 Più complesso è invece stabilire se i

mss. TV2 appartengano ad α e copino da una fonte che si trova più in alto degli stessi a

e γ oppure se ricevano le lezioni di α dal basso, incrociandole con un codice della famiglia β. Quest'ultima ipotesi, per una serie di elementi che emergeranno più avanti, mi pare preferibile.

Si consideri inoltre la possibilità, a mio parere inverosimile, che la serie di versi in questione sia il frutto di varie interpolazioni di PNKGRM(D2) effettuate a partire da un

controllo del loro antigrafo sul testo di Goffredo.

1.2.Famigliaα

Per quanto riguarda l'articolazione interna delle famiglie, volgendoci dapprima al ramo α, si tenga presente innanzitutto che i mss. DLZ formano lungo tutto il testo un sottogruppo autonomo e molto solido, come si è visto nel capitolo precedente.

Per quanto riguarda invece gli altri manoscritti della famiglia α, se mettiamo da parte T e V2, sembrano piuttosto chiari un sottogruppo a CSFJH e uno più interno, che

chiameremo c, costituito da CSFJ.

68 Sono ai vv. 1247-1250 [Elia], 1451-1452 [Samuele e Omero], 1469-1470 [Saul e Euristene], 1511-1516 [David,

Silvio Latino, Nathan profeta], 1621-1626 [Salomone, Amos, Gioele] e, condiviso anche dal ms. C, 2111-2120 [Ezechiele e Isaia], subito dopo i vv. 2107-2110 che alludono a Romolo e Remo e mancano solo a DL. Il primo, il secondo e l'ultimo rinvio temporale mancano anche al ms. D2. È difficile stabilire se tale coincidenza sia

casuale o se sia dovuta a una possibile contaminazione: come vedremo, alcuni elementi suggeriscono he il copista di D2 si sia servito, oltre che si un codice del gruppo GRM, anche di un ms. vicino a JH.

Si è collazionato il ms. D2 per un numero inferiore di loci critici rispetto agli altri codici. La sua posizione deve

dunque essere oggetto di altre verifiche.

69 Si tenga inoltre presente che di sicuro C è un manoscritto che conosce l'Historia regum Britanniae con cui

confronta il testo di Wace come sottolinea Arnold che fa riferimento alle glosse di ff. 23 ss. (molto ampie). Andrebbe forse anche in questa direzione il fatto che C presenta i vv. 1451-1452 dopo il v. 1492: potrebbe trattarsi di un'inserzione frutto di un controllo successivo.

70 Peraltro non è l'unico caso in cui C aderisce solo parzialmente alle scelte di una famiglia: accadrà anche con

• Per CSFJH, si notino le Lm 769-770, 1127-1128, 1491-1492; Lb 1553-1556,71 1563-

1566; le Vn 1039-1040, 1338; le Vm 168, 184,72 225, 429, 958, 1004, 1307 (F ha una

singularis), 1388, 1397, 1421, 1539,73 1658, 1931, 1942, 1972, 1992; INV 1875-6.74

• Per CSFJ si faccia caso invece alle Vm 1167, 1199, 1841, 1888 (F ha una singularis).

I piani bassi sono invece le articolazioni definibili con maggiore sicurezza. È infatto solido sin d’ora il sottogruppo z formato da SF (Vn 7-8, 1502) cui però in questa fase è legato J in modo molto stretto, dimostrandosi in particolar modo vicino a S.

• Per SFJ: Lm 460-463, 1661-1662, 1749-1750; Vm 335, 1316, 1467, 1674.

• Per SJ: INT 200; Vc 577-578; Lm 667-670 (con V2 per 667-8); Vn 299-300; INV

321-2/323-4; Vm 184, 430, 683-684, 707, 1322, 1358 (con D e D2).

Successivamente J presenta qualche punto di contatto con F (Lm 1437-1438,

INV 2199-200/2201-2, Vm 2506-2507), ma non mi paiono sufficientemente

significativi e possono forse essere dovuti a poligenesi.75

Se questo è vero, il ms. J sembra dunque poter essere compreso nello stemma all’interno del gruppo SF in una posizione più vicina a S, dunque tramite un codice interposto l. Tuttavia, l’assenza in J di alcune lezioni caratteristiche di SF (Vn 7-8, 1502) rende questa spiegazione incompleta.

Una serie di elementi avvicina infatti J a H: Vm 476, 478, 522 (con KTD2),

925, 1142 (con MD2), 1329. È allora forse possibile che J, che utilizza come

fonte un codice vicino a S, lo abbia confrontato con un altro vicino a H. Per precisare la sua posizione, avremo però bisogno di elementi ulteriori: nelle porzioni successive del testo vedremo infatti che J non è legato a SF da un lato e a (C)H dall’altro per via diretta, ma sarà necessario postulare dei codici interposti per i quali, in questa fase, non ci sono prove sufficienti. Per ora limitiamoci dunque a dire che J contamina la sua fonte l, vicina a S, con un ms. prossimo a H.

• Anche la posizione dei mss. C e H è difficilmente definibile. Il primo, saldamente ancorato al sottogruppo CSFJH, stringe deboli rapporti con J: si vedano le Vm 80 (con A), 831 (con THR), 1913 (con T). H, invece, oltre ai

contatti con J, dimostra in una primissima fase una vicinanza a SF (Vm 79-80)

e poi un qualche contatto con R (Vm 1690, oltre alla già citata Vm 831 comune

71 In quest’ultimo caso in verità la lacuna di CSFJH si oppone alla lezione del gruppo β (+ TV

2) visto che è

compresa in una proabilmente autonoma e più ampia lacuna di DLZ. A meno che TV2 non vengano considerati

parte di α, non è dunque possibile stabilire per via ecdotica se i versi in questione siano effettivamente una lacuna o se bisogna considerarli piuttosto un’interpolazione. Appare però piuttosto difficile che un copista abbia deciso di reinserire alcuni dei nomi delle figlie di Ebrauc che Wace avrebbe omesso. La direzione dell'intervento mi sembra cioè chiara.

72 I mss. CFHA da un lato e SJ dall’altro presentano varianti legate: rispetto a «pur vivre senz servage, en pais»

degli altri codici, CFHA hanno «p. v. quitement en pais», mentre SJ «p. v. longement en pais».

73 La variante di F è legata a quella di CSJH.

74 Anche in questo caso questi versi mancano a DLZ per cui, fatta salva un’inclusione di TV

2 in α, ci troviamo

di fronte a un’adiafora della lezione di β.

75 Inoltre a S mancano i vv. 2199-2200 per cui non è possibile determinare se nell’antigrafo di quel manoscritto

anche a CT) che è probabilmente da imputare a una possibile contaminazione da parte di quest’ultimo, come vedremo.

1.3. Famiglia β

I legami nella famiglia β, come si anticipava, sono piuttosto deboli. È certo dimostrabile un antigrafo j, comune a GRMD2, sulla base della Ln 1351-1522 e delle Vm

29, 1211 (D2 presenta una singularis), 1928 (con K). I rapporti interni tra i quattro

codici sono però difficilmente definibili. Per quanto riguarda il gruppo k, alcuni elementi suggeriscono una parentela più stretta di GM contro R (Lm 2017-2020, Lb

1665-1666 e Vm 2070, 2275), mentre in altri casi è R a essere più vicino a G (Lm 740, Vm

791, 1884). Forse, considerando la probabile contaminazione di R a partire da un codice vicino a H, sarà da preferire quest’ultima ipotesi.76

In tutti i casi citati, tranne che per la Lm 740, il ms. D2 si accorda con G: sembrerebbe

dunque situarsi in una posizione intermedia tra M e R.77

Manca invece qualsiasi evidenza che isoli PN se non la ben debole Vb 1182.78

La posizione del ms. K è quantomai imprecisa in questa prima fase: il manoscritto di Guiot sembra essere in possesso di una copia di buon livello dell'opera di Wace. Instaura infatti deboli e probabilmente casuali legami con i mss. J e R.79 L’unico

elemento di un certo peso che ne permette di supporre l’appartenenza al gruppo PNGRMD2 è la condivisione dell’interpolazione dopo il v. 1230 con PN, anche se la

sua scelta di inserire i due versi in quel punto potrebbe essere autonoma.

1.4. Dati problematici

Alcuni elementi testuali contraddicono i rapporti tra i codici che si è provato a delineare o perlomeno sono problematici rispetto a essi. Forse sono però comprensibili alla luce di elementi che emergeranno nelle fasi successive dell'analisi.

È il caso, anzitutto, della Ln 1525-1526 comune a DLZSFJGMD2 (ai mss. DLZF

manca il testo fino a v. 1536). Gli stessi codici si accordano di nuovo per la Lb 2969-

2672. In merito a questi versi, il problema è doppio:

76 In realtà anche un’altra ipotesi merita di essere considerata: posto che GRM hanno un antigrafo comune, è

forse possibile che R e M (o i loro antigrafi) siano stati copiati a partire dall’antigrafo comune e da G o dal suo antigrafo. Motivo per cui entrambi presentano delle convergenze con G. È allora possibile postulare un tale modello di copia a tre?

77 Fa eccezione anche la V

m 2275 per la quale però i copisti di R e D2 avrebbero potuto facilmente ripristinare

la lezione corretta visto che quella trasmessa da j non ha molto senso: le truppe dei nemici di Dumwallo Molmuz si separerebbero per «l'amur de lur chevetainnes» invece che, più logicamente, per la loro «mort».

78 N è invece vicino a C a V

b 1221 mentre lo troviamo per due volte con GRM(A): Vb 1744 e 1841, ma la

debolezza di questi indizi deve indurre alla massima cautela. Più notevole, ma del tutto episodica, la vicinanza a K: Vm 2023.

79 Per KJ: V

• La presenza di tali versi in C è un primo indizio a favore del fatto che questo codice si serve di una seconda fonte visto che, come si è sottolineato poco fa, i dati a favore dell’esistenza di un gruppo CSFJ sono schiaccianti.

• Anche la loro presenza in H indica che esiste una contaminazione che verrà confermata da alcuni dati successivi. Si vedrà che il ms. di cui si serve H è molto vicino al codice s, antigrafo comune di K e PN.

• Viceversa, GMD2, peraltro senza R, condividono questa lacuna erronea. Una

possibile spiegazione potrebbe essere che i versi in questione («L’altre cité…») siano stati percepiti come una ripetizione del v. 1520 che inizia allo stesso modo: i due l’altre in riferimento allo stesso posto potrebbero aver generato confusione. È dunque possibile che la lacuna presente in GMD2

abbia avuto origine autonoma. Che i versi siano stati fonte di disagio per i copisti lo testimonia peraltro la variante di C: «L’altre vers le N. mist». Ciò nonostante, si tenga presente che anche l'antigrafo di GRMD2, ovvero j,

ha a disposizione una fonte della famiglia α, come emergerà a più riprese nel corso dell'opera e come sarà evidente dopo v. 10000 quando GRD2 (M

termina poco dopo v. 5600) passeranno a servirsene in modo stabile.

1.5. Manoscritti esterni: T e V2

I manoscritti T e V2 non presentano nessuna delle caratteristiche distintive delle due

famiglie, fatta eccezione per le lacune dei rinvii temporali. Più nello specifico, la mancanza dei versi aggiunti dopo vv. 1224/1226/1230 in T sembra delineare una sua autonomia da β e sembra dunque arbitrario legarlo a questo gruppo come pure fa Arnold senza esitazione alla luce della sua generale condivisione delle lezioni del gruppo. In linea di massima, T sembrerebbe particolarmente vicino a PN. La sua posizione è però complessa da definire a causa di alcuni dati contraddittori:

• Il codice sembra avere infatti qualche contatto con H (Vm 1099, 1334) e, più

latamente, con i mss. del gruppo a: si vedano le Vm 522 (comuni a JKHD2),

831 (CRH), 1913 (CJ).

• T ha poi una singolare coincidenza con l’altro codice peregrino di questa fase: V2. Così per la Vn 1128 e per la Vm 734 (con LZA). Soprattutto la prima,

sembrerebbe suggerire che i due mss. abbiano un antigrafo in comune. • In varie occasioni il ms. T sembra quindi servirsi di una fonte vicina a DL e

in particolar modo a L. Per il gruppo DLZT si notino infatti la Lb 1167-1168

e la Vm 953 (con FN). Per un più stretto contatto LT: Vm 734 (con AZV2),

1412 (con F), 1962 (con F).

Alla luce di questo insieme di dati e sulla base della coincidenza con DLSFJHAV2

nel caso dei rinvii temporali, mi pare probabile che T abbia subìto in qualche modo l’influenza di α attraverso due fonti, una vicina al gruppo a e una alla versione γ. Tuttavia è certo notevole che, fatta eccezione per i rinvii temporali, T non presenti

nessuna delle lezioni caratteristiche di α, il che lascia pensare che il ms. di cui si è servito maggiormente, doveva trovarsi molto in alto nello stemma. Non sappiamo però se appartenesse ad α o a β.

Il ms. V2, come si è visto, presenta una situazione simile: a parte i contatti con T e la

coincidenza con α nelle lacune dei rinvii temporali, è piuttosto autonomo, segno che in questa fase usa anch'esso una fonte alta nello stemma.

2. Il ms. K (Guiot) cambia gruppo: vv. 2000-4000. 2.1. Lo spostamento di K e la bipartizione delle famiglie

La variante di v. 2195 è il primo segnale significativo di un importante cambiamento nella definizione dei rapporti tra i manoscritti: a partire da quel punto, K si avvicina strettamente al gruppo a CJSFH, interno alla famiglia α.

Nel complesso, tuttavia, la fisionomia dello stemma è in questa fase considerevolmente incerta a causa della dubbia posizione di γ. Il subarchetipo dei mss. DLZ, infatti, non stringe rapporti probanti né con α né con β, dimodoché non è facile stabilire, nei casi in cui CJSFHK(A) e DLZPNGRMD2(TV2) si oppongono, quale dei

due gruppi conservi la lezione genuina. Se DLZ sono ancora parte della famiglia α, nei casi di accordo con i mss. di β, è allora sicuro che siano questi ultimi a conservare il testo d'autore; viceversa, se γ è passato a servirsi di una fonte appartenente alla famiglia β, ci troviamo davanti a varianti in via di principio perfettamente adiafore. Non ci sono cioè elementi forti, quali errori o lacune di peso notevole, che ci aiutano a dirimere la questione.

Questa opposizione si verifica nei casi seguenti:80

• Vn 2696, 3206 (J con β),81 3983. Si noti che in quest’ultimo caso, in cui

DLZPNTGRMV2(D2),82 parlando di Cassibellan, presentano «aveit assemblé ses

barons», i mss. CJSFHAK riportano «esteit a Dovre od ses barons», versione più vicina all'Historia che contiene il riferimento a Dover.83

• Vm 2195,84 2298 (FH presentano singulares), 2450 (F con β), 2472, 2631 (T

presenta singularis), 2654 (F e R presentano singulares), 2817, 2819-20 (per 2819 CF presentano singulares), 2848, 2937, 2952, 2991, 3326 (C con β), 3335, 3411, 3428, 3434 (FH presentano singulares), 3521 (C con β), 3535 (C con β, K presenta singularis), 3583, 3654 (V2 con α), 3692, 3739, 3744 (H con β), 3804.85

Il cambiamento di fonte da parte di K è segnalato anche dal suo atteggiamento di fronte alla seconda spiegazione del nome di Londra. Nel Roman de Brut, Wace inserisce infatti due digressioni sull'argomento: una ai vv. 1233-1238 e un'altra ai vv. 3761-3774. I mss. PNK presentano i secondi al posto dei primi. Se i PN completano l'operazione reinserendo poi i vv. 1233-1238 lì dove c'erano i vv. 3761-3774, K, giunto allo stesso punto, ripete invece questi ultimi per una seconda volta. A questo proposito, la spiegazione più plausibile è, come suggerisce Arnold, che nel frattempo abbia cambiato antigrafo.

La posizione di K può essere ulteriormente precisata: il manoscritto si situa infatti più vicino a CSFJ rispetto ad H. Il suo antigrafo è all’interno del gruppo b che quindi

80 Per questa ragione le varianti in questione saranno inserite nell'indice dei luoghi notevoli tra i casi di

opposizione di adiafore tra i due rami della tradizione.

81 Come vedremo, è probabile che il rapporto tra J e S sia mediato da un codice, che chiameremo i, che

contamina l'antigrafo di S, l, con un manoscritto vicino a L. Il distacco di J da CSFHK può allora essere spiegato presupponendo che i riporti la lezione di L a prescindere dalla posizione di DLZ nello stemma, di β.

82 Il ms. D

2, come si è detto precedentemente, presenta numerose lacune dovute alla sua complessa situazione

codicologica: in ragione di ciò, presenta dei tratti citati solo la Vn 3983, ma non c'è ragione di supporre che si

distacchi dal gruppo j.

83 Benché quest'ultima sia senz'altro una difficilior, prima di postulare un gruppo DLPNTGRM, bisogna

considerare che, come lo stesso Arnold ammette e come si diceva precedentemente, controlli sul testo di Goffredo devono essere stati comuni. Ciò nonostante, si consideri che la lezione della versione vulgata («ecce Cassibellaunus cum tota fortitudine sua occurrit et ad Dorobellum oppidum ueniens...», HRB, §56) è simile a quella della Variant: «et ecce Cassibelaunus rex cum omni exercitu Britonum Doroberniam advenit», HRB Variant, p. 69, il che suggerisce che la lezione di CJSFHAK potrebbe effettivamente essere di Wace.

84 Arnold qui mette a testo la lezione di CSFJHKD

2 («Cinc baruns i ot mult poanz») che è più vicina al testo di

Goffredo e alla Variant rispetto a quella di DLZPNTGRMV2D2 («Quatre baruns i ot poanz»). In entrambe le

opere latine leggiamo infatti: «et regnum quinque regibus submissum est». Per Fahlin si tratta di una correzione assimilabile a quella di v. 3983. In questo caso, tuttavia, nonostante la famiglia α sia caratterizzata da numerosi controlli sul testo di Goffredo, la situazione è più difficile da definire visto che sia l'Historia che la Variant che Wace menzionano solo quattro re: Cloten, Pinner, Rudacius e Stater. È dunque ugualmente possibile che sia stato Wace a correggere il testo (e in quel caso la lezione di β più DLZ sarebbe autentica) sia che lo abbia fatto il responsabile di β. Se questo fosse vero, la lezione d'autore sarebbe allora quella di α, il che costituirebbe un indizio a favore del contatto tra γ e β. Si consideri però che una correzione di questo genere è da ritenersi poligenetica come dimostra l'intervento speculare del ms. c della Variant, ovvero il codice di Cardiff, South Glamorgan Central Library, 2.611 (il ms. c non può essere la fonte diretta del Roman de Brut che, come ha dimostrato Wright, si basa su un codice del gruppo dei mss. DES, cfr. HRB Variant, p. cv).

85 Si tenga presente che DLZ sono lacunosi nel caso delle V

m 2848, 2991, 3744 che sono dunque, quale che sia

diventa CSFJK come suggeriscono le Vm 2240, 3200 (con T), 3502, 3744. Inoltre può

essere provato anche un antigrafo c comune a CSFJ contro K: oltre il caso della Lb 2337-

2340, si vedano anche la Lm 2339-2340 e la Vm 2867.

Dall'altro lato, venendo alla famiglia β, è bene sottolineare che, in questa fase, PNGRM(D2) (ovvero tutta la famiglia β, se si ritiene che DL siano ancora in α, oppure

solo un gruppo interno se invece si pensa che il passaggio sia già avvenuto) sono caratterizzati dalla Vn 3213-3214, facilior rispetto a quella presente negli altri codici, e

poi da due lezioni che suggeriscono anche la vicinanza del ms. T, ovvero le Vm 2593

(condivisa da TH), 2991 (condivisa da TV2).

2.2. Dati problematici e indizi ulteriori

Varie osservazioni possono essere fatte riguardo l'insieme delle due famiglie. Innanzitutto, come si diceva, NON CI SONO TRACCE DI UN RAGGRUPPAMENTO DI

CJSFHK CON DLZ. L’unico dato che vale la pena segnalare in questo senso è la Lb

comune ai mss. 2339-2340 DLZCJSF, con CJSF che tagliano anche i vv. 2337-2338. Colpisce però l’assenza di H e soprattutto di K che da v. 2000 si è rivelato costantemente vicino ad α. Per provare a spiegare questo dato mi pare che due ipotesi possano essere fatte. Anzitutto è possibile che le lacune di DL e CJSF non siano in relazione tra loro: quella di CJSF sarebbe una delle prove di un sottogruppo c all’interno di b, distinto da K.86 Se questo è vero, la lacuna non proverebbe però la vicinanza di DL ad α in questa

fase.

La seconda ipotesi presuppone invece dei dati che emergeranno solo molto più avanti nel testo. Vedremo infatti che sarà possibile postulare che K continua a servirsi