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Le arti visive, plastiche, la street art e la fotografia

2. Storia e fisionomia del Festival Sete Sóis Sete Luas

2.8. Le arti promosse ed una breve restrospettiva

2.8.4. Le arti visive, plastiche, la street art e la fotografia

È dall’inizio degli anni Duemila che sono stati coinvolti in maniera consistente esponenti del mondo delle arti visive, plastiche e della fotografia. Innumerevoli fra pittori, scultori, mosaicisti, disegnatori, fotografi, e, ultimi arrivati, street artists sono andati in giro per la rete del festival a portare il loro lavoro.

La prassi che regola la selezione artistica da parte del direttore è guidata dalla scelta di soggetti che utilizzino un linguaggio molto comunicativo, accompagnato ovviamente da ottima qualità realizzativa e artistica. Il direttore parla di un codice transculturale di queste espressioni artistiche, che siano in grado quindi di superare le barriere e creare una buona comunicazione col pubblico multiculturale delle mostre.

Spesso inoltre chi partecipa al progetto disegna poi la locandina del festival per l’anno a venire.

134 Complici la globalizzazione, di comune accordo con quel processo di omologazione derivante dall’imperialismo culturale, conseguenza di un ‘capitalismo culturale’ in massima parte anglosassone e statunitense, che nel corso del XX secolo si è progressivamente imposto sul nostro continente, vi è un crescente impoverimento delle tradizioni popolari locali assieme ad uno screditamento di esse a favore della cultura da blockbuster che citavo prima, molto invasiva e sicuramente anche molto più largamente condivisa. C’è un termine particolarmente efficace e calzante sorto in Francia nel 1949 per indicare il processo di imperialismo statunitense in Europa e nel resto del mondo e che vorrei citare per contrapporlo al concetto della nostra cultura che affonda le sue radici nella triade mediterraneo del “grano, vino e ulivo”: Coca-colonization. L’etimologia, assieme alla storia di questa parola è significativamente indicativa. Venne infatti introdotta ed utilizzata dai comunisti francesi che, assieme ai produttori vinicoli, stavano conducendo una battaglia, sia politica che commerciale, per introdurre un embargo del famoso prodotto americano, che secondo loro avrebbe compromesso i consumi tradizionali. Come si sarà potuto leggere, uno degli obiettivi espressi nell’atto di fondazione della rete delle città del Festival prende esplicitamente di mira questo processo di omologazione e imperialismo culturale, al fine di proteggere e valorizzare il nostro immenso patrimonio mediterraneo.

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Fig. 9. Locandina SSSL edizione 2016 firmata da AliCé

Il catalogo del 2002 fu firmato ad esempio da Antonio Possenti, noto pittore lucchese. Lo stesso anno lo scultore e pittore Paolo Grigò realizzò in occasione del Festival una scultura sull’Isola di Santo Antaõ, a Capo Verde. Da citare ancora inoltre, sempre per il 2002, una grande mostra personale dal titolo Pupazzi tra rabbia e sentimento che aveva come oggetto disegni e pitture di Dario Fo, che fu inoltre, per l’anno seguente, anche firmatario della locandina.

È del 2005 invece la collaborazione con Oliviero Toscani, che realizzò per il Festival un’enorme installazione che per anni andò in giro per varie città con molto successo. La serie fotografica, disposta per le strade di Santa Maria da Feria nella prima tappa della mostra, dall’ironico titolo HARDWARE+SOFTWARE=BURROS, che consisteva in enormi panelli raffiguranti gigantografie di asini, soggetto assai caro all’autore, fu il memorabile apporto dato al festival dal creativo fotografo milanese.

Nel 2005 un altro noto nome italiano che partecipò a SSSL e ne disegnò in seguito la locandina fu Tonino Guerra, che, nonostante sia maggiormente noto in qualità di poeta e sceneggiatore, è da sempre stato attivo anche come pittore.

A partecipare e disegnare la locandina del Festival furono rispettivamente, nel 2007, 2008 e 2009, Giuliano Ghelli, Giampaolo Talani e Francesco Nesi.

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Dal 2009, con l’edificazione dei centri culturali il festival ha potuto disporre di una migliore possibilità di allestire mostre, con una conseguente intensificazione delle collaborazioni con pittori e scultori.

Nel 2013 partecipò in Portogallo, creando un enorme mosaico in sughero, l’artista albanese Saimir Strati, noto per le sue opere di imponenti dimensioni. Realizzò infatti per il Centrum di Ponte de Sor un bellissimo mosaico utilizzando più di 400000 tappi in sughero - l’Alentejo è il maggior produttore mondiale di questo materiale - vincendo per l’occasione anche un Guinness World Record.

Fig. 10. Il mosaico di Saimir Strati a Ponte de Sor

Nel 2010 partecipò al progetto, e fu firmatario anche della locandina per l’anno a venire, il pittore dei sogni, Ciro Palumbo. L’artista nato in Svizzera ha uno stile che richiama apertamente sia la Metafisica di Giorgio De Chirico, che lo stile stravagante e onirico del fratello di quest’ultimo, Alberto Savinio. Lo stesso anno venne realizzata per il Centum di Pontedera una scultura in omaggio a Saramago, con soggetto la Passarola, dallo scultore spagnolo Cesar Molina, la caratteristica delle cui creazioni è che

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prendono forma grazie all’impiego di materiali di recupero, tra cui il suo elemento eletto è il ferro.

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Fig. 12. Il murale di AliCé presso il Centrum di Ponte de Sor

Tra gli street artists che hanno partecipato al progetto, nel 2015 è stata coinvolta AliCé135, nome d’arte di Alice Pasquini, una delle poche donne attive nel panorama della street art che ha lavora a livello mondiale e che ha realizzato un bellissimo murale per il Centrum di Ponte de Sor, mentre nel 2016 è andato a Capo Verde Zed1, nome d’arte di Marco Burresi136.

Pepe Brix, un fotografo delle Azzorre che collabora da anni con la rivista National Geographic, ha portato le sue bellissime fotografie a Pontedera nello stesso anno.

135 Per notizie e informazioni su questa giovane artista romana, attiva sia come street artist che come pittrice e scenografa, rimando al suo sito online: http://www.alicepasquini.com/it/

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