• Non ci sono risultati.

Le critiche degli organismi associativi forensi

Le riserve espresse da parte di diversi organismi associativi, rappresentanti della classe forense, si sono susseguite, a partire dall'entrata in vigore del decreto lgs. 28/2010, con sempre maggior frequenza. Si è assistito a una vera e propria levata di scudi contro la disciplina della mediazione obbligatoria in materia civile. Possiamo provare a sintetizzare, dopo avere analizzato la disciplina nei suoi aspetti più significativi, quelle che sono state le riserve maggiori in ordine al decreto lgs. in esame, anche per capire, almeno secondo la classe avvocatizia92

, in che direzione si dovrebbe guardare per superare i dubbi che sono stati espressi in ordine alla materia in esame, come fin'ora disciplinata.

La prima critica evidenziata riguarda la effettiva capacità della mediazione obbligatoria di perseguire il fine per cui il legislatore ha deciso di introdurla nel nostro ordinamento giuridico: il decreto lgs. più che una funzione deflattiva del contenzioso, sembra avere una funzione dilatoria del contenzioso giuridico. La classe forense è scettica, anche in base alle esperienze passate, riguardo alla possibilità che il procedimento di mediazione possa prestarsi a divenire uno strumento efficace per la gestione della giustizia. Determinante per il raggiungimento di tale obiettivo, è sicuramente il rispetto delle garanzie di terzietà , serietà ed efficienza del mediatore, che è

92 Cfr. Gibilaro, Mediazione e Conciliazione civile Decreto Legislativo n. 28 del

2010: il documento deliberativo sulla mediazione redatto dall'A.N.F, in Diritto.it,

necessario a superare l'idea, ormai radicata nella nostra cultura, per cui solo il giudice dello Stato è realmente in grado di porre fine al contenzioso. Tuttavia la mediazione, intesa come istituto che delega la composizione della lite a organi privati, non è nuova alla nostra cultura giuridica, se si pensa che nell'Italia meridionale fin dal tempo dei borboni un conciliatore veniva indicato direttamente tra i cittadini che avevano la reputazione di uomo probo, e questi era dislocato, per risolvere controversie civili di modico valore, in tutto il Regno delle due Sicilie. In seguito ritroviamo la figura del mediatore anche nel codice di procedura civile del 1865, che ereditò l'esperienza napoletana. Non è però il caso di dilungarci sulla storia dell'istituto, basterà ricordare le aspre critiche formulate da Monteleone, per capire che il tentativo obbligatorio di mediazione è visto tutt'ora come un intervento volto a creare solo complicazioni e inutili dilazioni temporali che servono unicamente ad allungare (ancor di più) i tempi della giustizia. A onor del vero, va detto che secondo le statistiche l'introduzione del tentativo obbligatorio di conciliazione nelle cause di lavoro non ne ha fatto diminuire il numero, che sarebbe invece aumentato, consolidando ulteriormente un arretrato considerevole. Oltre ai dubbi circa la capacità reale della disciplina di realizzare l'obiettivo dichiarato per cui è sorta, analizzando in maniera tecnica la redazione del decreto in esame, si nota che questo presta il fianco a una serie non indifferente di dubbi interpretativi, contraddittorietà e lacune che incidono negativamente sulla buona riuscita della mediazione, vanificandone la funzione. Ne elenchiamo alcuni a titolo esemplificativo.

a) Non viene determinata in maniera chiara la priorità temporale delle domande di mediazione qualora ne vengano investiti soggetti diversi. b) Mancano norme che indichino un criterio certo di competenza territoriale o per materia, dato che ad oggi la scelta dell'Organismo

presso cui svolgere la mediazione è lasciata al completo arbitrio delle parti, con i problemi che abbiamo visto conseguirne.

c) Il termine di quattro mesi previsto dall'art. 6 risulta essere di dubbia costituzionalità, soprattutto nel caso in cui la mediazione vada svolta a seguito della proposizione di ogni domanda all'interno del processo. d) I criteri di riserbo e riservatezza previsti dal decreto legislativo pongono dei problemi nel caso in cui, una volta fallita l'opera di conciliazione, il mediatore sarà tenuto a presentare alle parti una ufficiale proposta di risoluzione della lite, dato che tale proposta andrà letta dal giudice di merito per determinare l'attribuzione delle spese processuali.

e) Infine è necessario sottolineare come il cittadino sarà esposto al rischio di dover sommare le spese del procedimento giudiziario con quelle del procedimento di mediazione. Costi della mediazione, che, da soli, possono riguardare non solo l'indennità dovuta al mediatore, ma anche l'eventuale compenso dovuto ai suoi ausiliari, la retribuzione dovuta a chi, eventualmente assista il cittadino nel procedimento di mediazione, e il compenso dovuto ad eventuali consulenti tecnici di parte. Tutti questi oneri economici vengono sopportati dalle parti, le quali, nel caso di fallimento del tentativo di conciliazione, dovranno accollarsi anche le spese necessarie per lo svolgimento procedimento giurisdizionale.

Alla luce di questi dati, la classe avvocatizia, in veste di numerosi organi associativi (OUA, CNF, Unione Nazionale delle Camere Civili), ha manifestato grande perplessità in ordine alla disciplina del decreto lgs. 28/2010, ritenendo che il contenzioso, anziché essere incanalato verso agevoli vie di deflusso, correrà il rischio di rimanere incagliato nelle problematiche sopra esposte, e nelle ombre di un sistema che non sembra garantire al cittadino né imparzialità decisionale, né una diminuzione dei tempi processuali e neppure una detrazione dei costi

della giustizia.

Il documento redatto dall'A.N.F., sulla mediazione in materia civile e commerciale, ci aiuta a fare il punto su quelle che erano le maggiori richieste degli organismi associativi forensi in materia:

• Abrogazione del terzo comma dell'art. 4 con effetto retroattivo,

con riguardo all'obbligo dell'Avvocato di dare informativa scritta al cliente della facoltà di ricorrere alla media- conciliazione e di allegare alla procura alle liti il suddetto documento, pena la possibilità per il cliente di impugnare il contratto di opera professionale per ottenerne l'annullamento;

• Limitazione dell'obbligatorietà del preventivo tentativo

obbligatorio di conciliazione ad un numero limitato di controversie tra quelle indicate nella prima stesura dell'articolo 5, eliminando quelle introdotte in via successiva, ovvero le liti circa il risarcimento danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, e quelle che, per le loro caratteristiche peculiari, non hanno grande possibilità di successo, come la divisione;

• Previsione di un periodo di sperimentazione dell'istituto della

conciliazione, per poterne valutare pregi e difetti, ed eventualmente modificare a dovere la disciplina;

• Obbligatorietà dell'assistenza legale anche nel procedimento di

mediazione;

• Abrogazione della facoltà del mediatore di formulare una

proposta di conciliazione, laddove manchi il consenso di tutte le parti coinvolte;

• Abrogazione delle disposizioni che determinano una

conseguenza negativa per le parti nel successivo, eventuale, giudizio di merito per effetto del comportamento da queste tenuto nel corso del procedimento di mediazione;

• Predeterminare la competenza territoriale degli Organismi di

Conciliazione, correlandola comunque a quella del Giudice competente a conoscere l'eventuale, successivo, giudizio di merito.

QUARTO CAPITOLO

L'INCOSTITUZIONALITA'

4.1 Il dispositivo della sentenza n.272/2012; 4.2 L'esame della sentenza; 4.3