3.3 Il decreto legislativo n 28/2010
3.3.9 Il rapporto tra la mediazione e il sequestro giudiziario
Le parti che procedono al tentativo di conciliazione godono quindi di tutte le garanzie che sono previste dalla nostra Costituzione perché sia effettivo l'esercizio del diritto di difesa. A proposito il Tribunale di Brindisi60
si è occupato del rapporto intercorrente tra la mediazione e il sequestro giudiziario. In particolare l'organo giudicante ha stabilito che, perché non sia pregiudicato il diritto della parte a instaurare la causa di merito nei termini perentori previsti per legge, nel caso in cui la mediazione abbia esito fallimentare, non può essere precluso alla parte che ne abbia interesse di attivare il giudizio prima o contestualmente allo svolgimento del procedimento di mediazione. In prospettiva di una piena operatività della media-conciliazione obbligatoria, si dice, la parte che ha ottenuto un sequestro “ante causam”,( richiesta legittimata proprio ai sensi dell'articolo 3 del decreto 28/2010), per una delle materie per cui la mediazione è obbligatoria, pur volendo esperire la mediazione, dovrà instaurare il giudizio di merito ex art. 669-octies c.p.c. prima o durante la mediazione stessa. Questo in virtù di un necessario coordinamento dei tempi processuali. Il termine di durata della procedura conciliativa può infatti raggiungere al più i 4 mesi, essendo perciò più ampio del termine perentorio di cui all'art. 669-octies comma 1 c.p.c. Conseguentemente, se la parte interessata attendesse l'esito della conciliazione prima di introdurre il giudizio di merito, si esporrebbe al
rischio, nel caso di accordo non raggiunto, di veder vanificata anche la tutela conservativa già ottenuta in forza del terzo comma.
Il quarto comma dell'articolo 5 individua una serie di eccezioni a quanto disposto dai commi primo e secondo. In particolare la disciplina predetta non si applica nei seguenti casi:
• nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino
alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
• nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al
mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile;
• nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei
provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;
• nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione
relativi all’esecuzione forzata;
• nei procedimenti in camera di consiglio;
• nell’azione civile esercitata nel processo penale.
Il primo dubbio che si è presentato con riguardo a questa elencazione riguarda il carattere tassativo o meno della stessa: il non aver incluso nel citato elenco il procedimento di cui all'art. 696 bis c.p.c. ad esempio, è da interpretarsi come una lacuna o è una tecnica di disciplina? Il legislatore ha inteso tipizzare in modo specifico i casi che derogano alla disciplina ordinaria prevista nel decreto 28/2010 o ha stilato un elenco meramente esemplificativo?
La giurisprudenza di merito ha risposto all'interrogativo con pronunce dal contenuto diverso.
Tribunale di Siracusa61
e quello di Milano62
, l'elencazione di cui al comma 4 è da ritenersi tassativa, almeno per quanto concerne i procedimenti ex art. 696 bis c.p.c. In particolare si afferma che nel caso in cui la procedura di cui all'art. 696 bis sia accessoria rispetto ad una controversia soggetta all'obbligo di mediazione, il procedimento speciale previsto dal codice dovrebbe arrestarsi per permettere l'espletamento del previo tentativo di media-conciliazione obbligatorio, pena l'improcedibilità del giudizio di merito. Il Tribunale di Siracusa perviene a tale conclusione poiché rigetta la tesi secondo cui la consulenza tecnica di cui all'art. 696-bis c.p.c. e la mediazione perseguono la stessa finalità, introducendo in entrambi i casi un procedimento che ha come fine la composizione pacifica della lite e risultando perciò alternativi tra loro. Il Tribunale siciliano utilizza in primo luogo l'argomento letterale, sottolineando come il legislatore del 2010 non abbia previsto, tra i procedimento sottratti al tentativo di mediazione, quello ex art. 696 bis c.p.c. Né questo ha natura cautelare, per cui non rientra neppure tra i procedimenti di urgenza o cautelari, la cui trattazione è garantita in forza del terzo comma. Oltre a ciò, a parere del Tribunale siciliano, i due istituti affonderebbero le loro radici in rationes diverse . La finalità della disciplina di mediazione obbligatoria consistere infatti nel risolvere pacificamente la controversia evitando di adire l'autorità giudiziaria, senza aver prima esperito il procedimento di mediazione. Proprio tale obiettivo verrebbe aggirato con la richiesta di una consulenza tecnica preventiva ai sensi dell'art. 696 bis c.p.c., poiché, nel caso di esito fallimentare della mediazione, si precostituirebbe una prova, spendibile nel successivo processo di merito. Il problema consiste nello stabilire in che senso i due procedimenti sono alternativi tra loro.
L'alternatività non può in primo luogo intendersi come riferita alla sola
61 V. Trib. di Siracusa, II sez. Civile, 28 maggio 2012 62 V. Trib. di Milano, VI sez. Civile, 24 aprile 2012
fase procedimentale, che si instaura col ricorso ex art. 696 bis c.p.c., perché la soluzione sarebbe irragionevole e non economica. Nemmeno la procedura di cui all'art. 696 bis è da considerarsi alternativa in toto alla mediazione, perché si finirebbe col sottrarre alla mediazione le stesse controversie che il legislatore ha assoggettato in modo obbligatorio a questa disciplina, pervenendo a un risultato in chiaro contrasto con l'intento legislativo. Per questi motivi, il giudice ha ritenuto coerente con le finalità del decreto lgs. 28/2010 ritenere che, se il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. verte su una delle materie per cui è previsto l'obbligo di mediazione, questo deve essere considerato inammissibile, essendo necessario instaurare preventivamente il tentativo obbligatorio di mediazione. Il silenzio del legislatore, che non ha inserito il procedimento di cui all'art. 696 bis c.p.c tra quelli del comma 4 dell'art. 5, sottratti all'esperimento del tentativo obbligatorio, va interpretato perciò come espressione di una scelta voluta.
Anche il Tribunale di Milano ha negato l'alternatività dei due procedimenti, pervenendo al medesimo risultato interpretativo.
b) Tuttavia a fronte di tali pronunce, possiamo riscontrare giudizi di merito che sostengono la tesi opposta. Il Tribunale di Varese è, nello specifico, l'organo giudicante che ha sostenuto con maggior forza che la mediazione obbligatoria e il ricorso ex art. 696 bis, finalizzato alla conciliazione, abbiano natura alternativa, con due pronunce63
. Secondo il Tribunale lombardo la giurisprudenza maggioritaria è concorde nel ritenere che il ricorso ex art. 696 bis rientra nell'ambito delle alternative dispute resolution, per le caratteristiche della procedura che istituisce, che tende alla composizione della lite grazie all'intervento di un soggetto terzo e prevede agevolazioni fiscali per chi decida di ricorrervi. Sulla base di ciò si afferma che la consulenza tecnica preventiva e la mediazione obbligatoria perseguono il medesimo fine,
poiché entrambe introducono un procedimento extraprocessuale, volto a risolvere la controversia in maniera pacifica e per questo possono essere considerati tra loro alternativi. Di conseguenza, essendo le norme del decreto lgs. 28/2010 incompatibili con la disciplina di cui al 696 bis c.p.c., risultano inapplicabili laddove la parte proponga una domanda giudiziale, per ottenere una consulenza tecnica preventiva. L'effetto ultimo di tale interpretazione consiste perciò nel ritenere che, nel caso in cui la parte decida di instaurare il procedimento dell'art. 696 bis c.p.c., non sussistano le condizioni di procedibilità previste dall'articolo 5 del decreto lgs. 28/2010.