Decorso non molto tempo dal giorno in cui la Consulta ha pubblicato il comunicato stampa, con cui si preannunciava la declaratoria di illegittimità costituzionale di una sentenza tanto discussa, già si affacciavano nel mondo del diritto le prime proposte e i primi tentativi per reintrodurre una disciplina che revisionasse l'istituto della mediazione obbligatoria, così da far cadere i dubbi di costituzionalità a riguardo102
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In particolare intendiamo far riferimento a quanto accaduto in sede di conversione in legge del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179103
. Tra le modifiche presentate al disegno di legge, il senatore Ghigo ha presentato un emendamento aggiuntivo rispetto al contenuto del decreto legge, volto a introdurre modifiche al decreto lgs. 4 marzo 2010 n. 28, che aveva lo scopo di reintrodurre la mediazione obbligatoria, per un periodo delimitato nel tempo, fino al 31 dicembre 2017. L'emendamento è stato però dichiarato inammissibile dalla Commissione Industria del Senato perché aveva un contenuto del tutto eterogeneo rispetto alla materia trattata dal decreto legge, che si occupava di “ ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”. Una vicenda simile è accaduta con riguardo all'emendamento proposto dal senatore De Lillo, che però, a differenza della modifica richiesta dal senatore Ghigo, riduceva il periodo di operatività della mediazione obbligatoria, che sarebbe stata in vigore fino al 31 dicembre 2015. Una serie di altri tentativi di reintrodurre nel nostro sistema giuridico la mediazione obbligatoria, li ritroviamo nel corso dell'approvazione della legge di stabilità. Tra questi ricordiamo l'emendamento n. AC5534-bis, presentato il 30 ottobre 2012 da un gruppo di quattro onorevoli che prevedeva quanto segue: “Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione.”
Si trattava pertanto di un tentativo di reintrodurre l'obbligatorietà del
previo ricorso al tentativo di mediazione, proprio negli stessi termini di cui al decreto lgs. 28/2010. Anche questo tentativo tuttavia, esattamente come i precedenti, non ha avuto esito positivo.
Ci vorrà ancora un po' di tempo perché l'istituto della mediazione obbligatoria trovi nuovo spazio nel nostro ordinamento giuridico. Certamente, questo ritardo nell'introdurre una disciplina che strutturi la media-conciliazione in maniera più organica, in grado di favorire una diffusione e un'accettazione degli strumenti di risoluzione alternativa delle liti nella nostra cultura giuridica, è dovuto in gran parte anche allo scetticismo aperto e forse alla reale ostilità che il mondo dell'avvocatura continua a dimostrare verso una possibilità, offerta ai cittadini, che si pone come alternativa al processo civile ordinario. Contro i numerosi e costanti tentativi di reintrodurre una modalità di mediazione obbligatoria, si è anche espresso il professor Guido Alpa, in veste di presidente del Consiglio Nazionale Forense, le cui parole mi sembra opportuno riportare:
“L'eventuale approvazione degli emendamenti volti a reintrodurre l'istituto dell'obbligatorietà della mediazione finalizzata alla conciliazione della lite, in qualsiasi settore fosse prevista, si porrebbe in contrasto con l'orientamento della Corte costituzionale che ha voluto sottolineare la sua contrarietà a questo sistema coattivo addirittura pubblicando il dispositivo della pronuncia prima del deposito della sentenza con relativa motivazione.
La reintroduzione della conciliazione obbligatoria potrebbe suonare come una scelta parlamentare indifferente all'orientamento della Corte e sensibile alle richieste di quanti, per ragioni diverse, erano favoriti dal sistema riprovato dalla Corte.
Queste sono le parole allarmate utilizzate dal Presidente del Consiglio nazionale forense in una nota inviata al presidente del Senato, Renato Schifani, in occasione dell'esame, da parte della commissione Giustizia
di Palazzo Madama, degli emendamenti sulla mediazione nel decreto legge Sviluppo bis.
Non si tratta solo, come è ovvio, di eccesso di delega rispetto ai principi indicati dalla legge delegante, ma si tratta dell'intera organizzazione che deve essere rivista.
Proprio per questo, è stata un'infelice scelta del Ministero della Giustizia estendere anche al condominio e alla responsabilità per la circolazione statale una tecnica di conciliazione obbligatoria quando le regole erano già state sottoposte al vaglio della Corte. A maggior ragione, sarebbe poco rispettoso delle istituzioni insistere su questa scelta ancor prima di conoscere le motivazioni della Corte.
Sulla base di queste semplici argomentazioni gli emendamenti proposti dovrebbero essere dichiarati inammissibili o comunque respinti. E in ogni caso, ogni proposta legislativa in materia dovrebbe essere accantonata in attesa della lettura del testo integrale della pronuncia. Ci si auspica che la politica rifiuti di farsi interprete dei desiderata di quei poteri adusi a sacrificare i principi di una società solidale e fondata sul principio di eguaglianza, al profitto ed all'interesse di pochi. Ciò più che mai in una fase in cui il cittadino elettore questo pretende e pretenderà dai propri rappresentanti parlamentari.”
Nell'obiettivo comune di realizzare un migliore sistema di giustizia nel nostro ordinamento, il professor Alpa si esprimerà poi in questi termini, circa la possibilità di reintrodurre uno strumento di mediazione, magari dal carattere obbligatorio:“L’Avvocatura, che costituzionalmente è partecipe della funzione di amministrazione della giustizia, proseguirà il suo confronto con il ministro della Giustizia per migliorare la normativa vigente, rafforzare il sistema di difesa dei diritti dei cittadini, apportare il suo contributo allo sviluppo economico del Paese e difendere altresì il suo ruolo insopprimibile, con progetti coerenti e praticabili, senza accenti corporativi e con
atteggiamento responsabile”.