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Le differenti tipologie di infrastrutture portuali finanziabili

IL SISTEMA PORTUALE EUROPEO: REGIMI PROPRIETARI, ASSETTI GESTIONALI E MODALITA’ DI FINANZIAMENTO

2. La proprietà dei porti nazionali

4.3 Forme e modalità di investimento in ambito portuale

4.3.2 Le differenti tipologie di infrastrutture portuali finanziabili

Gli investimenti nel settore delle infrastrutture portuali comunemente si dividono in:

- investimenti aventi ad oggetto infrastrutture generiche, che permettono l’ingresso al porto dal lato terra (connessioni stradali, ferroviarie) e dal lato mare (bacini, canali, chiuse, dighe, frangiflutti, fari). Tali investimenti sono operati dal pubblico;

- investimenti relativi ad un determinato terminal e concernenti banchine, fondali, connessioni stradali e ferroviarie dedicate, illuminazione, pavimentazione. Tali investimenti non riguardano le infrastrutture come bene pubblico, dunque possono essere operati dal privato;

- investimenti in sovrastrutture relative ad uno specifico terminal (depositi, immobili, gru, installazioni per la movimentazione delle merci). Anche tali investimenti sono operabili dal privato che si assume il rischio operativo154.

Tale tripartizione non deve considerarsi bloccante la riflessione poiché vi sono realtà portuali in cui non si è ancora definito il passaggio dal modello di gestione improntato al c.d. “Service o Comprehensive Port”ad un modello di “Landlord Port” per cui le sovrastrutture sono ancora di proprietà pubblica e vengano concesse in utilizzo agli operatori terminalisti secondo schemi contrattuali differenti.

E’ chiaro, tuttavia, che fermo restando la ripartizione di ruoli tra pubblico e privato per quanto concerne le infrastrutture generiche e le sovrastrutture, il ruolo del privato è sempre più importante ed è incrementata dal costante sviluppo dei traffici marittimi e nella concentrazione realizzatisi tra compagnie marittime al fine di sfruttare gli effetti benefici dell’economia di scala.

L’aumento delle economie di scala è direttamente proporzionale alla necessità di sostenere i rischi legati all’investimento in infrastrutture; in tale direzione, si è verificata la crescita dimensionale delle

154 Cfr., in particolare, PEPE F., Relazione tenuta al convegno Lo sviluppo del sistema portuale meridionale nel

contesto internazionale, 2005 Roma e NERLI F., La concorrenza nel settore portuale, in Diritto Marittimo, 2001, n. 1; v., anche, NOMISMA (2006), Atti del convegno Logistica, istituzioni, imprese, Roma. Si segnalano anche di NOMISMA (Anni vari), Quaderni per l’economia.

navi e la specializzazione dei terminal portuali, che spesso sono dedicati ad un solo cliente che potrebbe anche divenire proprietario.

Con riferimento al gruppo di porti analizzati, a partire dalla Francia, un esempio è il progetto presentato nel porto di Marsiglia denominato “Terminal FOS 2XL”, diretto alla realizzazione di un nuovo terminal container ed all’espansione di uno esistente, il Fos Graveleau, per un’estensione totale di 90 ettari ed un aumento globale della capacità di movimentazione di 800.000 TEU/anno.

L’investimento raggiunge i 365 milioni di euro, suddivisi tra pubblico e privato, rispettivamente, nella percentuale del 48% e del 52%: in particolare, 175 milioni di euro sono rappresentati da finanziamenti pubblici, mentre 190 milioni di euro corrispondono all’investimento sostenuto dalle compagnie marittime che concessionarie della gestione dei 2 terminal.

Si tratta, segnatamente, della cordata denominata “Port Sinergie Group”, composta da CMA-CGM (terza compagnia nel ranking mondiale per capacità della flotta container, con una quota di mercato pari al 5%) e P&O Ports, e della MSC (Mediterranean Shipping Company). La cordata citata è stata selezionata dall’Autorità portuale di Marsiglia che ha affidato in concessione il Terminal A a “Port Sinergie Group”ed il Terminal B a MSC sostituendo l’attuale modello di gestione diretta dell’Autorità portuale di Marsiglia del Terminal Fos Graveleau155.

Sempre in Francia, un altro esempio è il progetto “Terminal Container Port 2000” nel porto di Le Havre con l’obiettivo iniziale di triplicare, tra il 2005 ed il 2009, la capacità di movimentazione dei

container nel porto di Le Havre, passando da 2 a 6 milioni di TEU all’anno.

L’investimento aveva ad oggetto la realizzazione di 6 nuove banchine per una spesa complessiva di 1,1 miliardi di euro; il finanziamento pubblico del progetto è stato pari a 825 milioni di euro (75% del totale), utilizzati per la costruzione dei moli, per i raccordi terrestri e per le misure ambientali. L’investimento dei privati, invece, di 275 milioni di euro (25% del totale) i quali, in questo caso, sono stati impiegati specificamente per lo sviluppo e l’implementazione delle sovrastrutture del terminal. A latere dalle esperienze sopra rappresentate, può rilevarsi che l’espansione del settore privato nell’economia portuale e, principalmente nel settore dei terminal container, è direttamente proporzionale alle possibilità di una chiara e corretta ripartizione dei rischi con il partner pubblico che comunque guadagna dall’operazione. Tra l’altro il partner pubblico o l’Ente di gestione ricopre

155 MUTTI M., Evoluzione dei servizi di trasporto marittimo containerizzato: il caso del meditarraneo, Studi di settore, 2002, IntesaBci.

funzioni insostituibili in termini di promozione e sviluppo della partnership pubblico-privato e di controllo dei soggetti privati che svolgono le proprie attività in ambito portuale.

Nei Paesi Bassi, segnaliamo il progetto relativo all’area Maasvlakte del porto di Rotterdam nell’ambito della quale è stato realizzato l’“Euromax Terminal”.

L’investimento complessivo per il nuovo terminal da 1,7 milioni di TEU/anno, operativo dalla fine del 2007, è stato di 525 milioni di euro, di cui 300 milioni (57% del totale) investiti dall’Autorità portuale di Rotterdam, che nel 2004 ha ottenuto a tale scopo un finanziamento dalla BEI di 200 milioni, e 225 milioni investiti dalla joint venture costituita da European Container Terminal e Nedlloyd B.V.. L’investimento pubblico ha finanziato l’infrastruttura e le opere di dragaggio, mentre l’investimento privato ha finanziato lo sviluppo del nuovi terminal, comprese le sovrastrutture e le attrezzature. Ora, le compagnie marittime leader del mercato mondiale potrebbero investire per procurarsi capacità infrastrutturali superiori alle loro effettive necessità per mantenere, invero, la loro quota di mercato; infatti, maggiore è la disponibilità immediata di ormeggi in uno scalo, minori sono i tempi di sosta per la movimentazione delle merci. La conseguenza sarebbe indurre i grandi player internazionali a sfruttare le risorse finanziarie pubbliche per costruire infrastrutture che avrebbero interesse diretto a realizzare direttamente in via autonoma.

Il rischio più immediato potrebbe essere quello di minare la concorrenza perché indurrebbe i concorrenti a credere che il soggetto incrementi rapidamente la propria produzione in un determinato scalo – opinione rafforzata dalle caratteristiche di irreversibilità dell’investimento effettuato – e dunque, dovessero decidere di abbandonare ogni azione di concorrenza diretta, in quanto ormai non più realizzabile, adeguando la loro condotta a quella dell’impresa dominante.

E’ chiaro che nel settore portuale, come per le altre infrastrutture di trasporto, sussistono interessi pubblici al coinvolgimento di capitali privati e, parimenti, interessi privati al coinvolgimento di capitali pubblici; è chiaro che gli investimenti privati dovranno essere sottoposti ad un’efficace regolamentazione pubblica perché conservino gli interessi collettivi sottesi alla realizzazione di infrastrutture portuali156.

156 MUSSO E., BENACCHIO M., FERRARI C., The Economic Impact of Ports on Local Economies, Working Paper, 1999, Università degli Studi di Genova. V. POLIDORO G., MUSSO E., MARCUCCI E., I trasporti e