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Le risorse finanziarie dei porti europei

IL SISTEMA PORTUALE EUROPEO: REGIMI PROPRIETARI, ASSETTI GESTIONALI E MODALITA’ DI FINANZIAMENTO

2. La proprietà dei porti nazionali

4.1 Le risorse finanziarie dei porti europei

Le risorse finanziarie dei porti europei si compongono, in generale, di entrate correnti e di finanziamenti pubblici, ovvero entrate in conto capitale.

4.1.1 La struttura delle entrate correnti.

Le prime costituite da: tasse, diritti marittimi, canoni demaniali e proventi derivanti dal rilascio di concessioni ed autorizzazioni finalizzate all’espletamento di operazioni e servizi portuali, nonché da introiti di varia natura (corrispettivi della cessione a titolo oneroso di beni, entrate prodotte dallo svolgimento di attività di promozione e marketing o di altri servizi remunerativi, attività logistiche, contributi pubblici in conto gestione, ecc.).

Gran parte del reddito corrente a livello comunitario è composto dalla riscossione di tasse e diritti marittimi.

I porti spagnoli, segnatamente Barcellona e Valencia hanno gli introiti derivanti dai diritti portuali che rappresentano il 36-37% delle entrate correnti; nel porto francese di Marsiglia la percentuale è aumentata ed a Rotterdam è pari a circa il 51%. I porti italiani invece godono di un’autonomia finanziaria ridotta rispetto a quella della maggior parte delle altre realtà portuali europee. Si tratta di una minor autonomia che riguarda il gettito fiscale in cui sono applicate, principalmente, tre tipologie

146 Trattasi della decisione n. 94/119/CE della Commissione europea Sea Containers/Stena Sealink sul “Porto di

di tasse: la tassa di ancoraggio, la tassa erariale e la tassa di imbarco e sbarco. Tali entrate sono sempre state di competenza del bilancio statale e fino al 2055 soltanto il 50% del gettito derivante dalla riscossione della tassa di imbarco e sbarco sia stato devoluto alle Autorità portuali italiane.

La medesima constatazione può svolgersi con riguardo alla percentuale di incidenza dei diritti portuali, che – con specifico riferimento al caso dei porti liguri147 – sono il 25% delle entrate correnti totali, contro il dato medio europeo che si assesta sul 44%. Una delle cause di tale percentuale minima è derivante dalla sproporzione tra canoni demaniali della struttura delle entrate correnti rispetto al gettito fiscale derivante dalla riscossone di tasse e diritti marittimi sul traffico portuale; un’altra ragione probabilmente è il ridotto ammontare di tasse e diritti marittimi rispetto alle tasse e diritti applicati negli altri porti europei che, viceversa, sembrano coerenti con il mercato di riferimento.

Con riguardo ai proventi derivanti da canoni demaniali registriamo una netta superiorità di questa voce di entrata nei bilanci delle Autorità portuali italiane, rispetto agli altri porti europei; si tratta di un’incidenza del 51% sulle entrate correnti dei porti liguri, contro il 29% dei principali porti europei comprovando il notevole svantaggio competitivo dei nostri porti. Negli altri porti europei si registra un rapporto di diretta proporzionalità tra volumi di merci movimentate ed i ricavi derivanti dalla riscossione di tasse e diritti portuali e gli Enti di gestione introitano direttamente quel gettito.

In conclusione, potremmo affermare che nei porti europei c’è una maggiore disponibilità di risorse finanziarie correnti rispetto a quelli italiani148.

4.1.2 Entrate in conto capitale e risorse destinate ad investimenti.

Per proseguire nell’analisi, appare congruo valutare anche le risorse disponibili annualmente per vari Enti di gestione portuale europea, confrontandone la composizione con l’impiego delle stesse per la realizzazione di investimenti infrastrutturali e/o di potenziamento dello scalo marittimo.

Circoscrivendo l’analisi ai porti di Barcellona, Marsiglia e Valencia ed ai porti liguri di Genova, Savona e la Spezia, la prima osservazione riguarda la capacità di autofinanziarsi dell’Ente di gestione confrontando il differente peso che nell’ammontare complessivo delle risorse disponibili di ciascuna realtà portuale assumono i ricavi della gestione operativa, i finanziamenti pubblici e le entrate

147 Nei porti di Savona e La Spezia la percentuale delle entrate correnti rappresentata dai diritti portuali era pari, nel 2005, al 23%. Parzialmente differente la situazione del Porto di Genova dove, in applicazione dell’art. 5 della Legge n. 84 del 1994, a partire dal 2003 è stata introdotta una sovratassa sulle merci imbarcate e sbarcate in ragione dei costi sostenuti dall’Autorità portuale per le opere di grande infrastrutturazione. Nel 2004, a Genova si sono, dunque, incassati diritti portuali per una percentuale pari al 31% delle entrate correnti totali.

148 L’analisi è di BACCELLI O., RAVASIO M., SPARACINO G., Porti Italiani. Strategie per l’autonomia

derivanti da contratti di mutuo ed altri debiti finanziari. Da rilevare in premessa che nei porti europei le risorse finanziarie annue di cui dispongono gli Enti di gestione sono maggiori delle risorse utilizzabili dalle Autorità portuali italiane proprio perché dotate di minore autonomia finanziaria. Se si pensa che Genova disponeva nel biennio 2003 – 2004 soltanto di 1,98 euro per tonnellata di merce da destinare a investimenti, mentre altri porti, si pensi ancora ai porti spagnoli potevano contare su oltre 4 euro per tonnellata149.

Dalla composizione delle risorse annue disponibili emergono ulteriori considerazioni.

In primo luogo, nei porti spagnoli e francesi la disponibilità di risorse da destinare ad investimenti appare molto più stabile su base annua di quanto avvenga nei porti italiani perché, ad esempio, nel porto di Genova le risorse per investimenti salgono da circa 204,5 milioni di euro nel 2003, a circa 12 milioni nel 2004; nel porto di La Spezia da circa 12 a circa 69 milioni tra 2004 e 2005. Lievemente più stabile, invece, la situazione nel porto di Savona dove, tra 2004 e 2005, le risorse sono variate da circa 35,5 milioni a circa 20 milioni.

Tale fenomeno è fondamentalmente dovuto al fatto che nelle realtà portuali italiane, contrariamente a quello che avviene nelle realtà spagnole o francesi, le risorse per investimenti si esauriscono essenzialmente nei contributi pubblici in conto capitale, ossia in una fonte fortemente slegata dalla gestione del porto e dipendente dalle scelte politiche del Paese.

In secondo luogo, l’andamento delle risorse dei porti italiani è indipendente da quello dei traffici, diminuendo le possibilità di autofinanziamento con riflessi negativi sulla programmazione; nei porti spagnoli e francesi, ad esempio, gli investimenti infrastrutturali sono realizzabili grazie all’elevata marginalità della gestione corrente. I flussi di cassa dei porti europei in analisi sono circa la metà delle risorse, mentre nei porti liguri le risorse derivanti dalla gestione operativa, potremmo dire, non superano l’8%. La reale possibilità da parte dell’Autorità portuale di disporre autonomamente di risorse, indipendentemente dal finanziamento pubblico, è fondamentale per valutare la propensione al rischio della medesima come pure la possibilità di andare sul mercato per aumentare lo stock di finanziamento da investire. Nei porti spagnoli e francesi, infatti, le somme ottenute mediante contratti di mutuo ed altri debiti finanziari rappresentano circa il 23% delle risorse annuali, mentre nei porti italiani non superano lo 0,02%.

Tra le considerazioni di sintesi sul punto, vale evidenziare che una gestione corrente e remunerativa ad opera degli Enti di gestione portuale garantisce risorse dirette – in quanto svicolate dalla discrezionalità degli finanziamenti pubblici – utilizzabili per gli investimenti e, pertanto, un ruolo attivo delle Autorità portuali europee nello sviluppo dei propri scali.

149 L’Autorità portuale di Barcellona disponeva annualmente di 5,1 euro per tonnellata, Valencia, nel biennio 2004-2005, disponeva di 3,09 euro per tonnellata di merce movimentata