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Le singole voci di entrata

GESTIONALI E MODALITA’ DI FINANZIAMENTO

5. Le risorse finanziarie delle Autorità Portuali

5.1 Le singole voci di entrata

5.1.1 I canoni di concessione e i proventi di autorizzazione

Le operazioni portuali sono esercitate da soggetti privati previa autorizzazione da parte delle Autorità portuali. Spesso l’attività svolta necessita impianti e macchinari specialistici che sono poi collocati nelle varie aree limitrofe e nelle banchine, per cui i soggetti privati autorizzati possono inoltrare all’Autorità portuale una richiesta per l’ottenimento delle aree (demaniali) in regime di concessione. L’Autorità portuale rilascerà l’autorizzazione in presenza di dati presupposti elencati all’art. 6, comma 1, del Decreto 31 marzo 1995, n. 585. In particolare, il privato dovrà indicare quali tariffe applicherà per ciascuna tipologie di merce discacciata all’interno dell’area e che tipo di servizi offrirà ed a quale costo per la collettività; inoltre il privato dovrà versare il canone annuo ed una cauzione proporzionale al fatturato, ai programmi operativi presentati, ed anche allo spazio in uso per l’espletamento delle operazioni.

Vi possono essere dei casi nei quali non è agevole determinare il fatturato derivante da possibili operazioni portuali ed il canone è calcolato sulla base del quantitativo di merci movimentate. Se nel programma operativo siano previsti, a carico degli operatori, investimenti da effettuare in relazione ad aree demaniali, l’ammontare del canone annuale deve essere proporzionalmente ridotto.

La determinazione del canone rimessa all’Autorità portuale, in parte, è influenzata dalla verifica sempre condotta dall’Autorità portuale, rispetto alla presenza di indicatori che potremmo definire più “tipici” del settore di riferimento, sia da parametri che definiremo “standard” per le concessioni. Con riguardo ai parametri “tipici”, essi variano rispetto all’attività esercitata dal privato.

Ad esempio, per la concessione di aree e banchine, ai sensi dell’art. 18 della Legge del 1994, è previsto che sia emanato da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell’Economia e delle finanze, un Decreto che stabilisca il limite minimo dell’importo di tale canone; per le finalità turistico ricreative, ai sensi dell’art. 3 della Legge 4 dicembre 1993, n. 494, tale canone indica anche le caratteristiche e la destinazione delle aree.

I parametri “standard”, invece, sono tali anche in altre ipotesi di concessione e che troviamo anche in altri ambiti della legislazione in tema di rilascio di concessioni; si pensi all’indicatore della durata della concessione, del valore di mercato delle aree e degli impianti utilizzati, del volume dei traffici svolti, nonché degli investimenti previsti e dal loro potenziale contributo allo sviluppo del porto. Con riguardo al regime di tassazione dei proventi derivanti dalla concessione, deve essere rilevato che, in linea generale, non sono soggetti all’imposta sui redditi delle società (IRES) né all’imposta sul

valore aggiunto (IVA) gli enti pubblici che esercitano esclusivamente "funzioni statali" poiché difettano in capo agli stessi, per espressa previsione normativa, la soggettività passiva ai fini dei predetti tributi, fatta salva l'ipotesi dello svolgimento di determinate attività, considerate comunque "commerciali" ai fini IVA e, come, tali, assoggettate alla sola imposta sul valore aggiunto.

L’amministrazione finanziaria, nella risoluzione n. 40/E del 16 marzo 2004, si è occupata del trattamento tributario dei canoni derivanti da concessioni demaniali ai fini dell’IRPEG (ora IRES) e dell’IVA. In tale risoluzione l'Amministrazione, pur riconoscendo, in conformità al parere reso in proposito dal Consiglio di Stato200, che le Autorità portuali sono classificabili tra gli enti non commerciali in quanto enti pubblici preposti al prevalente esercizio di funzioni statali, ha tuttavia concluso che l'attività per la quale l'ente portuale ritrae i canoni di concessione demaniale, da identificarsi nella "gestione di beni demaniali", concretizzerebbe lo svolgimento di un'attività commerciale che farebbe assumere all'Autorità portuale la soggettività passiva ai fini IRPEG (ora IRES) e IVA, con la connessa rilevanza dei canoni e, quindi, la loro soggezione, sia ai fini dell'imposizione sul reddito che dell'imposta sul valore aggiunto.

Per quanto attiene in particolare al regime IVA dei canoni di concessione, la risoluzione - sulla scorta della legislazione italiana e comunitaria e della giurisprudenza della CE secondo le quali possono considerarsi svolte in qualità di pubblica autorità solo le attività degli enti pubblici che costituiscono cura di interessi pubblici, poste in essere nell'ambito e nell'esercizio del diritto pubblico - ha ritenuto che l'attività attraverso cui le Autorità portuali amministrano il demanio marittimo non viene esercitata in veste di pubblica autorità, né implica l'uso di poteri amministrativi. In conclusione, pertanto, a giudizio dell'amministrazione finanziaria, l'attività di concessione di aree demaniali, di banchine e di opere in ambito portuale, per le quali l'ente percepisce un canone di concessione, concretizzerebbe lo svolgimento di un'attività commerciale che farebbe assumere all'ente non commerciale la soggettività passiva ai fini dell'IVA201.

5.1.2 Le tasse portuali sulle merci sbarcate e imbarcate

La tassa erariale di imbarco e sbarco sulle merci trasportate per via aerea e marittima è stata istituita con D.L. 47 del 1974202 come tassa da applicarsi sul carico-scarico delle merci ovunque effettuato (quindi sia nei porti che nelle rade o nelle spiagge). La misura della tassa erariale è stata aumentata del

200 Parere del 9 luglio 2002, n. 1641/02.

201 Sul tema tornerà anche il Legislatore nel 2007, in particolare nella Legge finanziaria 2007 ci cui si dirà in seguito.

202 Decreto - Legge 28 febbraio 1974, n. 47, recante Istituzione di una tassa di sbarco e imbarco sulle merci

trasportate per via aerea e per via marittima, convertito in legge, con modificazioni con L. 16 aprile 1974, n. 117

50 % rispetto alla misura già modificata dall’articolo 6 della Legge 1° dicembre 1981, n. 692, di conversione, con modificazioni, del Decreto - Legge 2 ottobre 1981, n. 546: l’aumento non è stato disposto per i servizi di cabotaggio.

La tassa portuale di imbarco e sbarco è imposta sulla tonnellata metrica di merce movimentata, ed è stabilita in maniera parzialmente variabile in ciascun porto, sulla base della tipologia delle merci e del costo medio di gestione dei servizi.

Ora, prima della Legge del 1994, la tassa portuale di imbarco e sbarco era applicata soltanto dai porti Venezia, Genova, Napoli, Livorno, Civitavecchia, Trieste, Savona e Brindisi, essendo devoluta per due terzi agli Enti indicati dalla Legge 9 ottobre 1967, n. 961 e per un terzo allo Stato.

Dopo il 1994 è stata applicata in tutti i porti, come compensazione delle rate dei contratti di mutuo posti a carico dello Stato per il ripiano dei debiti e dei disavanzi delle disciolte organizzazioni portuali. In particolare, l’articolo 28 della citata Legge di riforma del settore portuale ha stabilito che il gettito della tassa erariale di imbarco e sbarco e della tassa di ancoraggio fosse interamente acquisito al bilancio dello Stato. La Legge ha esteso, a partire dal 1° gennaio 1994, a tutti i porti la tassa portuale sulle merci di cui al richiamato capo III del titolo II della Legge n. 82/1963 e all'articolo 1 della Legge n. 355/1976 203. Per i porti ove non è istituita l'autorità portuale il gettito di tale tassa affluisce al bilancio dello Stato; nei porti ove sono istituite le autorità portuali, quest’ultime, ricevono solo il 50% del gettito, confluendo il restante 50 % nel bilancio dello Stato per consentire allo stesso di assorbire la mole delle rate di ammortamento dei mutui contratti dalle preesistenti organizzazioni portuali, poste a carico dello Stato dalla medesima Legge n. 84 del 1994.

Dopo il 2006, le tasse portuali di tale tipologie sono state integralmente devolute alle Autorità portuali di competenza.

Dal punto di vista della merceologia ovvero dell’oggetto di applicazione della tassa, ai sensi dell’art. 3 del Decreto - Legge 13 marzo 1988, n. 69, sono considerate “esentasse”, le merci caricate sui carri ferroviari e sui veicoli che accedono alle navi traghetto adibite ai collegamenti marittimi tra i porti nazionali, nonché le merci nei contenitori caricati su navi apposite sempre adibite ai collegamenti marittimi tra porti nazionali.

Per effetto dell’art. 5, comma 8 della Legge del 1994, è stata concessa la facoltà alle Autorità portuali di applicare delle sovrattasse per le merci sbarcate e imbarcate, ovvero degli aumenti relativi all’importo dei canoni di concessione, misure che sono chiaramente motivate dai costi elevatissimi sostenuti dalle stesse per le opere di grande infrastrutturazione.

203 Inizialmente, la Legge n. 82 del 1963 aveva previsto la tassa sulle merci sbarcate, imbarcate e in transito, nei porti di Genova, Venezia, Napoli, Livorno, Civitavecchia, Trieste, Savona e Brindisi.

In maniera esemplificativa si riporta il caso del porto di Genova, nell’ambito del quale, il 5 novembre 2003, il Comitato Portuale ha deliberato l’istituzione di una sovrattassa sulle merci sbarcate e

imbarcate finalizzata al finanziamento di opere di interesse comune; durante l’esercizio finanziario 2004, il gettito di tale sovrattassa è stato destinato, al netto di una percentuale del 3 % in favore dell’Agenzie delle Dogane per il servizio svolto, nella misura dell’80 % al sostegno degli interventi riguardanti le infrastrutture civili e marittime del porto e nella misura del 20 % al sostegno degli interventi di infrastrutturazione informatica del porto e dei varchi portuali.

5.1.3. Le entrate diverse

Nella tipologia delle “entrate diverse” rientrano tutto i proventi di varia natura tra cui: eventuali utili delle società di promozione dell’intermodalità, della logistica o di esercizio dei servizi di interesse comune, anche da parte delle Autorità portuali se consentito dalla legge; eventuali canoni accessori per l’affidamento di servizi di interesse generale a soggetti terzi, pari, prevalentemente, a una percentuale del fatturato annuo delle imprese concessionarie.

Vi sono, infine, altre entrate che potenzialmente potrebbe produrre la cessione di spazi pubblicitari o derivare da eventuali donazioni o lasciti.