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Le dipendenze e le ossessioni di Stephen King

CAPITOLO 2 – Stephen King, il profilo del re del brivido

2.3 Le dipendenze e le ossessioni di Stephen King

Il titolo del romanzo di fantascienza Tommyknockers (Le creature del buio) del 1987 è già stato citato, così come le ispirazioni che hanno condotto King alla scrittura di questa storia, nella fattispecie: gli extraterrestri invisibili di Lovecraft e i baccelli del film L’invasione degli ultracorpi.

Tuttavia, gli alieni presenti nel romanzo di King traggono origine anche da un altro elemento, fonte di numerosi mostri e incubi che abitano la produzione letteraria e la vita del re del brivido: la tossicodipendenza32.

Se, negli anni Ottanta la droga costituiva un elemento controverso quanto centrale nell’alta finanza di Wall Street, poiché essa veniva usata dai broker e dai manager per essere sempre lucidi e reggere il confronto con i propri competitori, King non doveva competere con altri scrittori, ma con sé stesso e la droga entrò prepotentemente a far parte della sua vita quando già era soggetto all’alcolismo.

Queste dipendenze hanno sicuramente influenzato la scrittura di King e si annoverano tra le condizioni e i traumi che lo scrittore inserisce nelle sue opere e in quasi tutte le sue opere esiste un elemento, anche marginale, che rimanda alle sue dipendenze.

In Tommyknockers, caratterizzato da una forte componente Sci-Fi anni Quaranta, una scrittrice rinviene un’astronave aliena sepolta, nella quale l’equipaggio è ancora ibernato. Gli alieni si liberano ed entrano nel cervello degli umani, confondendo la mente, scatenando una condizione di forte energia e trascinando l’intelligenza ad una condizione di subordinazione in cambio della cessione dell’anima e dei pensieri. Come è facile presumere, la vicenda narrata in quest’opera non è altro che una metafora della condizione di King, afflitto da queste dipendenze che ne dominavano il destino, le forze e le volontà.

32 Le informazioni sulle dipendenze di Stephen King sono state ottenute dalla consultazione di M. Bozza op. cit., e N.

Whitelaw, op. cit.

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Come già detto, prima ancora della tossicodipendenza, King soffriva di alcolismo, una condizione presente già prima che diventasse scrittore di fama mondiale conteso dalle major produttrici cinematografiche per le trasposizioni delle sue opere. Allo stesso modo della tossicodipendenza, questa condizione ritorna inequivocabilmente nella scrittura: i personaggi di King bevono e sono a loro volta preda di quell’orrore quotidiano rappresentato dall’alcolismo. Jack Torrance, protagonista del romanzo Shining, non è altro che una trasfigurazione dello stesso King, anche egli alcolizzato, insegnante disoccupato e con problemi di soldi, oltre che aspirante scrittore. Molti altri personaggi dell’universo narrativo dell’autore condividono questa drammatica condizione esistenziale; tanti sono scrittori in crisi, insegnanti o impiegati in lavori umili e sottopagati che aveva svolto lo stesso King e tutti cercano conforto nel bere eccessivamente.

L’alcol e la tossicodipendenza vanno indubbiamente ad intersecarsi con i traumi e le influenze artistiche sopracitate, costituendo un bagaglio di esperienze personali da cui King attinge per raccontare storie che non solo rappresentano «porte su altri universi»33, ma anche allegorie sul nostro stesso mondo, su di noi e su di lui.

Se le letture di Poe e Lovecraft lo hanno spinto a creare orrori ineffabili e situazioni angoscianti, la droga e l’alcool hanno rappresentato un elemento da raccontare quasi come forma di esorcizzazione.

Un esempio emblematico è rappresentato dal romanzo Misery. La stesura del romanzo si colloca nello stesso periodo di Tommyknockers, ovvero tra il 1982 e il 1987. Se Le creature del buio vanta una maggiore lunghezza e complessità nella scrittura, Misery è indubbiamente uno dei capolavori di King e tale risulta poiché animato da un profondo bisogno di esorcizzazione, come dice King, in merito alla sua dipendenza da alcool e droghe. L’infermiera Annie Wilkes, che tiene in ostaggio lo scrittore Paul Shannon per far sì che riscriva l’opera sull’eroina Misery e la faccia continuare a vivere, altro non è che la trasfigurazione della tossicodipendenza e dell’alcolismo che tiene in mano le redini del destino dello scrittore costringendolo ad una vita da infermo, incapace di muoversi in autonomia.

Non è chiara la ragione che ha portato Stephen King a iniziarsi alla droga. Probabilmente, suggerisce Massimo Bozza34, si tratta di un espediente per far fronte a una difficile condizione di vita, che poi ha preso parte alla stesura delle opere e di cui l’autore ha sempre avvertito il bisogno senza riuscire a separarsene più. Non esiste una ragione univoca, ma diverse motivazioni che vanno a intersecarsi.

33 Citazione di una frase pronunciata da King e contenuta in M. Bozza, cp. cit.

34 Ivi, p.70.

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Sono tante le opere a cui King lavora durante il periodo della tossicodipendenza e tra questa figura anche il suo massimo capolavoro IT, del 1986. Ma se Tommyknockers, dell’anno successivo, rappresenta una fortissima metafora sul condizionamento da parte delle droghe pesanti, esso è anche l’ultimo romanzo scritto da King sotto effetto di droga. Questo perché quella latente voglia di riottenere la propria vita che lo scrittore dimostrò di avere nel momento in cui scrisse il finale di Misery, quando Paul Shannon ha la meglio sulla sua torturatrice, ottiene un’ulteriore spinta grazie alla moglie Tabitha, che negli anni Ottanta era ben cosciente di quello che accadeva nello studio del marito. Fu lei a spingere Stephen verso una riabilitazione che lo ripulisse completamente dal bisogno di alcool e droghe. Dopo un diretto confronto con lei e con la famiglia, di cui King riporta i dettagli in quella lunga confessione mascherata da autobiografia che è On Writing35, l’autore è rimasto per dodici anni, fino al 1999, senza il consumo di droghe pesanti o tranquillanti.

Dopo l’incidente del 1999, King è costretto all’utilizzo di un antidolorifico a base di oppiacei36, utile non solo per contrastare il dolore, ma anche per proseguire con regolarità la scrittura. Il primo romanzo ad essere pubblicato dopo l’incidente è L’Acchiappasogni (Dreamcatcher,1999) che raccoglie diverse allusioni al nuovo incontro tra King e una sostanza simile a quella che era solito usare quindici anni prima. La sensazione percepita durante la scrittura di questo romanzo e riportata nelle sue pagine lascia ben intuire quanto si sia radicata nel profondo la dipendenza da alcol e droghe.

Sebbene già nel 1999 l’autore potesse ritenersi completamente disintossicato, le dipendenze sono diventate per lui un’esperienza o più precisamente, un’ossessione. Con questo termine, si allude ad un altro punto centrale nella scrittura di King e nel suo profilo artistico. L’autore dichiara di essere mosso proprio da queste ossessioni37, che lo spingono a scrivere e da cui deriva parte del suo innegabile talento. Stephen King ha quindi delle ossessioni e delle paure e qualunque elemento della sua quotidianità faccia parte di questo macrocosmo è un elemento che lo spinge a scrivere. Le ossessioni sono pulsioni, bisogni istintivi che spingono l’artista ad esprimersi in un linguaggio da lui ritenuto unico per comunicare.

Partendo dal suo profilo di scrittore di romanzi dell’orrore, King dimostra un attaccamento fortissimo verso questo genere poiché esso rappresenta il mezzo per raccontare queste sue ossessioni e renderle tangibili e concrete. Nel suo saggio Danse Macabre, dedicato a libri e film horror e fantasy, lo scrittore dichiara:

35 S. King, op. cit.

36 Ivi, p. 97

37 Del concetto di ossessione e delle sue caratteristiche si parla in A. Timpone (A cura di) Stephen King & Clive Barker, Sperling & Kupfer, 1999 Milano.

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Il genere horror è estremamente flessibile, estremamente adattabile, estremamente utile; l’autore o i registi possono usarlo come piede di porco per scardinare porte chiuse, o come piccolo grimaldello per aprire le serrature. Perciò (…) può essere usato per aprire qualsiasi gabbia e liberare le paure che vi stanno all’interno38.

Ne consegue che la scrittura di King non possiede elementi premeditati o architettati a priori per colpire i lettori o garantire una buona vendita del romanzo, ma rappresenta una volontà insita all’interno dell’artista di raccontare il suo modo di vedere e concepire la realtà. Se nel cinema un autore come Lars Von Trier ha raccontato la sua esperienza con la malattia della depressione in Melancholia (2011), King racconta dell’esperienza della tossicodipendenza in Misery e il delicato passaggio dall’adolescenza all’età adulta in Carrie e lo fa attraverso l’horror. Allo stesso modo, si vedrà come, sostanzialmente, non vi sia differenza tra l’impulso che ha spinto un pittore come Francis Bacon a realizzare i suoi studi, nati dopo l’esperienza della Seconda Guerra Mondiale, e quello che ha spinto Stephen King, nel suo capolavoro IT, a raccontare la grettezza e bassezza della società americana raccolta in una piccola città.

Questo elemento verrà approfondito nel prossimo paragrafo, nel quale, dopo aver dopo aver trattato le esperienze di vita, le influenze letterarie e cinematografiche e le pulsioni che spingono King alla scrittura, nonché tutto quello che contribuisce a rendere così complesso il suo profilo artistico, si analizzerà la letteratura di questo prolifico scrittore e si vedrà come e perché essa si colloca in una posizione in grado di attirare a sé l’attenzione di ogni ambito della produzione audiovisiva.