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La letteratura di Stephen King

CAPITOLO 2 – Stephen King, il profilo del re del brivido

2.4 La letteratura di Stephen King

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Il genere horror è estremamente flessibile, estremamente adattabile, estremamente utile; l’autore o i registi possono usarlo come piede di porco per scardinare porte chiuse, o come piccolo grimaldello per aprire le serrature. Perciò (…) può essere usato per aprire qualsiasi gabbia e liberare le paure che vi stanno all’interno38.

Ne consegue che la scrittura di King non possiede elementi premeditati o architettati a priori per colpire i lettori o garantire una buona vendita del romanzo, ma rappresenta una volontà insita all’interno dell’artista di raccontare il suo modo di vedere e concepire la realtà. Se nel cinema un autore come Lars Von Trier ha raccontato la sua esperienza con la malattia della depressione in Melancholia (2011), King racconta dell’esperienza della tossicodipendenza in Misery e il delicato passaggio dall’adolescenza all’età adulta in Carrie e lo fa attraverso l’horror. Allo stesso modo, si vedrà come, sostanzialmente, non vi sia differenza tra l’impulso che ha spinto un pittore come Francis Bacon a realizzare i suoi studi, nati dopo l’esperienza della Seconda Guerra Mondiale, e quello che ha spinto Stephen King, nel suo capolavoro IT, a raccontare la grettezza e bassezza della società americana raccolta in una piccola città.

Questo elemento verrà approfondito nel prossimo paragrafo, nel quale, dopo aver dopo aver trattato le esperienze di vita, le influenze letterarie e cinematografiche e le pulsioni che spingono King alla scrittura, nonché tutto quello che contribuisce a rendere così complesso il suo profilo artistico, si analizzerà la letteratura di questo prolifico scrittore e si vedrà come e perché essa si colloca in una posizione in grado di attirare a sé l’attenzione di ogni ambito della produzione audiovisiva.

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generi vengono ad intersecarsi. Tuttavia, è altresì vero che la componente horror occupa un ruolo primario nella letteratura dello scrittore. Gli elementi che caratterizzano questo genere si dimostrano insostituibili per King, poiché rappresentano al meglio uno dei temi centrali che egli intende raccontare nelle sue opere: un orrore immerso nella quotidianità39.

King sfrutta le isotopie tematiche e gli stilemi dei vari generi che lo hanno influenzato per trattare temi di questa portata. Questa caratteristica rende le sue opere estremamente dilettevoli per i lettori, ma allo stesso tempo si rivela funzionale alla trattazione di argomenti di natura elevata, la cui presenza allontana il prodotto finale dalla sola intenzione di intrattenere.

Gli abomini che si celano dietro a certi mostri delle sue opere rappresentano spesso l’orrore dell’esistenza quotidiana, radicato nella vita di tutti gli esseri viventi e presente in diverse forme, molte delle quali sono state sperimentate da King in prima persona. Pensiamo ai già citati Misery o The Tommyknockers, che rappresentano un’allegoria della dipendenza da alcol e sostanze stupefacenti, oppure agli elementi della vita di tutti i giorni, come gli animali da compagnia, le auto o i cellulari, che diventano improvvisamente fonte di un orrore indescrivibile raccontando di una normalità che si inquina con gli elementi del genere horror: ciò avviene in Cujo, dove un San Bernardo diventa idrofobo e semina il panico in città, oppure in Christine: La Macchina Infernale, in cui un’auto è in grado di ragionare secondo una propria coscienza. Anche in Cell la normalità viene alterata da un misterioso segnale che, trasmesso ai cellulari, fa impazzire le persone. In queste opere, il mostro o la catastrofe costituisce si un pretesto per parlare dell’orrore della vita ma ne rappresenta al tempo stesso una manifestazione. È plausibile che la presenza di una minaccia tipica del genere horror sia necessaria per far sì che il lettore possa incanalare al suo interno la propria attenzione e permettere così allo scrittore di analizzare approfonditamente la tematica scelta senza appesantirne la trattazione; per questo motivo gli orrori di King sono stati definiti «commerciabili»40. Molte di queste minacce sovrannaturali che terrorizzano i lettori provengono dalle sue letture giovanili, dai racconti dello zio Clayton e dal cinema di serie B di cui era solito fruire: vampiri, fantasmi, case infestate ed extraterrestri. Accanto ai classici stilemi del genere horror, alcune calamità si manifestano secondo la tradizione Lovecraftiana, come la creatura di IT, mentre altre nascono direttamente dalla mente di King e dai suoi incubi.

Un altro binomio di temi cari allo scrittore sono l’infanzia e il delicato passaggio dall’adolescenza all’età adulta, due elementi che ricorrono in molte delle sue opere e vanno ad intersecarsi con la

39 Si tratta di uno dei temi caratterizzanti dell’opera di King, in cui si parla in molti saggi dedicati all’autore: tra questi si veda B. Vincent, op. cit. e M. Bozza op, cit.

40 Così definiti da C. Ascione in op, cit. p.1

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componente spaventosa che serve a King per raccontare, come si è detto, l’orrore della realtà. Ad esempio, il primo romanzo di King, Carrie, rappresenta il dramma di formazione di una ragazza liceale bullizzata dai suoi compagni. L’elemento soprannaturale del romanzo è rappresentato dal fatto che la protagonista ha il dono della telecinesi e la presa di coscienza di questo suo potere speciale si sviluppa contemporaneamente alla sua crescita come individuo. Più il mondo aggredisce Carrie, più il suo potere prende forza e determina la sua personalità, ancora suscettibile ai forti cambiamenti che possono arrivare dall’esterno. Quando, alla fine del romanzo, Carrie subisce l’ultimo torto da parte dei propri compagni di liceo, il personaggio assume un profilo quasi demoniaco e sfrutta il suo potere per eliminarli.

Come spiega Emiliano Sabadello41, la trattazione del tema dell’infanzia, dell’adolescenza e dell’amicizia fa sì che si possa ascrivere molta della produzione di King alla sfera del romanzo di formazione (Bildungsroman). Spesso King racconta le sue storie dal punto di vista dei ragazzi: lo fa per analizzare da vicino la profonda incisività dei traumi infantili, come accade nella novella Il Corpo (The Body), contenuta nella raccolta Stagioni Differenti (Different Season, 1982), in cui sembra voler esorcizzare la propria esperienza, vissuta all’età di quattro anni, della morte del suo amico di infanzia investito da un treno; oppure racconta il manifestarsi del trauma stesso, come avviene ne La Bambina che Amava Tom Gordon. In questo romanzo, King mette in correlazione la reale situazione di pericolo di una ragazzina, che si ritrova sperduta a nove anni nei boschi dei monti Appalachi, con l’apparizione dei propri mostri immaginari, i quali sembrano perseguitarla sempre più a mano a mano che la vicenda prosegue. Il trauma è rappresentato dalla condizione di solitudine e di lotta per la sopravvivenza che la bambina si trova ad affrontare, mentre i mostri costituiscono un’allegoria del manifestarsi di quel trauma agli occhi della protagonista.

Se in molte opere dello scrittore il punto di vista che osserva la vicenda è quello dei ragazzi, la componente relativa all’infanzia è presente anche in quei romanzi in cui il protagonista è un adulto ma si ritrova affiancato ad un personaggio di supporto appartenente alla sfera della giovane età.

Accade, ad esempio, ne Le Notti di Salem, dove il protagonista Ben Mears è accompagnato dal bambino Mark Petrie, la cui dimensione fanciullesca lo rende più incline a combattere i vampiri perché, rispetto agli adulti, li percepisce come una minaccia verosimile in un periodo della vita in cui i mostri popolano i nostri pensieri. Oppure in The Mist dove non è possibile scindere ogni disperata azione compiuta dal padre protagonista dai pensieri del figlio piccolo di cinque anni che deve proteggere. In generale, i bambini sono tra i personaggi prediletti da King e nelle vicende narrate assumono sempre un ruolo centrale. Lo scrittore non si limita a sfruttare il loro punto di vista solo per

41 E. Sabadello, Pennywise. Stephen King: It, realtà, infanzia, amicizia, Toutcourt, Roma, 2019.

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tematiche come l’infanzia o l’orrore, ma anche per il già citato rapporto padre e figlio, spesso conflittuale e parte integrante di quell’orrore quotidiano che vivono le persone nelle sue storie. Ad esempio, è il punto di vista di Danny a raccontare in Shining la distanza percepita dal padre, che interpreta i suoi episodi di ubriachezza attraverso uno sguardo onirico e metafisico. In merito a questo, si potrebbe ipotizzare che King volesse racchiudere nel pensiero di Danny il proprio senso di colpa dovuto ai sentimenti che avrebbero potuto provare verso di lui dai suoi figli Naomi e Joel Hill, in un momento, il 1977, in cui avevamo la stessa età di Danny e il loro papà era un alcolizzato42.

I personaggi che popolano i romanzi di Stephen King e la loro costruzione rappresentano il vero fondamento della sua produzione letteraria. Tramite questi l’autore racconta la paura di essere diversi, il bullismo, la vergogna, il razzismo, la ferocia delle relazioni e la complessità dell’essere umano43. Tutti quei protagonisti che fanno parte delle storie di King si trovano in una condizione di emarginazione, non fanno parte del gruppo dei più forti; essi sono dei “perdenti” come viene chiamato il gruppo di ragazzi che affronta Pennywise, in IT. Essi possono essere discriminati per il loro aspetto, come accade a Carrie, oppure per il colore della pelle, o ancora per la condizione sociale come avviene in L’Uomo in Fuga (The Running Man, 1978). Talvolta, essi risultano emarginati poiché costretti in una ingiusta condizione di prigionia, come quella in cui si trovano John Coffey ne Il miglio Verde ed Andy Dufresne nella novella Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank (Rita Hayworth and The Shawshank Redemption, 1982)

I personaggi di King sono spesso poveri e inetti, appartenenti alla classe del proletariato e con problemi di lavoro. Questa condizione di emarginazione affonda le proprie radici nella biografia dello stesso King. Jack Torrance, il padre di Danny in Shining, non è che un profilo che racchiude tutte quelle sfaccettature negative di cui è stato protagonista King: è uno scrittore fallito, insegnante sottopagato e poi disoccupato ed è alcolizzato. King narra quindi di persone che vengono dal basso e dall’America di provincia, lasciando spesso ai borghesi i ruoli marginali o talvolta di antagonisti.

Anche quando il personaggio principale si trova in una posizione sociale elevata, la sua condizione nella storia si caratterizza per una completa solitudine o impotenza. Spesso accade che sia proprio lo stato di superiorità del protagonista a renderlo emarginato incapace di agire. In Misery, ad esempio, lo scrittore Paul Shannon è ricco, famoso e ben voluto, ma è proprio questa condizione a renderlo vittima della crudeltà dell’infermiera Annie ed è lo stesso gesto che lo ha reso celebre, la scrittura, a porlo potenzialmente in pericolo. Una situazione analoga può essere rinvenuta riguardo a Ben Mears

42 Ipotesi dedotta dalla lettura di G. Cecchinelli, Shining, la voce del re rosso, Weird Book, Milano, 2020.

43 Dei personaggi di King si parla in J. Horsting, Stephen King, il suo cinema, i suoi miti, i suoi personaggi, Fanucci Editore, 1992 Roma.

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ne Le Notti di Salem. Egli è uno scrittore famoso, ma la sua agiatezza lo rende diverso dalla popolazione della cittadina che gli si rivela ostile, ad eccezione dei pochi comprimari che lo appoggeranno nella battaglia contro i vampiri.

Spesso la condizione di emarginazione del personaggio principale è accompagnata dalla presenza di un potere speciale, una caratteristica con cui King ama rendere unici i suoi personaggi44 e che usa per accentuare la loro diversità ma allo stesso tempo per renderli degli “eletti”. Carrie possiede la telecinesi, Danny la “Luccicanza”, John Coffey la possibilità di “assorbire il male” e Charlie, ragazzina incompresa e protagonista de L’incendiaria (Firestarter, 1982), è procinetica. Tra questa figura anche Johnny Smith, protagonista del thriller fantascientifico La Zona Morta (The Death Zone, 1980), pubblicato nel 1979: egli si risveglia dopo un coma di quattro anni, durante i quali la moglie si risposa e lo lascia solo. Il suo ritorno alla vita di tutti i giorni è segnato dal dono della chiaroveggenza, grazie alla quale prevede l’arrivo di un’imminente guerra nucleare semplicemente stringendo la mano ad un personaggio politico. Johnny Smith è, più di ogni altro, un emarginato, un diverso, tanto che un personaggio recita: «Se davvero vedi queste cose, ti compiango. Sei un fenomeno, non diverso da un vitello a due teste che ho visto una volta alla fiera»45. King utilizza la sua condizione e il suo singolare potere per allargare il proprio sguardo e indagare temi vicini alla religione e alla politica, delineando un’America crudele e guerrafondaia e osservando come le scelte di un singolo individuo possano gravare sul destino di molti e portare allo sfaldamento della società.

In merito al discorso relativo alla circolazione delle armi, è importante sottolineare come un tratto comune a tutti i personaggi che popolano le storie di Stephen King sia la repulsione verso l’utilizzo di esse: le persone protagoniste dei suoi romanzi non sparano, non usano mai le armi da fuoco, come lui stesso riporta nel saggio Guns. Contro le Armi.46 Anche lo stesso Johnny Smith, che decide di imbracciare un fucile per eliminare la minaccia del conflitto nucleare, fallirà nel suo tentativo di fare fuoco contro il candidato presidente. Gli eroi dei romanzi di King combattono il male con strumenti atipici, che si rivelano simbolici, come avviene in Misery, dove lo scrittore Paul Shannon utilizza la macchina da scrivere per tramortire la sua torturatrice, allegoria di come King intenda sconfiggere la tossicodipendenza con l’unica arma che ha a disposizione: la scrittura.

Nella sua letteratura, King rivela tutto il suo talento nel mettere a nudo la natura aggressiva ed egoista dell’essere umano, rivelando come essa porti al crollo di tutte le istituzioni etiche e sociali

44 Come da lui dichiarato nella propria autobiografia.

45 S. King, La Zona Morta, Sperling & Kupfer, Milano, 2013.

46 S. King, Guns. Contro le armi, Marotta e Cafiero, Milano, 2021.

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che regolano il rapporto tra le persone. A tale scopo, inserisce un evento di enormi proporzioni che costringe gli uomini a confrontarsi gli uni con gli altri. Ciò avviene in The Dome (2009), dove una città viene coperta da una cupola che impedisce ai cittadini di scappare, o nel già citato The Mist, dove una nebbia che nasconde creature extra-dimensionali costringe un gruppo di persone a rimanere barricate in un supermercato. Lo stesso espediente utilizzato dall’amico George Romero in La Notte dei Morti Viventi (The Night Of Living Dead, 1968) viene adoperato in queste opere da King per mostrare uomini e donne incapaci di comunicare, pronti a mettersi gli uni contro gli altri, pur di difendere la propria posizione, e ostili a qualsiasi tentativo di collaborazione.

Questa posizione nei confronti dell’essere umano si interseca profondamente con la sua visione della storia americana, osservata con gli occhi di chi era abbastanza adulto per comprendere le vicende della guerra del Vietnam alla fine degli anni Sessanta, la presidenza di Nixon e l’avvento di Reagan.

Il contesto storico vissuto in prima persona da King fa da sfondo alla commovente elegia sul grande rimorso americano dal nome Cuori in Atlantide (Hearts in Atlantis 2000), una raccolta di cinque racconti dove si indaga la realtà storica americana attraverso gli occhi di chi ha vissuto il conflitto e il movimento hippy antimilitarista ad esso avversa.

Si nota come i temi che King riesce a trattare nella sua letteratura siano numerosi e partano dalla dimensione introspettiva e personale come quella dell’infanzia, per poi allargarsi e abbracciare macrocosmi come la visione della storia e della società.

Tutti questi elementi sono accumunati dall’inconfondibile stile letterario di King. Esso può essere definito page turner, in quanto estremamente scorrevole e diretto; uno stile che attrae gli occhi del lettore e fa sì che essi non si vogliano più staccare dalla narrazione. Si tratta di una prosa limpida ma allo stesso tempo in grado di suggerire atmosfere molteplici e comunicare un forte senso di suspence.

A seconda della situazione che King si trova a raccontare, la sua prosa si adatta, rivelandosi duttile, elegante e quasi mai grossolana. Lo stile risulta unico e inconfondibile, a metà tra il sobrio e talvolta scarno modo di scrivere di Richard Matheson e la prosa elevata e ricercata di H.P Lovecraft.

A differenza dello scrittore di Providence47, King non ripudia il lieto fine, ma le sue vicende terminano sempre con i personaggi destinati a vivere segnati dalle conseguenze che l’orrore ha lasciato su di loro: Ben Mears sconfigge i vampiri, ma nella lotta ha perso la donna che ama, Paul Shannon sopravvive alle torture di Anne Wilkes ma ne esce mutilato, Johnny Smith scongiura la catastrofe atomica, ma per farlo trova la morte. Con questa scelta King racconta la metafora della vita: si può affrontare l’orrore quotidiano e lo si può sconfiggere, ma esso lascerà un segno con cui si dovrà convivere per il resto della propria esistenza. A rendere terrificante e carico di significato questo

47 Ci si riferisce al fatto che le opere di H.P Lovecraft terminano sempre in maniera negativa, come spiega P. Roland in Il sogno e l'incubo. Vita e opere di H. P. Lovercraft, Tsunami, Milano, 2017.

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orrore è il fatto che esso si manifesti nelle storie in maniera improvvisa e senza una rivelazione logica.

La frequente scelta di King di non fornire una spiegazione ad alcuni elementi, come, ad esempio, l’origine della forza sovrannaturale che anima la stanza 1408 o la presenza demoniaca nell’Overlook Hotel, genera nel lettore un senso di orrore maggiore, poiché lo colloca in una dimensione di smarrimento e disorientamento.

Lo stile letterario dello scrittore si dimostra influenzata anche dal cinema: testimoniano ciò alcune scelte che ricordano la tecnica del montaggio filmico. Tra queste vi è la frequente mescolanza di più linee temporali all’interno della stessa storia, come avviene in IT o in Carrie, oppure l’utilizzo dell’ellissi, accompagnata da sdoppiamenti del punto di vista principali. Questo parallelismo tra la scrittura di King e il medium cinematografico proviene direttamente dalla fruizione di pellicole avvenuta nel corso del periodo di formazione e costituisce una delle motivazioni per cui la letteratura di King si dimostra così attrattiva nei confronti del cinema.

La domanda che sorge spontanea dopo l’analisi della letteratura di questo autore è se essa possa effettivamente definirsi tale oppure se rientri nella sfera del semplice intrattenimento. L’autore si colloca in una posizione fortemente ambivalente: egli ha dimostrato una notevole profondità nella trattazione delle sue tematiche, ma esse si caratterizzano per l’appartenenza a generi di serie minore, come l’horror e il thriller, raccontate in una prosa limpida e allo stesso tempo evocativa ma segnate dall’alta “commerciabilità” delle sue storie, le quali garantiscono un numero di vendite che porta ogni critico letterario ad essere scettico nei confronti di questo scrittore.

Stephen King si pone come un autore, poiché quello che emerge è il fatto che egli percepisce il bisogno di raccontare la sua visione del mondo e della realtà che lo circonda attraverso la scrittura. A tale scopo egli sceglie di utilizzare elementi caratteristici dei generi letterari ritenuti minori; l’horror, il thriller, la fantascienza e il pulp, non sono che strumenti in mano dello scrittore per comunicare al lettore il suo pensiero. La commistione tra impulso autoriale e isotopie dei generi ha permesso a King l’ottenimento di un enorme successo commerciale e allo stesso tempo di diventare oggetto di studio per chi si occupa di letteratura.

L’unicità dell’orrore esistenziale rappresentato dalla creatura IT non è così diversa da quella osservata da William Golding ne Il Signore delle Mosche (The Lord Of The Flies, 1954), così come le vicende incentrate sulla crescita della giovane Carrie non sono così diverse dalla crescita che Charles Dickens racconta in Oliver Twist (Oliver Twist; or, the Parish Boy’s Progress, 1837).

È interessante notare nel cinema esistano esempi in cui attraverso il genere sia stato possibile veicolare messaggi di enorme portata; questo accade, ad esempio, in una vicenda che vede come protagonista proprio l’amico e collaboratore di King, George A. Romero. Nel 1968, il regista stravolse le regole dell’horror realizzando il capolavoro Night Of The Living Dead, dove la figura del

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morto vivente assumeva una rilettura in chiave fortemente politica, consentendo al suo autore di rappresentare un’allegoria della società americana e della sua crudeltà.

Allo stesso modo di Romero, King ha avuto il merito di elevare l’orrore letterario, allontanandolo dall’etichetta limitante del genere e sfruttandolo per raccontare in modo sanguinoso e vitale storie che, alla fine, parlano dell’uomo. I motivi per cui questo scrittore si rivelerà così interessante per il cinema, tanto da risultare accattivante per gli autori, il cinema di serie minore e la televisione, sono sicuramente molteplici, ma in prima istanza si colloca la sua inequivocabile qualità di artista, caratterizzato però da stilemi e isotopie tipiche dei generi considerati minori. Stephen King risulta così attrattivo per il cinema proprio per la sua popolarità, e per il fatto che tramite il genere è riuscito a porsi alla stregua di un autore.