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1.4. Onna bugeisha e il periodo Sengoku

1.4.3. Le donne degli ikki

Se considerassimo il termine di onna bugeisha semplicemente ad indicare le figure di donne guerriere, a prescindere dalla loro appartenenza alla classe samurai, allora po- tremmo prendere in considerazione anche quelle donne che combatterono nelle istituzioni religiose formatesi nel periodo Sengoku. Durante i conflitti di questo periodo, sul territo- rio si formarono dei nuovi gruppi religiosi armati e indipendenti dall’autorità dei vari

daimyō, chiamati ikki.281 Rispetto a quelli più antichi, che erano composti dai monaci della scuola Tendai con sede nel tempio Enryakuji sul monte Hiei o su altre sette buddiste di Nara, queste nuove istituzioni militari si basavano sulle sette buddhiste popolari tra le masse, reclutando principalmente contadini.282 Sebbene la maggior parte dei partecipanti di queste istituzioni militari fosse composta da jizamurai,283 contadini e dalle loro fami-

glie (comprese donne e bambini), i soldati vennero comunque chiamati monaci guer- rieri.284 Molti di questi nuovi monaci guerrieri appartenevano alla setta Shinshu (Buddhi-

smo della Vera Terra Pura) formando comunità chiamate Ikkō-ikki.285 Lo Ikkō-ikki fu lo

ikki più famoso che nel 1488 si rivoltò al potere militare nella provincia di Kaga riuscendo

a scacciare il daimyō.286 La provincia venne governata dallo ikki fino alla sua sconfitta da

parte di Oda Nobunaga.287

Ogni membro dello ikki, comprese donne e bambini, partecipava e condivideva re- sponsabilità sia in tempo di pace che durante i combattimenti. Nel 1575 Nobunaga fece

281 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. p. 166.

282 TURNBULL, Stephen, REYNOLDS,Wayne. Japanese Warrior Monks Ad 949-1603. Oxford, Osprey, 2004. Cit. 15. 283 Letteralmente i jizamurai sono “i samurai della terra”. Il termine indica i membri della classe militare che possedevano della terra su cui vivevano e controllavano i contadini. Nel periodo Sengoku, queste terre vennero inglobate nei nuovi domini dei daimyō. I jizamurai vennero o assimilati nell’esercito del nuovo dominatore, oppure vennero sconfitti e ven- nero declassati, diventando dei contadini. Vedi CUMMINS, Antony. Samurai and Ninja: The Real Story Behind the Japa-

nese Warrior Myth That Shatters the Bushido Mystique. Tokyo, Tuttle Publishing. 2015. Cit. pp. 33-34.

284 TURNBULL, Stephen, REYNOLDS,Wayne. Japanese Warrior Monks Ad 949-1603. Oxford, Osprey, 2004. Cit. 15. 285 Il termine “Ikkō” indica la scuola buddhista della Terra Pura, mentre il termine “ikki” significa “lega”, “istituzione”. 286 La provincia di Kaga è la parte meridionale dell’odierna prefettura di Ishikawa.

una spedizione militare nella provincia di Echizen per riprenderne il controllo dalle forze locali dello Ikkō-ikki. Nella biografia di Oda Nobunaga (Shinchō kōki), viene riportato che vennero fatti prigionieri e giustiziati tra le 30.000 e 40.000 persone, tra le quali anche donne.288

Tra il 1589-1590 i piccoli proprietari terrieri dell’arcipelago Amakusa si ribellarono contro il daimyō Konishi Yukinaga (1555-1600), che fu costretto a sopprimere le ribel- lioni nel sangue, con l’aiuto di Katō Kiyomasa (1562-1611).289 Il gesuita portoghese Luis Frois, presente durante la rivolta al castello Hondo, sottolinea la devozione al Cristiane- simo dei ribelli, che si confessavano ai sacerdoti prima di andare in battaglia e di come furono molte le donne a partecipare.290 È riportato che la moglie del comandante del ca- stello e le mogli di altri soldati guidarono oltre 300 donne cristiane.291 Inoltre, Luis Frois riporta che per poter combattere liberamente e senza alcun impedimento, tutte si taglia- rono i capelli e legarono con discrezione gli orli dei lunghi kimono. Alcune di loro indos- savano delle armature, altre portavano al loro fianco delle spade, chi aveva delle lance, chi portava con sé varie armi. In aggiunta all’armatura, avevano intorno al collo rosari e reliquie.292

Il gruppo colse di sorpresa i soldati che erano stazionati nell’area adiacente ai cancelli del castello, descritto come di seguito:

One section of the moat was almost filled with the enemy soldiers killed by the women. Yet whatever the immediate outcome may have been, Toranosuke’s (Kiyo- masa’s) soldiers possessed numerical superiority, and even though the women had overcome some male enemy soldiers, they could not tolerate the dishonor of defeat by the surviving women and children, so in a scene that must have been terrifying they responded with a fierce attack, and out of the 300 women there were only two survivors, both of whom were severely wounded. In this way was the entire group of the women put to the swords, and their bodies lay exposed on the battlefield. Later on the enemy soldiers would remark, ‘The warriors of Hondo were not men. They

288TURNBULL,Stephen. Samurai Women 1184-1877. Oxford, Osprey Publishing. 2010. Cit. p. 18. 289TURNBULL, Stephen. Samurai Women 1184-1877. Oxford, Osprey Publishing. 2010. Cit. p. 45. 290 TURNBULL, Stephen. Samurai in 100 Objects. S. Yorkshire: Frontline Books, 2016. Cit. p. 86. 291TURNBULL, Stephen. Samurai Women 1184-1877. Oxford, Osprey Publishing. 2010. Cit. p. 45.

292 TURNBULL, Stephen. "The Ghosts of Amakusa: Localised Opposition to Centralised Control in Higo Province, 1589- 1590." Japan Forum. 25.2 (2013): 191-211.

were women and children, yet the men who where fighting were surpassed by the dauntless courage of these warriors.’ 293

Da come si legge da questo passo, viene considerato disonorevole l’essere sconfitto in battaglia da una donna, ma non possiamo affermare con certezza se questo era un senti- mento realmente provato dai soldati sconfitti, oppure una visione personale di Luis Frois. La frase finale rimarca l’audacia di queste donne, evidenziando questa possibilità. Dopo- tutto, come abbiamo potuto osservare attraverso questo capitolo dell’elaborato, non era raro per le donne partecipare a delle battaglie.

L’editto di Toyotomi Hideyoshi e la successiva politica del regime Tokugawa di di- sarmo di coloro che non appartenevano alla classe dei samurai posero fine a questi gruppi militari.294 Ma ciò non evitò la formazione di altre rivolte come quella di Shimabara (1637-1638) che insorse contro la persecuzione dei cristiani a opera del daimyō locale. Stavolta lo ikki coinvolto non si trattò di un gruppo buddhista, bensì cristiano. Anche durante la estenuante difesa del castello Hara è stata riportata la presenza di donne che hanno combattuto al fianco degli uomini.295 La rivolta venne placata brutalmente e più di 35.000 persone di entrambi i generi e di tutte le età vennero uccisi dalle forze shogunali.296

1.5. L’evoluzione della figura della donna guerriera nel contesto della “Pax To-