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La vendetta e il senso dell’onore

1.5. L’evoluzione della figura della donna guerriera nel contesto della “Pax To-

1.5.2. La vendetta e il senso dell’onore

Nella società guerriera, il dimostrare la propria abilità e forza fisica al fine di risolvere ogni tipo di situazione simbolizzava la propria autonomia sovrana. Inoltre, il graduale intervento da parte del governo di limitare una sempre più crescente ondata di violenza attuata dai guerrieri per proteggere il proprio onore offeso, rifletté la presenza di un equi- librio nascosto di potere tra lo stato e i samurai vassalli.337 Infatti, una delle caratteristiche

sociali della classe samurai era quella di mostrare un’estrema sensibilità verso gli insulti subìti e di reagire, di conseguenza, in modo violento per difendere il proprio onore.338

La cultura dell’onore del samurai iniziò ad assumere una forma distintiva nel tardo periodo Heian, in corrispondenza con l’acquisizione del potere politico della classe guer- riera. Per prima cosa, il senso dell’onore militare generò un codice di regole che esaltò il combattimento come espressione dell’onore associato con lo sviluppo della nuova rela- zione di vassallaggio con il proprio signore, venendo a creare così una “società

335 Mol, Serge. Classical Fighting Arts of Japan: A Complete Guide to Koryu Jujutsu. Tokyo: Kodansha international, 2001. Cit. p. 58.

336 COATS, Bruce A., HOCKLEY, Allen, KURITA Kyoko, MOSTOW Joshua S. Chikanobu: Modernity and Nostalgia in Jap-

anese Prints. Leiden: Hotei, 2006. Cit. p. 170.

337 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. p. 197.

338 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. pp. 198-200.

dell’onore.”339 Come abbiamo visto precedentemente, nel contesto di instabilità e di com-

petizione politica i risultati militari rappresentavano la chiave per la conquista del potere e in questo il guerriero doveva perennemente fare attenzione che la sua reputazione, pub- blicamente stimata, rimanesse intatta.340 Importante indicatore di status per essere consi- derati dei veri samurai era l’utilizzo del cavallo nei combattimenti.341

A partire dal periodo Kamakura il forte legame del rapporto signore-vassallo non era dovuto solo allo scambio di interessi delle due parti, ma anche da legami emotivi e per- sonali che assicuravano una devozione e una lealtà per cui il vassallo era pronto a com- battere anche a costo di morire.342 Il senso dell’onore si collocava in un delicato equilibrio tra l’aspirazione onorifica verso un’autonomia e una stima per la lealtà. La vita del samu- rai era costituita da continui momenti di tensione tra l’autonomia e l’individualismo, e tra tensioni che riflettevano ampie variazioni di relazioni di potere tra signori e vassalli, le quali avrebbero distrutto la relazione stessa.343 Questo fu ciò che accadde nel tardo pe- riodo Kamakura e fu una delle concause principali della perdita dell’autorità dello shōgun.

Come riflesso della relativa autonomia sociale della singola casata familiare dei samu- rai e dell’alta considerazione dell’onore, durante il periodo Kamakura era ampiamente diffuso il principio jiriki kyūsai, cioè quello di rimediare da sé al torto subìto con l’utilizzo della violenza. Le dispute erano guerre di onore combattute e risolte in modo privato e ogni danno subìto durante una disputa era risolto attraverso atti di vendetta. Tali dispute non erano causate solo da offese casuali, ma anche e soprattutto da disaccordi economici o politici (dispute per l’irrigazione o per i confini).344

339 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. pp. 72-73.

340 È da tenere presente, che inizialmente era spesso tollerato infrangere le regole di un combattimento e imbrogliare l’avversario per il puro scopo di esaltare il proprio nome di guerriero. Questo perché, al tempo, era più importante esibire il proprio valore e superiorità sul campo di battaglia piuttosto che rispettare il codice cavalleresco. Tale comportamento fu ulteriormente legittimato con l’affermarsi del vassallaggio, dove l’interesse personale del singolo guerriero (aspettativa di una ricompensa economica) era spesso camuffato dai principi morali di fiducia associati al rapporto signore-vassallo. Con l’affermarsi del potere politico militare, le guerre furono spesso condotte per ordine della corte imperiale oppure dello shōgun per una causa pubblica e non più personale. L’infrazione delle regole da parte del singolo guerriero sarebbe stata maggiormente tollerata se l’azione militare del samurai fosse stata compiuta per contribuire al bene comune. IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. p. 73-77.

341 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. p. 83.

342 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. p. 84.

343 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. p. 86.

344 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. pp. 86-87.

Il governo tentò di proibire questi conflitti personali con editti legislativi, come ad esempio il codice del 1232 (Goseibai shikimoku), perché i conflitti sarebbero potuti sfo- ciare in conflitti maggiori e avrebbero minato all’ordine interno del bakufu.345 Ciò nono-

stante, le vendette personali continuarono ad esistere anche per i secoli successivi. Con diversi editti redatti tra gli anni 1585-1587, Toyotomi Hideyoshi proibì tutti i comporta- menti violenti e le battaglie tra i diversi daimyō, inoltre per ogni strato della società proibì tutte le violenze conseguenti a conflitti personali e a vendette. I trasgressori avrebbero subìto pesanti e crudeli punizioni.346 Questa enfasi sulla pace pubblica fu connessa alla promulgazione dell’editto della “caccia della spada” del 1588, con il quale si ordinava a tutti i daimyō di sequestrare le armi a tutti coloro che non appartenevano alla classe guer- riera.347 In questo modo la spada divenne il simbolo rappresentativo della classe dei sa- murai e della loro monopolizzazione del legittimo uso della violenza.348 Ciò implicò che i samurai erano considerati pienamente gli unici agenti politici. Così, durante il periodo Tokugawa tutti gli uffici del governo erano occupati solo da uomini dalla status di samu- rai.349

Il ricorso alla violenza per questioni d’onore gradualmente non fu più approvato anche dal regime Tokugawa, a differenza del periodo medievale, ma ciò non significa che non vi furono casi di vendetta, ormai l’unica possibilità di combattere rimasta nel pacifico periodo Tokugawa.350 I motivi della vendetta erano vari e comprendevano insulti perso-

nali, vendetta per la morte del padre o del proprio signore e signora. La vendetta diveniva quindi una forma di giustizia personale. A volte, nel caso in cui non ci fosse stato un erede

345 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. p. 87.

346 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. p. 153.

347 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. p. 153.

348 Per i samurai era il mondo sociale strutturato in maniera gerarchico per primo a valutare l’onore e poi, successivamente, a conferirlo al singolo individuo. Inoltre, l’onore era strettamente connesso con le strutture del potere e caratterizzava un codice specifico e idiomi culturali condivisi con i membri della stessa classe sociale. Il monopolio dell’uso della violenza da parte dei samurai corrispose al monopolio dell’onore sociale, assicurando la sottomissione delle classi non samurai. Vedi IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. pp. 23; 155.

349 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. p. 157.

350 IKEGAMI, Eiko. The Taming of the Samurai: Honorific Individualism and the Making of Modern Japan. Cambridge: Harvard University Press, 2003. Cit. pp. 198-200.

maschio della famiglia, il compito della vendetta ricadeva sulla donna.351 La donna in-

correva in molte difficoltà prima di riuscire a compiere l’atto vendicativo oppure, in al- cuni casi, moriva nel tentativo.352

Secondo uno studio, su 100 casi registrati di vendetta avvenuti nel corso del periodo Tokugawa, 13 furono portati a compimento da donne. Quattro furono eseguiti da mogli o figlie di samurai; due da attendenti donne di famiglie guerriere; un caso da una prostituta; uno da una figlia di un mercante; una dalla moglie di uno yamabushi;353 e quattro dalle mogli o dalle figlie di contadini.354 Da questo elenco si può evincere che a compiere que- ste vendette non erano sempre e solo donne di famiglia samuraica. Le donne protagoniste delle vendette non erano dunque guerriere professioniste e difficilmente da inserire nella categoria di onna bugeisha, sebbene nel caso delle ragazze della famiglia samuraica que- ste avessero ricevuto un addestramento militare. L’abilità dell’uso delle armi dava sicu- ramente un vantaggio sull’avversario, ma non era necessariamente indispensabile.

Nel 1723, Ohatsu, una dama di compagnia nella residenza del daimyō Matsudaira a Edo uccise la donna responsabile della morte della sua padrona, morta suicidandosi a causa di un’offesa ricevuta.355 Questa storia divenne la trama dell’opera per il teatro bun-

raku nel 1782 dal titolo Kagamiyama Kokyō no Nishikie, rivisitata e riadattata l’anno

successivo per il teatro kabuki.356

L’esempio più drammatico di vendetta con protagoniste delle donne è quello messo in atto dalle sorelle Miyagino e Shinobu. Il padre delle due ragazze venne ucciso da un de- linquente. Queste, alla morte del padre, decisero di sottoporsi a un addestramento militare per poter richiedere ufficialmente al daimyō del territorio in cui risiedevano, il permesso di vendicarsi. Le ragazze riuscirono nella loro vendetta nel 1649. Nonostante ci siano diverse versioni sulla vicenda, e sia stata ripresa come modello per rappresentazioni tea- trali, le fonti dettagliate a riguardo fanno pensare che sia veritiera.357

351CURTIS, Jasmin M. "Drops of Blood on Fallen Snow: The Evolution of Blood-Revenge Practices in Japan" (2012). Masters Theses 1911 -February 2014. University of Massachusetts Amherst. Cit. p. 43.

352 BACON, Alice Mabel. Japanese Girls and Women Revised and Enlarged Edition. Project Gutenberg, 2010. Cit. p. 60. 353 Un monaco itinerante ascetico.

354TURNBULL,Stephen. Samurai Women 1184-1877. Oxford, Osprey Publishing. 2010. Cit. p. 29. 355TURNBULL,Stephen. Samurai Women 1184-1877. Oxford, Osprey Publishing. 2010. Cit. pp. 29-30. 356 Kabuki 21 https://www.kabuki21.com/kagamiyama.php (Ultima consultazione 27/09/2018). 357TURNBULL,Stephen. Samurai Women 1184-1877. Oxford, Osprey Publishing. 2010. Cit. pp. 30-31.