• Non ci sono risultati.

Le indicazioni geografiche

CAPITOLO I: IL MARCHIO D’IMPRESA

4. Le indicazioni geografiche

L’espressione “indicazioni geografiche” rappresenta una categoria complessa in quanto contiene al suo interno una pluralità di termini, dando luogo, spesso, ad una vera e propria confusione terminologica105. Ciononostante, con certezza si può affermare che, rispetto al marchio d’impresa, le indicazioni geografiche sono segni indicatori dell’origine territoriale dei prodotti, e non dell’origine imprenditoriale.106

Esse, infatti, comunicano al consumatore un determinato grado di qualità certificata, ottenuto a seguito di controlli obbligatori, e caratterizzato dal forte legame intercorrente tra prodotto e territorio.

105 F

ERRARI M., La dimensione proprietaria delle indicazioni geografiche, EDITORIALE SCIENTIFICA, Napoli, 2015, pp. 29-31.

106

Le origini delle indicazioni geografiche, secondo alcuni, risalgono alle prime civiltà che facevano uso della scrittura: già i produttori di mattoni dell'antico Egitto, per esempio, usavano le indicazioni geografiche per indicare la resistenza e il luogo d'origine dei mattoni e delle pietre con cui venivano costruite le piramidi. Nell’Antica Grecia, allo stesso modo, si utilizzavano le indicazioni geografiche per contrassegnare il vino proveniente dall’Isola Thassos107.

La prima legge moderna, invece, concernente le indicazioni geografiche, è apparsa in Francia nel 1824, in base alla quale era soggetto a sanzione penale chiunque poneva in commercio prodotti contrassegnati da false indicazioni geografiche di provenienza108.

Appare evidente, ictu oculi, la principale differenza tra i marchi e le indicazioni geografiche: i primi sono segni distintivi capaci di riconnettere direttamente un bene ad una specifica unità imprenditoriale, orientando il consumatore sia per primo atto di acquisto quanto per quelli successivi; le seconde svolgono, invece, una funzione di garanzia della qualità territoriale, sebbene in dottrina si discute a chi debba spettare la titolarità di questi ultimi diritti di proprietà intellettuale. Altra differenza legata alle indicazioni geografiche attiene alla loro natura pubblicistica, contrapposto a quella privatistica dei marchi, in quanto possono chiedere la registrazione di una indicazione geografica solo soggetti “collettivi”, e che l’uso del segno registrato non è facoltà esclusiva di un singolo bensì di chiunque abbia rispettato il relativo disciplinare di produzione109.

Come per la disciplina del marchio d’impresa, anche la disciplina delle indicazioni geografiche si sviluppa su tre diversi livelli: quello nazionale, costituito principalmente dagli artt. 29 e 30 c.p.i.110; quello europeo, tradizionalmente suddiviso in tre sottolivelli

107

Cfr. Memo/03/160 della Commissione Europea, pubblicato in data 30 luglio 2002 in

http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-03-160_it.htm 108 Cfr. S

CUFFI M.,FRANZOSI M., op. cit., p. 346, i quali richiamano anche il Censimento delle norme sulle indicazioni geografiche a cura di ANGELICCHIO G.

109 Cfr. G

HIDINI G.,CAVANI G., op. cit., p. 107.

110 Le norme concernono, in particolare, “le indicazioni geografiche non titolate”, per le quali non è prevista

(agroalimentare, vinicolo e delle bevande spiritose)111; quello internazionale, costituito dalle varie convenzioni internazionali per la tutela delle indicazioni geografiche112.

Nell’ambito dei tre livelli sopradescritti, quello europeo risulta essere la fucina principale della disciplina delle indicazioni geografiche, nonostante la frammentarietà della medesima. Il regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, al Considerando (1), afferma in proposito che i prodotti di qualità fanno parte del patrimonio culturale dell’Unione europea. Tale affermazione, orbene, deve essere letta in combinato con l’art. 3(3) del TUE, il quale dispone che “la salvaguardia del patrimonio culturale dell’Unione è una delle missioni fondanti dell’Unione europea”. Tale legame tra tutela dei prodotti di qualità e missione fondante dell’Unione ha dato origine al c.d. “obbligo di tutela ex officio” di cui all’art. 13(3) del Regolamento citato, a norma del quale gli Stati membri devono adottare misure amministrative e giudiziarie, sia preventive che repressive, per tutelare i prodotti in questione113.

Per ciò che attiene il settore agroalimentare, la normativa europea si fonda, in particolare, sulla registrazione delle indicazioni geografiche, considerata fattispecie costitutiva

Si segnalano, inoltre, per quanto concerne la tutela di specifici prodotti: Legge 13 febbraio 1990, n.26

(Tutela della denominazione di origine «Prosciutto di Parma»); Legge 14 febbraio 1990, n. 30 e s.m.i.

(Denominazione di origine del prosciutto di San Daniele); Legge 10 aprile 1954, n. 125
 (Tutela delle

denominazioni di origine e tipiche dei formaggi).

111

In relazione alle indicazioni geografiche del settore agroalimentare, si fa riferimento al Reg. CE/510/2006, relativo alla protezione delle IGP e delle DOP, al Reg. CE/509/2006, concernente la tutela delle STG, confluiti entrambi in un unico regolamento del 21 novembre 2012, n. 1151, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari.

112 La prima convenzione internazionale in materia è stata la CUP, la quale include, all’art.1, le indicazioni di

provenienza nell’ambito della proprietà industriale. Questa convenzione conferisce tutela ai cittadini unionisti in base alle regole previste dai singoli stati firmatari. Altro accordo internazionale degno di nota è il Trattato di Lisbona, firmato il 31 ottobre 1958, sulla protezione e la registrazione internazionale delle denominazioni di origine. Esso conferisce alle indicazioni geografiche la natura di diritti titolati, con la conseguenza che la loro protezione è concessa solo in caso di registrazione internazionale presso l’Ufficio internazionale dell’OMPI di Ginevra. L’accordo TRIPs, infine, garantisce uno standard minimo di tutela a tutte le indicazioni geografiche, purché la qualità, la notorietà, o altra caratteristica del prodotto sia attribuibile all’origine geografica.

113 Per un primo commento alla disposizione richiamata v. C

ASTELLI G., La protezione ex officio delle DOP e

per conferire apposita tutela114. Dalla registrazione di queste ultime deriva lo ius excludendi

omnes alios in capo a ciascun operatore che commercializza i prodotti conformemente al

disciplinare di produzione115.

Il diritto summenzionato ha ad oggetto il nome di una regione, di un luogo determinato o di un paese che designa il prodotto come ivi originario e caratterizzato116. Si distinguono, all’interno delle indicazioni geografiche, diverse categorie, seppur aventi il medesimo grado di tutela: DOP, IGP, STG117.

Le DOP – Denominazioni di Origine Protetta – concernono quei prodotti la cui qualità o le cui caratteristiche siano legate essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico considerato, inclusi i fattori naturali e umani, e la cui produzione, trasformazione e elaborazione avvengono nella zona geografica considerata118.

Le IGP – Indicazioni Geografiche Protette – riguardano, invece, i prodotti la cui qualità, reputazione o altre caratteristiche possono essere attribuite all’origine geografica e la cui produzione, trasformazione o elaborazione avvengono nella medesima zona geografica.

È possibile, in tal guisa, cogliere la principale differenza intercorrente tra le due indicazioni geografiche, accomunate entrambe dal legame del prodotto all’ambiente geografico da cui esso proviene: nel primo caso, infatti, tutte le qualità, le caratteristiche nonché le fasi del processo produttivo devono avvenire in quella particolare area geografica;

114 Sotto questo aspetto esse si qualificano quali “indicazioni geografiche titolate”, differenziandosi da quelle

non titolate di cui agli artt. 29 e 30 c.p.i.

115 Cfr. S

CUFFI M.,FRANZOSI M., op. cit., pp. 357 e 365.

116

Si veda l’art. 22 TRIPs.

117

Ivi sono illustrati i simboli dell'Unione per le denominazioni di origine protette, le indicazioni geografiche protette e le specialità tradizionali garantite e con riguardo ad alcune norme sulla provenienza, ad alcune norme procedurali e ad alcune norme transitorie supplementari, così come definiti dal Regolamento delegato (UE) n. 664/2014 della Commissione del 18 dicembre 2013, che integra il regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio.

118

nel secondo caso, viceversa, si fa riferimento ad una sola determinata qualità o caratteristica ed è sufficiente che anche una sola fase del processo produttivo avvenga nell’area stabilita.

Le STG – Specialità tradizionali garantite – sono attribuite, infine, a quei prodotti ottenuti da materie prime tradizioni, ovvero caratterizzati dalla composizione tradizionale o realizzati con tecniche tipiche. Attualmente le uniche due STG riconosciute in Italia sono la pizza napoletana e la mozzarella.

Il regolamento 1151/2012, all’art. 6(1), impedisce la registrazione delle DOP o IGP che siano, sin dall’inizio, generiche, tenendo conto di vari fattori elencati all’interno dell’art. 3 del Reg. CEE/2081/92 del Consiglio119, nonché la definizione di indicazione generica delineata dal Codex Alimentarius120. Non possono, altresì, essere oggetto di registrazione le

denominazioni o indicazioni in conflitto con il nome di una varietà vegetale o di una razza animale e che possano trarre in inganno i consumatori circa la reale origine del prodotto121.

Relativamente alla procedura di registrazione delle DOP e IGP, sono previste due fasi complementari: la prima si svolge dinanzi agli organi nazionali competenti, la seconda dinanzi alla Commissione dell’Unione. È vietata la registrazione, infine, delle DOP o IGP in conflitto con un marchio registrato, dotato di notorietà, reputazione e utilizzato per lungo

119 Art. 3(1) Reg. CEE/2081/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992: “Le denominazioni divenute generiche non

possono essere registrate. Ai fini del presente regolamento, si intende per « denominazione divenuta generica » il nome di un prodotto agricolo o alimentare che, pur collegato col nome del luogo o della regione in cui il prodotto agricolo o alimentare è stato inizialmente ottenuto o commercializzato, è divenuto, nel linguaggio corrente, il nome comune di un prodotto agricolo o alimentare. Per determinare se una denominazione sia divenuta generica o meno, si tiene conto di tutti i fattori, in particolare: - della situazione esistente nello Stato membro in cui il nome ha la sua origine e nelle zone di consumo, - della situazione esistente in altri Stati membri, - delle pertinenti legislazioni nazionali o comunitarie.

Nei casi in cui, secondo la procedura prevista agli articoli 6 e 7, venga respinta una domanda di registrazione in quanto una denominazione è divenuta generica, la Commissione pubblica la relativa decisione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

120

Il Codex Alimentarius è un corpo regole redatte dalla Codex Alimentarius Commission, istituita nel 1963 dalla FAO e dall'Organizzazione mondiale della sanità, on l’obiettivo di guidare e promuovere l’elaborazione e l’applicazione di definizioni e requisiti per gli alimenti, incoraggiarne l’armonizzazione e, così facendo, favorire il commercio internazionale. Per la versione italiana si veda

http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_1225_listaFile_itemName_3_file.pdf 121

tempo, a condizione che si dimostri che la protezione delle denominazioni in questione potrebbe indurre il consumatore in errore circa la reale identità del prodotto.

In Italia, la domanda di registrazione, corredata del proposto disciplinare di produzione122, deve essere depositata presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, il quale è chiamato a esaminarne la fondatezza e, in caso di accoglimento, a pubblicarla nonché a trasmetterla alla Commissione dell’Unione.123

Quest’ultima, successivamente, procede ad un ulteriore esame che può concludersi con la pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale dell’UE, del documento unico e del riferimento della pubblicazione nazionale del disciplinare, perfezionando così la fattispecie costitutiva delle DOP, IGP e STG.

Dalla registrazione dell’indicazione geografica discende la costituzione del titolo di privativa che può essere fatto valere in tutti gli Stati membri da ogni operatore stabilito nell’area geografica considerata, che commercializzi prodotti agroalimentari conformi ai parametri indicati dal relativo disciplinare e che si assoggetti ai controlli ivi previsti.

La tutela delle indicazioni geografiche titolate, tuttavia, è circoscritta ai soli prodotti “comparabili”, anche se, allo stesso tempo, essa appare rafforzata dalla circostanza che prescinde dal rischio di confusione in ordine all’origine territoriale e alle qualità del prodotto, attuandosi, invece, anche nel caso di mera evocazione124.

La giurisprudenza comunitaria, sul punto, ha chiarito che può esservi “evocazione di una DOP in mancanza di qualunque rischio di confusione tra i prodotti di cui è causa e anche quando nessuna tutela comunitaria si applichi agli elementi della denominazione di riferimento ripresi dalla terminologia controversa”, dovendosi già tener conto della “somiglianza concettuale tra tali due termini, pur di lingue diverse” essendo tale somiglianza idonea “ad indurre il consumatore a prendere come immagine di riferimento il formaggio

122 All’interno del disciplinare di produzione sono indicati la delimitazione della zona geografica, i metodi di

ottenimento del prodotto agricolo o alimentare.

123 La relativa procedura è disciplinata dal D.M. del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 21

maggio 2007, n. 5442.

124

recante la DOP «Parmigiano Reggiano» quando si trova dinanzi ad un formaggio a pasta dura, grattugiato o da grattugiare, recante la denominazione «Parmesan»”125.

In conclusione resta da definire il coordinamento tra il sistema dei marchi d’impresa e quello delle indicazioni geografiche sopradescritto. In particolare, il Legislatore europeo, unitamente ad alcune decisioni internazionali126, tende a riconoscere il primato alle indicazioni geografiche rispetto ai marchi. Ai sensi dell’art. 14 del Reg. CEE/2081/92 del Consiglio, infatti, l’avvenuta registrazione di una DOP o di una IGP impedisce la domanda di registrazione posteriore di un marchio, avente ad oggetto lo stesso tipo di prodotto, e corrispondente ad una delle situazioni di cui all'articolo 13 del medesimo regolamento127. In tale direzione si muove la nuova riforma europea in materia di marchi, laddove al nuovo art. 8 del regolamento (CE) n. 207/2009, così come modificato dal regolamento (UE) 2015/2424, si prevede che “[…] il marchio depositato è escluso dalla registrazione se e in quanto, ai sensi

della legislazione dell‟Unione o del diritto di uno Stato membro in materia di protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche: i) era già stata presentata una domanda di registrazione della denominazione di origine o dell‟indicazione geografica, conformemente alla legislazione dell‟Unione o al diritto nazionale, anteriormente alla data della domanda di registrazione del marchio UE o alla data in cui è stato invocato un diritto di priorità per la domanda, purché successivamente sia avvenuta la registrazione […]”.

125 Corte Giust. UE, C-132/05, sentenza 26 febbraio 2008, Commissione UE c. Repubblica federale di Germania, punti 44-48, a seguito della procedura d’infrazione promossa dalla Commissione europea nei

confronti della Germania per non aver adempiuto agli obblighi ad essa derivanti dall’appartenenza all’UE, e in particolare per non aver impartito chiare istruzioni agli organismi pubblici incaricati di perseguire le frodi affinché ponessero fine alla commercializzazione nel territorio tedesco di prodotti denominati “parmesan” non conformi al disciplinare della DOP “Parmigiano Reggiano”. La Corte, tuttavia, al momento della pronuncia, non ha ritenuto sussistente la responsabilità dello Stato tedesco per non avere dato attuazione alle disposizioni in materia di tutela delle DOP, precisando che spetta agli organi di controllo dello Stato membro da cui proviene la DOP attivarsi al fine di assicurare il rispetto della medesima.

126

Decisioni del Panel WTO del 15.3.2005: casi WT/DS174/R e WT/DS290/R.

127 Si fa riferimento ai casi in cui il marchio sfrutti indebitamente la reputazione dell’indicazione geografica,

ovvero ne costituisca una usurpazione, imitazione o evocazione, ovvero consista in una sua altra falsa o ingannevole indicazione relativa alla provenienza, all'origine, alla natura o alle qualità essenziali dei prodotti usata sulla confezione o sull'imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi ai prodotti considerati nonché l'impiego, per la confezione, di recipienti che possono indurre in errore sull'origine.

Un’eccezione, tuttavia, è prevista qualora la domanda di registrazione del marchio sia anteriore a quella dell’indicazione geografica, e sia caratterizzata da buona fede nell’uso del segno distintivo: in tale ipotesi, infatti, il marchio sarà valido e il suo sul territorio comunitario potrà proseguire, salvo che non incorra nella nullità o decadenza per i motivi previsti dalla direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988.