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Prime riflessioni sul “Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti” e il suo

CAPITOLO II: LA DISCIPLINA E LA TUTELA DEL MARCHIO NEL DIRITTO

5. Prime riflessioni sul “Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti” e il suo

È in corso di negoziazione, dal luglio 2013, l’accordo commerciale di libero scambio tra Unione europea254 e gli Stati Uniti, noto anche con l’acronimo TTIP (“Transatlantic Trade

and Investment Partnership”), finalizzato alla liberalizzazione degli scambi di beni e

servizi255. Si tratta del più grande accordo commerciale mai negoziato, in virtù delle dimensioni economiche delle aree coinvolte, le quali rappresentano quasi la metà del PIL del mondo e un terzo del commercio mondiale totale256. L’accordo, in particolare, si muove verso tre macro-obiettivi: aprire una zona di libero scambio tra Europa e Stati Uniti, uniformare e semplificare le normative tra le due parti abbattendo le differenze non legate ai dazi (“Non-

Tariff Barriers”), e migliorare le normative stesse. Con riferimento a queste ultime, vi

rientrano interventi concernenti particolari settori quali: diritti di proprietà intellettuale, fusioni e aiuti di Stato, energia e materie prime, pagamenti correnti e liberalizzazione totale dei movimenti di capitale, disposizioni riguardanti le piccole e medie imprese.

Sulla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, uno dei punti più delicati concerne proprio le indicazioni geografiche protette. I produttori ed esportatori caseari statunitensi, difatti, si sono opposti alla richiesta europea di limitare l’uso del nome generico di formaggi europei con indicazione protetta, alla stregua di quanto previsto dal Trattato CETA tra Canada ed Unione Europea257. Secondo i produttori americani, restringere la commercializzazione di

254

Il primo negotiation round del TTIP si ebbe l’8 luglio 2013 a Washington D.C. L’Unione conduce i negoziati mediante la Commissione europea, sulla base di un mandato approvato dal Consiglio dell’Unione europea. I testi negoziali dell’Unione, inizialmente segreti, sono ora consultabili sul sito www.trade.ec.europa.eu.

255 Sulle origini di un simile accordo, v. D

I DARIO F., Prime Riflessioni sulla Transatlantic Trade and Investment

Partnership (TTIP), in La Comunità Internazionale, 2015, fasc. 1, pp. 59 ss.; cfr., altresì, ALEMANNO A., Le

partenariat Transatlantique de Commerce et d‟Investissement: l‟aube d‟une nouvelle ère en matière de cooperation réglementaire?, in L’Oberservateur de Bruxelles, 2016, n. 103, pp. 27 ss.

256

V., Commission Staff Working Document, “Impact Assessment Report on the future of EU-US trade

relations”, 12 marzo, 9, disponibile sul sito www.trade.ec.europa.eu; Centre for Economic Policy Research at

EC, “Final Project Report: reducing Transatlantic barriers to Trade and Investments, An economic

Assessment”, Londra, 2013, disponibile sul sito www.trade.ec.europa.eu .

257 I negoziati tra l'Unione e il Canada furono avviati il 6 maggio 2009 e si sono conclusi il 26 settembre 2014. Il

nomi generici di origine europea significa applicare una misura protezionistica nonché una barriera non tariffaria258. Dal fronte europeo, le associazioni a tutela delle origini protette, respingendo le accuse suddette, hanno ricordato come le indicazioni geografiche siano fondamentali, su entrambe le sponde dell’Atlantico, per creare posti di lavoro durevoli e proteggere i consumatori da pratiche sleali. Allo stesso tempo, le organizzazioni agroalimentari hanno rilevato uno dei limiti principali dell’accordo TTIP: analogamente al CETA, il nuovo trattato non avrebbe efficacia retroattiva, il che comporta che le indicazioni geografiche europee riconosciute da quest’ultimo dovranno coesistere con i marchi commerciali statunitensi già registrati – come Asiago, Fontina, Gorgonzola o Feta – i quali, però, dovranno indicare in etichetta l’origine del prodotto, senza alludere alle corrispondenti indicazioni geografiche europee. L’effetto negativo di tale previsione consiste nel rischio, per i consumatori, di trovarsi dinanzi a prodotti, apparentemente con lo stesso nome di quelli europei ed in particolare italiani, ma con qualità o origini diverse rispetto a questi ultimi. In sintesi, prendendo come esempio il parmigiano reggiano, gli effetti del TTIP sulle indicazioni geografiche sarebbero i seguenti: il Parmigiano Reggiano, registrato secondo il disciplinare europeo di riferimento, continuerà ad avere denominazione protetta esclusiva nell’Unione europea, e potrà essere venduto con la medesima denominazione protetta anche negli Stati Uniti; il parmesan USA, il cui marchio è stato registrato prima dell’entrata in vigore del TTIP, potrà continuare a essere venduto come “Parmigiano” solo negli Stati Uniti, in concorrenza col Parmigiano Reggiano, col quale non ha alcun legame mentre nell’Unione esso dovrà essere distribuito con una denominazione differente.

Al TTIP si ricollega, invero, la questione del fenomeno dell’italian sounding, cui si rinvia al capitolo successivo. È opportuno sottolineare comunque, sin da ora, che secondo i

geografiche. Secondo tale disposizione, le indicazioni geografiche richiamate sono protette anche nei casi in cui l’indicazione tutelata sia evocata indicando al contempo il vero luogo di origine del prodotto o sia tradotta o accompagnata da espressioni quale “tipo”, “stile”, “metodo”, salvo che il marchio sia stato registrato o depositato in buona fede prima dell’entrata in vigore dell’accordo.

258 Si rinvia all’articolo, dal titolo “What‟s more merican than Parmesan Cheese?”, pubblicato sul The Wall

dati di Federalimentare, a fronte di un fatturato dell’agroalimentare italiano negli Stati Uniti (per origine o richiamo) pari a 24 miliardi di euro, l’export di prodotti alimentari autentici ammonta a soli 3,3 miliardi euro: ne consegue che solo un prodotto su otto risulta veramente italiano ai sensi della legislazione europea in materia in indicazioni geografiche protette259.

259 V. “Stati uniti e Canada: un mercato che assorbe quasi la metà dell‟italian sounding mondiale”, documento