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Le ONLUS, un primo modello di riferimento

DALLA DISCIPLINA ONLUS ALLA RIFORMA DEL TERZO SETTORE: L’IMPATTO SULLE FABBRICERIE

3.1 Le ONLUS, un primo modello di riferimento

Studiate le origini e l’evoluzione storica delle Fabbricerie, percorso il quadro normativo in cui si sono trovate ad operare, abbiamo preso coscienza delle loro finalità. Infatti, fin dai tempi più antichi, queste trovavano fondamento, come poi confermato dal comma 3 dell’art.15 della legge del 27 maggio 1929 n.848, nella necessità che qualcuno provvedesse “all’amministrazione del patrimonio e dei redditi delle chiese e alla manutenzione dei rispettivi edifici”, cioè nell’esigenza di garantire la conservazione del patrimonio rappresentato da edifici ma, prima di tutto, di “amministrarlo” nel senso più “economico” del termine.

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A questo punto della nostra indagine sorge spontaneo domandarsi se le Fabbricerie potranno mai trovare una collocazione e, conseguentemente, una loro disciplina normativa specifica.

È proprio per tale ragione che in questo capitolo ci occuperemo del percorso normativo affrontato negli ultimi venti anni dalle Fabbricerie, giunte ad un certo punto della propria storia a poter essere classificate nel 1997 come ONLUS, per poi trovarsi nel 2017 come possibile approdo tra gli Enti appartenenti al Terzo Settore,1 definito come quel complesso di enti che operano in settori non riconducibili né al mercato né allo Stato.

L’obiettivo che ci poniamo è riuscire a capire che cosa cambia per le Fabbricerie, in questo loro migrare da un regime normativo all’altro, l’uno particolarmente favorevole ed incentivante, l’altro caratterizzato da vincoli e condizioni tali da aprire a dubbi sulla vera ragione dell’introduzione di un così complesso sistema di norme. Peraltro, non vogliamo pregiudizialmente escludere una

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Una prima definizione si trova in Europa a partire dalla metà degli anni settanta del XX secolo; fu usata per la prima volta nel rapporto “un progetto per l’ Europa” in ambito comunitario nel 1978 assegnando al Terzo Settore una posizione che lo separa concettualmente dallo Stato e dal Mercato, favorendo l’equiparazione dei tre settori a livello di società complessiva. In Italia il termine si è diffuso verso la fine degli anni ottanta e, anche se non tipico del nostro contesto culturale, ha convogliato su di sé l’interesse degli studiosi che si occupano delle organizzazioni Non Profit (ONP).

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terza opzione, cioè quella di restare fuori dalla riforma del Terzo Settore, con effetti giuridici tutti da identificare e valutare.

Andando con ordine, incontriamo le ONLUS disciplinate con il d.lgs. 460/1997,2 relativo al “riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale”.

Il decreto si poneva due obiettivi:

- la riforma degli enti non commerciali, attraverso la tecnica della novellazione, con interventi sul dettato del Testo Unico delle Imposte sul Reddito (D.P.R. 22 dicembre 1986, n° 917, da qui l’acronimo TUIR); trattasi degli enti che svolgevano attività mutualistica, verso i propri associati;

- l’introduzione della figura delle Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (da cui l’acronimo ONLUS) che svolgevano l’attività verso i terzi soggetti individuali o collettivi.

Le ONLUS non rappresentano un nuovo tipo di soggetto giuridico in aggiunta a quelli previsti dalle norme civilistiche, ma una categoria nella quale vengono fatti confluire alcuni di tali

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D.lgs. del 4 dicembre 1997, n° 460, recante "Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale", in Gazzetta Ufficiale del 2 gennaio 1998 n°1 - Supplemento Ordinario n° 1.

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soggetti per riservare loro un regime fiscale agevolativo in relazione al particolare scopo non lucrativo che le contraddistinguono.

Il quadro normativo venutosi a delineare con il d.lgs. 460/1997 è stato preso a riferimento dal Consiglio di Stato che, con la sua pronuncia n° 289 del 2000,3 ha ritenuto di aprire le porte alla classificazione delle Fabbricerie come enti privati, data la definizione e la finalità che le sono proprie.

Il massimo organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell'amministrazione pubblica, attraverso l’attribuzione alle Fabbricerie della natura privatistica, aveva così dichiarato che le stesse, preposte alla tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico di cui alla legge 1 giugno 1939 n° 1089,4 potevano rientrare nella tipologia degli enti aventi titolo ad acquisire la qualifica di ONLUS.

Avere la qualifica di ONLUS significava beneficiare di una serie di agevolazioni fiscali sulle attività principali e sulle attività

3 Vedi Capitolo II, par.2.3.1

4 Legge 1 giugno 1939, n° 1089, recante “Tutela delle cose d’interesse artistico o storico”, in

Gazzetta Ufficiale del 8 agosto 1939 n° 184, testo originario e vigente dal 23 agosto 1939, provvedimento abrogato con d.lgs. 29 ottobre 1999, n° 490, recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n°352, in Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1999 n°302, a sua volta abrogato con d.lgs. 22 gennaio 2004, n°42, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n°137, in Gazzetta Ufficiale del 24 febbraio 2004 n°45, Supplemento Ordinario n°28.

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connesse. Ciò che nello specifico diventava dirimente era che le ONLUS e, quindi, tutti gli enti che vi rientravano, comprese le Fabbricerie, diventavano destinatarie di un regime tributario di favore in materia di imposte sui redditi, d’imposta sul valore aggiunto e di altre imposte sui redditi.

Il tempo necessario per essere certi di quanto solennemente affermato dal Consiglio di Stato, ecco che le Fabbricerie si attivarono per chiedere di essere classificate come ONLUS.

A tali organismi si applicavano, ove compatibili, le disposizioni relative agli enti non commerciali,5 con l’attuazione della disciplina impositiva differenziata, sulla base delle diverse categorie reddituali ai fini IRPEF conseguite (analogamente alla disciplina fiscale delle persone fisiche).

Alla ONLUS costituita sotto forma di cooperativa (comprese le cooperative sociali) si rendeva, invece, applicabile la disciplina relativa ai soggetti IRES e, pertanto, il reddito complessivo era riconducibile unicamente alla tipologia del reddito d’impresa.

5

In tema degli enti non commerciali così come disciplinati dal d.lgs. 460/1997 cfr. G.TABET,

Verso una nuova tassazione degli enti non profit, in Rassegna Tributaria, 1997, p. 575; A. M.

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L’art.150 del DPR 917/866

prevedeva una particolare agevolazione fiscale destinata alle ONLUS, che consisteva nella previsione di irrilevanza ai fini delle imposte sui redditi dei proventi derivanti dall’esercizio:

- delle attività commerciali per lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale (ad eccezione delle società cooperative), cosiddetta “decommercializzazione“;

- e delle attività direttamente connesse.

Le attività istituzionali erano del tutto escluse dall’area della commercialità, con la conseguenza che tali attività erano completamente irrilevanti ai fini delle imposte sui redditi, mentre le attività connesse mantenevano la natura di attività commerciali, ma non concorrevano, per espressa previsione, alla formazione del reddito imponibile.

Poiché le suddette disposizioni agivano nell’ambito del reddito d’impresa, le ONLUS erano soggette a tassazione IRES solo

6 DPR del 22 dicembre 1986, n° 917, recante “Approvazione del testo unico delle imposte sui

redditi”, in Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 1986 n° 302; l’art.150 (art. abrogato dal d.lgs. 3 luglio 2017, n° 117) recita:

“1. Per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), ad eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale.

2. I proventi derivanti dall'esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile.”

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relativamente alle seguenti categorie reddituali (art.143 del DPR 917/86):

- redditi fondiari (terreni e fabbricati); - redditi di capitale;

- oppure redditi diversi

Per quanto riguarda le attività direttamente connesse a quelle istituzionali, mantenendo la natura di attività commerciali ancorché non rilevanti ai fini fiscali, dovevano comunque essere tenute, in relazione alle stesse, le scritture contabili richieste dalla vigente disciplina fiscale per gli esercenti imprese commerciali.

Per poter conservare lo status di ONLUS, l’esercizio di tali attività “connesse” non doveva tuttavia:

- risultare prevalente rispetto a quella istituzionale;

- originare proventi superiori al 66% delle spese complessive dell’ente.

La verifica della prevalenza andava fatta con riferimento a ciascun periodo d’imposta e in relazione ad ogni singolo settore.

La nozione di “attività connessa” ricomprendeva due distinte fattispecie: a) attività direttamente connesse a quelle istituzionali, cioè le attività statutarie di assistenza sanitaria, istruzione,

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formazione, sport dilettantistico, promozione della cultura e dell’arte e tutela dei diritti civili, svolte nei confronti di soggetti che non versassero nelle condizioni di svantaggio (attività “analoghe” a quelle istituzionali); b) attività accessorie per natura a quelle statutarie istituzionali, in quanto integrative delle stesse.

Le attività accessorie per natura erano quelle strutturalmente funzionali a quelle istituzionali come, ad esempio, la vendita di biglietti di ingresso nei botteghini dei musei o di gadget promozionali, come magliette pubblicitarie o altri oggetti di modico valore in occasione di campagne di sensibilizzazione.

Parimenti erano da considerarsi attività accessorie per natura, quelle relative alla formazione del personale interno dell’organizzazione per il perseguimento delle proprie finalità solidaristiche.

L’attività connessa non doveva potersi configurare come un’attività commerciale esercitabile anche separatamente dall’attività istituzionale.

Le Fabbricerie, così come gli altri enti, per potersi qualificare ONLUS dovevano, anzitutto, iscriversi all'Anagrafe unica delle ONLUS che aveva carattere costitutivo ai fini della qualificazione

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ed era condizione necessaria per beneficiare delle agevolazioni fiscali.

L’art.10 del d.lgs. 460/1997 prevedeva, dal punto di vista formale, che lo statuto o l’atto costitutivo dell’ente fosse redatto nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata,7 oltre ad una serie di caratteristiche.

Nello specifico, il comma 1 dell’art.10 prevedeva:

- lo svolgimento di attività in uno o più settori previsti dal art.10, comma 1, lettera a) del d.lgs. 460/1997;

- il perseguimento di finalità solidaristiche, distinte in attività a solidarietà presunta e in attività a solidarietà condizionata; rientravano nel primo gruppo l’assistenza sociale e socio sanitaria, la beneficenza, la promozione e valorizzazione delle cose di interesse storico artistico, la valorizzazione della natura e dell’ambiente, la ricerca scientifica di particolare interesse sociale e la promozione della cultura e dell’arte; nel secondo gruppo rientravano l’assistenza sanitaria, l’istruzione, la formazione, lo

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sport dilettantistico, la promozione della cultura e dell’arte e la tutela dei diritti civili;

- il divieto di svolgere attività diverse rispetto a quelle elencate, ad eccezione di quelle che sono connesse ad esse;

- il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione;

- l’impiego degli utili o degli avanzi di gestione per la realizzazione di attività istituzionali o connesse ad esse;

- la devoluzione del patrimonio, nel caso di scioglimento, ad altre ONLUS o a fini di utilità sciale;

- la redazione del bilancio o del rendiconto annuale;

- l’uniformarsi dell’organizzazione ai principi di democrazia interna;

- l’utilizzo dell’acronimo ONLUS.

A ben vedere, la caratteristica centrale delle ONLUS era la finalità di “solidarietà sociale”, da perseguire attraverso lo svolgimento delle attività istituzionali elencate al comma 1.

La finalità di solidarietà sociale era presente solo se l’azione era a beneficio di determinati soggetti, cioè sia di persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche,

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economiche, sociali o familiari, sia di componenti di collettività estere limitatamente agli aiuti umanitari, quindi anche verso propri soci, associati o partecipanti, nonché degli altri soggetti che si trovano nelle condizioni di svantaggio di cui alla lettera a) del comma 2 del medesimo articolo.

Il comma 4, in deroga al principio, elencava poi una serie di attività, quali assistenza sociale, beneficenza, tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico, ecc., che perseguivano fini di “solidarietà sociale” a prescindere dai soggetti destinatari.

La Circolare Ministeriale – Ministero delle Finanze Dipartimento Entrate - del 26 giugno 1998, n. 168/E,8 con l’intento di favorire una corretta applicazione delle disposizioni contenute nel d.lgs. 460/97, individuò così due attività9 nelle quali operavano le ONLUS:

- attività a solidarietà condizionata, che perseguivano il fine di solidarietà sociale e quindi erano consentite solo perché collegate a

8

Circolare del 26/06/1998 n° 168 del Ministero delle Finanze - Dip. Entrate Aff. Giuridici Serv. VI, “Decreto Legislativo 4 dicembre 1997, n° 460. - Disposizioni riguardanti le Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale - (O.N.L.U.S.)”, in Gazzetta Ufficiale del 10 luglio 1998 n°159, Supplemento Ordinario n°118.

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determinate categorie di soggetti che versano in situazioni di svantaggio;

- attività a solidarietà presunta,10 per le quali le finalità di solidarietà sociale erano previste espressamente dalle norme a prescindere dalla categoria di soggetti destinatari.11

L’art. 10, comma 1, alla lett. h), evidenziava poi un'altra caratteristica delle ONLUS, ovvero la democraticità dell'ordinamento interno.

Siamo in presenza di un ordinamento democratico garantito dalla libera eleggibilità dei soci, dal principio del voto singolo nella votazione e dalla sovranità dell’assemblea, tutto per consentire un ampio controllo sull’ente e una più ampia partecipazione del singolo socio.

Per quanto riguarda il rispetto dei principi di trasparenza e correttezza, ciò avveniva in forza dell’applicazione delle lett. g) e i) dell’art.10, comma 1, del medesimo decreto, là dove le ONLUS

10Attività a solidarietà presunta art.10, comma 1, lettera b), “assistenza sanitaria; istruzione,

formazione, sport dilettantistico, promozione della cultura e dell'arte, tutela dei diritti civili”.

11 ONLUS:PROSPETTO RIEPILOGATIVO DEI REQUISITI, in

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erano obbligate a redigere il bilancio o il rendiconto annuale e ad utilizzare l’acronimo ONLUS per l’identificazione.12

3.1.1 Le ONLUS parziali

Prima di riprendere l’indagine sulle Fabbricerie in quanto ONLUS, ci sia consentito fare una breve deviazione verso gli enti ecclesiastici e sulla possibilità loro concessa di entrare tra le ONLUS. Infatti, non vogliamo perdere di vista questi enti per il loro stretto collegamento funzionale con le Fabbricerie, tanto da far ritenere a parte della dottrina13 la loro riconducibilità alla Chiesa, anch’essi enti ecclesiastici o religiosi peculiari.14

L’art.10 del d.lgs. 460/1997 individuava tre tipologie di ONLUS:

12 ONLUS:PROSPETTO RIEPILOGATIVO DEI REQUISITI, pp. 3 e 4.

13 G.DALLA TORRE, Parere sulla applicabilità della normativa anticorruzione alle

Fabbricerie, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, in Rivista Telematica

(www.statoechiese.it), n° 38 del 2018, pp.2 e 3; secondo l’Autore “il legislatore liberale (cioè quello delle leggi eversive), conscio delle origini e dei caratteri di tali enti, non li sottopose al diritto comune ma ne mantenne una disciplina peculiare, quali rex mixtae assoggettate al contempo al diritto canonico e al diritto ecclesiastico statale”

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G.DALLA TORRE, Parere sulla applicabilità della normativa anticorruzione alle

Fabbricerie, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, in Rivista Telematica

(www.statoechiese.it), n° 38 del 2018, p.4: “è ben vero che le Fabbricerie non rientrano nella categoria degli “enti ecclesiastici civilmente riconosciuti” di cui al Titolo I, artt.1-20, della ricordata legge n° 222 del 1985, non ricorrendo in esse gli estremi previsti da questa legge; ma ciò non vuol dire affatto che tale legge esaurisca la categoria degli enti riconducibili al fenomeno religioso e sottratti al diritto comune perché assoggettati a una disciplina speciale”, arrivando ad affermare che “le Fabbricerie non sono né enti pubblici né enti privati, ma enti ecclesiastici o religiosi peculiari, soggetti a un regime giuridico frutto di negoziazione legislativa ai sensi del secondo comma dell’art.7 Costituzione e non modificabile se non attraverso intese bilaterali tra Italia e Santa Sede e con strumento internazionale…”, op.cit. p.9

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- le ONLUS per elezione; - le ONLUS di diritto; - le ONLUS parziali.

Nella prima categoria rientravano le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica. Da una prima lettura delle norme sembrerebbe poter dire che potevano assumere la qualifica di ONLUS solo gli enti privati.

Alla seconda categoria appartenevano quelle organizzazioni non tenute a conformarsi alle clausole statutarie ed esonerate dall’onere di presentare alle direzioni Regionali la comunicazione prevista dall’art.11, comma 1, del d.lgs. 460/1997, in particolare si faceva riferimento alle organizzazioni di volontariato, le cooperative sociali e le organizzazioni non governative.

Nella terza categoria rientravano gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato aveva stipulato patti, accordi o intese e le Associazioni di Promozione sociale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno; in questa fattispecie si parlava di ONLUS parziali in quanto limitate

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all’esercizio delle attività elencate alla lettera a) del comma 1 dell’art. 10 del d.lgs. 460/1997 .

Il d.lgs. 460/1997 all’art.10, al comma 9, riconosceva come ONLUS gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose, con le quali lo Stato aveva stipulato accordi, intese, patti e le associazioni di promozione sociale.

La norma in parola riconosceva detti enti come ONLUS con le relative agevolazioni, ma a determinate condizioni.

Infatti, si disponeva che potevano essere qualificati tali limitatamente allo svolgimento delle attività previste all’art.10 lettera a), comma 1, fatta eccezione per la prescrizione di cui alla lettera c) del medesimo comma, il quale prevedeva un espresso divieto (rivolto alle ONLUS in senso stretto) di svolgere attività diverse da quelle elencate.

Con questa impostazione, rileviamo una vera libertà di azione dell’ente confessionale che, a differenza di altre categorie di enti, non era obbligato a svolgere in via esclusiva le attività elencate all’art.10 comma 1, potendo svolgere anche attività diverse.

Ecco perché si parlava di “ramo ONLUS” o “ONLUS parziali” perché, svolgendo anche attività diverse da quelle previste all’art.10

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comma 1, non potevano essere considerate ONLUS in senso stretto.15

Fermo restando quanto detto sopra, si può affermare che gli enti ecclesiastici venivano classificati come ONLUS parziali nel caso in cui svolgessero un’attività prevista all’art10, comma 1; se, invece, l’ente religioso non svolgeva le attività effettivamente indicate, non poteva essere considerato ONLUS ma solo “ente non commerciale” ex art.87 del TUIR (D.P.R 917/1986).

Per parte della dottrina il riconoscimento dell’ente ecclesiastico come ONLUS non poteva avvenire per “qualifica” ma per lo svolgimento dell’attività che lo classificava come tale.

Questo comportava che la precisazione formale dell’attività svolta dall’ente ecclesiastico e la sua concreta attività erano condizione necessaria per ricondurlo al ramo ONLUS. Quindi, in tal senso, il d.lgs. 460/1997 contemplava tutti gli enti ecclesiastici, con o senza personalità giuridica riconosciuta dallo Stato.16

15 A.P.TAVANI, Rassegna ricostruttiva della legislazione in materia di Onlus di ispirazione

religiosa, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it),

maggio 2011 pp. 13-15.

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L’art.10 chiudeva con il comma 10, in cui si evidenziava in negativo quegli enti che non potevano essere qualificati come ONLUS. Infatti, si stabiliva che “in ogni caso non si considerano ONLUS gli enti pubblici, le società commerciali diverse da quelle cooperative, gli enti conferenti di cui alla legge 30 Luglio 1990, n° 218, i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria.” 17