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La legislazione post concordataria

IL CONTESTO NORMATIVO IN CUI HANNO OPERATO LE FABBRICERIE

2.2 La legislazione post concordataria

Con il concordato del 1929 si era cercato di costruire la nuova disciplina delle Fabbricerie alla luce dei nuovi rapporti tra Stato e Chiesa, con l’obiettivo prioritario di definire al meglio i confini tra queste due entità “eterne ed immutabili”, di evitare inconvenienti derivanti dalla sovrapposizioni di funzioni.

Nonostante le buone intenzioni, la configurazione che ne è uscita si è dimostrata in fase applicativa molto più complessa e articolata del previsto.

I Governi italiani che si sono succeduti dal secondo dopoguerra ai primi anni ottanta, allora espressione del partito maggioritario, la Democrazia Cristiana, restarono concentrati, in primo luogo sulla ricostruzione del paese e dell’unità nazionale, in secondo luogo sul rilancio economico dell’Italia. Dobbiamo arrivare ai primi Governi con presenza di forze politiche socialiste e liberali per far emergere nuovamente il bisogno di riprendere il tema dei rapporti tra Stato e Chiesa e di rivedere l’impianto normativo concordatario per adeguarlo alle nuove mutate esigenze, politiche, sociali ed economiche.

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Arriviamo quindi al 1984, al “nuovo Concordato” ed alle nuove riforme che vengono avviate con l’accordo di Villa Madama del 18 Febbraio del 1984 e rese operanti con la legge del 20 Maggio del 1985 n° 222, integrata dal successivo D.P.R 13 Febbraio del 1987 n° 33.

La legge n° 222 del 1985 era costituita da norme formulate da un’apposita commissione paritetica, istituita ai sensi dell’art.7, n.6, dell’accordo di revisione del Concordato Lateranense del 18 febbraio del 1984, recepita nell’ordinamento canonico e in quello statale.

Alle fabbricerie era dedicato l’art. 72 delle “Norme sugli enti e beni ecclesiastici” recante, infatti, che “Le fabbricerie esistenti continuano ad essere disciplinate dagli articoli 15 e 16 della legge 27 maggio1929 n° 848 e dalle altre disposizioni che le riguardano. Gli articoli da 33 a 51 e l'articolo 55 del regolamento approvato con regio decreto 2 dicembre 1929 n° 2262, nonché il regio decreto 26 settembre 1935 n° 2032 e successive modificazioni, restano applicabili fino all'entrata in vigore delle disposizioni per l'attuazione delle presenti norme. Entro il 31 dicembre 1989, previa intesa tra la Conferenza Episcopale Italiana e il Ministro

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dell'Interno, con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del Consiglio di Stato, può essere disposta la soppressione di Fabbricerie anche fuori dei casi previsti dalle disposizioni vigenti, ferma restando la destinazione dei beni a norma dell'articolo 1 del regio decreto 26 settembre 1935, n° 2032”.

Sul punto possiamo vedere come gli art 15 e 16 della legge n° 848 del 1929 restino tuttora vigenti in quanto mai abrogati, né in maniera espressa né implicitamente; la legge del 1985 e il successivo regolamento del 1987 non hanno modificato la situazione precedente, salvo consentire la soppressione di Fabbricerie “anche fuori dai casi previsti dalla legge” attraverso un accordo tra Ministro dell’Interno e il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, sentito il parere del Consiglio di Stato, evidenziando e rimarcando il carattere misto di questi istituti.

Ne emerge un cambiamento non drastico e ancora lontano dall’essere “netto” in materia di Fabbricerie, soprattutto con riguardo alla loro natura giuridica.

Con gli accordi di Villa Madama fino al D.P.R del 13 Febbraio 1987 n° 33 non ci si allontana molto dalla normativa del 1929 e del 1935 e il tema delle Fabbricerie risulta trattato ancora una volta

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troppo marginalmente rispetto alle altre problematiche degli enti ecclesiastici.

Le Fabbricerie sono regolamentate dagli artt.35 al 41 del D.P.R del 1987 e le principali novità riguardano:

- il carattere elettivo del presidente,

- il maggior peso che viene dato allo statuto e al regolamento, - la distinzione tra Fabbricerie maggiori e minori,

- un controllo amministrativo reso più frequente, diventando annuale anziché triennale.

Sembrava essersi risolta la questione dell’attribuzione della personalità giuridica:

- sia perché l’art.41 in maniera espressa menzionava le Fabbricerie dotate di personalità giuridica e quelle prive della stessa, con conseguente affermazione della dottrina che la personalità giuridica civile doveva stabilirsi caso per caso, tenendo presente il tempo e il luogo della costituzione, ammettendo piuttosto una presunzione iuris tantum negativa, nel senso della mancanza della personalità,

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- sia perché fu riconosciuta la stessa alla Veneranda Arca di S. Antonio di Padova.44

Ma quale era la loro collocazione? Che regime doveva essere loro attribuito?

Trovandosi di fronte ad un intervento incerto del legislatore, il ruolo della dottrina e giurisprudenza si è rivelato, ancora una volta, di vitale importanza, sia con riguardo alla collocazione giuridica delle Fabbricerie che, di conseguenza, al loro regime normativo.

Un problema importante da affrontare, per la loro collocazione giuridica, è stato quello di ricondurle ad uno specifico modello legale.

Fino al 1948 la giurisprudenza, attraverso numerose pronunce, del Consiglio di Stato del 14 Ottobre del 1941 e la sentenza di Corte d’Appello di Venezia del 2 Febbraio 1946, si è trovata concorde nel ricondurre le Fabbricerie agli enti di natura pubblicistica, devolvendo le eventuali controversie di lavoro ai giudici amministrativi.

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Corte di Cassazione, Sez. Unite 26 ottobre 1984 n° 5485, sulla controversia “sorta tra i dipendenti della Veneranda Arca di S. Antonio”; sulla qualificazione non pubblicistica della Veneranda Arca di S. Antonio si era già espresso nel 1974 il Consiglio di Stato che, differenziando tale Fabbriceria dalle altre esistenti, aveva sottolineato la specialità di tale ente, al quale, in via eccezionale, era stata attribuita la personalità di diritto canonico e successivamente era stata concessa la personalità giuridica di diritto civile con regio decreto 23 giugno 1932 n° 868”, in V.GIOMI, op.cit. p.71.

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La questione assunse subito particolare importanza, tanto da essere portata all’esame delle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza del 22 Giugno 1948 proprio per chiarire la questione sulla natura giuridica delle Fabbricerie.

In realtà, la pronuncia lasciò forti dubbi; era come se ci fosse stata una conferma delle precedenti affermazioni e, senza chiarire il tema della natura giuridica, si ribadì che le Fabbricerie erano “pubbliche amministrazioni a carattere misto, civile ed ecclesiastico”.45

Molti anni più tardi, nel 1984, la giurisprudenza tornò a parlare del tema dell’attribuzione della personalità giuridica delle Fabbricerie, con la sentenza della Suprema Corte in cui, a Sezioni Unite, per la prima volta si affermò la natura privatistica delle stesse.

Fu una sentenza particolare, che prendeva spunto da una lite tra i dipendenti della Veneranda Arca di Sant’ Antonio e devoluta al giudice ordinario, trattandosi di una controversia sorta all’interno di

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V.GIOMI, Le Fabbricerie in Italia: una realtà giuridica complessa di difficile

inquadramento giuridico, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”,

Pontedera 2004 p. 71, pronuncia a Sezioni Unite della Cassazione del 22 Giugno del 1948 “ le Fabbricerie sono costituite in piena autonomia e con una propria disciplina giuridica, per assicurare la conservazione, la manutenzione ed il restauro degli edifici sacri, nonché delle loro pertinenze ed accessori; esse costituiscono un demanio pubblico speciale, di alto interesse nazionale, per il valore storico artistico e architettonico”.

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un ente ecclesiastico, munito di autonoma personalità giuridica, non qualificabile come ente pubblico per mancanza di un suo inserimento nell’ambito dell’ organizzazione statale, in correlazione a finalità pubblicistiche perseguite.

Le nuove riforme nel 1984, operanti con legge n° 222 del 1985, integrate dal successivo D.P.R. n° 33 del 1987, offrirono a dottrina e giurisprudenza l’opportunità di ricondurre le Fabbricerie a un determinato modello, precisando e circoscrivendo la categoria degli enti ecclesiastici.

Nasce la figura dell’ ”ente ecclesiastico civilmente riconosciuto”46 con due caratteristiche peculiari:

- il collegamento con la chiesa cattolica, comprovato dall’ autorità ecclesiastica,

- il fine di religione e di culto.

Questa seconda caratteristica, da un lato non doveva essere sussidiaria come avveniva in passato, ma doveva caratterizzare l’ente nella sua specifica natura , il comma 3 della legge n° 222 del 1985 stabiliva che “ il fine di religione o di culto sia costitutivo ed

46 P.MONETA, Le fabbricerie nella teoria degli enti ecclesiastici, in La natura giuridica delle

fabbricerie, Giornata di Studio, Pontedera, 2004 p.43: “il concetto di ente ecclesiastico

civilmente riconosciuto, non era limitato alla Chiesa Cattolica ma era esteso a tutte le confessioni religiose, perlomeno a quelle che hanno stipulato un intesa con lo Sato Italiano ai sensi dell’ art 8, comma 3 della costituzione”.

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essenziale dell'ente, anche se connesso a finalità di carattere caritativo previste dal diritto canonico”, dall’altra dovevano essere svolte attività che, dal punto di vista dello Stato, fossero considerate religiose e culturali.47

Stando così le cose, le Fabbricerie non potevano rientrare nella figura degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, perché il “solo” loro fine era quello di provvedere alla manutenzione, conservazione e al miglioramento dell’edificio di culto.

Erano “cultuali”48

ma solo indirettamente e svolgevano una funzione “culturale” solo in quanto si occupavano di ambienti dove venivano svolte attività religiose.

Era poi la stessa normativa, sia secondo il diritto canonico, sia secondo il diritto civile (art 15, comma 3, della legge 1929 ed il D.P.R del 1987 n°33) ad escludere le Fabbricerie dalla nozione degli enti ecclesiastici, affermando in maniera espressa, il divieto per esse di ingerirsi nei servizi di culto.

Nonostante l’esclusione delle Fabbricerie dagli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, non si poteva non notare in

47 Nelle attività religiose e cultuali, riconosciute dallo Stato posso rientrare, la cura delle anime,

scopi missionari, attività di catechesi e educazione cristiana.

48 P.MONETA, Le fabbricerie nella teoria degli enti ecclesiastici, in La natura giuridica delle

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esse una caratteristica di rilievo, lo stretto collegamento con la Chiesa, tanto da inquadrale, secondo un orientamento della dottrina, nella categoria degli “enti confessionali”49 che rientravano a loro

volta nella più generale definizione di “enti religiosi”.50

Volendo far rientrare le Fabbricerie nella categoria degli enti confessionali, questo tuttavia comportava numerose conseguenze:

- nei loro confronti operava la garanzia prevista all’art.20 della Costituzione, quindi non potevano essere oggetto di “speciali limitazioni, né di speciali gravami fiscali”;

- venivano conseguentemente escluse dalla categoria degli enti pubblici, non potevano avere natura pubblicistica;

- i loro rapporti dovevano regolarsi mediante intese con la confessione religiosa a cui erano collegate, per il principio della bilateralità ricavabile dagli art 7 e 8 della costituzione, pertanto

49Un “ente confessionale” è un ente sottoposto ad una confessione religiosa che gode di un

determinato riconoscimento nell'ambito di uno Stato laico e destina le sue principali attività al culto o materie connesse.

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Gli “enti religiosi” sono enti non commerciali, dotati di personalità giuridica privata, aventi finalità di culto, educazione, beneficenza, riconosciuti come persone giuridiche privato dal Concordato (Legge 121/1985) tra la lo Stato e la Chiesa Cattolica e dalle Intese tra lo Stato e le altre confessioni religiose.

Un “ente religioso” è quindi un’istituzione promossa da una confessione religiosa per realizzare le proprie finalità e che ottiene la personalità giuridica privata in base ai rispettivi accordi con la Repubblica Italiana.

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eventuali riforme potevano essere fatte, tramite accordi tra lo Stato e la Chiesa.51

I contributi offerti da dottrina e giurisprudenza negli anni ‘80 soltanto apparentemente ridisegnavano l’assetto di questi soggetti, tanto che possiamo sostenere che il problema della natura giuridica rimase aperto e non privo di conseguenze.

Vennero emanate negli anni numerose pronunce, volte a risolvere il caso specifico, piuttosto che a concentrarsi sul problema di carattere generale.

Una pronuncia molto importante, che sembrava risolvere in modo netto il problema della personalità giuridica, fu la sentenza della Corte di Cassazione del 29 Gennaio del 1997 n° 901,52 che attribuiva alle Fabbricerie senza personalità giuridica53 la natura di “associazioni non riconosciute”, competenti comunque agestire “gli immobili di proprietà della chiesa, a dare attuazione a rapporti di locazione che li riguardano, a disporre la cessazione di quelli

51 P.MONETA, Le fabbricerie nella teoria degli enti ecclesiastici, in La natura giuridica delle

fabbricerie, Giornata di Studio, Pontedera, 2004 p.48 “Pure essendo considerati di natura

privatistica si escludeva ogni intervento unilaterale dello Stato su tutte quelle materie che presentavano un collegamento con la Chiesa Cattolica o con le confessioni religiose”.

52 Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, Sentenza 29 gennaio 1997, n. 901: “Fabbricerie

quali associazioni non riconosciute”.

53 L’art.41 del D.P.R del 1987 distingueva tra Fabbricerie con personalità giuridica e

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esistenti, e possono stare in giudizio a mezzo di coloro che, secondo l'ordinamento interno dell'ente, ne hanno la rappresentanza”.

Questo ha portato la dottrina a sostenere di contro che le Fabbricerie dotate di personalità giuridica potessero essere assimilate alle fondazioni.54

Affermare ciò non comporterebbe nessuna conseguenza particolare per le Fabbricerie dotate di personalità giuridica, ma porrebbe problematiche diverse per quelle prive della stessa.

Da un lato, risulterebbe contradditorio dal punto di vista strutturale, in mancanza di una base associativa vera, dall’altro si porrebbe il problema della responsabilità e del patrimonio:

- il fatto che la Fabbriceria è priva di personalità giuridica, essa potrebbe diventare titolare dei beni e acquisire conseguentemente un indipendente e autonomo patrimonio (art.37 Codice Civile55)

54 Una Fondazione è un ente dotato di personalità giuridica privata regolato dal Codice Civile e

basato su un patrimonio finalizzato a un preciso scopo lecito e di utilità sociale.

55 Art.37 del Codice Civile: “I contributi degli associati ed i beni acquistati con questi

contributi costituiscono il fondo comune dell’associazione.

Finché questa dura, i singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune, né pretenderne la quota in caso di recesso.”

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- i componenti del consiglio sarebbero personalmente responsabili per tutte le operazioni concluse in nome della Fabbriceria (art.38 Codice Civile56).

Affermato ciò, tutto questo contrasterebbe con l’art 41 del D.P.R. n° 33 del 1987, laddove al secondo comma si stabilisce che, se la chiesa perde la personalità giuridica, la Fabbriceria cessa di esistere, in mancanza di beni da amministrare.

Quindi, la Fabbriceria priva di personalità giuridica non avrebbe mai potuto acquisire un proprio autonomo e indipendente patrimonio, come previsto dal citato art.37 del Codice Civile.

Secondo una linea interpretativa, il legislatore del D.P.R. n°33 del 1987 ha voluto invece individuare un “organo di amministrazione indipendente”, una figura particolare garante nella gestione del patrimonio, sia nei confronti dello Stato che della Chiesa, cioè Fabbricerie prive di personalità giuridica, considerate come organi della Chiesa, non titolari di autonomi rapporti patrimoniali, che non contrasterebbero con quelle Fabbricerie dotate

56 Art.38 Codice Civile: “Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano le

associazioni i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto della associazione.”

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di personalità giuridica qualificate come fondazioni, a cui è riconosciuta la titolarità dei beni.

Da questa linea interpretativa possiamo dedurre come le Fabbricerie non possano essere ricondotte né ad enti ecclesiastici né ad enti pubblici, ma diventa più logico farle rientrare nell’ ambito degli organismi privati.

Questo non significa che debbano essere per forza ricondotte alle associazioni o alle fondazioni ma che, per le loro caratteristiche strutturali e funzionali, vengano considerate “organi indipendenti” capaci di far convergere più interessi per il perseguimento di un interesse comune.

La questione cominciava ad essere vista da un’altra prospettiva a partire dal 1997: il problema non era più la riconduzione dell’inquadramento al modello legale dell’ ente pubblico o dell’ente ecclesiastico, ma se le Fabbricerie potessero essere ricondotte al modello legale degli enti privati con l’applicazione della relativa disciplina.

Ma avremo modo di affrontare questa diversa prospettiva in maniera approfondita nel prossimo Capitolo dedicato al Terzo Settore ed al suo possibile impatto sulle Fabbricerie.

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2.3 La posizione delle Istituzioni Centrali Italiane e della