DALLA DISCIPLINA ONLUS ALLA RIFORMA DEL TERZO SETTORE: L’IMPATTO SULLE FABBRICERIE
3.2 La riforma del Terzo Settore
Da quanto analizzato fino a qui, si può vedere come la qualifica di ONLUS, introdotta con il d.lgs. 460/1997, sia stato un passaggio molto importante, perché attraverso di essa è stata offerta la possibilità a molti enti che perseguivano scopi non lucrativi di usufruire di significative agevolazioni, sottraendosi così all’ingente pressione fiscale imposta dallo Stato.
Da qui, la scelta operata da sei Fabbricerie che, forti della richiamata pronuncia del Consiglio di Stato, decisero di optare per la qualifica di ONLUS ai sensi del d.lgs. 460/1997.
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Nel 2016 ha preso avvio la riforma del Terzo Settore che è culminata con l’ introduzione nell’ordinamento italiano del d.lgs. 117/2017.18
Come già accennato, ma occorre ribadirlo, nel Terzo Settore si sono fatti rientrare tutti quegli enti che operano in contesti non riconducibili né al mercato né allo Stato.
Il d.lgs. 117/2017, istituendo il Codice del Terzo Settore (in breve CTS), ha inteso riordinare, semplificare e rivedere in modo organico, coerente e sistematico le disposizioni vigenti in materia di enti non lucrativi che perseguono finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale, così da garantire e favorire il più ampio esercizio del diritto di associazione e in modo da sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono a perseguire il bene comune.19
In altre parole, l’obiettivo dichiarato era quello di superare la stratificazione normativa e la presenza di molteplici norme fiscali di riferimento che avevano creato non poca confusione in merito alla distinzione tra attività profit e non profit.20e21
18D.lgs. 3 luglio 2017, n° 117, recante “Codice del Terzo settore, a norma dell'articolo 1,
comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n° 106, in Gazzetta Ufficiale del 2 agosto 2017 n° 179 Serie Generale.
19 Circolare del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli esperti Contabili,
“Riforma del Terzo Settore: elementi professionali”, Novembre 2017.
20 “Il CTS – lungi dal rappresentare una novità assoluta nel panorama legislativo italiano – si
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Il Codice del Terzo Settore delimita oggi il perimetro di applicazione del nuovo regime normativo, enumerando gli enti che ne fanno parte individuati in:
- organizzazioni di volontariato (ODV), - associazioni di promozione sociale (APS), - enti filantropici,
- imprese sociali, incluse le cooperative sociali, reti associative e società di mutuo soccorso.
secolo scorso, in cui il legislatore aveva introdotto – adottando una tecnica normativa episodica e frammentaria, cioè priva di organicità sistematica – una serie di provvedimenti per singole categorie di enti facenti parte, a vario titolo, del Terzo settore. Trattasi della legge sulle Società operaie di muto soccorso (legge 15 aprile 1886, n° 3818) che, a pieno titolo, facevano parte del Terzo settore; della legge-quadro sul volontariato (legge 11 agosto 1991, n° 22); della legge sulle cooperative sociali (legge 8 novembre 1991, n° 381); della legge sulle organizzazioni non lucrativa di utilità sociale (d.lgs. 4 dicembre 1997, n° 460); della legge sulle associazioni di promozione sociale (legge 7 dicembre 2000, n° 383); della legge sulle imprese sociali (d.lgs. 24 marzo 2006, n° 155)”, così in:
https://www.giappichelli.it/media/catalog/product/excerpt/9788892115132.pdf
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Il settore del non profit in Italia è strutturato centinaia di migliaia di organizzazioni associative, cooperative e di volontariato e coinvolge più di sei milioni di cittadini che dedicano il loro tempo al volontariato. Sotto il profilo dell’importanza economica era possibile distinguere i seguenti settori: volontariato, associazionismo di promozione sociale, della cultura, dello sport, della ricreazione. Agli enti che operavano in questi settori si affiancavano poi enti i quali prestavano servizi che richiedevano una particolare professionalità come patronati sindacati e grandi istituzioni, operanti nei settori della sanità, dell’istruzione, della Protezione civile, dell’ambiente, dell’assistenza sociale e della formazione professionale. In argomento si vedano A. MANTINEO, Enti ecclesiastici ed enti non profit. Specificità e
convergenze, Torino, 2001; G. D’ANGELO, Principio di sussidiarietà ed enti confessionali,
Napoli, 2003; G. BONI, Considerazioni sul principio di sussidiarietà nella Chiesa, in Archivio giuridico Filippo Serafini, 2010, CCXXX, 135-247; G. CASUSCELLI, Associazioni ed enti in
una solidarietà in crisi: le risposte del diritto canonico e del diritto ecclesiastico, in Stato,
Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), n°36 del 2013, pp. 1-10; Enti ecclesiastici e doveri di solidarietà, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), n° 7 del 2014, pp. 1-54. Sull’importanza dell’azione caritativa nella vita della Chiesa cattolica cfr. G. DALLA TORRE, Enti ecclesiastici e Terzo
settore. Annotazioni prospettiche, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista
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Viene inserita in tale perimetro la nozione di Ente del Terzo Settore (in breve ETS), definito come "ente costituito in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione, per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma volontaria e di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi".22
Il Codice all’art.10123
, comma 2, introduce l'obbligo per gli enti, ponendo un temine di 18 mesi (fino a febbraio 2019), di modifica dei loro statuti inserendovi l'indicazione di ente del Terzo settore o l'acronimo ETS. Il d.lgs. 105/201824 (noto come decreto
22 Per fornire una definizione di Terzo Settore occorre avere riguardo alle Linee Guida della
Legge delega del 2016, ove lo si descrive come “il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, in attuazione del principio di sussidiarietà in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria gratuita e di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”. Da questa definizione emergono quelle che, in un certo senso, rappresentano le coordinate della Riforma del Terzo Settore: “volontarietà”, “sussidiarietà”, “finalità di interesse generale sociale”, “volontariato” e “impresa senza scopo di lucro”; così in
https://www.giappichelli.it/media/catalog/product/excerpt/9788892115132.pdf citato
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Art 101, comma 2, del d.lgs. 117/2017 “Fino all'operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall'iscrizione degli enti nei Registri ONLUS, Organizzazioni di Volontariato, Associazioni di promozione sociale che si adeguano alle disposizioni inderogabili del presente decreto entro ventiquattro mesi dalla data della sua entrata in vigore. Entro il medesimo termine, esse possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria al fine di adeguarli alle nuove disposizioni inderogabili o di introdurre clausole che escludono l'applicazione di nuove disposizioni derogabili mediante specifica clausola statutaria”.
24 D.lgs. del 3 agosto 2018, n° 105, recante “Disposizioni integrative e correttive al decreto
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correttivo del Codice) ha poi spostato il termine per le modifiche statutarie dal 3 febbraio 2019 al 3 agosto 2019. Tale termine è stato in ultimo spostato al 30 giugno 2020 dall'art.43, c.4-bis, del Decreto Crescita (decreto legge 34/201925).
Le ODV, le APS e le ONLUS iscritte nei rispettivi registri avranno quindi tempo fino al 30 giugno 2020 per modificare il loro statuto e aggiornarlo alla riforma del Terzo settore. Le altre associazioni non in possesso di una delle tre qualifiche menzionate e quindi non iscritte nei relativi registri non hanno alcun termine per adeguare lo statuto alla Riforma e potranno decidere se e quando entrare nel "perimetro" del Terzo settore.
La riforma, in sintesi, interviene con definizioni e finalità fino ad allora non disponibili e perciò causa di equivoci interpretativi. Viene così definito lo status di volontario, recando norme volte a favorire la promozione e il riconoscimento della cultura del volontariato in ambito scolastico e lavorativo ed a razionalizzare i settori delle attività di interesse generale attraverso la compilazione
comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n° 106”, in Gazzetta Ufficiale del 10 settembre 2018 n° 210,
25 Decreto Legge 30 aprile 2019, n° 34, c.d. Decreto Crescita, come convertito in legge e
pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2019, n° 100, coordinato con la legge di conversione 28 giugno 2019, n° 58, recante: “Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi”, in Gazzetta Ufficiale del 29 giugno 2019, n° 151.
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di un elenco unico, con il tentativo di fondere la normativa attualmente prevista ai fini fiscali con quella prevista ai fini civilistici.
Vengono introdotti nuovi settori di attività, fra i quali si segnalano il commercio equo e solidale, la comunicazione a carattere comunitario, l’alloggio sociale, l’accoglienza umanitaria ed integrazione sociale di stranieri, l’agricoltura sociale, le adozioni internazionali, la riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.
Viene inoltre prevista la possibilità di aggiornare l'elenco delle attività di interesse generale con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi su proposta dei Ministri Lavoro/Economia e Finanze, acquisito il parere delle commissioni parlamentari competenti.
Ancora, le attività di interesse generale potranno essere finanziate anche attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva.
Si prevede, accanto all'esercizio delle attività di interesse generale, l'esercizio di attività diverse e la possibilità di costituire uno o più patrimoni destinati ad uno specifico affare.
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Vengono forniti dettagliati criteri per determinare la natura commerciale o non commerciale degli ETS, tenendo conto delle attività da essi svolte e delle modalità operative concretamente impiegate; si dispone l'applicazione agli ETS, diversi dalle imprese sociali, del regime fiscale previsto dal Titolo X del Codice, che reca specifiche misure di sostegno.26 A questo riguardo, viene formalizzata l’uscita di scena del regime fiscale agevolato per le ONLUS previsto dal d.lgs. 460/1997 avverso l’introduzione di nuovi regimi fiscali.
26 Camera dei Deputati, Servizio Studi, XVIII legislatura, del 9 ottobre 2019
(https://www.camera.it/temiap/documentazione/temi/pdf/1105128.pdf): “Agli stessi enti applica le norme del TUIR relative all’IRES, in quanto compatibili; viene introdotto un regime fiscale opzionale per la determinazione del reddito d’impresa degli enti non commerciali del Terzo Settore (quegli enti che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di interesse generale) basato sui coefficienti di redditività (una percentuale variabile che si applica al reddito imponibile su cui viene calcolata l’imposta); il nuovo regime è costruito sulla falsariga del regime forfetario degli enti non commerciali, disciplinato dall’art.145 del TUIR.”
Camera dei Deputati, documento cit. p.4; gli ETS hanno l’obbligo “di indicare gli estremi dell'iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico. Il Codice, in vigore dal 3 agosto 2017, aveva previsto che il Registro fosse pienamente operativo a febbraio 2019, in quanto aveva concesso un anno di tempo per l'adozione dei provvedimenti attuativi a livello nazionale (decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni) e ulteriori sei mesi alle Regioni per provvedere agli aspetti di propria competenza. Attualmente, il decreto istitutivo del RUNTS non risulta ancora emanato. Pertanto, nel periodo transitorio, continua a valere l'iscrizione ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore (Registro delle associazioni di promozione sociale, il Registro delle organizzazioni di volontariato, Albi regionali delle cooperative sociali). Il decreto istitutivo del RUNTS dovrà disciplinare l'istituzione ed il funzionamento a regime, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Registro unico nazionale del Terzo settore, suddiviso in specifiche sezioni, ognuna delle quali dedicata ad una delle categorie di enti definite dal Codice. Il Registro sarà gestito operativamente e con modalità informatiche su base territoriale, da ciascuna Regione e Provincia autonoma. Oltre alle modalità di iscrizione, aggiornamento dei dati, cancellazione e migrazione in altra sezione degli enti interessati, la disciplina assoggetta ciascuno degli enti iscritti al Registro ad una revisione periodica almeno triennale finalizzata alla verifica della permanenza dei requisiti richiesti. Le Regioni e le Province autonome entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale dovranno disciplinare le procedure per l'emanazione dei provvedimenti di iscrizione e di cancellazione degli ETS nelle sezioni regionali.”
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I criteri per individuare la non commercialità delle attività svolte dagli ETS, individuati dai commi 2, 3, 4 e 6 dell’art. 79 del CTS incidono sulla complessiva qualificazione dell’ETS sul piano tributario. In particolare, in base a tali disposizioni si considerano non commerciali:
- le attività di interesse generale svolte dall’ETS a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto conto anche degli apporti della pubblica amministrazione e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento (art. 79, comma 2);
- le attività di ricerca scientifica di particolare interesse sociale con reinvestimenti degli utili nell’attività (in base ai criteri dettati dall’art. 79, comma 3);
- non concorrono alla formazione del reddito degli ETS non commerciali le attività di raccolte pubbliche occasionali di fondi e i contributi o apporti erogati dalle amministrazioni pubbliche per le attività di cui ai citati commi 2 e 3 (art. 79, comma 4);
- per gli ETS a carattere associativo, le quote associative che non assumono natura di corrispettivo specifico (art. 79, comma 6).
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A prescindere dalle previsioni statutarie, infatti, l’ETS deve considerarsi commerciale laddove, nel medesimo periodo d’imposta, i proventi derivanti dalle attività di interesse generale svolte in forma d’impresa e delle attività secondarie prevalgano sulle entrate derivanti dalle attività di interesse generale svolte con modalità non commerciali (art. 79, comma 5).
Tra le entrate di natura non commerciale devono includersi i contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative ed ogni altra entrata assimilabile, nonché il valore normale delle cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuati con modalità non commerciali.
Dal computo delle entrate commerciali devono essere escluse, per espressa previsione legislativa, quelle derivanti dalle attività di sponsorizzazione (effettuate con i criteri e nei limiti che saranno definiti dal decreto ministeriale di cui all’art. 6 del CTS).
A livello comunitario gli incentivi fiscali vengono correlati soprattutto alle modalità effettive di svolgimento delle attività e non ai soli scopi perseguiti dall’ente.27
27cfr. la sentenza della Corte di Giustizia Europea 27 giugno 2017, Causa C-74/16
sull’esenzione dall’imposta comunale spagnola sulle costruzioni accordata alle istituzioni ecclesiastiche, nonché le criticità relative alla nostra IMU, risolte dal D.M. 200/2012 in adesione agli orientamenti comunitari.
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Da quanto sopra brevemente descritto, risulta evidente che le disposizioni di cui all’art. 79 del CTS assumono rilevanza centrale ai fini dell’individuazione del regime impositivo, in quanto dalla qualificazione dell’ETS come fiscalmente non commerciale deriva la possibilità di optare, in relazione ai redditi derivanti dalle attività commerciali esercitate in via non prevalente, per il regime di tassazione previsto dal successivo art.80 del CTS.
L’autofinanziamento degli ETS non commerciali, in particolare, viene incoraggiato con la possibilità di optare per un regime di determinazione forfetaria del reddito d’impresa, derivante da attività di interesse generale svolte secondo canoni commerciali o da attività secondarie.
Il reddito è determinato attraverso l’applicazione ai ricavi di coefficienti di redditività (cui vanno distintamente sommati plusvalenze patrimoniali, sopravvenienze attive, dividendi e interessi e proventi immobiliari).
Il regime risulta decisamente più vantaggioso rispetto all’omologo art.145 del TUIR.28
28 Art.145: Regime forfetario degli enti non commerciali:
1. Fatto salvo quanto previsto, per le associazioni sportive dilettantistiche, dalla legge 16 dicembre 1991, n° 398, e, per le associazioni senza scopo di lucro e per le pro-loco, dall’articolo 9-bis del decreto-legge 30 dicembre 1991, n° 417, convertito, con modificazioni,
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Quanto all’art. 80 del CTS, vengono lì chiariti poi alcuni importanti profili applicativi: i componenti positivi e negativi di reddito relativi ad anni precedenti a quello da cui ha effetto il regime forfetario, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del TUIR, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell'esercizio precedente a quello di efficacia del regime. Le perdite fiscali pregresse possono essere computate in diminuzione del reddito determinato forfetariamente. E’ esclusa l’applicazione di parametri, studi di settore ed indici sintetici di affidabilità.
dalla legge 6 febbraio 1962, n° 66, gli enti non commerciali ammessi alla contabilità semplificata ai sensi dell’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n° 600, possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d’impresa, applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali il coefficiente di redditività corrispondente alla classe di appartenenza secondo la tabella seguente ed aggiungendo l’ammontare dei componenti positivi del reddito di cui agli articoli 54, 55, 56 e 57:
a) attività di prestazioni di servizi:
1) fino a lire 30.000.000, coefficiente 15 per cento;
2) da lire 30.000.001 a lire 360.000.000, coefficiente 25 per cento; b) altre attività:
1) fino a lire 50.000.000, coefficiente 10 per cento;
2) da lire 50.000.001 a lire 1.000.000.000, coefficiente 15 per cento.
2. Per i contribuenti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi ed altre attività il coefficiente si determina con riferimento all’ammontare dei ricavi relativi all’attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi.
3. Il regime forfetario previsto nel presente articolo si estende di anno in anno qualora i limiti indicati al comma 1 non vengano superati.
4. L’opzione è esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e comunque per un triennio. La revoca dell’opzione è effettuata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale la dichiarazione stessa è presentata. 5. Gli enti che intraprendono l’esercizio d’impresa commerciale esercitano l’opzione nella dichiarazione da presentare ai sensi dell’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n° 633, e successive modificazioni.
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Gli ETS sono quindi enti privati, con o senza personalità giuridica, iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (da qui l’acronimo RUNTS).
La qualifica di ETS è facoltativa, ma condizione necessaria per entrare a far parte del Terzo Settore e usufruire delle agevolazioni fiscali.
Per diventare ETS è necessario iscriversi al RUNTS,29 avendo i requisiti richiesti e, se necessario, adeguando lo Statuto al Codice del Terzo Settore nei termini ora previsti.
Il RUNTS prevede, per l’appunto, sette30
forme associative tra le quali scegliere:
- organizzazione di volontariato; - associazione di promozione sociale; - ente filantropico;
- impresa sociale (incluse le cooperative sociali);
29 Il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) serve a dare pubblicità
dell’esistenza di un ente di terzo settore (ETS) e di alcuni dati fondamentali riguardanti la sua struttura e attività. Esso ha quindi una funzione di trasparenza – anche con riguardo all’applicazione della normativa fiscale – e di certezza del diritto anche con riguardo ai terzi che entrano in rapporto con gli ETS stessi. L’iscrizione nel RUNTS dà diritto ad accedere alle agevolazioni previste per il terzo settore e dà la possibilità di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche per lo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale (gli enti costituiti dopo il 3 agosto 2017 possono accedere a tale opportunità dopo 6 mesi dalla costituzione); si veda V.MELIS, ONLUS le 23mila organizzazioni non
lucrative cambieranno il regime fiscale, Il Sole 24 Ore del 17 marzo 2018.
30 V.MELIS, ONLUS le 23mila organizzazioni non lucrative cambieranno il regime fiscale, Il
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- rete associativa;
- società di mutuo soccorso; - altro ente del terzo settore;
La riforma invece non incide e, quindi, esclude: - le amministrazioni pubbliche;
- formazione e associazioni politiche; - sindacati;
- associazioni professionali e di rappresentanza delle categorie economiche;
- associazioni di datori di lavoro;
- enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllo da suddetti enti.
3.2.1 Gli enti ecclesiastici nel d.lgs. 117/2017
Con il d.lgs. 460/1997 abbiamo visto il regime speciale che le ONLUS attribuivano agli enti ecclesiastici.
Infatti, si stabiliva che gli enti ecclesiastici che avevano stipulato patti, intese con lo Stato, venivano considerate ONLUS parziali, perché limitate allo svolgimento di determinate attività previste all’art.10 comma 1,del decreto 460/1997; una vera libertà
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di azione dell’ente confessionale che, a differenza di altre categorie di enti, non era obbligato a svolgere in via esclusiva le attività elencate potendo svolgere anche attività diverse.
La riforma del Terzo Settore si muove nel solco della precedente soluzione prevista dal d.lgs. 460/1997, con alcune importanti novità:
- estende la platea dei soggetti che hanno un riferimento all’esperienza religiosa, non si parla più di “enti ecclesiastici” ma di “enti religiosi”;
- questi enti si devono dotare di un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che recepisca le norme del codice, depositato nel registro unico nazionale del terzo settore;
- devono costituire un patrimonio destinato31 a queste attività; - devono tenere separate le scritture contabili.