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Le Fabbricerie: tra passato e futuro, uno sguardo sul presente

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Academic year: 2021

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(1)

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

“Le Fabbricerie: tra passato e futuro,

uno sguardo sul presente”

Relatore:

Chiar.mo Prof. Alfredo Fioritto

Candidato:

Rachele Barbuti

(2)

A mio padre, A mia madre. A mio fratello, Ai miei nonni

(3)

1

INDICE

Pag.

Introduzione 4

CAPITOLO I

UN BREVE SGUARDO ALLE ORIGINI E ALL’EVOLUZIONE DELLE FABBRICERIE

1.1 Le origini Cristiane 8

1.2 Le Fabbricerie nel Rinascimento comunale 16

1.3 Dal Rinascimento comunale ai primi interventi

legislativi 22

1.4 La finalità 25

CAPITOLO II

IL CONTESTO NORMATIVO IN CUI HANNO OPERATO LE FABBRICERIE

2.1 Nel diritto Italiano 29

2.1.1 Dall’ Unità d’Italia ai Patti Lateranensi 29

2.1.2 La legislazione Concordataria 35

2.1.2.1 Le norme 35

2.1.2.2 La personalità giuridica delle

Fabbricerie 36

2.1.2.3 L’amministrazione dei beni ed i

(4)

2

2.1.2.4 L’elemento distintivo della

canonicità 53

2.1.2.5 Le competenze in positivo e in negativo delle Fabbricerie e la

rappresentanza 55

2.2 La legislazione post Concordataria 64

2.3 La posizione delle Istituzioni Centrali Italiane e

della Conferenza Episcopale Italiana 77

2.3.1 Il Consiglio di Stato 77

2.3.2 L’Autorità Nazionale Anticorruzione

(ANAC) 85

2.3.4 Il nuovo intervento del Consiglio di Stato 89 2.3.5 La Conferenza Episcopale Italiana (CEI) 91

CAPITOLO III

DALLA DISCIPLINA ONLUS ALLA RIFORMA DEL TERZO SETTORE: L’IMPATTO SULLE FABBRICERIE

3.1 Le ONLUS, un primo modello di riferimento 96

3.1.1 Le ONLUS parziali 108

3.2 La riforma del Terzo Settore 112

3.2.1 Gli enti ecclesiastici nel d.lgs. 117/2017 124 3.3 Le Fabbricerie alla luce della riforma del Terzo

Settore

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3

CAPITOLO IV

LE FABBRICERIE SI ORGANIZZANO

4.1 Una scelta piena e consapevole 138

4.2 L’ Opera Primaziale Pisana (OPA) 139

Conclusioni 153

Bibliografia 163

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4

Introduzione

Le Fabbricerie rappresentano ancora oggi una sfida giuridica “a tutto tondo”, tra le interpretazioni sulla loro natura giuridica e conseguente appartenenza vuoi alla Chiesa, vuoi allo Stato, che le hanno accompagnate nel loro millenario percorso storico, e le questioni più legate alla non banale gestione ordinaria delle stesse, sorte negli ultimi anni a seguito di interventi normativi che ne hanno segnato l’operatività quotidiana.

Con il presente lavoro ci siamo posti l’obiettivo di dare un contributo d’ordine dal punto di vista dell’evoluzione normativa, per arrivare a disegnare un possibile quadro ordinamentale, coerente con le ultime novità legislative, in cui le Fabbricerie possano trovarsi ad operare senza rinnegare il proprio passato e la loro missione quotidiana di amministrare i beni delle chiese e provvedere alla manutenzione degli edifici di culto e dei complessi monumentali che spesso li caratterizzano, nell’interesse superiore della comunità umana, non solo locale e nazionale perché patrimonio culturale e quindi identitario, ma anche universale in quanto patrimonio dell’umanità.

(7)

5

A questo fine, il lavoro è stato articolato in quattro parti.

Nel primo Capitolo abbiamo affrontato le origini storiche dell’Istituto delle Fabbricerie e ne abbiamo seguito l’evoluzione, da semplici espressioni delle prime comunità Cristiane a veri e propri enti destinati a perdurare oltre la stagione della realizzazione delle opere.

Nel secondo Capitolo siamo entrati nel vivo dei contesti normativi in cui hanno operato le Fabbricerie, dall’Unità d’Italia ai Patti Lateranensi, per poi approdare alla legislazione post Concordataria e alle varie posizioni assunte negli ultimi anni dalle Istituzioni Centrali Italiane e dalla Conferenza Episcopale Italiana.

Ciò ci ha consentito di individuare e selezionare gli elementi costitutivi e distintivi delle Fabbricerie, immutati nel tempo e che le rendono speciali, capaci di superare anche i vivaci dibattiti che hanno contraddistinto climi politici e di confronti ideologici diversi che hanno provato a determinarne di volta in volta l’orientamento e l’appartenenza.

Il terzo Capitolo rappresenta il cuore del nostro lavoro. Tali elementi costitutivi e distintivi sono stati inquadrati nella riforma intervenuta nel 1997, relativa al riordino della disciplina tributaria

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6

degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, in breve le ONLUS, e in quella del 2017 che ha riguardato la riforma del Terzo Settore, con l’introduzione degli Enti del Terzo Settore (ETS) e di un impianto normativo che ha inteso riordinare, semplificare e rivedere in modo organico, coerente e sistematico le disposizioni vigenti in materia di enti non lucrativi che perseguono finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale, così da garantire e favorire il più ampio esercizio del diritto di associazione e in modo da sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono a perseguire il bene comune.

In questo Capitolo, per completezza, abbiamo ritenuto utile fare un cenno al trattamento degli enti ecclesiastici, sia alla luce della normativa ONLUS che di quella degli ETS, in quanto da sempre le Fabbricerie sono connotate dalla duplice valenza cultuale e culturale.

Nel quarto Capitolo abbiamo rivolto la nostra attenzione ad un caso pratico vicino a noi: la Fabbriceria dell’Opera Primaziale Pisana (in breve OPA).

La sua vicenda, tuttora in corso, dà conto della complessità della normativa vigente e della sua applicazione. L’OPA, avente

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7

oggi la qualifica di ONLUS, si è trovata davanti ad un bivio: da una parte, entrare tra gli enti del Terzo Settore conformandosi alla relativa disciplina, dall’altra rimanerne fuori, con effetti giuridici nell’uno o nell’altro caso di non poca rilevanza.

Nell’elaborazione di questo lavoro, ci siamo avvalsi di varie fonti, da quelle più lontane nel tempo, attraverso le quali abbiamo avuto modo di ricostruire, seppur in breve, l’evoluzione storica delle Fabbricerie, a quelle che hanno segnato l’evoluzione normativa a partire dai primi interventi che hanno caratterizzato il percorso dall’Unità d’Italia a quelli più recenti. Abbiamo fatto riferimento a preziosi contributi della dottrina che, nel tempo e con sempre maggiore intensità, si è interessata delle Fabbricerie intervenendo con varie chiavi di lettura che hanno di volta in volta fornito spunti di riflessione utili ai nostri fini. Non è mancata l’attenzione alle pronunce della giurisprudenza, ai diversi livelli gerarchici della stessa.

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8

Capitolo I

UN BREVE SGUARDO ALLE ORIGINI E ALL’EVOLUZIONE DELLE FABBRICERIE

SOMMARIO: 1.1 Le origini Cristiane. – 1.2 Le Fabbricerie nel Rinascimento Comunale. – 1.3 Dal Rinascimento Comunale ai primi interventi legislativi. – 1.4 Finalità.

1.1 Le Origini Cristiane

E’ pacifico tra gli studiosi collocare temporalmente le origini delle Fabbricerie intorno ai primi secoli del Cristianesimo, sotto i Pontificati di Papa Simplicio (468-483) e Papa Gelasio (492-496).1

Merita premettere che, prima di allora, le comunità di Cristiani erano solite affidare l’amministrazione dei beni ad un consiglio di anziani, quale segno di rispetto ed onore. Ad alcuni tra questi veniva assegnata la parte attiva ed esecutiva dell’amministrazione, unitamente alle funzioni di culto. I servizi minori venivano poi affidati, sotto la direzione degli anziani, a membri del diaconato. Già in questa fase si potevano osservare quattro livelli di

1 Per un’interessante indagine storica sull’origine delle Fabbricerie in Italia,

M.FERRABOSCHI, Fabbricerie (ad vocem) in Enc. Giur. Italiana, Torino 1993; ancora, per utili cenni storici sull’origine delle Fabbricerie, P.G.CARON, Fabbricerie (ad vocem), in Enc. Dir. Milano, 1967 e F. DEL GIUDICE, Manuale di Diritto Ecclesiastico, Milano, 1959, p.264 e seg.

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9

amministrazione: il consiglio degli anziani, il collegio degli episcopi, i diaconi ed i laici.

Con la proliferazione delle comunità di Cristiani, la funzione amministrativa divenne sempre più impegnativa ed importante, al punto da richiedere, ai fini di controllo, una concentrazione delle funzioni nelle mani di un solo soggetto, il Vescovo, a cui veniva riconosciuto il ruolo guida e capo della comunità Cristiana in virtù della sua autorevolezza personale e religiosa. Il consiglio degli anziani si trovò a svolgere così una mera funzione consultiva del Vescovo.2 Il trasferimento dei poteri dalla ecclesia, cioè la comunità dei fedeli, alla Chiesa rappresentata dal Vescovo, pose le premesse per la trasformazione dei primi organismi cristiani in istituzioni, con l’effetto di allontanare, per la prima volta, i laici dalla gestione dei beni e degli affari della Chiesa, affidati solo al corpo dei chierici, “ormai costituito a stato speciale”.3

Inizia a formarsi progressivamente una prima proprietà ecclesiastica, non più gestita dalla collettività dei fedeli, della quale unico amministratore è il Vescovo, cioè il chierico deputato a

2

C.CARASSAI, La proprietà ecclesiastica, pp. 68-69, Unione tipografico-editrice, Torino, 1899.

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ricevere i doni caritatevoli dei fedeli e ad amministrare il denaro ecclesiastico, il tutto da destinare al solo fine di garantire i servizi sacri ed il mantenimento dei chierici.

Il Vescovo diviene “il centro e il fulcro del triplice ufficio di maestro, sacerdote e pastore di tutti i cristiani”, rispetto al quale tutti gli altri chierici, siano essi sacerdoti o diaconi, assumono il ruolo di semplici aiutanti.4

Il Vescovo provvede direttamente alla gestione dell’intera diocesi distinguendo il patrimonio in quattro parti: per il Vescovo, per il clero, per i bisogni del culto e per i poveri.

Come sorgevano nuovi centri urbani, così si costituivano nuove diocesi e si ordinavano nuovi Vescovi. Nel frattempo anche le zone rurali andavano sviluppandosi là dove caratterizzate da una consistente densità demografica che portò alla ordinazione di nuovi Vescovi.

La frammentazione del patrimonio della Chiesa e l’indebolimento del centralismo del Vescovo prese il via proprio dal fenomeno delle parrocchie rurali che tendevano a gestire in

4 A.M.STICKLER, La Parrocchia nella evoluzione storica, in M.BOAROTTO, La

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autonomia la cura delle “anime” ed anche quella dei beni materiali.5

Nascono i c.d. benefici minori che consistevano in una massa di beni destinata a soddisfare le esigenze materiali di vita del chierico, che però rispetto a tali beni si poneva soltanto come amministratore e non come proprietario, dato che la proprietà rimaneva in capo alla Chiesa.

La frammentazione del patrimonio ecclesiastico, prima racchiuso attorno al Vescovo e ora disperso tra parrocchie, vescovati, capitoli, abbazie, uffici e comunità monastiche in cui i beni, pur rimanendo di proprietà della Chiesa, erano pienamente gestiti, rectius “goduti”, dall’ecclesiastico e l’interferenza che gradualmente i laici esercitavano sui chierici amministratori del beneficio, indussero ben presto ad una rivisitazione del ruolo del Vescovo che, da amministratore più formale che sostanziale, si trovò ad assumere un ruolo con funzioni di garanzia e controllo della gestione del patrimonio ecclesiastico diocesano, nei confronti degli altri chierici e dei laici.

Ma spesso era proprio il Vescovo a macchiarsi di una gestione patrimoniale non adeguata o, al peggio, dissennata.

5 A.M.STICKLER, La Parrocchia nella evoluzione storica, in M.BOAROTTO, La

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Dopo vari interventi, più o meno efficaci, a tutela del sentimento religioso dei fedeli e dell’integrità del patrimonio ecclesiastico, sia del potere civile6 che della Chiesa,7 di fare chiarezza sull’amministrazione e sulla responsabilità di gestione del patrimonio vescovile, dobbiamo arrivare ai Pontificati di Simplicio e Gelasio perché la questione venga affrontata con approccio sistematico.

Simplicio, al soglio Pontificio negli anni drammatici dell’invasione degli Eruli il cui re Odoacre pose fine all’Impero Romano d’Occidente (476), seppe difendere il dogma cattolico e organizzare una prima struttura amministrativa della Chiesa che iniziava anche a gestire sia redditi di proprietà sia donazioni volontarie dei fedeli. Gelasio, fortemente impegnato nell’affermare

6 A titolo di esempio, nel 370 d.C. l’Imperatore Valentiniano I proibì ai chierici di frequentare

le case delle vedove e degli orfani e dichiarò nulli i doni e i legati che ai chierici stessi pervenivano dalle donne, sotto il pretesto della religione, e a meno che non fossero essi loro successori “ab intestato”, così in C.CARASSAI, op.cit.p.80. Ancora, nel 390 d.C. Teodosio il Grande, a tutela anche dei chierici minori, e colmando un vuoto lasciato…sancì la nullità dei lasciti fatti dalle diaconesse al clero, in C.CARASSAI, op.cit.p.81.

7 La Chiesa, anziché preoccuparsi della tutela del sentimento religioso, guardò alla maggiore

urgenza di tutelare il patrimonio ecclesiale distinguendolo da quello personale dei chierici. A titolo di esempio, in questo senso nel 325 d.C. il Concilio Niceno I in cui al canone II si impediva alle donne che non fossero madre, sorelle o zie, di vivere insieme ai chierici … proprio al fine di salvaguardare il patrimonio ecclesiastico da gestioni patrimoniali dirette a ricavare maggiori rendite di quelle sufficienti a garantire il sostentamento del solo chierico. Così anche nel Concilio di Calcedonia del 425 d.C.. Ancora nel Sinodo di Antiochia del 341 al canone XXIV si ammetteva l’esistenza di patrimoni privati dei chierici e dei Vescovi ma si cercava al contempo di frenare l’arbitrio episcopale disponendo che i preti ed i diaconi prendessero conoscenza dello stato e della consistenza del patrimonio della chiesa loro affidata affinché il Vescovo ed i suoi eredi non potessero fare delle sottrazioni a vantaggio del loro patrimonio privato.

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la distinzione tra il potere della Chiesa Cattolica d’Occidente e quello dell’Imperatore, da sostenere anche attraverso un rafforzamento dell’indipendenza patrimoniale ed economica della prima rispetto al secondo, si dimostrò particolarmente attento nell’applicazione della quadruplice divisione dei redditi ecclesiastici che con lui assunse confini e contenuti ben definiti e quindi formali.

E’ in questa fase che nella quadruplice rappresentazione del patrimonio ecclesiastico che si affaccia per la prima volta nel mondo giuridico il concetto di Fabbriceria.8

L’intero patrimonio ecclesiastico amministrato dal Vescovo è formalmente suddiviso in quattro parti:9

- una prima parte, la quarta episcopi, per il mantenimento dell’ordinario diocesano e della sua famiglia,

- una seconda parte, la quarta cleri, per il mantenimento del clero secolare,

8

Per un’interessante indagine storica sull’origine delle Fabbricerie in Italia, M.FERRABOSCHI, Fabbricerie (ad vocem) in Enc. Giur. Italiana, Torino 1993 p.1.

9 G.GRECO, Un “luogo” di frontiera: l’Opera del Duomo nella storia della Chiesa locale.

Premessa storica sulle Fabbricerie, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”, Pontedera 2004, p.10, in cui l’Autore rinvia all’opera di Gaetano Moroni,

Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, Venezia, tip. Emiliana, 1840-1861 (citazioni tratte dal vol. XXII, 1843, pp.253-254).

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- una terza parte, la quarta pauperum, per sovvenire ai poveri di Cristo,

- la quarta parte, la quarta fabbricae, che comprendeva sia una

sacra tecta (la manutenzione dell’edificio sacro) sia il luminaria

ecclesiae, cioè l’esercizio del culto.

Gaetano Greco10 tiene a precisare che “questa quarta portio si era trasformata assai spesso in un semplice onus fabbricae a carico del rettore del Beneficio Ecclesiastico che in questo caso presentava il carattere di beneficium indistinctum nel quale il mantenimento del chierico e della sua chiesa si presentavano indivisi”.11

Quando questa porzione era definita e addetta specificatamente a queste finalità di manutenzione si aveva un beneficium distinctum che avrebbe assunto nel tempo nomi diversi a seconda dei territori.

L’evoluzione di questa quarta porzione a partire dalle prime applicazioni ci mostra che, all’interno del complessivo patrimonio ecclesiastico, se all’inizio i proventi da questa derivanti erano impiegati in modo stabile e duraturo nella costruzione degli edifici

10 G.GRECO, Un “luogo” di frontiera: l’Opera del Duomo nella storia della Chiesa locale.

Premessa storica sulle Fabbricerie, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”, Pontedera 2004 p.10.

11

Sul concetto di beneficio ecclesiastico c’è una letteratura vastissima a cui dobbiamo necessariamente rinviare, trattandosi della struttura giuridica di base nel sistema istituzionale della chiesa locale, non oggetto del presente lavoro.

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della chiesa, soltanto in un secondo tempo vennero vincolati alla manutenzione della stessa.

Fu naturale identificare singoli obiettivi e, per l’appunto, vincolare intorno a ciascuno di essi specifiche dotazioni patrimoniali che finirono per operare una “personificazione” dello scopo.12

I rimedi di volta in volta elaborati in seno ai vari Concili e Sinodi tenutisi fino ad allora non erano stati capaci di evitare la confusione, spesso voluta, tra il patrimonio personale del chierico e quello ecclesiale.13 La “personificazione” del patrimonio ecclesiale poteva finalmente risolvere questa fonte di equivoci e di utilizzi impropri da parte dei chierici. Dalla personificazione del patrimonio ecclesiale alla personificazione dello scopo della manutenzione del tempio il passo fu breve: nacque come realtà giuridica autonoma la

fabrica Ecclesiae.

12 V.GIOMI, Le Fabbricerie in Italia: una realtà giuridica complessa di difficile

inquadramento giuridico, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”,

Pontedera 2004, p.64.

13

Molto interessante ai fini di questo lavoro il contributo che offre F.RUFFINI, La

classificazione delle persone giuridiche in Sinibaldo dei Fieschi (Innocenzo 4) ed in Federico Carlo di Savigny, Fratelli Bocca, Torino, 1898, p.10: per risolvere la confusione sul piano

patrimoniale tra la figura del chierico e quella dell’ente si partì dall’intuizione di porre nel concetto di persona giuridica il “centro di gravità”, la “monade della immane organizzazione” ecclesiastica. Doveva cioè conclamarsi in via definitiva che soggetto di diritti rispetto agli enti della Chiesa non fosse la “persona naturale”, il chierico, ma quella “fittizia”, la persona ficta..

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16

Il termine fabrica era già usata nel Codice Teodosiano (De

praetoribus, leg.XIV, 30) come sinonimo di opus publicum, cioè di

costruzione intrapresa nell’interesse pubblico.

La funzione della Fabbriceria era quella del mantenimento dell’edificio di culto e del compimento di attività ad esso connesse, come l’ufficiatura e le opere di carità.

L’amministrazione di questa quarta porzione restò concentrata nelle mani del Vescovo o di ecclesiastici che, come riferito sopra, non si sentivano più di tanto impegnati a rendere conto della propria gestione, spesso arbitraria.14

1.2 Le Fabbricerie nel rinascimento comunale

E’ con la rinascita delle città, con la costruzione o l’ampliamento di chiese cattedrali, che assistiamo ad un proliferare di “appositi enti destinati a perdurare oltre la stagione della realizzazione delle opere”.15

A quel punto diventava arduo distinguere tra fabbricerie ecclesiastiche e fabbricerie laicali, tra le

14 La questione fu così sentita che i Vescovi si trovarono costretti all’atto della consacrazione a

fare solenne giuramento di provvedere alla manutenzione delle chiese; G.N.VICECONTE,

Parrocchia, Chiesa e fabbriceria nel diritto canonico, Milano, 1963, p.66.

15

G.GRECO, Un “luogo” di frontiera: l’Opera del Duomo nella storia della Chiesa locale.

Premessa storica sulle Fabbricerie, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”, Pontedera 2004 p.12.

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componenti e motivazioni religiose e le componenti e motivazioni civili.

Se prendiamo a riferimento la storia di alcune di queste città e delle rispettive imprese edilizie, possiamo cogliere i principali elementi distintivi di questo passaggio di competenze dai chierici ai laici.

A Genova, nel 1174, il Comune impose una tassa del dieci per cento sui legati pii (il deceno) destinata a finanziare i lavori per il duomo. Come sottolinea Gaetano Greco,16 nel secolo successivo “un’analoga tassa venne istituita in favore dell’ampliamento del porto, e per la commistione fra le due funzioni e la comprensibile supremazia del porto sulla chiesa … la magistratura cittadina dei

Salvatori del porto e del molo assunse il controllo anche della

fabbriceria del duomo”.17

A Venezia, l’amministrazione della fabbriceria della cappella ducale risulta affidata sin dalla metà del XII secolo ad un “procurator operis Sancti Marci” che rappresentava il potere religioso della Serenissima e le cui attività erano connesse sin

16 G.GRECO, Un “luogo” di frontiera: l’Opera del Duomo nella storia della Chiesa locale.

Premessa storica sulle Fabbricerie, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”, Pontedera 2004 p.13.

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dall’inizio alle funzioni dell’amministrazione del Comune ai cui revisori erano sottoposti per il controllo della contabilità.18

A Orvieto, sul finire del XIII secolo i lavori per la nuova cattedrale erano affidati ad un operaio di nomina vescovile ma coadiuvato nell’amministrazione da alcuni ufficiali scelti dal Comune.19

A Perugia, il Comune nel XIII secolo interveniva nelle opere di rilevanza pubblica, chiese incluse, eleggendo propri rappresentanti (boni homines) a cui affidava di sovrintendere, anche collaborando con notai e contabili, alla realizzazione di tali opere.

Ancora, a Pistoia, dove l’Opera di S. Iacopo, a cui era affidata l’omonima cappella ospedale che soppiantò la cattedrale intitolata ai SS. Martino e Zenobi, era attiva già alla metà del XII secolo. Questo organismo ebbe un ruolo di primissimo piano nella vita della città, tanto che gli operai erano insigniti dello status nobiliare e di una dignità pari a quella del Gonfaloniere.20

A Firenze, un ruolo fondamentale fu assunto dalle corporazioni dei mestieri. Dopo un lungo periodo di collaborazione

18 ibidem

19 L.FUMI, Statuti e regesti dell’Opera di S. Maria d’Orvieto, Roma, 1891. 20

G.GRECO, Un “luogo” di frontiera: l’Opera del Duomo nella storia della Chiesa locale.

Premessa storica sulle Fabbricerie, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”, Pontedera 2004 p.15.

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tra Comune, Vescovo e Capitolo, dal XIII secolo l’Opera di Santa Maria del Fiore, istituita per sovrintendere alla costruzione della nuova cattedrale della città, fu affidata dal Comune alla corporazione dell’Arte della Lana. Ma questa corporazione non fu la sola a assumere impegni organizzativi ed economici riguardo a chiese ed edilizia di interesse pubblico: infatti, l’Arte dei Mercanti si fece carico del Battistero di San Giovanni e della Basilica di San Miniato al Monte, mentre l’Arte della Seta esercitò il presidio su Por Santa Maria.21

Merita evidenziare che il caso di Firenze è particolarmente interessante ed emblematico delle dinamiche che si vennero affermando all’epoca nei rapporti tra le autorità religiose e quelle laiche: ciò che emerge è il monopolio pressoché assoluto di cinque delle sette corporazioni maggiori che operavano a Firenze, cioè le Arti di Calimala, della Lana, di Por Santa Maria, del Cambio, dei Medici e Speziali, organizzazioni a cui era riconducibile una classe di imprenditori, mercanti e banchieri operanti su scala internazionale che nel corso del trecento riuscì gradatamente ad

21 L.FABBRI, L'Opera di Santa Maria del Fiore nel quindicesimo secolo: tra Repubblica

fiorentina e Arte della lana, in La cattedrale e la città. Saggi sul Duomo di Firenze , a cura di

T. Verdon e A. Innocenti, Firenze 2001, pp.319-339 © dell'autore - Distribuito in formato digitale da "Reti Medievali”.

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affermarsi come elite dello stato fiorentino e ad imporre un modello di carattere oligarchico, fondato in specie sui legami familiari.22

Anche Siena non è stata da meno rispetto all’esperienza fiorentina dal punto di vista del contenuto prettamente laico dell’iniziativa e della gestione delle imprese edilizie. L’Opera del Duomo risulta citata dalla fine del XII secolo. I documenti attestano dell’esistenza di un ente con amministratori scelti dalle autorità cittadine ed insediati dal potere ecclesiastico. Dopo qualche decennio, il controllo passò ad un amministratore eletto dal Comune ed il patrimonio immobiliare si consolidò assicurando l’afflusso di rendite tali da garantire il soddisfacimento delle funzioni assegnate all’ente (curioso è il fatto che la “filiera” del reddito partiva dalla fabbricazione dei mattoni).23

Siena si contraddistingue anche per un altro aspetto nei rapporti tra autorità religiose e autorità civili: ci riferiamo al caso del Santuario della Madonna di Provenzano che fu voluta dai cittadini contro la volontà dell’Arcivescovo. Questa Basilica, a

22 G.GRECO, Un “luogo” di frontiera: l’Opera del Duomo nella storia della Chiesa locale.

Premessa storica sulle Fabbricerie, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”, Pontedera 2004 p.16.

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G.GRECO, Un “luogo” di frontiera: l’Opera del Duomo nella storia della Chiesa locale.

Premessa storica sulle Fabbricerie, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”, Pontedera 2004 p.17.

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partire dal 1594, fu fondata, costruita e gestita grazie ad una fabbriceria laicale, i cui operai furono eletti dalla Balia di Siena. A questi operai, detti Della Casa dei Miracoli, si deve la trasformazione della chiesa in Collegiata urbana, con funzioni sociali anche di formazione scolastica.24

In questa breve carrellata di esempi non può mancare l’esperienza di Milano e del suo Duomo. La Veneranda Fabbrica per la costruzione del Duomo fu voluta da Gian Galeazzo Visconti, grazie alle consistenti donazioni in denaro e beni che arrivavano da cittadini e dalla Camera Viscontea. La Veneranda Fabbrica arrivò a contare centinaia di membri, in gran parte espressione dei vari quartieri milanesi, segno della volontà ducale di riconoscere, accettare e garantire l’appartenenza della cattedrale alla cittadinanza e non alla Chiesa.25

Il patrimonio delle fabbricerie aveva pian piano perso la sua natura ecclesiastica. L’ antica nobiltà di “spada” e la nuova nobiltà di “censo”, a seconda delle città coinvolte, andarono sostituendo il

24

G.GRECO, Un “luogo” di frontiera: l’Opera del Duomo nella storia della Chiesa locale.

Premessa storica sulle Fabbricerie, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”, Pontedera 2004 p.18: “la Madonna di Provenzano si è guadagnata una tale

importanza nel contesto cittadino al punto di vedersi dedicato il Palio del 2 luglio.”

25

G.GRECO, Un “luogo” di frontiera: l’Opera del Duomo nella storia della Chiesa locale.

Premessa storica sulle Fabbricerie, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”, Pontedera 2004 p.19.

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clero che nelle varie vicende passate si era dimostrato “poco avvezzo” alla gestione delle cose terrene.

Il patrimonium fabricae, il patrimonio cioè creato dalla pietà dei fedeli, acquistò sempre maggiore autonomia ed i fedeli (laici) ne assunsero la gestione e il controllo.

La Chiesa manifestò ben presto una certa avversione all’intervento ed alla autonomia dei laici nella gestione organizzativa ed economica del patrimonio ecclesiastico destinato al culto, avversione che trovò formale espressione in occasione del Concilio di Trento (1545-1563 con interruzioni) che, nel prefiggersi principalmente la tutela del dogma e la riforma spirituale e morale della Chiesa, non mancò di affrontare e disciplinare per la prima volta anche l’istituzione delle fabbricerie.26

1.3 Dal rinascimento comunale ai primi interventi legislativi

Soppresse all’inizio della Rivoluzione Francese, le Fabbricerie furono ripristinate sotto Napoleone con l’incarico di “vegliare alla conservazione dei templi, ed alla amministrazione delle

26 Concilium Tridentinum, in Conciliorum Oecumenicorum Decreta, a cura di G. Alberigo et

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23

elemosine”.27

Gli “Articoli organici” aggiunti nel 1807 da Napoleone al Concordato del 1801 non furono considerati mai legittimi dalla Chiesa che, in occasione del Concordato del 1929, chiese ed ottenne che gli amministratori non dovessero ingerirsi nei servizi di culto e che le nomine dei Fabbriceri venissero fatte dalle autorità pubbliche di intesa con quelle ecclesiastiche.

Ma fino al Concordato del 1929, la materia delle Fabbricerie fu regolata nel Regno d’Italia da vari interventi legislativi.28

I primi, come accennato sopra, risalgono appunto al 1807 e riguardarono le Fabbricerie della Lombardia e del Veneto che si presentano con l’esclusiva funzione di organo amministrativo della chiesa cui afferisce.29

Con il successivo Decreto Imperiale Napoleonico del 30 dicembre 1809, vigente in Italia, vengono disciplinate le Fabbricerie del Piemonte, della Liguria e dei Ducati di Parma e Piacenza. In questo caso, a differenza del precedente impianto normativo del

27 Art.76 della legge 18 germile anno X, da Il Digesto Italiano. Enciclopedia metodica e

alfabetica di legislazione dottrina e giurisprudenza compilata da distinti giureconsulti italiani sotto la direzione di Luigi Lucchini, Torino, alla voce “Fabbriceria”, p.4.

28

M.MORESCO, Le Fabbricerie secondo il decreto napoleonico del 30 dicembre 1809, Milano,1905; A.FONTANA, Le Fabbricerie nel modenese, Modena, 1907; S TESSITORE, La

Maramma o Fabbricerie in Sicilia, Torino, 1910; F.SCADUTO, Fabbricerie siciliane (Maramme), Napoli, 1911; B.SAVALDI, La Fabbriceria parrocchiale nelle province lombardo- venete, Milano, 1934.

29 E.PIGA, L’Ordinamento delle Fabbricerie nel regime concordatario, in Foro Amm., 1931,

(26)

24

1807, le Fabbricerie vengono considerate enti giuridici autonomi non facenti parte dell’amministrazione della Chiesa ma dotati di personalità giuridica “assorbente quella della chiesa di riferimento e, comunque, rappresentativi della stessa”.30

Siamo di fronte ad una serie di provvedimenti legislativi purtroppo frammentari e destinati ad avere efficacia solo nelle rispettive zone territoriali di riferimento, quindi in una Italia ancora divisa e ancora lontana da una unificazione territoriale e, conseguentemente, giuridica.31

Con la legislazione concordataria del 1929 si pose rimedio a questa frammentazione. Agli artt. 15 e 16 della Legge del 27 maggio 1929, n.848, recante “Disposizioni sugli Enti ecclesiastici e sulle Amministrazioni civili dei patrimoni destinati a fini di culto”, troviamo la prima definizione organica e funzionale di Fabbriceria.

Nel prossimo Capitolo entreremo nel dettaglio del contesto normativo in cui hanno operato le Fabbricerie, dal Regno d’Italia al Concordato del 1929.

30 ibidem

31

V.GIOMI, Le Fabbricerie in Italia: una realtà giuridica complessa di difficile

inquadramento giuridico, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”,

(27)

25

1.4 La finalità

Alla luce del percorso storico tracciato brevemente nei paragrafi precedenti, ci troviamo di fronte ad un soggetto giuridico la cui finalità principale è di operare in modo stabile, duraturo e continuativo, nel campo della manutenzione dell’edificio di culto, provvedendo sia alle esigenze ordinarie, che alle esigenze straordinarie dello stesso.32

Parte della dottrina ha voluto sottolineare come le Fabbricerie rappresentino la miglior sintesi della stretta cooperazione che si realizza tra laici ed ecclesiastici nell’amministrazione dei beni e nell’adempimento di scopi religiosi: “l’esistenza delle Fabbricerie risponde al compiuto sviluppo della costituzione parrocchiale e si connette con la graduale specializzazione di compiti di ordine tecnico amministrativo che hanno dato origine alla creazione di organi appositi”.33

Ecco perché alcune di esse nacquero “per impulso associativo di una serie di famiglie i cui membri si riunirono in modo stabile per occuparsi, insieme agli ecclesiastici, della manutenzione delle

32 V.GIOMI, Le Fabbricerie in Italia: una realtà giuridica complessa di difficile

inquadramento giuridico, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”,

Pontedera 2004 p.65.

33 E.PIGA, , L’Ordinamento delle Fabbricerie nel regime concordatario, in Foro Amm., 1931,

(28)

26

chiese”34

, mentre altre direttamente come fondazioni a fronte di lasciti patrimoniali di soggetti laici, pubblici o privati, conferiti con vincolo di destinazione per la manutenzione della chiesa. Quindi, possono essere sia di natura fondazionale (fabrica ecclesiae) oppure associativa (consilium fabricae).35

Come più volte detto, il termine Fabbriceria deriva dal latino

fabrica col significato di luogo di lavoro (“fabbrica”).

Nella metà del XIX secolo, Gaetano Moroni nel suo Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica36 scriveva:

“in termini ecclesiastici dicesi fabbrica, quella rendita che serve al mantenimento di una chiesa, massime delle chiese cattedrali o insigne, tanto per le riparazioni, manutenzione del sacro edifizio, ed ornamenti, quanto per tutto ciò abbisogna per la celebrazione dei divini uffizi; quindi si chiamano fabbriceri coloro che amministrano tali rendite, che sopraintendono alle accennate lavorazioni, alla economia ed altre temporalità, siano ecclesiastici, che laici”.37

34

ibidem

35F.FINOCCHIARO, Diritto Ecclesiastico, Bologna, 2003, p.96.

36 G.MORONI, Dizionario di erudizione storica-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni,

Venezia, tip. Emiliana, 1840-1861 (citazioni tratte dal vol. XXII, 1843, pp. 253-254)

37

G.GRECO, Un “luogo” di frontiera: l’Opera del Duomo nella storia della Chiesa locale.

Premessa storica sulle Fabbricerie, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”, Pontedera 2004 p.10, annota che “il Moroni utilizzava il termine fabbrica, perché

(29)

27

Il Moroni, nella sua definizione sopra riportata, prendeva spunto dalla nota ripartizione in quattro parti delle rendite ecclesiastiche adottata nel V secolo dai Papi Simplicio e Gelasio, fino ad allora concentrate nelle mani dei vescovi.

E’ una definizione che ci aggrada. Ma l’unica definizione che riteniamo corretto punto di partenza ai fini del presente lavoro è necessariamente quella contenuta nel Concordato del 1929, in particolare dal combinato disposto di cui ai commi 2, la definizione, e 3, le finalità, dell’art 15, della legge del 27 maggio 1929 n.848:

- al comma 2: “sotto il nome di fabbricerie si comprendono tutte le amministrazioni le quali, con varie denominazioni, di fabbriche, opere, maramme, cappelle, ecc., provvedono, in forza delle disposizioni vigenti, all’ amministrazione dei beni delle chiese ed alla manutenzione dei rispettivi edifici”;

- al comma 3: “ove esistano le fabbricerie, queste provvedono all’ amministrazione del patrimonio e dei redditi delle chiese ed alla

in quegli anni il termine fabbriceria doveva puzzare di…rivoluzionario, essendo stato introdotto nel 1807 con le riforme napoleoniche. Secondo il vocabolario della lingua italiana di Nicola Zingarelli (di cui ho sul tavolo l’edizione del 2002), il termine fabbriceria proviene da fabbricerie, che è l’italianizzazione del francese fabricer, mentre l’ italiano fabbrica avrebbe soprattutto i significati di “stabilimento opportunamente attrezzato per lo svolgimento di una attività industriale” o di “attività e organizzazione dirette a edificare qualcosa”, con fabbriceria si designa un “ente ecclesiastico che si occupa della gestione dei beni destinati alla manutenzione degli edifici ecclesiastici e alle spese di culto” (p. 673 dell’ edizione Zanichelli 2002). Forse, dalla penna dei curatori è sfuggito- coscientemente o meno- un… ecclesiastico di troppo.”

(30)

28

manutenzione dei rispettivi edifici, senza alcuna ingerenza nei servizi di culto”.

E’ da questi elementi costitutivi e distintivi sopra in evidenza che parte la nostra indagine.

Il nostro obiettivo è tentare di dare un contributo d’ordine dal punto di vista dell’evoluzione normativa, per arrivare a disegnare un possibile quadro ordinamentale, coerente con le ultime novità legislative, in cui le Fabbricerie possano trovarsi ad operare senza rinnegare il proprio passato e la loro missione quotidiana di amministrare i beni delle chiese e provvedere alla manutenzione degli edifici di culto e dei complessi monumentali che spesso li caratterizzano,38 nell’interesse superiore della comunità umana, non solo locale e nazionale perché patrimonio culturale e quindi identitario, ma anche universale in quanto patrimonio dell’umanità.

38

G.CIMBALO, Fabbricerie, gestione degli edifici di culto costruiti con il contributo pubblico

e competenze regionali sui beni culturali ecclesiastici, in

https://www.giovannicimbalo.it/fabbricerie-gestione-degli-edifici-di-culto-costruiti-con-il-contributo-pubblico-e-competenze-regionali-sui-beni-culturali-ecclesiastici/, p.1, per il quale “Gli edifici di culto hanno costituito da sempre un elemento d’identità del territorio, poiché intorno ad esso si sono sviluppate attività, le ricorrenze, le feste, i riti e le tradizioni della comunità.

(31)

29

Capitolo II

IL CONTESTO NORMATIVO IN CUI HANNO OPERATO LE FABBRICERIE

SOMMARIO: 2.1 Nel diritto Italiano. – 2.1.1 Dall’Unità d’Italia ai Patti Lateranensi. – 2.1.2 La legislazione Concordataria. – 2.1.2.1 Le norme. – 2.1.2.2 La personalità giuridica delle Fabbricerie. – 2.1.2.3 L’amministrazione dei beni ed i controlli sulla stessa. – 2.1.2.4 L’elemento distintivo della canonicità. – 2.1.2.5 Le competenze in positivo ed in negativo delle Fabbricerie e la rappresentanza. – 2.2 La legislazione post Concordataria. – 2.3 La posizione delle Istituzioni Centrali Italiane e della Conferenza Episcopale Italiana. – 2.3.1 Il Consiglio di Stato. – 2.3.2 L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). – 2.3.4 Il nuovo intervento del Consiglio di Stato. – 2.3.5 La Conferenza Episcopale Italiana (CEI).

2.1 Nel diritto Italiano

2.1.1 Dall’Unità d’Italia ai Patti Lateranensi

Per meglio comprendere gli elementi distintivi dell’impianto normativo concordatario vigente, merita partire dalla nascita del nuovo Regno d’Italia. Come detto nel Capitolo precedente, le Fabbricerie in Italia prima del Concordato conobbero assetti giuridici diversi nelle varie regioni d’Italia, nell’oscillare

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30

dell’approccio regolamentare tra il diritto canonico e gli interventi legislativi delle singole regioni.1

Proprio le diverse configurazioni affermatesi nel periodo preconcordatario portarono a dispute dottrinali senza che si arrivasse ad un chiarimento definitivo sulla natura giuridica delle Fabbricerie.

Non possiamo tralasciare il fatto che alla base di tali anche vivaci dibattiti ci fosse un clima politico e di confronto ideologico che ne influenzava di volta in volta l’orientamento.

Significativo, a questo riguardo, il tentativo da parte del Ministro Pisanelli2 che nel 1865 iniziò gli studi per il riordinamento dell’intera materia. Il tentativo non arrivò a compimento per le preoccupazioni dell’allora governo liberale che, nel mentre si

1 E.PIGA, , L’Ordinamento delle Fabbricerie nel regime concordatario, in Foro Amm., 1931,

IV p.2, in cui l’ Autore riassume efficacemente le configurazioni assunte dalle Fabbricerie prima del Concordato: “a) quella di fondazione staccata dalla chiesa e dal beneficio con lo scopo di provvedere alla conservazione e manutenzione degli edifici sacri ed alle spese di culto...regime vigente in Piemonte, in Sardegna e nelle province meridionali ove le fabbricerie non erano regolate da leggi organiche bensì da statuti particolari o da vetuste consuetudini….; b) quella in cui la fabbriceria costituisce non solo un ente giuridico per se stante ma assume un’importanza preponderante nella costituzione della chiesa parrocchiale in modo da assorbire la primitiva personalità giuridica di essa e la rappresentanza della parrocchia … l’ordinamento più completo di questo tipo di fabbriceria si ebbe con il famoso editto napoleonico del 30 dicembre 1809 vigente in Italia fin al Concordato nelle province liguri e parmensi; c) la fabbriceria non è un ente giuridico ma soltanto un organo amministrativo della chiesa la quale, per conseguenza, è la vera titolare del patrimonio destinato ai restauri e alle spese di culto … tale era il sistema imperante nelle province lombardo venete, in virtù dell’ordinanza italica del 15 settembre 1807, e in Toscana.”

2

Giuseppe Pisanelli, 1812-1879, fu giurista e politico, già ministro di grazia e giustizia nei Governi Farini e Minghetti I, a cui è strettamente legato il Codice civile emanato nell’aprile del 1865 dal suo successore allo stesso ministero, Giuseppe Vacca.

(33)

31

gettavano le fondamenta dei nuovi rapporti con lo Stato Pontificio con l’emanazione delle leggi eversive (1866-1867) e della successiva legge sulle guarentigie (1871), non volle rischiare di mettere in discussione l’efficacia delle suddette leggi, dato il contesto storico di relazioni già fortemente compromesse tra il neonato Regno d’Italia e la Santa Sede.3

Solo per ricordare, questo complesso di leggi mirò a:

- togliere il riconoscimento (e di conseguenza la capacità patrimoniale) a tutti gli ordini, le corporazioni, le congregazioni religiose regolari che comportassero vita in comune ed avessero carattere ecclesiastico;

- incamerare i beni di proprietà degli enti soppressi a beneficio del demanio statale;

- procedere alla conversione (liquidazione forzata) dei beni immobili di proprietà degli enti ecclesiastici in valori immobiliari, cioè in rendita pubblica per lo Stato, così evitando per il futuro che gli stessi enti ecclesiastici potessero possedere in maniera stabile beni immobili;

3

Le leggi eversive del Regno d’ Italia del 1866-1867 e la legge sulle guarentigie del 1871 sono espressione dell’abbattimento del potere economico della Chiesa cattolica e rimasero in vigore fino al 1929, anno dei Patti Lateranensi.

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32

- sopprimere tutti gli enti ecclesiastici, sia quelli morali che quelli per scopo di culto, ritenuti superflui dallo Stato per la vita religiosa del paese.

Da questa serie di provvedimenti legislativi rimasero esclusi i seminari, le cattedrali, le parrocchie, i canonicati e le Fabbricerie.

Gli “esclusi” assunsero il nome di enti “conservati”, frutto di un atteggiamento di riconoscimento ad essi dal neonato Regno d’Italia per le finalità ritenute sostanzialmente laiche, a cui erano stati destinati fino ad allora, della conservazione e della valorizzazione di un ingente patrimonio storico, artistico e archeologico. In altre parole, a prescindere dalla posizione politica del governo pro tempore, lo Stato non poteva non considerare la “sostanza” ed il funzionamento di questi enti, anzi doveva “conservarli” e proteggerli per agevolare e creare condizioni migliori affinché potessero continuare a svolgere le loro funzioni nel miglior modo possibile.4

Per oltre cinquant’anni il quadro normativo restò immutato.

4

P.G.CARON, Fabbricerie (ad vocem), in Enciclopedia del diritto, Milano, 1967.: “Ed invero le fabbricerie rientrano nella categoria degli enti “conservati” dalle suddette leggi. Da una parte esse furono soggette alla quota di concorso ed all’obbligo della conversione dei beni immobili come gli altri enti conservati. Dall’altra, però, vennero esonerate dalla tassa straordinaria del 30 per cento, che gravava su tutto il patrimonio ecclesiastico, ed ammesse a far valere i diritti di rivendicazione e svincolo riservati ai patroni laicali. Inoltre, eccezione fatta per la Sicilia, furono sottratte all’ ingerenza dei regi economati dei benefici vacanti”.

(35)

33

Con i Patti Lateranensi5 stipulati tra il Regno d’Italia e la Santa Sede l’11 febbraio del 19296

si pose fine alla c.d. “questione romana”7

e si introdusse un diverso indirizzo nelle relazioni tra Stato e Chiesa, andando a rivedere e modificare quegli istituti di diritto ecclesiastico sorti in un clima storico e politico in epoca preconcordataria non favorevole. Si affermò così un regime normativo di particolare attenzione e considerazione, frutto di un atteggiamento di segno opposto nei confronti degli enti ecclesiastici da parte dello Stato.

L’entrata in vigore dell’impianto di norme concordatarie, che si ispiravano al “concetto di unificare la frammentaria legislazione precedente”,8

ebbe come effetto l’abrogazione delle disposizioni di

5

I Patti Lateranensi, dal nome del Palazzo Lateranense in Roma in cui furono sottoscritti l’11 febbraio del 1929 gli accordi che portarono alla nascita dello Stato del Vaticano, consistono in tre documenti distinti: il Trattato fra la Santa Sede e l’Italia, il Concordato fra la Santa Sede e l’Italia e la Convenzione Finanziaria.

6

Il Trattato tra il Regno d’Italia e la Santa Sede fu pubblicato negli Acta Apostolicae Sedis n. 6 del 7 giugno 1929.

7 Merita citare quanto affermato nelle premesse del Trattato fra la Santa Sede e l’Italia: “Che la

Santa Sede e l’Italia hanno riconosciuto la convenienza di eliminare ogni ragione di dissidio fra loro esistente con l’addivenire ad una sistemazione definitiva dei reciproci rapporti, che sia conforme a giustizia ed alla dignità delle due Alte Parti e che, assicurando alla Santa Sede in modo stabile una condizione di fatto e di diritto la quale Le garantisca l’assoluta indipendenza per l’adempimento della Sua alta missione nel mondo, consenta alla Santa Sede stessa di riconoscere composta in modo definitivo ed irrevocabile la « questione romana », sorta nel 1870 con l’annessione di Roma al Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa Savoia”.

8 E.PIGA, , L’Ordinamento delle Fabbricerie nel regime concordatario, in Foro Amm., 1931,

IV p.5: “Le disposizioni di legge e i regolamenti in materia di costituzione e funzionamento delle fabbricerie devono ritenersi abrogate, non perché contrastano con la nuova disciplina del concordato del 1929, ma in quanto ricorre il caso di abrogazione previsto nell’ ultimo inciso dell’ art 5 delle disposizioni preliminari del codice civile”.

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34

legge, dei regolamenti e delle consuetudini9 fino ad allora in vigore, ivi incluse le norme relative alle Fabbricerie per alcune delle quali, tuttavia, nel comma 3 dell’art.34 del regio decreto del 2 dicembre del 1929 n° 2262 si ritenne di disporre che “le singole fabbricerie possono essere rette da particolari regolamenti redatti in conformità delle norme indicate nel precedente comma ed approvati con decreto reale, su proposta del ministro per l'interno, sentito l'ordinario diocesano”, determinando in via residuale una “nuova” categoria di enti conservati “sovente di origine remota che attraverso i secolari adattamenti”10

rispecchiavano particolari esigenze storiche e condizioni locali.11

L’impianto normativo concordatario si veniva così a caratterizzare, in materia di Fabbricerie, per due categorie di norme ad efficacia costitutiva: quelle appartenenti al complesso di norme aventi come fonte primaria il Concordato, i suoi principi fondamentali e inderogabili, e altre norme che, per l’appunto in via

9 ibidem

10 E.PIGA, , L’Ordinamento delle Fabbricerie nel regime concordatario, in Foro Amm., 1931,

IV p.6: secondo l’Autore i regolamenti conservati dall’art.34, comma 3, del regio decreto del 2

dicembre 1929 nr 2262, “assurgono alla dignità di fonte principale di diritto in questa materia, mentre le norme del citato regolamento assumono il carattere di fonte sussidiaria, purché, beninteso, non contengano norme contrarie alle direttive del concordato. A tale uopo è preveduta la possibilità, anzi, l’obbligo, di rivedere gli statuti per metterli in armonia con le anzidette direttive” (art.34 cit.).

(37)

35

residuale con riguardo ad organismi storici o frutto di particolari condizioni locali caratterizzati dalla mancanza di statuti, entravano come fonti suppletive di diritto.

Tutte le disposizioni degli statuti delle Fabbricerie in contrasto con le norme sopra in elenco dovevano ritenersi prive di effetto giuridico, senza che intervenisse una necessaria modifica degli stessi statuti.

2.1.2 La legislazione concordataria

2.1.2.1 Le norme

Nella prima categoria rientravano evidentemente: - gli artt. 29, 30 e 31 del Concordato12

- gli artt. 15 e 16 della legge del 27 maggio del 1929 n° 84813 - gli artt. 40 e 41 del regio decreto del 2 dicembre del 1929

n°226214

- l’ art. 35 del regio decreto del 2 dicembre del 1929 n°2262

12 Regio decreto recante il titolo “Esecuzione del Trattato, dei quattro allegati annessi e del

Concordato, sottoscritti in Roma, fra la Santa Sede e l'Italia, l'11 febbraio 1929”, in Gazzetta Ufficiale 5 giugno 1929, n°130.

13 Legge 27 maggio 1929, n°848, recante “Disposizioni sugli Enti ecclesiastici e sulle

Amministrazioni civili dei patrimoni destinati a fini di culto”, in Gazzetta Ufficiale dell’8 giugno 1929 n°133.

14

Regio decreto recante il titolo “Approvazione del regolamento per l'esecuzione della legge 27 maggio 1929, n° 848, sugli Enti ecclesiastici e sulle Amministrazioni civili dei patrimoni destinati a fini di culto”, in Gazzetta Ufficiale del 20 gennaio 1930 n°15.

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36

2.1.2.2 La personalità giuridica delle Fabbricerie

L’art 29, comma 2, lett. a), recitava: “Ferma restando la personalità giuridica degli enti ecclesiastici finora riconosciuti dalle leggi italiane (Santa Sede, diocesi, capitoli, seminari, parrocchie, ecc.), tale personalità sarà riconosciuta anche alle chiese pubbliche aperte al culto, che già non l’abbiano, comprese quelle già appartenenti agli enti ecclesiastici soppressi, con assegnazione, nei riguardi di queste ultime, della rendita che attualmente il Fondo per il Culto destina a ciascuna di esse.”

Con questa disposizione si riconosceva la personalità giuridica, fermi restando gli enti ecclesiastici riconosciuti dalle leggi italiane, anche “alle chiese aperte al pubblico che già non l’abbiano”.

Quello della personalità giuridica delle Fabbricerie è uno dei temi più dibattuti nel periodo preconcordatario e post concordatario, ancora oggi capace di alimentare vivaci dibattiti.

Lo Stato e la Chiesa, “due entità eterne ed immutabili, create e/o istituite sin dall’inizio”,15

ciascuna con un progetto di società

15

G.GRECO, Un “luogo” di frontiera: l’Opera del Duomo nella storia della Chiesa locale.

Premessa storica sulle Fabbricerie, in Giornata di Studio: “La natura giuridica delle fabbricerie”, Pontedera 2004 p.9.

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37

proprio, hanno sempre reclamato il loro potere che, una volta affermatosi, si rifletteva anche sugli enti minori, come le Fabbricerie che, a seconda del momento storico, si sono viste “trattate” alternativamente come enti pubblici-laici o enti ecclesiastici.

Nel periodo preconcordatario, come già riferito nel paragrafo precedente, oggetto di una particolare tutela pubblica che ne enfatizzava la finalità laicale, le Fabbricerie erano considerate enti pubblici e non enti ecclesiastici, a prescindere dal fatto che ad esse fosse affidato il mantenimento ed il funzionamento di certi edifici di culto.16 Sebbene amministrassero il patrimonio della Chiesa, le Fabbricerie venivano quindi considerate istituzioni laicali.17

Se tale fu l’orientamento prevalente della giurisprudenza dell’epoca, dal lato della dottrina si preferiva a tal fine chiarire preliminarmente che cosa rientrasse o meno nella definizione di ente ecclesiastico.

16 P.CONSORTI, Se le fabbricerie possano essere Onlus, in Diritto Ecclesiastico,

gennaio-marzo 2005, p.214 e ss.

17 E.PIGA, , L’Ordinamento delle Fabbricerie nel regime concordatario, in Foro Amm., 1931,

IV p.4 , “Le fabbricerie in massima parte in Italia, sorsero per impulso dei fedeli, e si svilupparono sotto l’ egida delle leggi dello stato , talvolta in collaborazione con la chiesa, talvolta in contrasto: sotto questo aspetto appare netto e inequivocabile il loro carattere laicale.”

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38

La dottrina dell’epoca distingueva, quindi, tra enti ecclesiastici in senso lato, che perseguivano scopi di culto, ed enti ecclesiastici in senso stretto, che appartenevano all’organizzazione della Chiesa cattolica per via dell’erectio in titulum.18

Ne conseguiva che, per esclusione, non erano classificabili come enti ecclesiastici quegli organismi che, sebbene destinati ad uso o servizio di culto,19 non ebbero mai erectio canonica, possedendo beni di natura laicale, governati da laici e soggetti alla tutela della potestà laica, rimanendo così estranei al patrimonio della Chiesa.

Anche dopo l’entrata in vigore del Concordato del 1929, dottrina e giurisprudenza sostennero tesi opposte.

Parte della dottrina sosteneva la tesi della soppressione della personalità giuridica in capo alle Fabbricerie per ricomprenderle come organi amministrativi della Chiesa, altra parte invece spingeva per rafforzare la posizione delle Fabbricerie riconoscendo loro personalità giuridica.20

18 L’ente ecclesiastico, per essere considerato tale, doveva rispondere a tre requisiti: erectio,

dos, beneficium, in difetto di una di essi non si ha che una semplice opera pia, cappellania o

legato pio.

19 A.SCEVOLA, Nuovissimo Digesto Italiano, alla voce “Fabbriceria”, p.4. 20 V.DEL GIUDICE, Manuale di Diritto Ecclesiastico, Milano, 1959, p.267.

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39

Neanche i lavori preparatori al Concordato aiutavano a chiarire l’intendimento del legislatore su questo tema.

Se la dottrina restava divisa, la giurisprudenza concordataria conveniva nel ricondurre le Fabbricerie ad organi amministrativi della Chiesa, quindi prive di una personalità giuridica autonoma21.

Due le questioni che si affacciavano con l’art.29 del Concordato:

- se veniva meno la personalità giuridica di quelle Fabbricerie che fino ad allora ne avevano goduto,

- se in futuro potesse essere attribuita la personalità giuridica a quelle Fabbricerie sorte successivamente.

La discussione riguardo alla prima questione prese le mosse dal parere del Ministro Guardasigilli Rocco che, nella relazione del 30 aprile del 1929 con cui presentò alla Camera dei Deputati la legge n° 848/1929, riconosceva che l’art.29 attribuiva personalità giuridica a tutte le chiese aperte al culto e stabiliva nella stessa

21 P.CONFORTI, ., Se le fabbricerie possano essere Onlus, in Il Diritto Ecclesiastico,

gennaio-marzo 2005.: con riguardo all’art.29 del Concordato, l’Autore precisa che “la norma non è di facile interpretazione, ed appare anzi scarsamente coordinata con le altre corrispondenti. E’ però un fatto storico che la giurisprudenza prese da qui a ritenere che non potessero esservi più Fabbricerie dotate di personalità giuridica autonoma, ma solo Fabbricerie intese come organi amministrativi dell’ente cui spetta la proprietà della Chiesa, inoltre riteneva che pur essendo queste organi delle Chiese, non fossero enti ecclesiastici, ma istituti laicali di carattere pubblico”; l’Autore rinvia alla pronuncia del Consiglio di Stato, sez.V, 14 ottobre 1941, in Dir.Eccl., 1942, pp.38 e ss.

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40

relazione che “ammesso tale principio, ne derivava, che le Fabbricerie, le quali, secondo la legislazione finora in vigore, potevano essere persone giuridiche per se stanti, ormai non devono essere considerate se non organismi della chiesa, considerata essa stessa come persona giuridica”.

Pochi anni dopo, sulla stessa linea si espresse il Ministero dell’ Interno con propria Circolare del 13 dicembre 1935, n°6955/ 78, relativa al regio decreto 26 settembre 1935 n° 2032, stabilendo “appunto perché esse, in tutti i casi e senza eccezione alcuna, costituiscono oggi, in base alle norme concordatarie, semplici collegi amministrativi, le Fabbricerie, - che potevano essere prima del concordato persone giuridiche per se stanti e, come tali proprietarie delle chiese, - hanno ormai perduto, se pure l’avevano nel passato nel periodo preconcordatario, la personalità giuridica, la quale deve essere trasferita, con la conseguente capacità di acquistare e possedere, alle rispettive chiese.”

Opposto invece era il punto di vista sostenuto il 4 maggio del 1929, sullo stesso disegno di legge, dal relatore della Commissione Speciale della Camera dei Deputati Arrigo Solmi: “ il Concordato art.29 riconosce la personalità giuridica a tutte le chiese pubbliche

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aperte al culto. In conseguenza le Fabbricerie, pur mantenendo personalità giuridica , sono considerate come organi amministrativi della chiesa”. Secondo Arrigo Solmi pareva difficile che con l’arrivo del Concordato si volesse completamente ribaltare, in maniera drastica la materia, senza avere un riferimento normativo espressamente previsto.

Secondo poi altre interpretazioni,22 il legislatore concordatario aveva prescelto e generalizzato come modello di riferimento quello vigente nell’ordinamento lombardo-veneto, regolato precedente-mente dall’ordinanza italica del 15 settembre 1807, che inquadrava le Fabbricerie come meri organi amministrativi delle Chiese, in quanto tali prive di personalità giuridica.

Questa possibile interpretazione e inquadramento delle Fabbricerie era poi conforme al diritto canonico, il quale prevedeva i consigli di fabbrica come amministratori dei beni della chiesa, ma non veniva riconosciuto ad essi la qualità di soggetti di diritto.23

Infatti, l’art 29, lett. a), del Concordato individuava le Fabbricerie come consigli, quindi come un corpo costituito in tutto

22

E.PIGA, , L’Ordinamento delle Fabbricerie nel regime concordatario, in Foro Amm., 1931, IV p. 7.

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o in parte da laici, preposto in modo stabile alla gestione dei beni della Chiesa.

Quest’ultimo indirizzo interpretativo sembrava ancora più chiaro per il combinato disposto dell’ art.29 del Concordato con l’art.15 della legge del 27 maggio del 1929 n° 848 e gli artt.33 e 37 del relativo regolamento di cui al regio decreto del 2 dicembre 1929 n°2262.

Il legislatore concordatario avrebbe voluto eliminare qualsiasi dubbio o incertezza relativa all’attribuzione della personalità giuridica in capo alle Fabbricerie, inquadrandole in maniera chiara e precisa:

- con la definizione contenuta nell’art.15, comma 2, della legge del 27 maggio del 1929 n°848,

- con l’ art.33 del regio decreto del 2 dicembre 1929 n° 2262, laddove si stabiliva che “i consigli di amministrazione o fabbricerie di cui all’ art.29, comma 2, lett. a), capoverso del Concordato, provvedono, ove esistano, alla manutenzione e ai restauri delle chiese e degli stabili annessi, compresa eventualmente la casa canonica, e all’amministrazione dei beni patrimoniali e avventizi a ciò destinati”;

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- e con l’art.37 del regio decreto del 2 dicembre del 1929 n°2262, successivamente abrogato dal regio decreto del 26 settembre 1935, che stabiliva che “la Fabbriceria amministra i beni patrimoniali e avventizi che sono destinati alla conservazione e manutenzione, ai restauri della chiesa e all'esercizio del culto”.

Di contro, c’era poi un'altra lettura degli artt. 33, 37 e 38 del regolamento citato volta a rafforzare la tesi della conservazione della personalità giuridica in capo alle Fabbricerie. L’espressione “Consigli di Amministrazione (…) o Fabbricerie (…) attribuita agli organismi in argomento sarebbe una semplice traduzione “per uso concordatario” del termine canonistico “consilium fabricae” e non di “fabricae ecclesiae”,24

per cui sia quella denominazione che la riforma degli statuti e dei regolamenti porterebbero a concludere che le nuove norme abbiano avuto come obiettivo la sola riforma degli organi amministrativi e delle loro funzioni e non la soppressione della personalità giuridica.

Dalla lettera degli articoli qui sopra citati si può rilevare che non si parla mai espressamente dell’attribuzione o meno della personalità giuridica in capo alle Fabbricerie, ma il riferimento ad

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esse è sempre ad “organo amministrativo preposto all’amministra-zione patrimoniale dei beni della chiesa”, lasciando dubbi sulla conservazione della personalità giuridica per tutte quelle Fabbricerie che fino al Concordato ne avevano goduto.

Ma non c’era una norma espressa che stabiliva la soppressione della personalità giuridica e nulla vietava che le Fabbricerie preesistenti al Concordato potessero conservare anche dopo di esso le condizioni in cui si erano trovate fino a quel momento.

Per quanto riguarda la seconda questione, ovvero se le Fabbricerie sorte successivamente potessero acquisire la personalità giuridica, dagli articoli 4 e seguenti del regio decreto del 2 dicembre 1929 n°2262, si deduceva per le chiese pubbliche aperte al culto e per gli altri “enti”25

la non obbligatorietà ma la possibilità di ottenere l’attribuzione della personalità giuridica.

25Art.7, comma 1, regio decreto 2 dicembre 1929 n° 2262: “Il riconoscimento, agli effetti civili,

degli istituti ecclesiastici canonicamente eretti o approvati ha luogo su domanda di chi li rappresenta, diretta al ministro per la giustizia e gli affari di culto.”

Art.8, comma 1, regio decreto cit.: “Il riconoscimento della personalità giuridica degli ordini e delle congregazioni, delle province e delle case religiose è concesso su domanda dei rispettivi rappresentanti, diretta al ministro per la giustizia e gli affari di culto.”

Art.10, comma 1, regio decreto cit.: “ Il riconoscimento della personalità giuridica delle chiese pubbliche aperte al culto, che già non l'abbiano, è demandato dall'ordinario diocesano mediante istanza diretta al ministro per la giustizia e gli affari di culto.”

Art 11, comma 1, regio decreto cit.: “La domanda per il riconoscimento della personalità giuridica nelle chiese appartenenti a qualcuno degli enti ecclesiastici soppressi può essere fatta, oltre che dall'ordinario diocesano, anche dal rappresentante della rispettiva associazione o provincia o casa religiosa civilmente riconosciute.”

Art 16, comma 1, regio decreto cit.: “La domanda per ottenere il riconoscimento della personalità giuridica delle confraternite ed in genere, delle associazioni laicali a scopo di

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Quindi, il riconoscimento non avveniva ope legis, ma si riservava al potere discrezionale dell’autorità governativa la quale poteva avere interesse a non pronunciarsi in senso positivo.

Risultava evidente una “facoltà” per gli enti di ottenere il riconoscimento.

Questo avrebbe comportato che, se alla Fabbriceria sorta successivamente fosse stata attribuita la personalità giuridica, quindi non più semplice organo di amministrazione, si avrebbe avuto la coesistenza di due enti a rappresentare il medesimo istituto. Ma ciò non comportava il pericolo di interferenza di funzioni, poiché la legge dello Stato, come già la legge della Chiesa, limitava l’attività delle fabbricerie a compiti di gestione patrimoniale, escludendole dall’ingerenza nel culto come riportato rispettivamente nell’art.29 del Concordato, comma 2, lett. a), seconda parte, in cui viene precisato che “ salvo quanto è disposto nel precedente art.27, i consigli di amministrazione, dovunque esistano e qualunque sia la loro denominazione, anche se composti totalmente o in maggioranza di laici, non dovranno ingerirsi nei servizi di culto, e la nomina dei componenti sarà fatta d’intesa con

religione o di culto di qualsiasi natura, che già non la posseggano, è proposta dal loro rappresentante al ministro per la giustizia e gli affari di culto.”

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