2 IL MODELLO INGLESE
3.2 LE PRECEDENTI PROPOSTE
La prima iniziativa parlamentare in materia è il disegno di legge del 6 novembre 2008 del senatore Alessio Butti (PdL) intitolato “Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione degli
impianti sportivi”20, da subito oggetto di acceso dibattito politico. Ci
si divide tra chi vede la legge come l'ancora di salvataggio del calcio italiano e chi la considera il grimaldello per grandi speculazioni edilizie in barba alle regole archeologiche, idrogeologiche ed ambientali, bollando come inopportuno stanziare risorse pubbliche nel settore in un momento di crisi economica. “La realtà, probabilmente, sta nel mezzo. Lo scontro tra diverse posizioni non mette in dubbio
l'impatto positivo, anche per l'economia nazionale, di una politica di
interventi sugli impianti sportivi: un rinnovamento degli stadi,
mediante ristrutturazioni o nuove costruzioni, potrebbe attivare
investimenti fino a 1,5 miliardi di euro, con una caduta occupazionale
importante durante la fase di costruzione e un'altra, numericamente
inferiore ma stabile, nella successiva gestione.”21
Il contenuto delle disposizioni mira da un lato a snellire la enorme burocrazia dichiarando la realizzazione delle nuove opere dei privati di “preminente interesse nazionale, di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza” attribuendogli la natura giuridica delle opere pubbliche.
Dall'altro si sforza di regolamentare il modo di consentire un bilanciamento dell'investimento a livello economico inserendovi la possibilità di comprendere nel progetto attività commerciali e altre strutture di varia natura. I lavori sarebbero stati regolati “secondo criteri di sicurezza, fruibilità e redditività dell'intervento e della
gestione economico-finanziaria, in modo che sia garantita,
nell'interesse della collettività, la sicurezza degli impianti e degli
stadi, anche al fine di prevenire i fenomeni d violenza all'interno e
all'esterno dei medesimi, e sia migliorata, a livello internazionale.
L'immagine dello sport in vista della candidatura dell'Italia per
l'organizzazione di manifestazioni sportive di rilievo europeo o
internazionale.”
Per facilitare le operazioni sarebbero stati previsti soldi pubblici non soltanto per gli impianti sportivi, ma addirittura per i complessi
21 TARì, D. - “All'ultimo stadio. Il business del calcio. Verità, menzogne e numeri.” Informant. 2014.
multifunzionali, per gli uffici privati delle società e per i complessi residenziali con un piano di intervento straordinario triennale e agevolazioni per l'accesso ai fondi dell’Istituto per il Credito Sportivo. Il progetto avrebbe dovuto prevedere esplicitamente “locali da adibire a palestra, servizi commerciali, spazi destinati ad attività
sociali ad uso della cittadinanza, anche mediante convenzioni con
istituti scolastici, associazioni sportive dilettantistiche, federazioni
sportive nazionali ed enti di promozione sportiva.”
Le squadre calcistiche, le società controllanti o qualsiasi altro soggetto privato o pubblico interessato avrebbero goduto di procedure speciali molto singolari. Infatti per la ristrutturazione delle strutture esistenti sarebbe bastata una “denuncia di inizio attività” a meno della necessità di varianti urbanistiche per le quali si sarebbe dovuto applicare il secondo tipo di percorso, quello per impianti di nuova costruzione. Per questi si prevedeva un iter burocratico della durata totale massima di 6 mesi: sarebbe bastata la presentazione di uno studio di fattibilità “comprensivo delle valutazioni di ordine sociale, ambientale e
infrastrutturale, degli impatti paesaggistici e delle esigenze di
l'indicazione delle eventuali risorse pubbliche e degli eventuali
finanziamenti per la sua predisposizione” per avviare l’approvazione
del progetto. Poi entro 60 giorni presso il sindaco doveva essere promosso un accordo di programma allo scopo di “approvare le necessarie varianti urbanistiche e commerciali e per conseguire
l’effetto di dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed
urgenza delle opere”, equiparandole a quelle pubbliche.
Il testo venne approvato all'unanimità il 7 ottobre 2009 dal Senato e trasmesso 6 giorni dopo alla Camera dei Deputati con il nuovo titolo di “Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi e stadi anche a sostegno della candidatura dell'Italia
a manifestazioni sportive di rilievo europeo o internazionale”22, ma da
qui il suo percorso lineare si interruppe bruscamente con alcune modifiche che ne determinarono continui rinvii tra Palazzo Madama e la Commissione Cultura della Camera, complice anche anche la sconfitta della candidatura italiana ad ospitare gli europei di calcio del 2016, assegnati alla Francia.
Uno dei momenti più controversi riguarda la significativa modifica presentata in commissione il 23 febbraio 2011, che incrinava il poco
frequente consenso trasversale delle forze politiche che era riuscito a guadagnarsi il precedente testo e fu foriera di diverse critiche in particolar modo di Legambiente.
Nella definizione di impianto sportivo oggetto del testo normativo e più specificamente riguardo le attività ricreative, commerciali e di ristorazione era stata eliminata la precisazione finale “nel rispetto della normativa urbanistica vigente”.
Non solo, il disegno di legge infatti riguardava due tipologie di interventi possibili: quelli per costruire o ristrutturare i complessi sportivi veri e propri e renderli moderni e funzionali e quelli che invece riguardavano i “complessi multifunzionali” cioè “ogni altro insediamento edilizio ritenuto necessario ed inscindibile dal comune
ai fini del complessivo equilibrio economico e finanziario della
costruzione e gestione del complesso multifunzionale medesimo”.
Riguardo a questi oltre all'eliminazione della precisazione riguardo i vincoli urbanistici venne specificato che sarebbero potuti essere realizzati anche in aree non contigue allo stadio. In pratica vere e proprie cittadelle con insediamenti residenziali, attività ricettive, di svago, di servizio o culturali sarebbero potute essere paradossalmente
costruite in aree lontanissime dall'impianto sportivo, utilizzando quest'ultimo come scusa per immotivate agevolazioni burocratiche e finanziarie.
La terza e più contestata modifica al testo pacificamente accettato e approvato in precedenza riguarda la immotivata cancellazione di ogni riferimento alla salvaguardia della “normativa vigente in materia di vincoli storico-artistico-architettonici, archeologici e idrogeologici”
per le aree oggetto dell'insediamento.
I promotori del disegno di legge si difesero affermando che pur senza l’espressa ed esplicita salvaguardia dei vincoli si sarebbe dovuto ritenere che questi ultimi fossero inderogabili. Ma ciò rischierebbe di fare saltare il faticoso accordo del senato così il 12 luglio 2012 la commissione approva un testo privo di tutte le modifiche di febbraio ed anzi con ulteriori stringenti vincoli, trasferendolo al Senato per l'approvazione definitiva.
Qualsiasi insediamento edilizio non sportivo è infatti ammesso solo se “necessario e inscindibile, purché congruo e proporzionato ai fini del
complessivo equilibrio economico e finanziario della costruzione e
stabilisce possano accedere solo le società sportive in regola con i versamenti contributivi e fiscali, sparisce il finanziamento pubblico tramite il piano di investimenti triennale e viene modificato l'iter burocratico. Il proponente di un progetto in una nuova area deve presentare uno studio di fattibilità, la procedura viene gestita dal comune tramite la conferenza dei servizi, “l'istituto volto a semplificare l'azione della pubblica amministrazione attraverso
l'esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti in un
procedimento amministrativo”.
I tempi decisori massimi si dilatano rispetto al precedente modello fino a circa 18 mesi, escluse le tempistiche di progettazione preliminare e definitiva. Per le semplici ristrutturazioni le tempistiche sono più snelle, sempre che non serva una variante urbanistica che ci rimanda al modello appena descritto.
Oltre agli spazi già citati viene previsto “un piano per la realizzazione di impianti sportivi scolastici nel comune dove sorge il nuovo
impianto sportivo, nel limite pari al 2 per cento del costo di
costruzione”, novità mutuata dal contesto internazionale che però
2012 il Presidente della Repubblica dispone lo scioglimento delle camere ed il termine della legislatura, bisognerà ricominciare tutto da capo.
3.3
IL TESTO
Iniziamo chiarendo che: “Definirla legge sugli stadi è improprio. Questa è una legge sugli impianti sportivi. E' la legge per tutte le
discipline impropriamente definite minori che dai nuovi impianti
avrebbero benefici importanti.”23
Nella nuova legislatura e dopo quasi cinque anni dall’originario disegno di legge ne viene presentato un altro da parte di un gruppo trasversale di deputati di tutte le forze politiche capeggiato da Dario Nardella (PD) dal nome “Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti e di complessi sportivi multifunzionali.”24
La nuova proposta riguardante gli impianti sportivi di almeno 1500 posti al coperto e 4mila posti scoperti riparte dal precedente disegno di legge sul quale si era ormai raggiunto l'accordo totale, modificandone però l'impostazione.
L'incipit del DDL così esordisce: “Onorevoli colleghi! In Italia esiste un importante bisogno di pratica sportiva. Lo registrano i dati
23 MALAGò, G. - “Conferenza stampa del Comitato Olimpico Nazionale Italiano”. Milano. 2013. 24 A.C. 1617
statistici disponibili, pur se non particolarmente aggiornati, lo
confermano i contenuti del Piano Nazionale per la Promozione della
Pratica Sportiva 2012-2013, nonché l’esito delle attività
conseguentemente attivate, quali quelle connesse alle misure urgenti
per la crescita di cui al decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. La
presente proposta di legge ha lo scopo di favorire e di incentivare la
realizzazione di nuovi impianti e complessi sportivi nonché la
ristrutturazione di quelli già esistenti secondo criteri di sicurezza,
fruibilità e redditività della gestione attraverso la semplificazione e
l’accelerazione delle procedure amministrative e la previsione di
tempi certi per la realizzazione delle opere e dei meccanismi
semplificati di individuazione del soggetto a cui affidarne la
realizzazione. Soprattutto, riteniamo che tale bisogno sia avvertito
quotidianamente da molti uomini e donne, da molti giovani, famiglie e
operatori del settore sportivo, tra cui si annoverano moltissimi
volontari. Il rapporto «Gli impianti sportivi in Italia» elaborato dal
Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) nel 2003
un progressivo rallentamento della crescita numerica, nonostante una
maggiore incidenza di investimento privato rispetto al passato,
dimostrando come i meccanismi attuali non favoriscono gli
investimenti e la realizzazione di opere nuove e di ristrutturazione.
Non definiamola pertanto, sbrigativamente, «legge-stadi». Non
abbiamo messo a punto questa normativa pensando solo agli stadi e
quindi al calcio e alla sua filiera di legittimi interessi. Abbiamo
elaborato questo testo pensando a tutto il mondo dello sport e quindi
di sport meno praticati rispetto al calcio le cui strutture soffrono
spesso maggiori difficoltà in termini di sostenibilità e di gestione.
Secondo il rapporto del CNEL dei 148.880 spazi di attività sportiva
(al 2003) 14.590, ovvero il 9,8 per cento risultano «non attivi». Si
tratta di un patrimonio prevalentemente pubblico di proprietà
comunale, situato soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia che necessita
di interventi di recupero e di riqualificazione strutturale. Con il
termine «spazi non attivi» sono stati compresi tutti quegli spazi
classificati nell’ultimo censimento nazionale come spazi «non
funzionanti», spesso mai completati o inagibili per cattivo stato di
completati, in disuso o in abbandono o per altri problemi tecnici
correlati alla gestione. Tali dati mostrano la necessità di un percorso
di adeguamento strutturale e normativo volto non solo al loro
recupero quantitativo ma anche a realizzare una «trasformazione»
degli impianti stessi, ottimizzando e qualificando il sistema
dell’offerta delle infrastrutture e dei servizi per lo sport
corrispondente alle nuove esigenze della domanda. I dati sulla
costruzione e sull’ammodernamento degli impianti esistenti in Italia
mostrano in maniera incontrovertibile la vetustà delle strutture: il
parco impiantistico italiano è stato edificato prevalentemente prima
del 1981 (62,5 per cento del totale delle unità esistenti). Poco meno
del 30 per cento risale al periodo compreso tra il 1981 e il 1990. Dal
1991 al 1996 è stato costruito il 5 per cento degli spazi elementari di
attività sportiva, mentre è 3,4 per cento il valore stimato per gli spazi
nati dopo il 1996. Gli investimenti per la manutenzione interessano
solo l’1,5 per cento del totale degli impianti. I dati sulla proprietà
degli impianti dimostrano la necessità di favorire e di regolamentare
in maniera organica e con strumenti snelli gli investimenti dei privati
proprietà pubblica, contro il 41 per cento di proprietà privata. Dopo
il 1989 la situazione presenta una controtendenza decisa. Gli spazi
costruiti tra il 1989 e il 2003 sono per il 57 per cento privati contro
un 33 per cento pubblici. Pertanto nel 2003 gli spazi di proprietà
pubblica sono scesi al 53 per cento, mentre quelli privati sono saliti al
43 per cento. Per quanto attiene alla gestione degli impianti si
evidenzia una prevalenza complessiva di gestione privata (oltre il 69,2
per cento nel 1989) che è andata crescendo dopo tale anno (68,6 per
cento). Gli spazi gestiti dal settore pubblico, prevalentemente di
proprietà comunale, sono diminuiti passando dal 28 per cento al 22,5
per cento. I criteri e le procedure che regolano la gestione delle
pubbliche amministrazioni non sempre sono in grado di garantire
livelli di dinamicità e di efficienza in modo da soddisfare le esigenze
dell’utenza. In questo contesto appare chiaro che il ruolo degli
operatori privati è destinato ad aumentare il proprio peso nel
panorama sportivo nazionale. I dati dell’Istituto Nazionale di
Statistica (ISTAT) 2012, evidenziano, tra la popolazione italiana, un
aumento della propensione alla pratica sportiva dal 26,8 per cento
agonistica ammonta a circa 2,5 miliardi di euro l’anno, erogata dallo
Stato per il 27 per cento dalle regioni con l’11 per cento, dalle
province con l’8 per cento e dai comuni con il 54 per cento. L’Italia è
agli ultimi posti in Europa per la spesa in rapporto al prodotto
interno lordo (PIL) con circa il 2 per cento, contro il 7 per cento
dell’Olanda e il 5 per cento di Spagna e Francia, secondo il rapporto
del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) del 2012. I dati
sugli investimenti pubblici mostrano la necessità di incentivare e di
fornire strumenti più adeguati per favorire nuovi investimenti. Tra i
fattori che vincolano lo sviluppo degli impianti sportivi al primo posto
si collocano l’insufficienza delle risorse pubbliche e la difficoltà a
reperire fondi privati (sponsorizzazioni). Lo sport è ovviamente anche
economia e lavoro: 2,7-3,0 punti di PIL di investimenti in opere
pubbliche, turismo, trasporti, media tradizionali e media innovativi.
Le trasformazioni socio-economiche, le mutazioni demografiche,
l’evoluzione della domanda, la diffusione dello sport per tutti e
l’utilizzo del tempo libero dei cittadini, che sempre più manifestano
interesse e cura per la propria persona, pongono l’esigenza di un
provvedimento non comporta oneri per lo Stato e individua soluzioni
in un’ottica di efficacia e di efficienza della gestione, costruzione e
ammodernamento dell’impiantistica sportiva nel territorio
nazionale.”
E dopo un breve riassunto della proposta normativa conclude dicendo: “Attesa la grande rilevanza socio-economica e per quanto rilevato, si
raccomanda la sollecita approvazione del provvedimento. Lo sport
deve essere sempre più partecipe del progresso civile e sociale del
Paese. Dobbiamo garantire le migliori condizioni affinché ciò possa
avvenire. Siamo chiamati a farlo, tra l’altro, anche per amplificare la
dimensione europea dello sport e per ridurre i deficit che ci separano
da molti Stati membri dell’Unione europea. Senza tralasciare il fatto
che l’utile progredire di una candidatura italiana a ospitare
manifestazioni di carattere internazionale, specie di livello olimpico,
presuppone la disponibilità di un patrimonio infrastrutturale sportivo
moderno, accessibile, tecnologico e sostenibile.”
Viene reintrodotto lo strumento della finanza di progetto così da permettere a chi effettua l'investimento di avere la garanzia di poter rientrare nel proprio investimento potendo beneficiare degli introiti
derivanti dalla gestione della struttura per tutta la durata della concessione. Il proyect financing solitamente parte con una comunicazione della pubblica amministrazione delle opere previste dalla programmazione triennale che possono essere realizzate con risorse private, le proposte vengono valutate e le migliori sono oggetto di una gara pubblica. Il proponente nel nostro caso può adeguare la propria offerta a quella vincitrice, aggiudicandosi il progetto, costruendolo e poi gestendolo una volta terminato. La proprietà della struttura rimane solitamente pubblica, concordando una convenzione pluridecennale col privato a fronte di un canone annuale di concessione. Al termine della convenzione torna nella piena disponibilità dell'amministrazione che può scegliere se gestirla, alienarla oppure darla nuovamente in gestione anche ad un soggetto diverso dal precedente.
La procedura generale viene esplicitamente rispettata per quanto riguarda la ristrutturazione di preesistenti impianti pubblici o posti in aree pubbliche con la previsione di una scadenza massima di 60 giorni tra l'autorizzazione definitiva ed il bando di gara, stabilendo in 50 anni la durata minima della convenzione. Per quanto riguarda invece la
costruzione ex novo o per impianti privati o posti in aree private non si può richiamare la finanza di progetto ma se ne mutuano gli aspetti principali.
Il privato deve sottoporre al comune interessato il progetto d'opera, lo studio di fattibilità, il piano economico-finanziario e l'indicazione delle eventuali opere compensative che si intenderebbe realizzare, i tempi per l'autorizzazione definitiva scendono a 16 mesi contro i 18 dell'ultima versione del precedente disegno. Si stabilisce anche che “In caso di inerzia o di superamento dei termini assegnati per gli
adempimenti […] la parte proponente può chiedere l'esercizio del
potere sostitutivo alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
L'ingiustificato ritardo è valutato ai fini della responsabilità
amministrativa dei funzionari preposti e comporta, sussistendone i
presupposti, danno risarcibile.”
Il disegno di legge non segue il normale iter parlamentare ma dopo pochissimi mesi dalla proposta viene inserito con esigue modifiche dalla Commissione Bilancio della Camera come emendamento della cosiddetta “legge di stabilità” la legge 147/2013, la sua approvazione il 27 dicembre 2013 da quindi il via alla riforma tanto attesa. Si
soddisfa quindi l'atavica esigenza di regolare le condizioni atte a favorire la realizzazione di nuovi impianti sportivi o “laddove possibile […] il recupero di impianti esistenti o relativamente a
impianti localizzati in aree già edificate”. Entra quindi in vigore il 1
gennaio 2014 la cosiddetta “legge sugli stadi” la cui disciplina legislativa è all’articolo 1, commi 303, 304 e 305 che esamineremo nel dettaglio.
L' articolo 1, comma 303 dispone che: “Il Fondo di garanzia di cui all’articolo 90, comma 12, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 è
integrato con 10 milioni di euro per l’anno 2014, 15 milioni di euro
per l’anno 2015 e 20 milioni di euro per l’anno 2016. L’Istituto per il
Credito Sportivo amministra gli importi di cui sopra in gestione
separata in base ai criteri approvati con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato, sentiti il
Ministro dell’interno e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e della
Conferenza Stato-città ed autonomie locali, tenendo conto
funzionale degli impianti sportivi e la loro fruibilità, nonché per il
loro sviluppo e ammodernamento.”
La legge 147/2013 ha perciò stanziato 45 milioni di euro destinati al credito agevolato nel successivo triennio con un occhio di riguardo alla sicurezza di strutture e spettatori. Il Fondo Nazionale di Garanzia invece può stanziare una quota di finanziamento di circa il 50%, ma che potrebbe aumentare per impianti medio-piccoli come campi da basket, piscine o piccoli stadi per la Lega Pro e la Lega Nazionale Dilettanti. L’istituto, assieme alla Coni Servizi, si è fatto quindi promotore dei vantaggi della legge soprattutto presso i club minori. Il vero cuore della norma è l'articolo 304 che recita: “Al fine di consentire, per gli impianti di cui alla lettera c) del presente comma,
il più efficace utilizzo, in via non esclusiva, delle risorse del Fondo di
cui al comma 303, come integrate dal medesimo comma, nonché di
favorire comunque l’ammodernamento o la costruzione di impianti
sportivi, con particolare riguardo alla sicurezza degli impianti e degli
spettatori, attraverso la semplificazione delle procedure
amministrative e la previsione di modalità innovative di
presenta al comune interessato uno studio di fattibilità, a valere quale
progetto preliminare, redatto tenendo conto delle indicazioni di cui
all’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre
2010, n. 207, e corredato di un piano economico-finanziario e
dell’accordo con una o più associazioni o società sportive utilizzatrici
in via prevalente. Lo studio di fattibilità non può prevedere altri tipi di
intervento, salvo quelli strettamente funzionali alla fruibilità