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Le responsabilità ingles

Nel documento For God'sake! Lift the embargo to Spain (pagine 106-108)

Un’indiscrezione giunta da Londra, secondo cui italiani e tedeschi stavano deliberatamente sfruttando la guerra in Spagna «to test their new equipment and train their men», provocò la vibrante protesta di The New Republic. «Is it possible at this late date to stop the drift toward extension of the hostilities?», domandava, con una certa enfasi retorica, l’autore dell’articolo «Britain’s responsibility for Spain». Più che un editoriale, quello apparso sul numero del 25 novembre del settimanale, fu un vero e proprio atto di accusa contro il governo inglese per la gestione della crisi spagnola. Le misure adottate fino a quel momento, veniva osservato, non avendo impedito «the steady development of intervention» avevano reso la «”neutrality”» una «farce», da cui però non poteva essere tratto alcuno vantaggio a dispetto di quanto ritenuto dal governo Baldwin e da larga parte dell’opinione pubblica inglese. I ministri inglesi si erano goduti le loro lunghe vacanze estive, come se per risolvere la crisi bastasse ignorarla, perdendo così del tempo prezioso. Nella fattispecie, secondo l’autore dell’editoriale, l’Inghilterra si era fatta sfuggire tre buone occasioni.

La prima, durante le prime settimane del conflitto, quando avrebbe potuto sostenere la scelta francese di consentire al governo spagnolo di acquistare «what it wished». Dato che non si sarebbe trattato di una violazione della neutralità secondo il diritto internazionale Italia e Germania non avrebbero potuto obiettare nulla. In questo caso i ribelli franchisti sarebbero stati battuti in men che non si dica, sarebbe stato versato molto meno e si sarebbe evitato il rischio di un regime militare in Spagna alleato con Italia e Germania.

La seconda quando l’intervento delle potenze fasciste nel conflitto era già in corso ma non ancora esteso e Francia e Inghilterra avevano optato per la neutralità. Perché questa politica non rimanesse lettera morta sarebbe stato infatti indispensabile che l’Inghilterra avesse da una parte esercitato pressioni sul Portogallo e dall’altra dato vita ad un blocco navale congiuntamente alla Francia. Una politica di rigorosa neutralità avrebbe pertanto scongiurato il rischio «of a spreading of hostilities» e consentito ai repubblicani di aver qualche chance in più di quelle che invece avevano avuto.

La terza quando il governo russo aveva contestato la politica di non-intervento denunciando le violazioni dell’accordo da parte di Germania, Italia e Portogallo e il governo inglese, pur ammettendo che il non-intervento era stato un fallimento, era riuscito a «to keep its back to the issue» facendo in modo che nulla venisse fatto.

Giunti a questo punto, veniva osservato, non era da escludere che il governo inglese stesse contando su una rapida vittoria dei ribelli, con l’aiuto fascista, e che questo risultato sarebbe stato accettato con serenità ritenendolo un male minore rispetto alla possibilità di una guerra generale. «We fear, however, that this is another stupid self-deception», annotò l’editorialista. Più a lungo sarebbe continuata la guerra e più essa si sarebbe inasprita rendendo «larger and more aggressive» i movimenti delle forze partigiane straniere. «Prime Minister Baldwin – concluse l’editorialista - may yet be held chiefly responsible by historians not only for the trouble in Spain, but for the failure to put out a fire which kindled a world conflagration».470

La decisione, presa a Londra il 16 febbraio 1937 dai rappresentanti di ventisette nazioni, di sottoscrivere un documento con cui i rispettivi governi si impegnavano a mantenere la più assoluta neutralità in Spagna ebbe puntuale risalto sulle colonne di The New Republic. Particolare sconcerto aveva infatti destato la possibilità accordata nell’occasione al Portogallo di limitare la sua cooperazione soltanto ad un accordo speciale grazie al quale alcuni ispettori inglesi avrebbero pattugliato il confine ispano-portoghese. Il 3 marzo apparve così sul settimanale «Has Britain betrayed Spain?», un lungo approfondimento sul tema firmato dal columnist del New York Post Ludwig Lore. Il Portogallo, spiegava Lore, storicamente era uno stato semi-indipendente, che godeva di alcuni vantaggi e protezioni in cambio della fedeltà assoluta alla corona inglese. Non occorrevano dunque mesi di negoziati per persuadere questo «vassal of British finance» a seguire l’esempio di Downing Street. Le impressioni che si potevano quindi ricavare erano due: che la diplomazia inglese si fosse riconciliata «to the idea of Spain as another in the chain of European fascist states» e che la Commissione di Non-Intervento avrebbe deliberatamente rimandato ogni decisione fino a quando Inghilterra, Germania e Italia, non fossero state ragionevolmente certe dell’equipaggiamento nella disponibilità degli insorti in vista della battaglia finale per la conquista di Madrid. Non era difficile infatti immaginare, secondo Lore, le ragione per cui Londra avrebbe preferito Franco ad un governo guidato da Caballero:

Hundreds of millions of pounds sterling invested in Spanish enterprises of all kinds by British capital are undoubtedly safer for their British owners under a nationalist government than in a country controlled by a leftist government strongly influenced by proletarian groups.

L’unica contingenza che, in una prima fase, aveva fortemente preoccupato Londra, osservò in conclusione il giornalista, era stata la possibilità che l’Italia potesse strapparle il controllo del Mediterraneo: un’ipotesi scongiurata però dalla sigla nel gennaio 1937 del Gentlemen’s agreement.471

La decisione dei paesi del Patto di Non-Intervento di procedere al pattugliamento dei confini spagnoli e al blocco navale lasciò presagire la possibilità che, con l’aprile 1937, la guerra civile potesse entrare in una nuova fase. Contestualmente, come annotato nell’editoriale del 28 aprile «What Britain wants in Spain», si rincorrevano le voci di una proposta di pace americana in accordo, «perhaps», coi paesi latino-americani. «Before we are drawn into any such move – scrisse l’editorialista - we ought to know exactly what we are doing». Fin dall’inizio, secondo il giornalista, la politica americana in Spagna era stata completamente dipendente da quella inglese: per comprendere il margine di manovra americano era quindi indispensabile individuare gli obiettivi inglesi. Apparentemente la principale preoccupazione di Downing Street derivava dal timore che da una «foreign partisanship with one or the other of the two contending forces» potesse scaturire «a general European conflict». Per quanto il governo conservatore inglese potesse temere quest’eventualità, una paura uguale se non più grande derivava dalla poderosa avanzata della «social democracy» nel mondo.

470 Editoriale, «Britain’s responsibility for Spain», 25 novembre 1936. 471 Ludwig Lore, «Has Britain betrayed Spain?», 3 marzo 1937.

Its imperial concerns to be sure, would lead it to dislike the establishment of either German or Italian power on the Iberian Peninsula, but its deepest prejudices would equally oppose the strengthening of the influence of Soviet Russia, or even of a completely native brand of government with a socialist tendency.

Dietro al tentativo inglese di favorire «a stalemate» nelle ostilità si celava quindi la volontà di porre fine alla guerra attraverso una «“peace without victory”», cui avrebbe fatto seguito, secondo l’editorialista, la formazione di un governo moderato in cui né la destra né la sinistra spagnola avrebbero avuto un ruolo dominante: una monarchia o una repubblica capitalista, sostenuta moralmente e finanziariamente dall’Inghilterra, e con a capo un presidente come Salvador de Madariaga». Alla luce di questi elementi si poteva in conclusione ritenere che l’Inghilterra, al fine di sostenere Franco, stesse cospirando «in the interest of a Spanish stalemate and a political settlement», così facendo prolungava la guerra.

«All competent observers», a giudizio dell’editorialista, ritenevano tuttavia che fosse impossibile che una policy di questo tipo potesse avere successo «through a negotiated settlement»: entrambi i contendenti avrebbero continuato infatti a combattere fino alla «exhaustion and defeat of one party or the other». La policy inglese si basava dunque su un’illusione «criminally dangerous». Per il governo degli Stati Uniti, pertanto, era giunto il momento di rendersi conto della situazione: non era più possibile infatti rimanere complici di una politica i cui unici risultati erano stati, «the prolongation of Spanish slaughter, the encouragement of the aggressive powers in Europe and heightened danger to peace and democracy everywhere».472

(fino a settembre azione GB è ok)

Nel documento For God'sake! Lift the embargo to Spain (pagine 106-108)