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I processi di riforma del sistema pubblico italiano hanno assunto la denominazione di “aziendalizzazione della pubblica amministrazione”4. Tuttavia, tali riforme scontano almeno dieci

4 Per aziendalizzazione della pubblica amministrazione si intende, quindi, il

riconoscimento e la valorizzazione della dimensione economica, ossia di azienda degli istituti/enti pubblici (Annessi Pessina, 2007 p. 12). Viganò (2000) sostiene che l’esercizio di un’attività economica può essere considerata azienda quanto si è in presenza di alcuni requisiti minimi, quali l’autonomia, la durabilità, la coordinazione sistemica, l’efficienza.

Più in particolare, con l’aziendalizzazione della pubblica amministrazione si riconosce la necessità di contemperare i tre diversi ambiti in cui si svolge la vita degli istituti pubblici: il sistema istituzionale, guidato dal principio di legalità volto a garantire l’equilibrio dei diritti e dei doveri dell’istituto pubblico nei

anni di ritardo rispetto ad altri Paesi in cui era già affermato il fenomeno del New Public Management (Meneguzzo, 1997 p. 590 e 598).

Le riforme hanno interessato l’amministrazione sia a livello centrale che a livello locale, anzi, quest’ultimo è stato spesso il campo di sperimentazione delle innovazioni introdotte (Farneti, 2000).

I principali contenuti delle riforme che hanno riguardato la pubblica amministrazione italiane sono riassumibili nei seguenti punti (Borgonovi, 2005 p. 198):

- autonomia funzionale delle Regioni e degli enti locali che ha implicato una maggiore autonomia amministrativa, finanziaria, organizzativa, contabile e patrimoniale;

- riconoscimento della distinzione tra funzione di indirizzo e controllo (propria degli organi politico-elettivi) e della funzione di gestione riconosciuta come ambito di autonomia della dirigenza;

confronti degli individui e degli altri istituti con cui si rapporta; il sistema politico, guidato dal principio del consenso e/o dell’opportunità politica, che deve garantire l’equilibrio tra valori, attesi e interessi dei diversi individui e gruppi sociali; il sistema aziendale, guidato dal principio dell’economicità che nel contesto pubblico può essere considerata come la capacità, mantenuta nel lungo periodo, di soddisfare in modo adeguato i bisogni considerati di pubblico interesse dalla comunità di riferimento, prelevando dalla comunità stessa un ammontare di ricchezza socialmente accettabile, evitando un ricorso patologico all’indebitamento, assicurando remunerazioni soddisfacenti per i prestatori di lavoro (Borgonovi, 2005). Tradizionalmente, nel concreto funzionamento degli istituti pubblici, sono stati privilegiati i primi due sistemi. Tuttavia, nel corso del tempo, essi si sono rilevanti insufficienti a causa della crescente complessità e dinamicità dell’istitutivo e dell’ambiente accrescendo l’importanza del terzo sistema,quello aziendale tramite cui perseguire un equilibrio tra bisogni e risorse limitate.

- esplicito riconoscimento dell’applicabilità del modello e dei sui principi (funzionalità, professionalità, efficacia, efficienza, economicità) alle amministrazioni pubbliche. Ciò è particolarmente significativo perché in precedenza tale applicazione, oltre che ostacolata nel concreto, veniva esclusa dalle leggi o considerata di rango inferiore al principio di legalità;

- eliminazione di una parte significativa di controlli

preventivi di legittimità sostituiti da controlli successivi;

- eliminazione, o forte riduzione, dei controlli sugli atti ed esplicito richiamo ai controlli sui risultati e sul raggiungimento degli obiettivi. Queste disposizioni di legge, rese più organiche con le normative sui controlli interni (strategico, di gestione, di valutazione del personale, di correttezza amministrativa) e sui Nuclei di Valutazione, avrebbero dovuto cambiare radicalmente il ruolo e le funzioni degli organi di controllo esterno (come la Corte dei Conti);

- introduzione di forme alternative di gestione dei servizi

pubblici, con il superamento della gestione diretta o tramite “azienda senza personalità giuridica”;

- introduzione di forme di flessibilità del personale;

- introduzione di forme di retribuzione “mista”, in parte

legata alla qualifica, in parte alle posizioni organizzative attribuite e in parte ai risultati ottenuti;

- applicazione sempre più rigorosa delle responsabilità sui

Come illustrato nella tavola 4, dagli anni novanta ad oggi diverse sono state le riforme degli aspetti finanziari e contabili, improntate al New Public Financial Management, che hanno interessato il contesto degli enti locali.

Tav. 4 - Le riforme nel contesto degli enti locali italiani Anno Contenuti della riforme

1990

- la Legge 142/1990 che ha riformato l’ordinamento delle autonomie locali introducendo i principi del NPM: divisione tra politica e gestione, responsabilizzazione sul risultati, autonomia, principio dell’accountability, controllo di gestione, misurazione delle performance, esternalizzazione dei servizi pubblici locali;

- possibilità di ottenere finanziamenti da banche private oltre che dalla Cassa Depositi e Prestiti;

1995

- Decreto Legislativo n. 77/1995 che ha introdotto nuovi strumenti contabili, tra i quali il Piano esecutivo di gestione (Peg). Il Peg rappresentò una novità assoluta nella programmazione e pianificazione operativa dell’ente, infatti costituisce “lo strumento attraverso il quale si mettono in evidenza, distinguendoli dalla pianificazione strategica e dalla programmazione, i piani operativi di conseguimento delle risorse, nonché di impiego e combinazione degli interventi (fattori produttivi)” (Farneti, 2000 p. 173);

1998 - Introduzione dell’ICI;

- Introduzione del Patto Interno di Stabilità;

2000 - Introduzione del Testo Unico degli Enti Locali (Tuel)

2001

- Possibilità di investire in strumenti finanziari derivati

- Parziale riforma della Costituzione della Repubblica Italiana in cui gli enti locali vengono riconosciuti come componenti della Repubblica;

2002 - 2004

- Introduzione della possibilità di utilizzare forme di partenernariato pubblico- privato per la gestione dei servizi pubblici locali

2008- oggi

- Abolizione dell’ICI;

- Introduzione di limiti all’aumento dei tributi

- Legge n. 15/2009 “Legge Brunetta” con introduzione di nuovi meccanismi per la misurazione della performance

- Legge sull’armonizzazione contabile - Introduzioni di leggi sul federalismo fiscale

Le riforme introdotte negli ultimi venti anni trovano la loro origine in provvedimenti legislativi adottati dallo Stato centrale (Mussari, 2005; Pollitt e Bouckaert, 2004). La tradizione napoleonica, a cui appartiene la cultura amministrativa italiana, ha influito nella capacità di recepimento delle riforme e dei paradigmi manageriali provocando un atteggiamento oscillante tra “rifiuto” e “accettazione critica” dei modelli manageriali a una apparente ridefinizione dei confini tra la tradizionalmente dominante cultura giuridica e un nuovo orientamento più aperto ai principi e alle logiche manageriali. Questo fenomeno sta probabilmente producendo nella cultura amministrativa una originale miscellanea di logiche manageriali e di logiche proprie della tradizionale cultura legalistica di tipo napoleonico (Borgonovi, 2005).

4. La natura aziendale dell’amministrazione pubblica locale