I militari e i curiali dopo la fine del nepotismo: l’esercito dal 1692 al
4. L’esercito tra riforme e permanenze
4.1 Le sfide della riorganizzazione sotto Innocenzo
Nel 1697 la guerra della Lega di Augusta (1688-1697) si concluse con la pace di Riswijk e papa Pignatelli decise una riforma dell’esercito per diminuire i costi, ora che si era calmata la tensione ai confini. Le soldatesche furono ridotte su ordine del pontefice. A Roma dovevano essere riformati 250 uomini per 15.000 scudi di risparmio annuo, a Civitavecchia 50 uomini per 2.640 scudi, a Ferrara 46 per 1.680 scudi circa, nella fortezza di Ferrara altri 33 per 1.205 scudi. Il piano prevedeva un risparmio complessivo di 20.526 scudi491. Un versione più incisiva del piano poteva essere implementata per un risparmio di 26.735 scudi, il taglio addizionale si sarebbe ottenuto con un ulteriore diminuzione dei soldati, soprattutto a Roma e Ferrara492. Il progetto prevedeva dunque il congedo dei soldati e contemplava gli ufficiali in modo indiretto come parte delle unità riformate. Il criterio di selezione per la riforma era non
490
ASV, Commissariato Armi, 324, c. 54, f. 302r., 19 ottobre 1697, Firenze, al marchese Toriglioni Acciaioli.
491
Ivi, 502, c. 37, «Ristretto di quanto importa ogni anno la Riforma delle infras.te Soldatesche».
176 aver mai partecipato a una campagna militare in Levante493. Annesso alla riforma degli ufficiali c’è anche un foglio riepilogativo della guarnigione di Roma:
Stato delle soldatesche di Roma dal Pontificato di Papa Alessandro settimo sino al presente giorno. Nel pontificato di Alessandro 7 tre compagnie di Fanteria Soldati n. 750. Corazze n. 80. Compagnia de Corsi n. 200. Nel Pontificato di Clemente 9 tre Compagnie di Fanteria Soldati n. 500. Carabine n.70 e furono riformate le Corazze. Nel Pontificato d’Innocenzo XI […] alli cinque quartieri furono aggiunti altri quattro quartieri fu accresciuta la gente, e rimesso le Corazze et al presente sono n. 9 quartieri, soldati n. 1512. Corazze n. 102494.
A riguardo delle loro retribuzioni si possono dare alcuni dati. Nel 1700, alla fine del pontificato di Innocenzo XII, un capitano della Guardia guadagnava, secondo quanto riporta un piano di riforma del 1740, circa 24 scudi di salario, sei piazze morte (emolumenti addizionali) per 27 scudi circa, la pigione della casa per altri 5, più l’utile per il bettolino (le forniture di cibo per i soldati) di 12 scudi. Il totale era di 68 scudi mensili per 816 annui. Il capitano della compagnia dei Corsi della Sacra Consulta 25 scudi per 300 annui495. Il vice castellano di Castel S. Angelo 71 al mese per 854 annui496, le corazze nel 1700 erano due compagnie, una al comando di Francesco Maria Crispoldi, l’altra di Urbano Spada per 51 scudi mensili per 612 annui497.
Il criterio di selezione degli ufficiali nelle compagnie di Roma è per la prima volta l’anzianità di servizio, tale metodo non viene commentato o spiegato in alcun modo, ma sono riportati in un testo annesso alla riforma una tabella con le carriere – i requisiti – dei capitani di compagnia in servizio a Roma, e l’elenco con indicata la data di entrata in servizio, insieme con la lista dei cassati e di quelli trattenuti in servizio ordinati per anzianità. I capitani delle compagnie di guardie erano: Massimiliano Cleuter, Filippo Altoviti, Felice Alfaroli, Carlo Enrico di San Martino, Pietro Antonio Monaldi, Orazio Monaldi, Federico Colonna,
493
Ivi, c. 41: «sono stati cassati [coloro] che non hanno resoluto navigare».
494
Ivi, c. 48.
495 ASR, Soldatesche e galere, 665, 23, c. 1, ff. 9, 11. Le altre spese per gli ufficiali corsi erano a carico delle
comunità.
496
Ivi, c. 3.
177 Vincenzo Origo498. Il colonnello Cleuter era olandese, e comandava la Compagnia dei Banchi dal 1672. Era stato nominato colonnello nel reggimento pontificio nelle ultime spedizioni per la guerra di Candia nell’anno 1669. Ottenne poi la carica di castellano a Civitavecchia nel 1670, promosso capitano delle Guardie, dal 1672 anche governatore delle Armi di Sabina e Montagna. Nel 1684 fu scelto per comandare il battaglione per la spedizione annuale delle galere. Il colonnello dunque manteneva una doppia carica, è probabile che risiedesse a Roma, tale prassi sarà progressivamente abbandonata e questo è uno degli ultimi esempi di un conferimento di questo tipo. Pietro Antonio Monaldi di Perugia era capitano della compagnia Monte della Farina dal 23 dicembre 1691, ossia appena eletto Innocenzo XII, un nota a commento riporta che il Monaldi: «Non ha altri requisiti»499. Orazio Monaldi di Perugia, il padre di Pietro Antonio, fu capitano della Guardia dal 27 novembre 1688, dal 1690 era capitano della compagnia di Borgo. L’esperienza pregressa citata è un periodo di sei anni nel reggimento francese Magalotti dove fu alfiere dal 1683500. Federico Colonna era un membro della famiglia dei Colonna-Romano duchi di Mont’Albano, un ramo cadetto siciliano dei Colonna. Il padre Cesare si trasferì a Roma. Egli servì vent’anni prima come paggio, poi coppiere ed infine maestro di camera nella corte di Anna Colonna, moglie di Taddeo Barberini. Nel tempo trascorso a Roma, pur mantenendo interessi in Sicilia, ottenne il titolo di nobile romano e la carica di conservatore di Roma. Dopo la morte di Anna, Cesare passò sotto la protezione del cardinale Girolamo Colonna principe di Paliano, che ne favorì la carriera nelle istituzioni cittadine di Roma501. I figli Giacomo e Federico Colonna, dopo la morte del padre nel 1668, intrapresero la carriera delle armi502. Il secondo aveva servito nell’esercito imperiale dal 1673 per tre campagne sotto il principe Pio di Savoia. Nel 1677 passò al
498
Le carriere di tutti questi ufficiali sono in ASV, Commissariato Armi, 502, c. 48.
499 Ibidem. 500
Ibidem: «Altra campagna contro il Turco nell’anno prossimo passato 1690 è nel ritorno assalito da Vascello francese corsaro con pericolo di vita, e perdita di robba».
501 F.P
ETRUCCI, Colonna Girolamo, in DBI, vol. 27(1982), ad vocem.
502
F.MUGNOS, Historia della Augustissima famiglia Colonna, nella Stamperia Turrini, Venezia 1658, p. 52. Su Cesare Colonna, si veda S.FECI, Pesci fuor d’acqua. Donne a Roma in età moderna: diritti e patrimoni, Viella, Roma 2004, pp. 197-226.
178 servizio della Monarquia e fu nominato capitano di una compagnia a Napoli. A novembre del 1688 entrò poi al servizio del pontefice Innocenzo XI come capitano di una compagnia di Guardie503. Nel 1690 partecipò alla campagna in Levante e nella spedizione del 1696 fu comandante del battaglione504. Vincenzo Origo era capitano della compagnia di Trastevere dal 24 dicembre 1688. Prima di passare al servizio pontificio servì nell’esercito spagnolo a Milano e Napoli e partecipò alla campagna contro il Turco nel 1690. L’estensore del testo annota però che il suo servizio nell’esercito spagnolo fu compiuto in un periodo di pace, alludendo alla mancanza di esperienza di combattimento di Vincenzo505. Gli Origo erano una influente famiglia romana, il fratello era Curzio Origo, che entrò nell’amministrazione come prelato della congregazione del Buon Governo e referendario di Segnatura nel 1686506. Negli anni successivi compì una carriera prima come uditore della Segnatura dal 1690, e poi come luogotenente nel tribunale civile dell’Auditor Camerae dal 1696, partecipando alle iniziative di riforma dei tribunali avviate da Innocenzo XII507. Ci sono poi i capitani nominati da Alessandro VIII nel 1690, almeno uno di costoro prima della nomina era registrato nell’elenco dei clienti degli Ottoboni. Il primo è il cavaliere di Malta romano commendator Filippo Altoviti (1641-1699), che fu nominato capitano della Compagnia degl’Alemani a Capo le Case a maggio 1690 dal generale di Santa Chiesa Antonio Ottoboni. La carta non menziona il nome del capitano, ma a Roma erano presenti Filippo e Giovanni Battista Altoviti. Il secondo era stato più volte conservatore di Roma, mentre Filippo era un cavaliere di Malta, perciò questi è la persona nominata nella carta508. La nota dei suoi requisiti riporta come notizie del suo servizio l’aver servito come capitano dal 1663 per cinque anni durante la
503
I requisiti scritti da Federico Colonna sono in ASV, Commissariato Armi, 501, c. 75.
504
Ivi, 322, f. 133r.
505 I requisiti scritti da Vincenzo Origo sono in Ivi, 501, c. 76. La notazione è in ivi, 502, c. 48. P.P
AGLIUCCHI, I castellani di Castel S. Angelo, cit., pp. 122-4, 128-9.
506
C.WEBER-M.BECKER, Genealogien zur Papstgeschichte, cit., p. 692.
507 S.T
ABACCHI, Origo Curzio, in DBI, vol. 79(2013), ad vocem.
508
B.DAL POZZO, Ruolo generale de Cavalieri Ierosolomitani, cit., pp. 244-5: «capitano di Galera, capitano delle guardie del Papa, capitano di Grazia». è segnato come provenienza e data di ingresso nell’ordine: Firenze 1661. Cfr. P.PAGLIUCCHI, I castellani di Castel S. Angelo, cit., p. 122.
179 guerra di Candia e che nel 1668, al ritorno da Creta, divenne tenente dei corazzieri. In ultimo è citato l’esercizio della carica di castellano di Castel S. Angelo ad interim durante la Sede Vacante del 1689. I requisiti annotati non menzionano che il cavaliere partecipò alle spedizioni dell’Ordine in appoggio all’esercito veneziano di Francesco Morosini nel 1685 in Morea509. Il secondo è Felice Alfaroli di Pistoia. Alfiere dal 1667 a Roma, fu alfiere di marina per la spedizione in Candia l’anno 1668. Fu l’alfiere più anziano per la spedizione in Levante contro il Turco dell’anno 1684. Nella campagna di quell’anno comandò come capitano per sostituire il suo superiore rimasto infermo510. Il terzo è il conte torinese Carlo Enrico di San Martino. Il suo è un caso particolare, il conte era un’artista, non aveva alcun requisito militare precedente il servizio al papa: «Conte San Martino Piemontese / Alfiere di Gen. 1690 e Cap.no a Ripetta primo Aprile 1690 / Non ha altri requisiti». Il conte San Martino era anche un architetto; egli progettò, su richiesta di Antonio Ottoboni, la tomba per lo zio Alessandro VIII. La tomba e le sculture furono realizzate da Angelo De Rossi, che operò sulla base del progetto del torinese511. Il conte risulta presente come cliente nei registri della famiglia Ottoboni dal 1692, si è ipotizzato che la sua presenza fosse legata al progetto della tomba, tuttavia il capitano generale di Santa Chiesa Antonio Ottoboni nominò alfiere il conte già nel 1690. I requisiti militari di San Martino riportano la data del 23 gennaio 1690512. Da questi risulta inoltre che già in aprile dello stesso anno fu nominato capitano delle Guardie, tale rapide ascesa è indice di un legame con la famiglia Ottoboni. Nel 1698 percepiva 12 scudi di
509
Sulla notizia di questa partecipazione, ibidem.
510
Sulla famiglia, si veda T. AMAYDEN, La Storia delle Famiglie Romane, cit., p. 100. C. WEBER-M. BECKER,
Genealogien zur Papstgeschichte, cit., p. 47: «Cav. Di Malta, Commendatore della guardia alemanna di
Innocenzo XII 1690-1695». Non è da escludere che egli comandasse una compagnia diversa prima del 1690. I passaggi di comando erano molto frequenti.
511 Sul coinvolgimento di Carlo E. San Martino per la realizzazione della tomba, si veda E.J.O
LSZEWSKI, Cardinal Pietro Ottoboni (1667-1740) and the vatican tomb of pope Alexander VIII, American Philosophical Society,
Philadelphia 2004, pp. 181-92.
512ASV, Commissariato Armi, 501, c. 52: «Il conte Carlo Enrico di San Martino hebbe la patente di Alfiere della
Comp.a Italiana acquartierata a Capo le Case dall’Ecc.mo Sigr. Prencipe D. Antonio Ottoboni d’ordine Santissimo dalla F.M. di Papa Alessandro ottavo adi 23 genn. 1690 – rogata n. 45 in Segreteria di S.E., e 94 nella computisteria del Sr. Valenti Collat.e. Parimente d’ordine santissimo ricevè poi la Patente dal med.o Sig.r Prencipe di Capitano della Compagnia di Trastevere a dì p.mo aprile 1690 = rogata in Seg.a di S.E. n. 114, et in Comp.a n. 132. Fu poi per commando di Sua Stà provisto della Compagnia di Ripetta con la Sua Patente in data de 23 dec. 1690 rog.ta in Segr. ria di S.E.n. 131, et in comp.ria 206».
180 pensione al mese, circa la metà dello stipendio da capitano della Guardia513. San Martino era anche un membro dell’Arcadia col nome di Lucanio Cinureo, egli è descritto come incisore e pittore, tuttavia non sono sopravvissute sue opere. La sua produzione letteraria consiste in orazioni, alcuni sonetti e commedie514. Cominciò a lavorare a San Pietro già dal 1692 e nel 1696 fu rimborsato dal maestro di Casa degli Ottoboni per il costo degli strumenti. Il legame con gli Ottoboni cominciò progressivamente ad affievolirsi e fu rimosso dalle liste dei clienti nel 1700, la fine dell’impegno per la tomba di Alessandro VIII è del 1705515. Massimiliano Cleuter era probabilmente il figlio del colonnello Leonardo Cleuter, comandante del contingente pontificio a Creta e in Dalmazia516.
I capitani cassati furono quelli nominati nel 1690 sotto Alessandro VIII: «Capitani delle Cinque Compagnie, che devono restare in piedi, alle quali si devono unire le altre quattro, che si levano Colonnello Cleuter, Commendatore Altoniti, Oratio Monaldi, Vincenzo Origo, Federico Colonna / Capitani, che devono riformarsi, e le loro Compagnie unire alle altre cinque, Felice Alfaroli, San Martino, Pietro Antonio Monaldi, Massimiliano Cleuter». l’ultima spedizione in Levante menzionata era quella del 1690, visto che nel 1691 non ci furono spedizioni, attraverso queste evidenze interne si può dedurre che la riforma degli ufficiali accadde nel 1692, all’inizio del pontificato. Ad essere penalizzati furono dunque gli ufficiali più giovani e clienti degli Ottoboni, e i figli di anziani ufficiali, che avevano ottenuto un capitanato in virtù dei meriti del loro parente. La domanda a cui il testo di riforma senza commento non può rispondere con certezza è se i quattro furono congedati perché clienti degli Ottoboni, oppure perché giovani e privi di esperienza. I quattro persero dunque le loro cariche, ma quando ascese al pontificato Clemente XI, tutti questi ufficiali furono reintegrati
513
E.J.OLSZEWSKI, Cardinal Pietro Ottoboni (1667-1740), cit., pp. 181-92, p. 216.
514 G.M. C
RESCIMBENI, L’Istoria della Volgar Poesia, Nella Stamperia Antonio de Rossi, Roma 1714, p. 200:
«applicato ugualmente all’armi, che alle lettere».
515
E.J.OLSZEWSKI, Cardinal Pietro Ottoboni (1667-1740), cit., pp. 181-4.
181 nell’esercito. Per opporsi alla riforma e al proprio congedo il conte San Martino inviò un memoriale, così è titolato nel registro che lo contiene517. Il testo riporta alcuni importanti dati:
Quando la Santità di N.S. volesse ritrarre dalle sue Compagnie delle Guardie un sollievo alla Rev.a Camera di 40 mila. scudi in circa senza privarsi del necessario servitio delle med.e Comp.e; le quali essendo sparse per tutta la città, la tengono in freno vietando a qualunque persona di ricalcitrare et opporsi à gli ordini santissimi, potrebbe facilmente Sua S.tà conseguirlo; mentre con la riforma di soli cinquanta soldati, due caporali, et un foriere per Comp.a si viene a ritrarre il vantaggio in tutte nove le compagnie di trentaseimila scudi l’anno, i quali uniti a sei altri mila, che si ricaveranno dalla già destinata riforma d’una parte delle Corazze, ascendono in tutto a circa quarantadue mila scudi l’anno il che viene a sgravare notabilmente la Camera per quello riguarda il Corpo militare delle truppe di Sua S.tà, la quale non riceva solo da questo corpo il disgravio predetto della Camera, ma generalmente d’altri Ministerij, e Cariche di tutto lo Stato Ecclesiastico. Riflettendo ch’in tal guisa non si levano i quartieri, e gli officiali benemeriti col mezzo de quali si può sempre in caso di bisogno accrescere la gente senza strepito di eriggere nuove Compag.e, aprire altri quartieri, e creare officiali, ma solo aumentando il numero de soldati ne med.mi quartieri, già destinati dalla S.M. d’Innocenzo XI, il che non da occasione di discorso a i sudditi; e di riflessione a gli stranieri; Oltre poi al sussurro, che all’incontro si farebbe di presente ne riformare quattro, o cinque compagnie di pianta, le quali empirebbero la Citta di grosso numero di malcontenti, e vagabondi; non meno che di fedelissimi Officiali sconsolati; i quali hanno procurato, si in Guerra, che in pace di rendere ogni più esatto, e fedel servitio alla S.tà Sede. Se poi la S.Sua e l’BB.VV. considerassero di potersi anche privare nelle presenti emergenze di maggior numero di soldati sarebbe in tal caso maggior lo sgravio della Rev.Camera a propertione [sic] del numero destinato per la riforma senza obbligar alla demissione di Comp.e intiere, le quali non servono solo di decoro, ma di necessario vigore al Principe Supremo per farsi giustamente ubbidire da chi occorre.
Il testo di San Martino è scritto in forma di memoriale, non si trattava di una supplica, perciò la natura del testo era correlata allo stile adottato, tuttavia le basi di competenza con cui sosteneva le sue idee erano scarse. Egli cercava un espediente per mantenere il proprio posto, tentò di perseguire questo obiettivo attraverso un implicito professionismo nel consiglio dato al pontefice nella parte finale del testo appena citato. San Martino era tra gli ufficiali con meno esperienza, apparteneva al gruppo nominato da Antonio Ottoboni e possedeva un
curriculum atipico; la carriera militare era per il torinese una concessione di status per un
servizio alla casata veneziana, piuttosto che il riconoscimento di una effettiva capacità nel
517 Ivi, c. 50.
182 mestiere delle armi. Egli comunque rilevava un tratto fondamentale dell’esercizio dei nobili militari, ossia la loro capacità grazie alle proprie reti clientelari e la disponibilità finanziaria, di poter reclutare se necessario una gran quantità di uomini al servizio del pontefice. Considerazioni simili erano comuni in tutti gli ordinamenti militari europei coevi ed era un punto di vista generalmente condiviso518. Il reclutamento degli ufficiali e il mantenimento di essi nell’istituzione era infatti assai più complesso, che reclutare soldati, i quali potevano essere reperiti con facilità grazie agli ufficiali in servizio permanente. Queste considerazioni saranno meglio ponderate ed esplicitate dai prelati commissari delle Armi durante il pontificato di Clemente XI. Pignatelli da parte sua in quel momento era più interessato a far diminuire le spese, piuttosto che ragionare nei termini di efficienza proposti da San Martino; tuttavia durante il pontificato successivo altri metteranno in evidenza le stesse necessità di ordine pubblico a Roma. Alle fine nove compagnie furono ridotte a cinque per poi stabilizzarsi a sette nel primo Settecento. La novità più interessante fu dunque per la prima volta l’uso dell’anzianità di servizio come metodo di selezione di un gruppo di ufficiali, tuttavia permangono delle zone d’ombra su questo sistema, nel testo non è infatti esplicitato, per questo motivo non è da escludere un'altra ipotesi: che i quattro siano stati riformati dall’esercito per i legami con il vecchio sistema nepotista su istanza della nuova sistemazione data allo Stato da parte dei cardinali «zelanti». La possibilità è rafforzata dalla presenza di Carlo Enrico San Martino, un ufficiale senza alcuna esperienza, che era impegnato con Pietro Ottoboni per l’edificazione del monumento allo zio. In questo contesto il metodo dell’anzianità potrebbe anche configurarsi come una reazione degli «zelanti» ai progetti di un monumento funebre così imponente in San Pietro da parte del nipote per Alessandro VIII519.
518 P.D
EL NEGRO, Guerre ed eserciti, cit., 81-103; A. CORVISIER (a cura di), Dictionnaire d’art et d’Histoire militaires,
Presses universitaires de France, Paris 1988, voce: recrutement, in particolare pp. 717-23.
519
A. Menniti Ippolito si è interrogato sulla possibilità che vi fossero state reazioni degli «zelanti» contro il monumento funebre ad Ottoboni, cfr. A.MENNITI IPPOLITO, I papi al Quirinale, cit., p. 125.
183 Una scelta alternativa e quasi altrettanto prestigiosa per il defunto pontefice sarebbe stata la basilica di Santa Maria Maggiore, che sarebbe apparsa maggiormente prudenziale.
A questo punto dovrebbe essere indagato quali militari sono chiaramente identificabili come clienti di D’Aste. Il metodo del commissario era diverso dal patronage militare del periodo precedente. Egli scriveva periodicamente per avere notizia di nobili pontifici in servizio in altri eserciti europei. D’Aste inviò al nunzio apostolico a Parigi Daniele Marco (Delfino) Dolfin (1653-1704)520 una richiesta di aiuto per avere un elenco di ufficiali meritevoli, al nunzio si richiedeva di indagare la presenza di nobili pontifici nell’esercito del re Cristianissimo:
Con sicurezza accertata che al servizio di cotesta Maestà Cristianissima vi siano sudditi di N.S. in qualità d’Off.li. Io prendo l’ardire di supplicarla a prenderne distinta notizia, e mandarmi una lista delli nomi, cognomi, Patrie, e Cariche da essi esercitate: si compiaccia però di favorirmi con cautela, mentre deve tal notizia servire per mia istruttione, havendo N.S. dimostrato il desiderio di sapere, se ci siano suoi sudditi con requisiti militari e sperando dalla gentilezza di V.S. Ill.ma compatimento per l’incomodo, che le deduco la ressegno la mia osservanza […] La supplico con ogni confidenza, perché questo non serve ad altro che vacante qualche carica, N.S. la vuol conferire a Chi ha essercitato l’arte militare, e ve n’è qualcheduna che è vicina a vacare, e frà le altre due compagnie delle Guardie di N.S., e non vi è altro fine, perché in somma vi sono molti che pretendono, ma