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Le traduzioni italiane di O. Henry e la fortuna e l’angoscia di Manganelli

Nel documento Giorgio Manganelli e la traduzione (pagine 151-154)

5. Tradurre la short story: Manganelli e la traduzione dei racconti di O. Henry

5.3. Le traduzioni italiane di O. Henry e la fortuna e l’angoscia di Manganelli

La prima traduzione italiana di una raccolta scelta dei racconti di O. Henry venne realizzata nel 1928 da Giovanni Marcellini per Sonzogno, col titolo La quadratura della

vendetta racconti scelti e tradotti dall'inglese345. Appena qualche anno dopo, nel 1931, il rinnovato interesse per le novelle di O. Henry portò a una nuova traduzione realizzata dal poliglotta Giacomo Prampolini per la casa editrice Treves346. Mario Musso realizzò invece, nel 1946, una traduzione per Frassinelli347, nella quale lo stesso editore, Carlo Frassinelli, nella prefazione al testo esprimeva il suo rammarico intorno al mancato riconoscimento del valore di O. Henry da parte della critica italiana, attribuendo la colpa, a difficoltà di traduzione:

«Forse per l’eccezionale difficoltà che presenta alla traduzione, la narrativa di O. Henry non ha trovato per molto tempo in Italia la fortuna che meritava e che merita, quella fortuna che invece ha arriso ad autori non certo migliori di lui.»348

La traduzione di Musso per Frassinelli venne ristampata nel 1962, anno in cui fu pubblicata per Feltrinelli la traduzione della raccolta curata da Manganelli: Memorie di

un cane giallo e altri racconti349. Cinque anni dopo la pubblicazione della traduzione di Manganelli, nel 1967, Luigi Brioschi propose al pubblico una nuova traduzione e selezione di racconti per la casa editrice Bietti350. Le ultime due traduzioni sono le uniche ad essere sopravvissute e possono tutt’ora essere lette nelle rispettive ristampe di Adelphi e di Guanda.

Queste numerose traduzioni, effettuate, in alcuni casi, quasi contemporaneamente da diverse case editrici, testimoniano il grande interesse editoriale nei confronti di O. Henry e la profonda stima del suo valore letterario. O. Henry e la sua produzione non raggiunsero però mai il grande successo sperato dalle case editrici italiane, ma grazie alla

345 O. HENRY, La quadratura della vendetta. Racconti scelti e tradotti dall'inglese, tr. di G. Marcellini, Sonzogno, Milano,1928.

346 O. HENRY, Racconti, tr. di G. Prampolini, Treves, Milano, 1931. 347 O. HENRY, Quattro milioni, tr. di M. Musso, Frassinelli, Torino, 1946.

348 C. FRASSINELLI, Prefazione, in O. Henry, Quattro milioni, tr. di M. Musso, Frassinelli, Torino, 1946, p. 4.

349 O. HENRY, Memorie di un cane giallo e altri racconti, tr. di G. Manganelli, Feltrinelli, Milano, 1967; Garzanti, Milano,1970; ora Adelphi, Milano, 1980.

148 traduzione di Giorgio Manganelli acquisirono una notorietà mai raggiunta prima. Inoltre, è bene ricordare che la carriera di Manganelli come traduttore si legò saldamente alla brillante realizzazione di tale impresa. Molti editori si accorsero del talento traduttivo di Manganelli e tra questi si ricorda Italo Calvino351 che in una lettera, datata 9 ottobre 1962, lo invitò a collaborare come traduttore per la casa editrice Einaudi:

«ho visto la Sua traduzione di O. Henry. Noi è da tanto che volevamo fare una bella raccolta di O. Henry, ma non abbiamo mai trovato il traduttore adatto. Lei mi pare abbia trovato il tono giusto. Non so se Lei si dedichi alle traduzioni stabilmente e se sia già impegnato con altri editori. Se potesse e Le piacesse tradurre per noi, potemmo subito farle delle proposte.»352

Manganelli in una lettera di risposta, datata 4 ottobre dello stesso anno, declinò con garbo la proposta di Calvino adducendo il rifiuto alle difficoltà e allo stato di angoscia in cui era piombato durante la realizzazione delle traduzioni dei racconti di O. Henry:

«Caro Calvino,

La ringrazio molto per la Sua cortese lettera e per il giudizio che Lei dà della mia traduzione di O. Henry.

Per il momento almeno – un momento che mi auguro assai lungo – non penso di riprendere a tradurre: il lavoro di O. Henry è stato abbastanza duro da farmi contemplare con angoscia l’idea di rimettermi a fatiche del genere.

Le sono molto grato della gentile offerta che Lei ha ritenuto di farmi, e la considero assai lusinghiera.»353

Un’ulteriore proposta di traduzione venne avanzata l’anno successivo da Luciano Foà, il quale, oltre a proporgli di lavorare alla selezione di testi per la preparazione di intero

351 A tale proposito Nigro sottolinea in una nota: «La traduzione e la presentazione critica delle Memorie di un cane giallo di O. Henry (Feltrinelli, Milano, 1962) attirarono l’attenzione degli editori su Manganelli traduttore. Il primo a muoversi, per conto della Einaudi, fu Italo Calvino [...].» S. NIGRO, IV Appendice La pausa del traduttore, in G. Manganelli, Estrosità rigorose di un consulente editoriale, op. cit., p. 288. 352 Ibidem.

149 volume dedicato a Swift354, anticipò a Manganelli l’intenzione di Roberto Calasso355 di richiedere la sua partecipazione in un progetto che prevedeva la realizzazione della traduzione di Flatlandia, la favola matematica, di Edwin Abbott. Segue la missiva di Foà: «Un’ultima cosa: Calasso le proporrà di tradurre un piccolo libretto (100 pp.) che dovrebbe piacerLe molto: Flatlandia di Abbott. Ci vuole un traduttore eccezionale. E mi auguro che Lei si lasci sedurre dalla brevità del lavoro e dalle sue attrattive»356

Anche in questa occasione, nonostante fosse passato quasi un anno dall’esperienza della traduzione dei racconti di O. Henry, Manganelli respinse la proposta di Foà. Manganelli motivò la sua decisione sottolineando come l’avversione nei confronti della traduzione non si fosse ancora attenuata:

«Infine: mi spiace di non poter tradurre il libro di Abbott, ma dopo O. Henry ho concepito un’avversione per le traduzioni che vorrà qualche tempo per attenuarsi.»357

La traduzione di Flatlandia358 venne affidata a Masolino D’Amico, nipote di Emilio Cecchi, e venne pubblicata nel 1966 per Adelphi. Manganelli si riservò di scrivere un saggio in appendice del presente volume dal titolo Un luogo è un linguaggio359. Questo

breve e brillante saggio, per le sue considerazioni critiche, venne poi ripreso nel libro che venne interpretato come manifesto programmatico della produzione letteraria di Manganelli: La letteratura come menzogna360, pubblicato da Feltrinelli nel 1967.

Questi brevi scambi epistolari testimoniano come Manganelli si ritenesse una personalità libera ed indipendente all’interno del contesto editoriale; tradusse solo alcune delle opere che gli furono sottoposte, senza lasciarsi influenzare e scegliendole accuratamente. La scelta doveva essere accuratamente ponderata e doveva ricadere su opere che Manganelli riteneva affini e congeniali alla sua personalità; difatti, se si scorre

354 Il progetto non venne mai realizzato e come sottolinea Nigro: «Il progetto di Swift resterà un miraggio: sempre inseguito, più volte sospirato, mai agguantato» S. NIGRO, IV Appendice La pausa del traduttore, in G. Manganelli, Estrosità rigorose di un consulente editoriale, op. cit., p. 289.

355 Attuale direttore editoriale della casa editrice Adelphi, fondata nel 1962 da Luciano Foà, Roberto Olivetti e Roberto Balzen.

356 G. MANGANELLI, Estrosità rigorose di un consulente editoriale, op. cit., p. 289. 357 Ivi, pp. 158-159.

358 E. ABBOTT, Flatlandia, tr. di M. D’Amico, Adelphi, Milano, 1966.

359 G. MANGANELLI, Un luogo è un linguaggio, in Id., La letteratura come menzogna, Feltrinelli, Milano, 1967; ora Adelphi, pp. 43-53.

150 la lista dei titoli tradotti da Manganelli, soprattutto dopo il 1964 – anno in cui iniziò ad intraprendere la carriera di scrittore e pubblicò, con puntualità e cadenza quasi esoterica, le sue opere – si noterà che la quantità delle traduzioni si ridusse drasticamente. Manganelli si cimentò nuovamente nella traduzione solo qualche anno più tardi nel 1965, allorché tradusse, su commissione del Teatro dell'Opera di Roma, il Manfred361 di Byron. Quest’ultima opera venne curata e messa in scena da Carmelo Bene. Manganelli tradusse ancora, nel 1979, La duchessa di Amalfi362 di Webster per uno spettacolo teatrale di Mario

Missiroli e, infine, si cimentò nella difficile traduzione dei racconti di Poe che vennero pubblicati nel 1983 e che conclusero la sua esperienza di traduttore.

Dalle presenti lettere emerge la complessità di tradurre O. Henry: una difficoltà oggettiva, che in taluni casi provocò addirittura forti sentimenti di angoscia e di repulsione.

5.4. Introduzione all’Arcadia: la prefazione di Manganelli alla raccolta di O.

Nel documento Giorgio Manganelli e la traduzione (pagine 151-154)