• Non ci sono risultati.

Il principio estetico e il cattivo gusto ne I racconti: manifestazioni dell’al di là

Nel documento Giorgio Manganelli e la traduzione (pagine 30-34)

1. Manganelli e Poe

1.3. Il principio estetico e il cattivo gusto ne I racconti: manifestazioni dell’al di là

Nel racconto Ligeia Poe fa riferimento, citando Francis Bacon, ad una particolare percezione di bellezza relativa alla stranezza delle forme: «Non vi ha squisita beltà […] senza qualche stranezza nelle proporzioni»71. I canoni estetici classici si collocano su un estremo diametralmente opposto a codesta definizione; difatti, il mistero della bellezza, secondo studi matematici, si cela inevitabilmente nella regolarità delle proporzioni. Ciò si verifica sia nelle arti figurative-architettoniche, sia in quelle geometrico-matematiche. La belleza è dunque estremamente rispondente ad una precisa disposizione delle forme nello spazio. La deformità, la stranezza, l’esagerazione non sono comunemente riconosciute all’interno dei dettami estetici, pertanto la puntualizzazione di Poe è da ricondursi a ciò che Manganelli intravedeva nell’opera dello scrittore di Boston, ovverosia la ricorrenza ossessiva del cattivo gusto; la deliberata assenza di decoro estetico nella scelta delle proprie narrazioni:

«L’applicazione coerente del principio della “esagerazione” implica l’ambiguo, esibizionistico trionfo del cattivo gusto, dell’elaborato fasto retorico. Certo, cavare i denti alla cugina epilettica creduta morta è maivais goût e, dal punto di vista sociale, è un comportamento francamente inaccettabile, come assassinare la sposa e seppellirla in piedi nel muro – una signora in piedi! -, seppellire vivo un ubriaco, dare fuoco a uomini mascherati e incatenati, uccidere un signore anziano solo perché ha una sgradevole pellicola su di un occhio. Oltre che un villain, costui è un villano. Ora, codesta fedina di violatore del buon gusto, Poe se l’è portata dietro per tutta quanta la sua agitata fortuna letteraria.»72

La citazione di Bacone in questo breve passo esemplifica e incarna lo spirito e il principio dal quale si originano le narrazioni di Poe. Lo scrittore da un lato esalta l’esagerazione del linguaggio, con il suo fasto retorico, e dall’altro reclama e restituisce dignità letteraria a temi esteticamente inenarrabili, di cattivo gusto, conferendogli nuovo lustro.

La narrazione dei tales si snoda sempre intorno ad assunti apparentemente logici; come dimostrano le numerose epigrafi di stampo saggistico e filosofico che precedono

71 E. A. POE, Ligeia, in Id., a cura di G. Manganelli, Poe Opere scelte, Mondadori, Milano, 1971, p. 209. 72 G. MANGANELLI, Prefazione, in E. A. Poe, a cura di G. Manganelli, Poe Opere scelte, Mondadori, Milano, 1971, p.XII.

27 l’incipit dei racconti. Questo accostamento ingenera necessariamente un sentimento contrastante rispetto all’illogicità, o sarebbe meglio dire, rispetto all’impossibilità che si verifichino gli accadimenti narrati. Tutti i fatti dei nuclei narrativi sembrano apparentemente avere soluzioni semplici e formalmente possibili, ma ciò che si verifica non risponde alle leggi naturali, bensì a quelle soprannaturali; ci si trova difronte dunque una realtà esagerata e deforme. Pertanto la funzione dell’esagerazione; ovverosia dello spingersi oltre i confini liminari delle possibilità narrative porta inesorabilmente al parossismo, il quale a sua volta genera inevitabilmente un paradosso. In questo modo la realtà si deforma diventando un luogo esclusivamente letterario in cui il fantastico e il grottesco prevalgono. Questo procedimento è stato lucidamente interpretato da Pietro Citati in un breve saggio riassuntivo dell’opera di Poe:

«Molti fra i grandi racconti hanno un inizio saggistico. Poe rappresenta un’idea o una sensazione o una situazione, come se stesse per cominciare un saggio filosofico: descrive l’attenzione maniaca del personaggio, o ci parla del principium individuationis o della natura come un solo organismo vivente e pensante o delle nostre proprietà analitiche. Porta quest’idea all’estremo, al paradosso, in modo che possa venire eventualmente parodizzata o che un’ombra di parodia gravi su tutto lo svolgimento narrativo (i denti di Berenice, che sono delle idées). Poi inizia a raccontare: e, per quanto sia prodigiosa la sua fantasia, per quanto straordinari siano i colpi di scena e le trovate, per quanta tenebra si rovesci dagli abissi, non possiamo mai dimenticare che il racconto è una rigorosa deduzione narrativa dell’assunto saggistico iniziale, […]»73

La concezione estetica – relativa alla stranezza delle proporzioni – presentata da Poe attraverso la citazione di Bacone si riflette e si manifesta, come rimarca Manganelli, in tutti i racconti che hanno delle protagoniste femminili, ossia: Ligeia, Berenice, Morella. I lineamenti Lady Ligeia vengono descritti irregolari e gli occhi sono insolitamente «più ampi degli occhi consueti della nostra razza». I denti di Berenice vengono oggettivati dal cugino, al quale sembrano bellissime “idee”; egli, infatti, in un momento crepuscolare dell’io, di restringimento della propria coscienza, decide che se ne deve necessariamente e indebitamente appropriare. Morella, in un primo momento, guida e indirizza il proprio consorte nel complesso processo di formazione e del raggiungimento di un estremo grado di raffinatezza intellettuale, mentre in un secondo momento viene descritta come una

28 presenza insopportabile dal coniuge: «Non tolleravo più il tatto delle sue dita esangui, i tenui toni della sua parlata musicale, la fosforescenza degli occhi saturnini». Negli occhi dei protagonisti dei Tales Manganelli percepisce sia l’elemento sinistro, sia quello squisitamente simbolico; dal quale si inferisce e si sancisce con chiarezza l’avvenuta trasformazione. Tramite il suddetto artificio l’autore riesce a condurre il lettore verso una realtà altra; difatti, attraverso il rito della morte si effettua il trapasso simbolico nell’al di là letterario. Ciò avviene in virtù di un rituale celebrativo prettamente letterario; difatti, gli occhi dei protagonisti si ottenebrano e consequenzialmente si ha un’alterazione del proprio stato fisico, sicché, consequenzialmente, si proietta il lettore in un mondo metafisico; non più vincolato e rigidamente normato dalle leggi naturali, bensì un universo letterario costruito dall’autore con doviziosa minuzia; nel quale l’inspiegabile diventa possibile, in cui i protagonisti si trasformano in spiriti, doppi e fantasmi, in cui il giudizio di discernimento del lettore viene inevitabilmente messo in discussione. L’alterazione delle caratteristiche fisiognomiche spesso rappresentato anche dal decadimento delle funzioni vitali e dalla consunzione psico-fisica e soprattutto, come è stato già ampiamente discusso, gli occhi sanciscono un cambio di prospettiva. Si ha pertanto un ribaltamento repentino delle coordinate di riferimento, costruite con cura meticolosa e rigore scientifico dall’autore, per poi imprigionare il lettore nella trappola letteraria a lui tesa. I racconti presi in esame non hanno una soluzione, non vi è possibilità di redenzione. Essi sono paragonabili ad un labirinto che si estende verso l’infinito, privo d’uscita alcuna. Come suggerisce Manganelli Berenice «ha tentato la morte, ed è stata rifiutata». Segue l’aromentazione, tipicamente manganelliana, che definisce e illustra l’artificio letterario relativo alla deformazione degli occhi individuabile nei racconti di Poe:

«Gli occhi di Ligeia sono “angelici”, a garanzia della efficacia del rito di trasformazione, morte e resurrezione, riassunto nel moto della stella binaria, garanzia che la morte sarà esattamente celebrata e interpretata; tema specialmente importante in Ligeia giacché la protagonista non vuol morire e deve imparare a percorrere la morte, ad usarla, perché il principium individuationis non le sia sottratto. Diversamente agisce la visione in Berenice, racconto squisitamente ripugnante, far too horrible, come diceva quel direttore letterario. Gli occhi di Ligeia sono musicali e angelici; ed alla fine del racconto riappaiono, “neri”, “selvaggi”, a testimoniare dell’adempiuto percorso

29 duplice della morte. La struttura dei tre racconti74 era circolare, chiusa; ma Berenice, non ha termine, neppure nell’orrore.»75

74 Manganelli si riferisce ai seguenti racconti: Ligeia, Morella ed Eleonora.

75 G. MANGANELLI, Prefazione, in E. A. Poe, a cura di G. Manganelli, Poe Opere scelte, Mondadori, Milano, 1971, pp. XXV-XXVI.

30

Nel documento Giorgio Manganelli e la traduzione (pagine 30-34)