Le vicende editoriali che portarono a compimento la versione manganelliana de I
racconti, licenziata da Einaudi nel 1983, videro protagonista il fondatore stesso della casa
editrice, Giulio Einaudi. Quest’ultimo sollecitò Manganelli a intraprendere l’impresa. Manganelli iniziò la propria collaborazione come consulente editoriale presso l’Einaudi dalla metà degli anni Sessanta, ovvero immediatamente dopo la pubblicazione della sua opera prima Hilarotragoedia nel 1964 (Feltrinelli). Manganelli collaborò intensamente già dai primi anni Sessanta, spinto dall’amico e collega Pietro Citati, con la casa editrice Garzanti fornendo pareri, schede di lettura, note critiche, risvolti e quarte di copertina120. Manganelli iniziò la sua personalissima collaborazione, come curatore di testi e redattore di prefazioni, con la casa editrice torinese nel 1964, come testimonia la presente lettera, datata 30 dicembre 1964, avente come destinatario il fondatore stesso della casa editrice: «Gentilissimo Einaudi,
speravo di poterLa ringraziare personalmente per la Sua cortese proposta. Non avendo avuto il piacere di incontrarLa, mi permetto di scriverLe per dirLe quanto io sia lieto e onorato di lavorare per la Sua casa editrice.
Come Lei cortesemente suggerisce, sarei ben felice di curare testi e preparare prefazioni. Sperando di poterLa salutare di persona in altra occasione, Le invio i miei più cordiali auguri.
Giorgio Manganelli»121 Negli anni che seguirono Manganelli iniziò una fitta collaborazione epistolare con Guido Davico Bonino, il più stretto collaboratore di Italo Calvino presso la medesima casa editrice, Elio Vittorini ed Edoardo Sanguineti finalizzata alla progettazione e alla realizzazione di una nuova collana einaudiana la «Ricerca letteraria» italiana (1967). Vittorini morì nel febbraio del 1966 lasciando il progetto, allora ancora in fase di gestazione, alla triade Davico, Sanguineti e Manganelli. La «Ricerca letteraria» si fece promotrice di una vera e propria rivoluzione culturale e letteraria, pubblicando opere
120 S. Nigro, Quel tonnellaggio di carta, in G. Manganelli, Estrosità rigorose di un consulente editoriale, op. cit., p. 229.
50 estremamente sperimentali (sia sul piano linguistico ed espressivo, sia su quello tematico) di giovani scrittori, della generazione immediatamente successiva a quella di coloro che, come Manganelli e Sanguineti, parteciparono agli incontri palermitani del Gruppo 63. Pertanto Manganelli decise, assecondando un principio rigorosamente logico, di proseguire la sua attività di scrittore presso la casa editrice torinese, interrompendo bruscamente, in un contenzioso legale122, i rapporti con Giangiacomo Feltrinelli123, il “noto eversore”124, pubblicando presso Einaudi la sua terza opera Nuovo Commento (1969). Dal febbraio del 1975 passò come consulente per Rizzoli, lasciandosi tuttavia in buoni rapporti con la casa editrice diretta da Giulio Einaudi come si evince dalla seguente lettera, colma di stima e di amicizia, in cui Manganelli motiva e rassegna le proprie dimissioni:
«Caro Einaudi,
ti scrivo, non senza malinconia e rammarico, questa lettera, per informarti che, con il “Commento a Pinocchio”125 a cui sto lavorando, dovrò chiudere la mia collaborazione con la casa editrice che porta il tuo nome. Mi sono state offerte condizioni tali – contratto di giornalista con “Il Mondo”, contratto di collaboratore col “Corriere della Sera” – che in pratica risolvono i problemi fondamentali della mia esistenza pratica, e non solo pratica; pertanto i miei prossimi libri usciranno presso Rizzoli. È una decisione rigorosamente economica, e non posso che
122 Cfr. Ivi, p. 16.
123 Presso la omonima casa editrice Manganelli scelse, per affinità, di pubblicare il suo primo esperimento letterario Hilarotragoedia (1964) e la sua nota raccolta critica di saggi La letteratura come menzogna (1967) comunicando, garbatamente ma con una nota estremamente referenziale e cerimoniosa, le motivazioni che spinsero la sua scelta all’editore Livio Garzanti, per il quale lavorò fino al 1964:
«Mi permetto di scriverLe per informarLa della prossima pubblicazione presso altro editore di un mio libro, e per spiegarLe come e perché io sia giunto a questa decisione. In primo luogo si tratta di un libro largamente sperimentale, una prova del cui valore io sono l’ultimo a essere certo; il carattere della Sua casa editrice mi sembrava il meno adatto alla pubblicazione di un libro incerto e di problematica riuscita. In secondo luogo, le ricerche che mi hanno permesso di mettere assieme quel libro mi hanno accostato a un gruppo di giovani scrittori, con i quali ho qualche punto di contatto, che si riconosce nelle collane di quell’editore; pertanto, in quella collocazione il mio libro viene ad avere un senso, se non letterario, certo ideologico. Infine, e forse più importante di tutti, la naturale riserva a mettere i miei amici e Lei di fronte alla alternativa, sempre ingrata, di accettare quella che è per ogni verso un’“opera prima”, o di rifiutarla. Ho ritenuto che questa decisione fosse quella meno capace di turbare i nostri rapporti di reciproca stima e discrezione, in cui credo. Spero che Lei sarà disposto ad apprezzare le ragioni che mi hanno indotto a questa decisione, e che, Le assicuro, hanno rissato con le opposte ragioni della stima e dell’amicizia a lungo e non lievemente.» S. Nigro, Quel tonnellaggio di carta, op. cit., pp. 300-301.
124 Ibidem.
125 Commento che poi si trasformerà un vero e proprio volume, Pinocchio: Un libro parallelo (Einaudi, 1977).
51 deplorare che io debba di conseguenza lasciare una casa editrice di cui ho apprezzato l’eleganza intellettuale, lo stile morale, e anche, debbo dire, l’impareggiabile raffinatezza grafica.
Presso la casa editrice Einaudi ho trovato amici che spero capiranno e non vedranno nel mio gesto se non quello che c’è: spero che la tua e la loro amicizia non verrà meno, come non viene meno la mia amicizia. Nella mia nuova situazione, spero di aver modo di dimostrare costantemente quale stima io faccia della casa editrice Einaudi nel contesto della cultura italiana: la stima che va ad una casa editrice assolutamente unica.
Cordialmente ti saluto, e con l’amicizia che spero non mi negherai.
Giorgio Manganelli»126 Manganelli nel 1975 lascia Einaudi per Rizzoli con la quale proseguirà a pubblicare le proprie opere127. Si giunge così al 1981 anno in cui iniziarono le trattative tra Manganelli e Giulio Einaudi e che condussero lo scrittore ad intraprendere il “corpo a corpo” verbale con I racconti di Poe. I rapporti di Manganelli con i diversi editori per i quali lavorò furono sempre discreti, cordiali e rispettosi, come testimoniano la seguente vicenda, riportata da Nigro, e un brevissimo biglietto di saluti colmo di ammirazione inviato a Manganelli da Valentino Bompiani:
«È il 9 ottobre 1982. Manganelli ha sessant’anni. Ha “congelato” la sua “situazione editoriale”. Mantiene buoni rapporti con le case editrici che l’hanno avuto come autore o come consulente, o in entrambe le vesti. Il 18 dicembre 1981, dopo aver letto sul “Corriere della Sera” l’articolo Un prodigioso fantasma che si chiama Omero, Valentino Bompiani si era sberrettato in un
biglietto di saluti: “Caro Manganelli, leggo tutti i Suoi articoli uno più stuzzicante e sorprendente dell’altro. Omero mi ha incantato e voglio ringraziarLa, visto che Lei scrive anche per me”.»128
Nel 1980 Giulio Einaudi scrisse personalmente una lettera a Manganelli nella quale lo invitava caldamente a partecipare all’iniziativa einaudiana che prevedeva la pubblicazione di una collana di “traduzioni d’autore” e si proponeva di esplorare
126 G. MANGANELLI, Estrosità rigorose di un consulente editoriale, op. cit., pp. 47-48.
127 Ci si riferisce ai seguenti testi: Centuria (1979), Amore (1981), Angosce di stile (1981), Discorso dell’ombra e dello stemma (1982), Dall’inferno (1985), Tutti gli errori (1986), Rumori o voci (1987) e Antologia privata (1989).
52 nuovamente i classici della letteratura mondiale attraverso la prosa di illustri scrittori-traduttori italiani:
«Nel dicembre dell’anno prima, era stata la volta di Giulio Einaudi; con l’aggiunta di una proposta allettante: “sai che stiamo pensando a una grossa iniziativa di ‘traduzioni d’autore’: testi ‘classici’ con traduttori d’eccezione, secondo una linea che ci lega indietro fin alle origini della casa editrice. Tu sei stato messo in prima linea. Ti ha già accennato anche Calvino del nostro desiderio di avere una tua accoppiata con i Racconti di Poe, impegno grosso ma non grossissimo. Ti stuzzicherà certo il cimento con uno scrittore così importante e a te, credo, congeniale”»129 Calvino e Giulio Einaudi reputarono particolarmente congeniale questa “accoppiata” ritenendo Manganelli all’altezza di questo compito estremamente impegnativo. Manganelli accettò l’offerta di buon grado e ad appena dodici anni dalla pubblicazione del Meridiano dedicato a Poe, curato dallo stesso Manganelli, Einaudi offre allo scrittore la possibilità di confrontarsi con la propria idea e visione critica di Poe. Il risultato è un Poe abilmente camuffato da Manganelli; le disfunzioni della realtà verbale di Manganelli vengono momentaneamente accantonate, mentre vengono messe a disposizione della presente versione le arti retoriche e soprattutto gli scrupoli filologici più pignoli.
129 Ibidem.
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