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Il premio città di Monselice per la traduzione letteraria e scientifica 1984

Nel documento Giorgio Manganelli e la traduzione (pagine 57-62)

Nell’aprile del 1984 Manganelli, con le traduzioni de I racconti, partecipò al concorso bandito dal comune della città di Monselice per la traduzione letteraria e scientifica. Il presente concorso, nato per volere di Gianfranco Folena nel 1971, viene bandito annualmente e si suddivide in diverse categorie: Premio Città di Monselice per la traduzione letteraria, Premio Città di Monselice per la traduzione scientifica (istituito a partire dal 1980), Premio Leone Traverso, Opera Prima (destinato ai giovani traduttori), Premio Internazionale Diego Valeri (premio per la traduzione di un’opera italiana in lingua straniera) e, infine il Premio didattico Vittorio Zambon (concorso riservato esclusivamente agli studenti delle scuole medie inferiori di Monselice)130. Giorgio Manganelli concorse nella categoria per il «Premio Città di Monselice per la traduzione letteraria» bandito nell’anno 1984, per le traduzioni edite nel biennio 1982-1983, e, tra i ventinove partecipanti, si aggiudicò il premio di L. 2.000.000. La giuria era composta da personalità illustri nell’ambito della ricerca linguistica, traduttologica e filologica, tra i quali si annoverano: Gianfranco Folena (Presidente), Aldo Businaro, Cesare Cases, Elio Chinol, Carlo Della Corte, Iginio De Luca, Mario Luzi e Filippo Maria Pontani. Particolarmente rilevante nell’eterogeneità della composizione di codesta commissione è la figura dell’anglista Elio Chinol il quale, nel corso della propria carriera di studioso e di traduttore dall’inglese, si concentrò, riponendo particolare attenzione, sullo studio critico delle opere di Poe traducendo alcune delle poesie e i maggiori saggi critici dell’autore di Boston. Quest’ultimi saggi sono raccolti nel Meridiano dedicato a Poe curato dallo stesso Manganelli131.

Nel 1984 furono passate al vaglio della commissione giudicante ventinove traduzioni, tra le quali si annoverano nomi di illustri traduttori e scrittori, quali: Giuseppe Bevilacqua132 e Mario Picchi133. Quest’ultimi furono selezionati nella rosa dei tre finalisti assieme a Manganelli. La relazione conclusiva sulle modalità di selezione dei testi

130 Cfr. Bando e la giuria in Atti del Premio “Monselice” per la traduzione letteraria e scientifica, Monselice, Edizioni dell'Amministrazione Comunale, 1984, p. VIII.

131 E. A. POE, Poe Opere scelte, a cura di G. Manganelli, Mondadori, Milano, 1971. 132 Per la eccellentissima traduzione di:

P. CELAN, Luce coatta e altre poesie postume, trad. di G. Bevilacqua, Mondadori, 1983 133 Per l’eroica fatica traduttoria di:

54 finalisti rivela in pochissime righe le qualità e il valore critico dell’impresa traduttoria realizzata da Manganelli:

«GIORGIO MAGANELLI ci ha offerto, da scrittore e da critico acerrimo qual è, una versione totale, multitonale e insieme omogenea, davvero congeniale dei Tales di E. A. Poe, I racconti: versione che per la capacità analitica della sintassi, il rilievo dei toni grotteschi, le puntuali soluzioni lessicali appare a prima vista un risultato decisivo per una rilettura globale, anche critica, di questi testi così frequentati ma spesso in traduzioni parziali e talora deformanti.»134

Di particolare rilievo risulta la relazione, redatta dall’amico e collega anglista Elio Chinol, sulle articolate motivazioni che portarono la commissione a designare Manganelli vincitore del Premio Città di Monselice per la traduzione letteraria dell’edizione del 1984. Chinol, nella sua relazione, ripercorre brevemente la storia delle traduzioni italiane dell’opera di Poe; sottolineando, con particolare enfasi, la numerosità di codeste traduzioni, realizzate, per altro, da illustri scrittori e traduttori. Inoltre, Chinol elabora una breve riflessione su come all’epoca si ritenesse che gli sforzi dei traduttori e dei critici fossero sufficienti a rendere un’immagine degnamente ricca della produzione dell’autore bostoniano. Le traduzioni dei Tales di Manganelli si stagliano all’interno di questo equilibrio apparentemente stabile, rilanciando un dibattito critico sulle versioni che lo hanno preceduto. Così si apre la relazione sull’assegnazione del premio di Elio Chinol: «Poe ha avuto in Italia numerose traduzioni, anche per mano di scrittori ben noti come Elio Vittorini e Delfino Cinelli, che curarono per la “Romantica” di Mondadori, assieme a una nutrita scelta dalle poesie e dai saggi critici ad opera di altri qualificati scrittori, si poteva ritenere che il lettore italiano disponesse di una raccolta antologica sufficientemente ricca e accurata del meglio di Poe. Ma a distanza di poco più di dieci anni, lo stesso curatore di quel volume, Giorgio Manganelli, ha voluto impegnarsi in una nuova traduzione di tutti i racconti, pubblicati in tre preziosissimi tomi da Einaudi nel 1983, quella che appunto qui si premia.»135

La relazione di Chinol prosegue con un elogio fitto e denso sulle qualità intrinseche che, in questa specifica occasione, la scrittura di Manganelli incarna. Nelle traduzioni di Manganelli Chinol ritrova una felice sintesi tra diversi aspetti che hanno caratterizzato la

134 Relazione della giuria in Atti del Premio “Monselice” per la traduzione letteraria e scientifica, Monselice, Edizioni dell'Amministrazione Comunale, 1984, p. XV.

55 sua personalità intellettuale. Difatti, il suo personalissimo progetto letterario, la sua lingua barocca e i suoi stilemi si mescolano senza generare attrito con culture diverse e lontane sia geograficamente, sia, e soprattutto, diacronicamente. Chinol utilizza, nella concretizzazione finale della relazione, una metafora particolarmente affine alla personalità di Manganelli: quella dell’abitare, dello star di casa in una lingua. Questo tema fu molto caro a Manganelli, sia per la precarietà abitativa che lo accompagnò per tutta la vita136, sia per lo sviluppo di alcune idee e temi narrativi. Manganelli indicò nella lingua italiana secentesca e barocca il proprio domicilio metafisico. Pertanto, egli invitò lo stesso Poe ad accomodarsi nel proprio territorio d’elezione, cercando, da oste premuroso e diligente, di metterlo a proprio agio, con il proposito di farlo avvedutamente ambientare al luogo sconosciuto e ostile. La coabitazione, turbolenta e non senza screzi, dei due autori nella lingua italiana li ha inevitabilmente congiunti ed effusi in un’unica sostanza; ciò che ne risulta è una versione del tutto nuova dei Tales, come suggerisce lo stesso Chinol nella relazione sulle motivazioni dell’assegnazione del Premio della città di Monselice per la traduzione letteraria:

«Il risultato della fatica di Manganelli – che ha comportato, come egli stesso dichiara in una breve “Nota del traduttore”, oltre un anno di “convivenza” con Poe, di convivenza proprio “quotidiana, coniugale” – è certamente dei più felici. La traduzione abbina infatti le sue qualità di scrittore originale e personalissimo, bene note a tutti, con lo scrupolo filologico di un ottimo conoscitore della lingua e delle letterature anglosassoni, che per parecchi anni egli ha insegnato a livello universitario. Una combinazione delle più rare, che gli ha consentito di mimare nella nostra lingua, con straordinaria sicurezza, i vari registri della prosa di Poe. Egli ha saputo operare con grande libertà, ma senza far violenza agli originali, cercando di darne i possibili equivalenti italiani, badando sempre allo spirito e non alla lettera, che è poi l’unica forma possibile di fedeltà. Anche dove si possono notare peculiarità e perfino idiosincrasie stilistiche molto personali, non si sconfina tuttavia mai nell’arbitrio o nel pastiche.»137

136 A tal proposito Nigro suggerisce, in una breve nota, un divertente aneddoto sui repentini cambi di residenza di Manganelli e del curioso ed errabondo destino a cui erano sottoposti i volumi che la casa editrice torinese Einaudi spediva ai vari indirizzi: «Manganelli era votato ai traslochi. E si stizziva perché in casa editrice non si teneva conto dei suoi spostamenti nella geografia urbana, della sua esistenza erratica. I disguidi erano frequenti. I plichi godevano di “avventurosa esistenza” […]»

in G. Manganelli, Estrosità rigorose di un consulente editoriale, a cura di S. Nigro, Adelphi, Milano, 2016, p. 254.

137 Relazione della giuria in Atti del Premio “Monselice” per la traduzione letteraria e scientifica, Monselice, Edizioni dell'Amministrazione Comunale, 1984, p. XVI.

56 Manganelli, nelle sue traduzioni, seppe mimare brillantemente e con estrema precisione Poe partendo principalmente da considerazioni critiche e stilistiche sull’opera e, in secondo luogo, mettendo a disposizione la propria abilità ed esperienza in qualità di scrittore. Secondo Elio Chinol uno dei principali punti di forza della traduzione di Manganelli si rivela estremamente chiaro e si manifesta nell’idea di fedeltà che quest’ultimo scelse di seguire: sempre rivolta allo spirito del testo e non alla lettera. Questa affermazione di Chinol è particolarmente rilevante perché sembra generare lapalissianamente un netto contrasto con il formalismo e il manierismo che hanno nettamente contraddistinto il progetto letterario del Manganelli-autore. Infatti, come suggerisce Maria Corti in un’attenta riflessione critica su Manganelli e sulle diverse fazioni che animarono il dibattito letterario sulle possibilità espressive all’interno del movimento delle neoavanguardie facenti capo al Gruppo 63:

«[…] Manganelli si era subito connotato come prolifero archetipo della passione formale stessa della neoavanguardia, sicché ogni altro discorso del gruppo sui segni verbali e soprattutto sul potere assoluto della confraternita dei “significanti” appare decisamente descriptus rispetto al suo.»138

La fedeltà che Manganelli ha sempre professato è quella rivolta alla forma, ovvero ai cosiddetti involucri; i significanti. Questo in virtù del fatto che, secondo Manganelli, il significato è irrimediabilmente perduto ed è soprattutto indeterminabile a causa del principio polisemico. Pertanto, l’affermazione di Chinol, sebbene autorevole, dovrebbe essere cautamente accompagnata da un’attenta analisi linguistica per essere effettivamente verificata139. L’attenzione nei confronti delle scelte linguistiche, lo scrupolo filologico e una precisa visione d’insieme di Manganelli hanno guidato l’autore nel difficile compito di traghettare il testo da una lingua all’altra. Chinol conclude la propria relazione con alcune considerazioni particolarmente favorevoli su questa nuova versione manganelliana de I racconti, citando la parte finale dell’articolo di Italo Calvino che è stato analizzato pocanzi:

«Ne è risultato un Poe che porta certamente l’impronta di Manganelli, ma che non è tuttavia un suo semplice affare privato. Un Poe che appare molto più ricco e vario e vero di quello che

138 M. CORTI, Il viaggio testuale le ideologie e le strutture semiotiche, Einaudi, Torino, 1978, p. 131. 139 Operazione che questo lavoro si propone di espletare nei prossimi paragrafi.

57 eravamo abituati a leggere in traduzione. Un Poe perfettamente celato e ambientato nella nostra lingua, così che, come ha scritto Italo Calvino in una sua recente recensione, “da questo momento in poi la lingua italiana conta un classico in più”. E non si potrebbe fare elogio migliore.»140

Manganelli riveste con particolare attenzione la prosa di Poe in italiano conferendogli un nuovo spessore, dagli echi vagamente barocchi, e restituendogli il carattere grottesco, che, come ha più volte sottolineato negli scritti critici, nelle altre traduzioni gli era stato indebitamente sottratto. Il presente scritto di Elio Chinol sottolinea e conferma come l’inaspettato avvento della versione manganelliana dei racconti di Poe sia stato notoriamente accolto in maniera positiva dalla comunità intellettuale, editoriale e da quella accademica, della quale Manganelli fu sempre ritenuto una voce autorevole, alla stregua di un satellite indipendente, saldamente legato ad un passato barocco inaspettatamente ritrovato.

140 Relazione della giuria in Atti del Premio “Monselice” per la traduzione letteraria e scientifica, Monselice, Edizioni dell'Amministrazione Comunale, 1984, p. XVI.

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Nel documento Giorgio Manganelli e la traduzione (pagine 57-62)