Le elezioni del 1919 si tennero con la nuova legge elettorale. Al termine del conflitto prese consistenza l'idea che all'autonomia organizzativa della società andasse costruito un legittimo canale d'accesso al governo dello Stato: la nuova legge, oltre ad aver allargato il corpo elettorale, aveva introdotto il criterio della rappresentanza proporzionale.643 Seppur mitigata da elementi volti a
tutelare il personalismo della classe dirigente liberale, la nuova legge riscosse consensi sia all'interno dei diversi partiti, sia presso l'elettorato proprio per l'estensione del suffragio maschile.644
Il testo unico del 2 settembre 1919, n.1495,645 introdusse il diritto di voto inalienabile a tutti
gli uomini sopra i ventuno anni e a tutti coloro che, alla data elettorale, avevano prestato servizio militare.646 Di fatto, il voto venne concesso a molti uomini sotto i 21 anni. La legge del 1919
portava a maturazione il problema arrivato dalla legge del 1912 che aveva già dato il suffragio quasi universale ai cittadini di sesso maschile.647 La legge del 1919 soppresse ogni requisito di capacità
nella definizione del corpo elettorale. L'ampliamento di quest'ultimo, nonostante i morti in guerra e in seguito ad epidemie, fu notevole: dagli 8.672.249 iscritti nelle liste del 1913, si passò agli 11.115.441 del 1919.648 L'estensione del suffragio maschile, prevista dalla legge del dicembre del
1918, era una conseguenza naturale della guerra, e godeva del massimo consenso sia nella classe politica che nel paese.649
La svolta di portata storica nella vita politica e parlamentare italiana dipese, tuttavia, non tanto dalla soppressione di ogni requisito di capacità per essere elettori quanto dalla adozione della proporzionale.650 L'altra novità introdotta dal T.U. fu, infatti, la rappresentanza proporzionale,
strutturata sulla base di 54 collegi elettorali, che consentivano una ripartizione più o meno ugualitaria del numero degli elettori necessari ad eleggere un deputato, sebbene il numero dei
643Cfr. M. S. Piretti, Le elezioni politiche in Italia, cit. p. 197.
644Cfr. S. Noiret, La proporzionale e le elezioni del 1919, in G. Sabbatucci, Le riforme elettorali in Italia, cit., p. 82. 645Cfr. Legge elettorale politica, testo unisco 2 settembre 1919, n. 1945, Bologna, Nicola Zanichelli editore, 1919. 646Il T.U. raccoglieva le disposizioni di legge del 16 dicembre 1918, n. 1985 e del 15 agosto 1919, n. 1401. Cfr. S.
Noiret, La proporzionale e le elezioni del 1919, cit., p. 81. 647Ibidem.
648Di questi il 45% era nell'Italia Settentrionale, il 22% nell'Italia Centrale, il 20% nell'Italia Meridionale, l'11% in Sicilia ed il 2% in Sardegna. Cfr. P. L. Ballini, Le elezioni nella storia d'Italia, cit., p. 179.
649Cfr. S. Noiret, La proporzionale e le elezioni del 1919, cit., p. 82. 650Cfr. P. L. Ballini, Le elezioni nella storia d'Italia, cit., p. 180.
deputati eleggibili variava sensibilmente da un collegio all'altro.651 La proporzionale venne
affiancata dallo scrutinio di lista plurinominale, che consentiva l'uso di liste non bloccate con voto aggiunto e voti preferenziali.
La nuova legge avrebbe favorito i partiti politici nel loro insieme. Ne sarebbero usciti particolarmente rafforzati quelli con una struttura solida e ramificata: cattolici, socialisti e, in misura minore, i repubblicani. I liberali non potevano competere su questo 'terreno'. Per questo motivo, al varo della legge, il Governo Nitti apportò degli elementi di mitigazione alla legge, allo scopo di tutelare il vecchio regime clientelare e personalistico, tipico della classe liberale.652
E', infatti, importante distinguere il dibattito sull'estensione del corpo elettorale, da quello per la proporzionale. Per quanto riguarda l'allargamento del corpo elettorale, era impensabile rifiutare il riconoscimento civile e politico ad una parte della popolazione maschile, dopo i sacrifici sopportati in quattro anni di guerra.653 La nascente classe operaia voleva, infatti, abbassare la soglia
della rappresentanza, per ottenere l'accesso nelle assemblee legislative.654
I partiti di antica formazione, i più minacciati, volevano tutelarsi per proteggere le loro posizioni contro la nuova ondata di elettori mobilitati, creata dal suffragio universale.655 Il dibattito
sulla proporzionale nasceva all'interno della profonda crisi dello Stato liberale nell'immediato dopoguerra. Non per tutti, in sintesi, la legge nasceva per moralità politica o per spirito democratico.656
I sostenitori più accaniti della proporzionale a Montecitorio erano i socialisti riformisti capeggiati da Turati. Questi vedevano nel proporzionalismo la possibilità di canalizzare, nonché attenuare, i sentimenti rivoluzionari diffusi nel paese. Turati sosteneva che fosse possibile gestire la crisi dello Stato attraverso una costituzionalizzazione delle forze politiche potenzialmente eversive, dando cioè loro rappresentanza in Parlamento.657 Secondo Turati, visto che il proprio partito stava
andando verso una scissione fra i 'parlamentaristi' ed i sostenitori dei soviet e della dittatura del proletariato, la proporzionale, introdotta prima delle elezioni, avrebbe potuto calmare le anime rivoluzionarie. I riformisti, insomma, appoggiavano la legge nella speranza di placare i movimenti rivoluzionari operai, mantenendo una propria rappresentanza in seno al Parlamento.
Propugnatori della riforma erano anche i nazionalisti, che nella proporzionale vedevano l'opportunità per mantenere una loro rappresentanza in Parlamento, ed il 'Fascio di difesa
651Cfr. S. Noiret, La proporzionale e le elezioni del 1919, cit., p. 82. 652Ivi, p. 90.
653Ivi, p. 81.
654Cfr. P. L. Ballini, Le elezioni nella storia d'Italia, cit., p. 180. 655Ibidem.
656Cfr. S. Noiret, La proporzionale e le elezioni del 1919, cit., p. 83. 657Cfr. M. S. Piretti, Le elezioni politiche in Italia, cit. p. 198.
parlamentare', con motivazioni antigiolittiane.658 Federzoni, uno dei maggiori fautori della nuova
legge in seno alla destra nazionalista, aveva intuito che il nuovo sistema elettorale sarebbe stato funzionale a quei partiti non ben definiti né strutturati. In breve, il collegio uninominale si sarebbe trasformato in un trionfo totale in quelle regioni dove il PSI aveva una prevalenza indisturbata. Federzoni, vedeva nella proporzionale la possibilità di mantenere tutte le posizioni minacciate e di riprenderne alcune fra le perdute.659 In quest'ottica, la nuova legge si rivelava come un paracadute
per le forze minori, che, in regime di collegio uninominale, sarebbero state spazzate via.660
Frammentata, ma vicina a questa posizione, era quella dei liberali. Questi erano pienamente coscienti che sarebbero spariti. Se fosse rimasto in essere il collegio uninominale, i liberali sarebbero stati schiacciati fra i due grandi partiti di massa, popolari e socialisti.661 La proporzionale
avrebbe permesso, ancora una volta, la loro sopravvivenza.662
Gli esiti elettorali stabilirono un trionfo dei partiti di massa, legato alle fratture socio- politiche prodotte dall'impatto della guerra nel paese, e la dèbacle dello schieramento liberale. L'errore di calcolo dei liberali era legato alla strategia politica di Nitti, portata avanti proprio nel sostenere la proporzionale. Con il nuovo sistema elettorale, il presidente del Consiglio voleva svincolare i riformisti del PSI per consentirgli di appoggiare il suo governo, che aveva disperatamente bisogno di una maggioranza stabile.663 Nitti voleva presentarsi come l' 'uomo
nuovo', contro gli altri leader del liberalismo italiano, che lui reputava, ormai, superati. Per permettere all'ala liberale di sinistra di liberarsi dall'invadente tutela giolittiana, inoltre, era per lui necessario superare il collegio uninominale, intorno al quale l'uomo di Dronero aveva costruito le sue fortune.664 Con la proporzionale, Nitti pensava che le elezioni avrebbero finito per riconfermare
la tradizionale egemonia dei costituzionali.665
La legge trovò alla fine largo consenso nel voto parlamentare. La Camera approvò la riforma con 277 voti a favore e 38 contrari, mentre il Senato, dopo soli due giorni di lavoro e dibattito, l'approvò con 70 sì e 9 no.666 Nel voto a favore, confluirono motivazioni diverse, di carattere
ideologico e di mero opportunismo, ma, sopratutto, la suggestione stabilizzatrice che la proporzionale esercitava in quel momento.667
658Cfr. P. L. Ballini, Le elezioni nella storia d'Italia, cit., p. 181. 659Cfr. S. Noiret, La proporzionale e le elezioni del 1919, cit., p. 83. 660Cfr. P. L. Ballini, Le elezioni nella storia d'Italia, cit., p. 181. 661Cfr. M. S. Piretti, Le elezioni politiche in Italia, cit. p. 203. 662Cfr. S. Noiret, La proporzionale e le elezioni del 1919, cit., p. 83.
663Cfr. L. Piccioli, La riforma elettorale del 1919 nella crisi politica del primo dopoguerra, in Z. Ciuffoletti, Riforme
elettorali e democrazia nell'Italia liberale, Firenze, Centro editoriale toscano, 1987, p.120.
664Ibidem.
665Ivi, pp. 121-122.
666Cfr. P. L. Ballini, Le elezioni nella storia d'Italia, cit., p. 181. 667Ibidem.
Secondo il nuovo sistema, l'elettore doveva esprimere il voto di lista su schede a stampa obbligatorie,668 le quali riportavano i soli contrassegni di partito.669 L'elettore, inoltre, poteva
esprimere da uno a quattro voti di preferenza per i candidati della lista prescelta o, con il cosiddetto voto 'aggiunto',670 a particolari condizioni, anche per i candidati di altre liste.671 Il voto aggiunto
costituiva un elemento di mitigazione sugli effetti della rappresentanza proporzionale. Nella possibilità di aggiungere il nome di un candidato di una lista, ad un'altra, il voto aggiuntivo si configurava come un elemento di mitigazione per lo scrutinio di lista. Veniva, infatti, lasciata la porta aperta a coloro i quali preferivano scegliere 'il galantuomo all'arnese di partito'.672 I candidati
che vantavano legami personali forti all'interno del collegio erano tutelati poiché, in assenza di liste bloccate, avrebbero potuto riscuotere suffragi in qualsiasi lista incompleta indipendentemente dal partito che li candidava. Il voto aggiunto diminuiva la rigidità della lista, privilegiando ancora una volta il fattore della personalità, permettendo il perpetuarsi di alcuni aspetti personalistici e clientelari della vecchia legge.673
Ancora al 1919, i deputati da eleggere erano 508. La nuova legge manteneva fisso il numero di deputati, ma stabiliva che i nuovi collegi fossero costituiti da una provincia o da più province contigue. Ogni collegio eleggeva non meno di 5 deputati nella prima applicazione e non meno di 10 per quelle successive.674 Con il sistema d'Hondt, introdotto dalla legge, tanto più il collegio era 668Il legislatore non modificò sostanzialmente la legge del 1912 sulle modalità di voto, che rimasero quelle già adottate nel 1913 per quanto riguarda la scheda elettorale, la busta elettorale e le procedure di votazione. Cfr. S. Noiret, La
proporzionale e le elezioni del 1919, cit., p. 91.
669Cfr. P. L. Ballini, Le elezioni nella storia d'Italia, cit., p. 184.
670Il regime elettorale per lo scrutinio di lista avrebbe potuto adoperare quattro diversi tipi di liste: la lista bloccata, nella quale il numero di candidati presenti sulla lista è pari a quello dei candidati eleggibili; la lista non bloccata, per cui l'elettore può influenzare l'ordine di presentazione dei candidati del tutto o in parte; il voto aggiunto, per cui l'elettore può non solo influenzare l'ordine di presentazione, ma inserire candidati propri nella lista prendendoli da altre liste; la lista complementare libera, in cui l'elettore può formare una lista a suo piacimento, scegliendo dei candidati esistenti o candidati non presenti alla chiusura delle liste, su altre liste. Il sistema introdotto da Nitti, per moderare lo scrutinio di lista, è del terzo tipo. Questo ammetteva il voto aggiunto dato a candidati presenti su altre liste e non impediva che le liste non fossero bloccate. Si tratta di un compromesso tra un sistema che avrebbe obbligato il mondo politico italiano a organizzarsi in partiti politici concorrenti e il vecchio sistema che si basava sulla personalità dei candidati e la loro influenza a livello locale. Il voto aggiunto, o panachage, era uno elemento che permetteva di diminuire gli effetti della proporzionale. Lo stesso Rosadi fu sostenitore del voto aggiuntivo, poiché diminuiva la rigidità della lista e riammetteva il fattore della personalità. Cfr. S. Noiret, La proporzionale e le
elezioni del 1919, cit., pp. 86-87.
671Il voto aggiunto poteva essere espresso quando la lista per cui si votava non era completa. In questo caso era consentito aggiungere nella scheda nomi di candidati appartenenti ad altre liste. Il voto 'aggiuntivo' era stato accolto nella legge italiana per mitigare la rigidità dello scrutinio di lista e rendere meno brusco il passaggio dal preesistente collegio uninominale alla proporzionale, col metodo delle liste concorrenti. Cfr. P. L. Ballini, Le elezioni nella storia
d'Italia, cit., p. 184.
672S. Noiret, La proporzionale e le elezioni del 1919, cit., p. 87.
673L'esistenza del voto aggiunto rende la lista aperta, poiché non bloccata e incompleta. La lista, infatti, può non contenere l'indicazione di tutti i candidati assegnati a collegio e l'elettore può completarla con candidati di altre liste. Molti autori ritengono il voto aggiunto come un elemento contraddittorio e politicamente antieducativo. Lo scrutinio di lista, infatti, indipendentemente dal fatto di consentire o meno la proporzionale, si basa sul concetto che il voto sia basato su una designazione di direttiva politica. Il voto aggiunto fa crollare, quindi, il sistema che avrebbe dovuto favorire la diffusione di una competizione partitica. Ibidem.
piccolo tanto più alto sarebbe stato l'effetto sovrarappresentativo del partito di maggioranza; se il collegio fosse stato vasto il principio della proporzionalità sarebbe stato rispettato. I giolittiani non poterono transigere e riuscirono a mantenere bassa la dimensione del collegio che costituiva il naturale corollario del voto aggiunto.675
Il territorio del Regno venne ripartito in 54 Collegi, dei quali 42 comprendevano una sola provincia cadauno, 10 ne comprendevano due, un collegio ne comprendeva 3 e uno 4.676 Nella
perfetta aderenza di 42 circoscrizioni alle provincie del Regno, su un totale di 54 collegi, può essere rintracciato il tentativo di favorire, ancora una volta, le campagne elettorali personalistiche dei maggiori candidati del collegio. Questi continuavano ad esercitare la loro influenza su un territorio che, per la sua ristrettezza, non poteva essere sottratto ai rapporti clientelari vigenti.677
Altro elemento di mitigazione alla nuova norma, oltre il voto aggiuntivo e la nuova ripartizione dei collegi, fu la mancata revisione della popolazione elettorale. La modifica dei collegi elettorali, con i relativi deputati da eleggere, tenne conto al 1919 del censimento effettuato nel 1911. Di fatto non venivano considerati i profondi sconvolgimenti demografici legati alla migrazione interna ed estera, all'aumento demografico, alla mortalità dovuta alla guerra.678 Questo portò a forti
sperequazioni da collegio a collegio, sia nel numero di deputati da eleggere, sia nel numero necessario di voti per eleggere un deputato.
La ripartizione dei seggi seguiva il metodo d'Hondt. Ciascuna 'cifra elettorale' ottenuta dalle varie liste veniva divisa per i numeri naturali, sino a concorrenza del numero dei deputati da eleggere. Si compilava, poi, una graduatoria unica decrescente dei quozienti ottenuti dalle liste. Da questa graduatoria si prendevano tanti, fra i quozienti più alti, quanti erano i deputati da eleggere. A ciascuna lista, quindi, venivano attribuiti tanti rappresentanti quanti erano i quozienti ad essa appartenenti compresi nella graduatoria.679
Questo sistema favoriva spesso la maggioranza a danno delle minoranze, specialmente nei
regioni storiche, l'altra voleva collegi di media grandezza, su base provinciale o interprovinciale. Il Governo, contrario a vaste circoscrizioni, accettò che il limite di 5 deputati venisse aumentato a 10 solo in sede di revisione delle circoscrizioni elettorali, che avrebbe dovuto essere compiuta dopo la prima tornata elettorale e avrebbe tenuto presenti i dati del censimento previsto per il 1921. Cfr. P. L. Ballini, Le elezioni nella storia d'Italia, cit., p. 184. 675Cfr. M. S. Piretti, Le elezioni politiche in Italia, cit. p. 210.
676La ripartizione si ebbe con R. D. del 10 settembre 1919, n. 1576. Cfr. P. L. Ballini, Le elezioni nella storia d'Italia, cit., p. 185.
677Cfr. S. Noiret, La proporzionale e le elezioni del 1919, cit., p. 89.
678La mancata revisione delle liste elettorali è legata alla necessità di diminuire gli effetti che avrebbero avuto la proporzionale e lo scrutinio di lista. L'utilizzo del censimento del 1911 portò a divisori elettorali più bassi nei collegi meridionali e più alti in quelli settentrionali. Si tentava di favorire la vecchia classe dirigente e le sue clientele politiche. Mantenendo la 'vecchia' popolazione elettorale si avvantaggiavano le liste che avessero ottenuto molti voti nelle circoscrizioni con un basso quoziente (i liberali nel sud) e si svantaggiavano quelle che avessero conseguito molti voti nei collegi con alto divisore elettorale e un numero in proporzione inferiore di deputati da eleggere (i socialisti nella pianura padana e nelle regioni del nord). Ivi, p. 90.
collegi a base ristretta, e in quelli dove si verificava una forte preponderanza di un partito sull'altro. In complesso, però, il sistema proporzionale, assicurò un'equa rappresentanza ai diversi partiti che avevano raccolto un congruo numero di voti.680 Spartiti i seggi spettanti a ciascuna lista nell'ambito
del collegio, essi venivano assegnati, nell'ambito delle liste, a quei candidati che avessero ottenuto la cifra individuale di voti più alta.681
Il collegio di Firenze, dopo l'introduzione della rappresentanza proporzionale, coincise con i limiti della provincia e comprendeva i precedenti 14 collegi.682 La popolazione del collegio era di
1.009.947 abitanti, suddivisi in 78 comuni. Il numero di deputati da eleggere, assegnati al collegio, ammontava a 14.683