GLI ENTI PUBBLIC
2.2 Dalla legge sul parastato 70/1975 alla riforma costituzionale 3/
Nel tempo si è assistito ad una fase recessiva che ha coinvolto gli enti pubblici e ha comportato una revisione dell’intero sistema. Il primo passo in questo percorso è stato compiuto con la legge 70/1975, con la quale il legislatore ha proceduto ad un’ampia opera di revisione, classificazione e riduzione degli enti pubblici. In particolare, il legislatore con questa legge, ha individuato quattro categorie di enti: gli enti del c.d. parastato, importanti perché svolgono attività strumentale44 rispetto
all’attività statale; gli enti non soggetti alla legge sul parastato, ma sottoposti a statuti di specie; altri enti pubblici che sono stati trasformati in enti privati ed assoggettati alla libera contribuzione di soci e soggetti interessati; gli enti inutili, che sono stati soppressi. Una particolare importanza va riconosciuta all’articolo 4 della suddetta legge, secondo il quale “nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge”. Con questa disposizione è stato introdotto un criterio legislativo di individuazione degli enti pubblici, cioè una norma che esprime un principio generale di riserva relativa di legge45 e rende realizzabile l’articolo 97 della
Costituzione46. Dopo la famosa legge 70/1975 il legislatore è intervenuto svariate
volte con altre disposizioni finalizzate a proseguire l’opera di razionalizzazione del sistema. Le tappe più importanti in materia sono state:
44 Sono attività strumentali quelle attività dirette a rendere possibili le funzioni finali o altre funzioni strumentali.
45 La riserva di legge si dice relativa quando il legislatore detta con legge o atto avente forza di legge solo i criteri generali che disciplinano una determinata materia, mentre l’attuazione della stessa può avvenire con regolamenti autorizzati o fonti secondarie, sempre all’interno dei principi e dei criteri individuati con legge.
46 Articolo 97 della Costituzione: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.”
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- La legge 15 marzo 1997 n. 59 (la c.d. Legge Bassanini) con la quale è stata conferita al Governo un’ampia delega per il riordino degli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi nonché degli enti privati controllati direttamente dallo Stato. Con questa legge il legislatore ha inciso fattivamente su due ambiti tra loro distinti ma funzionalmente collegati, cioè: il federalismo amministrativo47 e la riorganizzazione degli apparati
amministrativi statali.
- Il D.lgs. 29 ottobre 1999 n. 419, che ha previsto, sempre con riferimento agli enti pubblici nazionali, un’attività di razionalizzazione anche mediante la revisione degli Statuti degli enti.
- La legge 28 dicembre 2001 n. 448 che all’articolo 28 ha previsto il riordino, la trasformazione o la messa in liquidazione degli enti e organismi pubblici, nonché di strutture amministrative pubbliche. Questa disposizione è stata abrogata dalla legge finanziaria per il 2008.
Quindi, con la legge 59/97 è stato effettuato un riordino dell’intera struttura burocratica che ha coinvolto tutte le amministrazioni (da quelle centrali a quelle locali) e ha messo mano su quelli che erano i rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali, ponendo le basi per un sistema organico di relazioni.48 In realtà, il rapporto tra
lo Stato, le autonomie e l’ordinamento degli enti locali è stato investito da un’altra riforma molto importante. La legge costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001 ha ridisegnato il sistema delle autonomie e dei rapporti tra gli enti territoriali che
47 In realtà l’espressione “federalismo” viene utilizzata in modo improprio in questa fattispecie, in quanto il federalismo è un modello costituzionale che nasce dall’unione di Stati indipendenti che si uniscono. Nel linguaggio politico italiano invece, con “federalismo” si indica una sorta di ridisegno dello Stato con una larga concessione di autonomia sia alle Regioni che agli Enti locali.
48 F. Caringella, A. Crisafulli, G. De Marzo, F. Romano. Il nuovo volto della pubblica amministrazione tra federalismo e semplificazione, Napoli, 1999 p. 38 e ss.
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compongono la Repubblica, riscrivendo radicalmente il titolo V della II parte della Costituzione49. L’articolo 1 di questa legge, modificando l’articolo 114 della
costituzione50, ha riconosciuto innanzitutto la distinzione tra Repubblica e Stato e ha
posto quest’ultimo, dal punto di vista istituzionale, sullo stesso piano di Regioni, Province, Città metropolitane e comuni51.
Naturalmente, l’entrata in vigore di questa legge ha comportato la necessità di rivedere i rapporti tra le varie fonti legislative. Gli statuti degli enti locali, ancora oggi, continuano ad avere la forma e il rango di atti normativi secondari, in quanto gli Enti che provvedono ad adottarli sono privi di potestà legislativa ma, questi statuti, sono soggetti soltanto alla Costituzione e non ai principi fissati dal legislatore ordinario come precedentemente veniva disposto. Quindi si tratta di fonti secondarie, che nelle materie che rientrano nella sfera di competenza degli Enti, possono anche prevalere sulle leggi di rango primario.
I conflitti tra legge ordinaria e norma statuaria potranno essere evitati rispettando i limiti di competenza e disciplinando quindi, il legislatore, soltanto le materie che rientrano nella propria competenza.
Con l’articolo 117 Costituzione, così come modificato dalla legge 3/2001, si è proceduto ad una elencazione di materie di competenza esclusiva dello Stato, un gruppo di materie di competenza concorrente Stato- Regioni e infine tutte le materie
49 B. Carovita, La Costituzione dopo la riforma del Titolo V, Torino, 2002
50 L’ articolo 114 Costituzione prima della modifica intervenuta ad opera della legge costituzionale 3/2001 affermava testualmente: “La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni”.
51 Il nuovo articolo 114 della Costituzione, oggi, afferma che “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione.
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non menzionate nell’elenco precedente sono state assegnate alla potestà regionale52.
L’innovazione più importante, quindi, della legge di riforma del Titolo V della
52Articolo 117 della Costituzione: “ La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincol i derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi; e) moneta, tutela del ri sparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle
risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo; g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno; s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formaz ione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni.
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Costituzione è stata proprio l’inversione del criterio di distinzione dei diversi ambiti di potestà legislativa, in quanto, implicitamente, è stata posta come primaria la competenza regionale rispetto a quella statale. In linea di continuità con il testo costituzionale precedente alla riforma, è rimasta la potestà legislativa regionale “concorrente” nelle materie incluse in un elenco predefinito. Ancora, con questa riforma, la legge regionale è divenuta soggetta agli stessi limiti previsti per la legge statale, cioè, oltre al rispetto per la Costituzione, sono stati inseriti i vincoli derivanti dall’Ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
L’articolo 118 della Costituzione, così come modificato dalla legge costituzionale 3/2001, ha disposto che “tutte le funzioni amministrative e le relative potestà regolamentari vengono attribuite in via di principio ai Comuni salvo che, per assicurare l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.” Sulla base del principio di sussidiarietà53 le funzioni amministrative
sono state demandate alle autorità territorialmente e funzionalmente più vicine ai cittadini. Il principi di differenziazione, cioè il dover considerare le caratteristiche
La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello s volgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese co n enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.”
53 Il principio di sussidiarietà consente l'intervento del livello superiore soltanto nel caso in cui quello interessato non sia in grado di raggiungere lo scopo prefissato: «… la maggiore o minore adeguatezza a raggiungere lo scopo non va misurata in termini esclusivamente economici o di efficienza… il favor per l’ambito più vicino agli interessati comporta che questo vada preferito a quello meno vicino, non solo se sia in grado di operare a condizioni più vantaggiose, ma anche a parità di condizioni». A. D’Atena, Costituzione e principio di sussidiarietà, in Quaderni costituzionali, n. 1 del 2001, 18 ss.
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relative alle rispettive capacità di governo degli enti amministrativi riceventi l’attribuzione di una funzione amministrativa, vale a dire caratteristiche demografiche, territoriali, associative, strutturali dei diversi livelli di governo, e il principio di adeguatezza, cioè l’idoneità organizzativa degli enti a garantire l’effettivo esercizio delle competenze, vengono definiti come ulteriori principi che devono essere seguiti per individuare il nuovo grado di autonomia amministrativa delle Regioni riconosciuto dalla riforma costituzionale.
L’articolo 118, 2 comma, Costituzione, inoltre, ha stabilito che “i Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di funzioni conferite con legge statale o regionale in base alle rispettive competenze”. La diversa tipologia di funzioni amministrative ha rappresentato uno dei punti cruciali a livello interpretativo della riforma; la soluzione più condivisa54 ha ristretto
il campo alle funzioni “fondamentali,” attribuendole dallo Stato agli Enti Locali, ricavandole dalle materie di competenza legislativa sia statale che regionale, e alle funzioni “conferite,” che sono state attribuite dallo Stato e dalle Regioni agli Enti Locali in base alle materie di rispettiva competenza legislativa esclusiva.
Esistono però dei casi in cui lo Stato svolge un’importante funzione di coordinamento rispetto alle Regioni; infatti, l’articolo 118 Costituzione, comma 3, ha stabilito che la legge statale deve disciplinare forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, ovvero quelle concernenti l’immigrazione, l’ordine pubblico, la sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale. Quindi, si tratta di materie riservate
54 A. D’Atena, 2002, Il nodo delle funzioni amministrative, 28-02-2002, in Forum dell’Associazione Italiana del Costituzionalisti, consultabile sul sito www.archivio-rivistaaic.it
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alla competenza esclusiva dello Stato in cui l’esigenza di coordinamento viene imposta dalla differente collocazione territoriale delle relative problematiche55.
Il processo di modifica della titolarità delle competenze è particolarmente evidente per le funzioni statali relative a materie che il nuovo testo della Costituzione ha attribuito alla potestà legislativa regionale; infatti, la titolarità delle funzioni amministrative spetta alle Regioni e agli Enti Locali in tutti i casi in cui le Regioni siano competenti a legiferare sulla materia in modo esclusivo e che quindi spetta loro l’ulteriore ripartizione alle Province e ai Comuni. Una volta individuate le funzioni statali da decentrare alle Regioni, l’ulteriore ridistribuzione tra Regioni ed Enti Locali deve essere attuata secondo quanto prescritto dall’articolo 118 della Costituzione che ha previsto, quali destinatari principali, i Comuni e, successivamente, secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, ed al fine di “assicurarne l’esercizio unitario” gli altri Enti Locali, le Regioni ed infine lo Stato.
55 S. Cassese e D. Serrani, Regionalismo moderno: cooperazione tra Stato e Regioni e tra Regioni in Italia, in Le Regioni, 1980, p.398 e ss.
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