• Non ci sono risultati.

Riforme istituzionali e nuovo dimensionamento degli enti pubblici

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Riforme istituzionali e nuovo dimensionamento degli enti pubblici"

Copied!
112
0
0

Testo completo

(1)

1

INDICE

INTRODUZIONE ...2 LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ...4

1.1 Premessa 4

1.2 L’evoluzione della pubblica amministrazione con la legge 7 agosto 1990 n. 241 5 1.3 Dalla legge 7 agosto 1990 n.241 alla legge 11 febbraio 2005 n.15 7 1.4 Le modifiche in materia di procedimento amministrativo 9 1.5 Il principio di trasparenza e il diritto d’accesso nella legge 15/2005 14 1.6 La nuova conferenza dei servizi come modificata dalla legge 15/2005 22 1.7 Le modifiche all’articolo 21 della legge 241/90 ad opera della legge 15/2005 28

GLI ENTI PUBBLICI ... 38 2.1 I caratteri e il regime giuridico degli enti pubblici 38 2.2 Dalla legge sul parastato 70/1975 alla riforma costituzionale 3/2001 42 2.3 Le Province: il complesso iter normativo che porta alla riforma Delrio 49 2.4 La riforma Delrio: il riordino delle province e la “nuova” unione dei comuni 53 2.5 Le città metropolitane: una riforma “non riforma” 58 2.6 Cenni sulla riforma Madia della pubblica amministrazione. 66 2.7 Un progetto di riforma costituzionale per il 2016 70

LA SANITA’... 74 3.1 Dalle Mutue Assicuratrici al Servizio Sanitario Nazionale 74

3.2 Gli organi del SSN e il Ministero della Salute 82

3.3 Le ASL: dal D.Lgs 502/92 alla riforma Madia del 2015 85 3.4 La difficile convivenza della legislazione statale con quella regionale. 88 3.5 Il finanziamento del Servizio Sanitario: le sue origini e la sua evoluzione. 93

CONCLUSIONI ... 100 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA... 103 FONTI NORMATIVE DI RIFERIMENTO ... 106

(2)

2

INTRODUZIONE

Il presente lavoro è suddiviso in tre parti ben distinte e intende analizzare i cambiamenti che negli ultimi venticinque anni hanno caratterizzato la pubblica amministrazione, gli enti pubblici e il sistema sanitario. Il primo capitolo è interamente dedicato alla pubblica amministrazione, al cambiamento che l’ha interessata dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 fino alla legge 11 febbraio 2005, n. 15. La prima delle due leggi citate ha rappresentato sicuramente un’innovazione per il diritto amministrativo, in quanto ha trasformato il rapporto tra i cittadini e l’amministrazione da un rapporto di tipo autoritativo ad uno di tipo collaborativo e paritario. Inoltre si è soffermata soprattutto sul procedimento amministrativo con la revisione dei termini e l’obbligo di motivazione dei procedimenti; ha sancito il c.d. principio di contrattualità dell’azione amministrativa e soprattutto ha introdotto due forme di accordi: gli accordi integrativi e quelli sostitutivi. Questa legge però, successivamente, ha subito delle modifiche ad opera della legge 15/2005. Tale legge ha introdotto il principio di trasparenza che si ricollega al diritto di accesso ai documenti amministrativi da parte degli interessati. Molte modifiche hanno interessato anche la conferenza dei servizi, cioè quell’istituto di semplificazione dell’attività amministrativa della PA che serve per riunire in un unico contesto logico temporale le valutazioni delle singole amministrazioni portatrici degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo.

Il secondo capitolo del presente lavoro è incentrato sugli enti pubblici con particolare riguardo alle riforme che sono state varate negli ultimi anni, soprattutto alla c.d. riforma “Delrio” che ha riordinato le province e ha istituito le città metropolitane. Con riferimento alle province, questa legge in realtà non le abolisce ma le trasforma

(3)

3

in “enti territoriali di area vasta”, modifica i metodi di elezione del presidente della provincia, prevede una forma di governo tripartita tra presidente della provincia, consiglio provinciale e assemblea dei sindaci e stabilisce la gratuità dell’incarico. Con riferimento, invece, alle città metropolitane, questa legge punta a ridisegnare i confini e le competenze dell’amministrazione locale, prevedendo la costituzione di città metropolitane, con al vertice il sindaco metropolitano, affiancato dal Consiglio e dalla Conferenza metropolitani.

In questo lavoro è presente inoltre un cenno alla riforma “Madia” del 2015, che ha investito molti ambiti della pubblica amministrazione e di cui sono già stati approvati undici decreti attuativi, e un cenno al progetto di riforma costituzionale del 2016, che mira al superamento del bicameralismo paritario, alla riduzione del numero dei parlamentari, al contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, alla soppressione del CNEL e alla revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione.

L’ultimo capitolo di questa tesi è dedicato alla sanità, a come si è evoluto il sistema assistenziale, dalle mutue assicuratrici fino alla nascita del servizio sanitario nazionale ad opera della legge del 23 dicembre 1978, n. 833. Vengono delineati i principi fondamentali e quelli organizzativi del servizio sanitario nazionale, il passaggio dalle unità sanitarie locali alle aziende sanitarie locali, dal d.lgs 502/92 fino alla recente riforma “Madia” che ha modificato la materia della dirigenza sanitaria. Viene inoltre approfondito il rapporto tra le competenze legislative statali e quelle regionali che hanno subito una variazione a seguito della modifica dell’articolo 117 Costituzione ad opera della riforma costituzionale 3/2001. Infine un riferimento anche al finanziamento del SSN, dalle sue origini fino al d.lgs 68/2011.

(4)

4

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

1.1 Premessa- 1.2 L’evoluzione della pubblica amministrazione con la legge 7 agosto 1990 n. 241- 1.3 Dalla legge 7 agosto 1990 n.241 alla legge 11 febbraio 2005 n.15- 1.4 Le modifiche in materia di procedimento amministrativo – 1.5 Il principio di trasparenza e il diritto d’accesso nella legge 15/2005- 1.6 La nuova conferenza dei servizi come modificata dalla legge 15/2005- 1.7 Le modifiche all’articolo 21 della legge 241/90 ad opera della legge 15/2005

1.1 Premessa

Nel corso del tempo, la pubblica amministrazione, ha subito molte trasformazioni. Basti pensare che fino al XIX secolo l’attività amministrativa veniva regolata dalle stesse disposizioni che disciplinavano i rapporti tra privati ed era composta dalle strutture amministrative che facevano capo al potere esecutivo. Durante il XX secolo l’amministrazione pubblica si espande, moltiplica i suoi compiti e guadagna autonomia rispetto all’apparato di Governo, tanto da rappresentare un potere amministrativo distinto da quello esecutivo.

Nel contempo si sono sviluppate le amministrazioni territoriali che godevano di una certa indipendenza dal governo centrale. La pubblica amministrazione svolge varie attività, si passa da attività giuridiche ad attività strettamente materiali. Per lo svolgimento dei suoi compiti, pone in essere una serie di atti costituenti la cosiddetta “attività amministrativa”. È composta da organi e uffici dello Stato dipendenti dal Governo, ordinati in dicasteri guidati da componenti del governo stesso. Le funzioni amministrative possono essere delegate, oltre che ai dicasteri, anche ad organizzazioni dotate di una certa autonomia e che possono avere o meno una personalità giuridica.

(5)

5

1.2 L’evoluzione della pubblica amministrazione con la legge 7 agosto 1990 n. 241

In Italia le riforme più importanti sono state introdotte a partire dagli anni Novanta del XX secolo. Con la legge 8 giugno 1990 n.142 sono stati dettati i principi dell’ordinamento dei Comuni e delle Province e sono state determinate le loro funzioni. Con questa legge sono stati ridefiniti gli assetti del sistema comunale e provinciale; inoltre per la prima volta è stata riconosciuta a questi la facoltà di dotarsi di propri statuti. Ma è stata sicuramente la legge 7 agosto 1990 n. 241 a rappresentare un’innovazione per il diritto amministrativo italiano. Si tratta di una legge che ha trasformato il rapporto tra i cittadini e l’amministrazione da un rapporto di tipo autoritativo ad uno di tipo collaborativo e paritario. Questa legge ha rinnovato fortemente l’attività amministrativa; la regola generale dell’azione amministrativa è costituita dal “principio di legalità” sulla base del quale l’attività amministrativa deve perseguire i fini dettati dalla legge. Questo non è l’unico criterio a cui la pubblica amministrazione deve ispirarsi, infatti, accanto alla legalità, troviamo anche l’economicità, l’efficacia e la pubblicità. L’economicità impone alla pubblica amministrazione la realizzazione del miglior risultato con il minor dispendio di mezzi e di strumenti, cioè con un utilizzo ottimale delle risorse. È un criterio questo che si ricollega al principio costituzionale di buon andamento dell’azione amministrativa (art 97 Cost.)1. Il terzo criterio cui si ispira la pubblica

amministrazione è quello dell’efficacia. Sostanzialmente la differenza tra

1 “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell 'amministrazione.

Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.

Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.”

(6)

6

economicità ed efficacia si basa sul fatto che la prima individua il rapporto tra risorse impiegate e risultati ottenuti mentre la seconda si basa sul rapporto tra risultati ottenuti e obbiettivi prestabiliti. Efficacia, quindi, significa che l’attività deve servire per raggiungere le finalità pubbliche a cui è preordinata nel miglior modo possibile. La pubblicità è attuazione del principio di trasparenza che è stato aggiunto in seguito e che va a ridefinire il rapporto tra gli amministratori e gli amministrati e impone alle P.A. di rendere accessibili agli interessati notizie e documenti che riguardano i pubblici poteri. È stato proprio con la legge 241/90 che la pubblicità è divenuta una regola, mentre la segretezza un’eccezione. Le articolazioni più importanti del principio di trasparenza soddisfatte dalla 241/90 sono state:

 l’obbligatorietà della motivazione del provvedimento amministrativo all’art. 3 della suddetta, con la possibilità del privato di controllare l’operato della P.A.

 il diritto dei privati di partecipare attivamente al procedimento amministrativo così da controllare lo sviluppo dell’azione dei pubblici poteri all’art. 7 della suddetta.

La trasparenza, così come la pubblicità, sono principi che discendono direttamente dal principio di democraticità dell’ordinamento.

(7)

7

1.3 Dalla legge 7 agosto 1990 n.241 alla legge 11 febbraio 2005 n.15

L’art. 12 della legge 241/90, che ha subito delle modificazioni con la legge 11

febbraio 2005 n. 15, ha introduce il richiamo al rispetto dei “principi dell’ordinamento comunitario” già sancito dall’art. 117, 1° comma della nostra Costituzione3. I principi dell’ordinamento comunitario controllano l’esercizio

dell’attività amministrativa da parte degli organi e degli uffici dell’Unione Europea, nonché delle Amministrazioni Nazionali, quando agiscono in applicazione di normative comunitarie. Sono dei principi che influiscono sulla legislazione e, di conseguenza, sull’azione amministrativa degli Stati membri. Quelli più importanti sono: il principio di certezza del diritto, il principio di legittimo affidamento, il principio di proporzionalità, il giusto procedimento e quello di buona amministrazione. Altro principio introdotto all’art. 1 bis è stato quello secondo cui l’amministrazione “nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato”. Con questo comma viene operata una distinzione tra attività di diritto pubblico e attività di diritto privato della PA.

L’art. 24 ha sancito il principio della certezza dei tempi del procedimento, ha

determinato il termine di conclusione del procedimento amministrativo e ha stabilito che questo deve concludersi con l’adozione di un provvedimento espresso, sia nel

2 “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai princìpi dell’ordinamento comunitario.”

3 “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali ”

4 “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso.”

(8)

8

caso di iniziativa di parte che nel caso di iniziativa d’ufficio, in ossequio al principio della certezza dei tempi dell’agire amministrativo e all’esigenza di speditezza e di celerità dell’azione amministrativa.

La legge 18 giugno 2009 n. 69 ha modificato questo articolo, già modificato in precedenza anche dalla legge 15/2005: si stabilisce che il termine per concludere il procedimento sia di 30 giorni. Il legislatore, quindi, ha portato nuovamente il termine, entro cui devono concludersi i procedimenti delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, da 90 a 30 come in origine era stabilito nella legge 241/90. La struttura di questa disposizione si continua comunque a basare sul potere di autodeterminazione dei tempi di conclusione riconosciuto alle pubbliche amministrazioni e sulla previsione di un termine suppletorio in caso di mancata individuazione del primo.

Per effetto delle modifiche introdotte dal legislatore, il nuovo art. 2 della L. 241/90 ha riportato a 30 giorni la conclusione del procedimento in assenza di un termine fissato dalla legge o dalle amministrazioni competenti. Quindi i termini per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali non possono superare i 90 giorni. La definizione dei termini va effettuata con regolamenti da adottare con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Se però, per ragioni diverse, dovesse emergere la necessità di fissare un termine superiore ai 90 giorni, il suddetto D.P.C.M. deve essere adottato anche su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e comunque non può essere superiore a 180 giorni, salvo che si tratti di procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di procedimenti sull’immigrazione.

(9)

9

1.4 Le modifiche in materia di procedimento amministrativo

Molte modifiche intervengono sulla L.241/90 in materia di procedimento amministrativo al fine di ridurre e conferire maggiore certezza ai tempi di conclusione del procedimento. Proprio con riguardo a quest’ultimo aspetto, gli enti locali conformano i propri regolamenti ai termini previsti per le amministrazioni statali, tenendo conto di quella che è la propria organizzazione, la natura degli interessi pubblici che tutelano e della complessità del procedimento. I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio, o dal ricevimento della domanda se il procedimento è ad iniziativa di parte, e i termini possono essere sospesi per una volta e per non più di 30 giorni.

Il comma 8 del vecchio art. 2 della L. 241/90 (prima dell’intervento del decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 1045) disciplinava il caso del silenzio

dell’amministrazione pubblica qualora fossero trascorsi i termini stabiliti: infatti, salvi i casi di silenzio assenso, scaduti i termini per la conclusione del procedimento, il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione poteva essere proposto anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente, fintanto che perdurava l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini del procedimento. Trattandosi di silenzio inadempimento, il decorso del termine non produceva l’estinzione del potere. Poteva, quindi, essere ripresentata l’istanza di avvio del procedimento ed esercitato il potere anche in pendenza di giudizio sul silenzio.

5 Codice del Processo amministrativo

(10)

10

Nel nuovo testo dell’art. 2 della legge 241/90 sul procedimento amministrativo, le novità di maggior importanza sono:

1) la revisione dei termini per la conclusione del procedimento:

- fino al 4 luglio 20106, il termine generale di conclusione del procedimento è

stato ridotto da 90 a 30 giorni ma, per alcuni provvedimenti, sono stati individuati dei termini non superiori a 90 o 180 giorni,

- dopo il 4 luglio 2010, senza che i termini siano fissati, si applica il termine generico di 30 giorni.

2) La modifica della disciplina sulla sospensione dei termini per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili tramite altre pubbliche amministrazioni. In particolare, a seguito delle modifiche che sono state introdotte alla legge 241/90, i termini possono essere sospesi, solo per una volta e per non più di 30 giorni. Quindi, a differenza della disciplina precedente, è stata introdotta una regola per la sospensione del termine.

3) La previsione legislativa espressa del risarcimento del danno da ritardo. Il risarcimento del danno da ritardo viene posto direttamente a carico delle pubbliche amministrazioni. L’art. 2 bis, infatti, afferma che “Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all'art. 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. (II comma) Le controversie relative all'applicazione del presente articolo sono attribuite alla

(11)

11

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni7."

L’art. 38 ha prescritto l’obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo.

Prima dell’emanazione della L. 241/90 non esisteva alcuna norma che sancisse l’obbligo di motivazione, oggi, invece, l’art. 3 ha stabilito che ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato, fatta eccezione degli atti normativi e di quelli a contenuto generale, che vengono considerati a motivazione libera. La mancanza di motivazione o l’insufficienza di questa, costituiscono vizi di legittimità. La funzione giuridica della motivazione di cui all’art. 3 della L.241/90 è, secondo dottrina e giurisprudenza, quella di permettere un controllo di logicità e di complessiva correttezza della decisione del provvedimento; i beneficiari di questo controllo sono, innanzitutto, coloro che abbiano subito un pregiudizio e che quindi potrebbero avere interesse ad impugnare il provvedimento se illegittimo.

7 L’art. 2 bis è stato introdotto dalla L. 69/2009 dove appunto si stabilisce che il diritto al risarcimento del danno ingiusto si prescrive in cinque anni e le controversie in materia sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. È necessario notare come il rispetto dei tempi del procedimento rappresenta uno stimolo al miglioramento dell’efficienza della pubblica amministrazione. La previsione di cui all’art. 2 bis si applica non solo alle pubbliche amministrazioni ma anche ai privati preposti allo svolgimento di attività amministrativa: questi, infatti, sono i soggetti obbligati a risarcire coloro che hanno subito un danno ingiusto derivante dall’in osservanza del termine. G. Virga ”Le modifiche ed integrazioni introdotte alla legge n.241 del 1990 recentemente approvate .Osservazioni derivanti da una prima lettura”. In www.lexitalia.it n.1/2005

8 “1. Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

2. La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale.

3. Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministr azione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama.

4. In ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere.”

(12)

12

La L. 241/90 è però molto importante anche perché ha sancito il cd. principio di contrattualità dell’azione amministrativa, in virtù del quale l’accordo tra PA e privati viene concepito <<non già come una rottura del procedimento, come una soluzione eccezionale ed anomala dei problemi aperti dall’iniziativa di procedimento, ma come uno sbocco alternativo all’atto e come questo direttamente e coerentemente discendente dallo sviluppo dello stesso procedimento>>9

Quindi, l’art. 11 della L.241/90 nell’attribuire dignità di istituto generale agli strumenti convenzionali dell’azione amministrativa, ha previsto che:

- L’amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo; - I suddetti accordi devono essere stipulati per iscritto a pena di nullità;

- Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, l’amministrazione può recedere unilateralmente dall’accordo, salvo l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatesi in danno del privato,

L’art. 11 inoltre ha previsto due forme di accordi:

a) gli accordi integrativi, cioè accordi che vengono conclusi direttamente dall’amministrazione procedente con gli interessati per determinare il contenuto del provvedimento;

b) gli accordi sostitutivi che vengono stipulati in sostituzione del provvedimento amministrativo.

9 M. Nigro, in Diritto Amministrativo- Nozioni essenziali, Edizioni giuridiche Simone, il Timone, 2007, pag. 148

(13)

13

Con le modifiche apportate con la L. 15/2005 all’art. 11 della L. 241/90 si è generalizzato l’uso degli accordi sostitutivi, stabilendo che possono essere utilizzati non solo nei casi previsti dalla legge. Questa norma è collegata al principio, disposto dall’art. 1bis della L. 241/90, secondo cui la pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato. La L.15/2005 ha introdotto all’art. 11 della L. 241/90 il comma 4bis che stabilisce che la stipulazione di accordi, integrativi o sostitutivi, sia sempre preceduta da una determinazione dell’organo competente per l’adozione del provvedimento. Tutto ciò viene previsto a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione.

(14)

14

1.5 Il principio di trasparenza e il diritto d’accesso nella legge 15/2005

La L.15/2005 ha innovato profondamente la L.241/90 sul procedimento amministrativo in più punti, introducendo, innanzitutto, accanto ai criteri di efficacia, economicità e pubblicità che devono guidare l’attività amministrativa, quello della trasparenza, disciplinato prima dall’art. 22 in materia di accesso ma ora completamente riscritto. Il principio di trasparenza ha chiarito il rapporto tra amministratori e amministrati e ha riconosciuto il diritto ai cittadini di esercitare un controllo sullo svolgimento dell’attività amministrativa. La L.15/2005 ha posto, anche, un nuovo principio alla base dell’attività amministrativa della pubblica amministrazione, introducendo nella L.241/90 il comma 1bis che statuisce che: «La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente». Con questo comma si è voluto andare a rafforzare il principio in base al quale il rapporto tra la pubblica amministrazione e i cittadini debba essere un rapporto di tipo paritario e collaborativo. Proprio la partecipazione dei privati in quello che è il procedimento amministrativo rappresenta uno degli strumenti in cui va concretizzandosi il criterio della trasparenza10 che si ricollega al diritto di accesso ai documenti amministrativi

da parte degli interessati.

Il diritto di accesso, disciplinato inizialmente nel Capo V della l. 241/90, si collegato sia a delle esigente di tutela del singolo (infatti attraverso l’accesso vengono

10 La dottrina ha infatti affermato che prima dell’entrata in vigore della L.241/90 vigev a la regola della segretezza e riservatezza dell’istruttoria nell’ambito di un procedimento amministrativo. Con la L.241/90 la regola precedente diventa un’eccezione e il diritto di accesso può essere escluso solo in casi tassativamente indicati dal legisl atore. F. Levato, Evoluzione e tutela del diritto di accesso ai documenti amministrativi, 2011, www.diritto.it.

(15)

15

salvaguardati diritti soggettivi e interessi legittimi) sia a delle finalità di interesse generale come si può leggere nella dizione originaria dell’art. 22 della legge che riconosceva questo diritto proprio per assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa. Questo rapporto con il principio di trasparenza si è però attenuato con la l. 15/2005 che è andata proprio a modificare in varie parti la l. 241. Il diritto di accesso ivi disciplinato è il cd. diritto di accesso conoscitivo che va tenuto distinto dal diritto di accesso partecipativo disciplinato dal precedente art. 10 della L. 241/9011. Questo diritto ha trovato un fondamento giuridico direttamente nella

Costituzione all’art. 9712 anche se parte della dottrina lo ha ricollegato al diritto di

informazione, riconosciuto nell’art. 21 Costituzione. La legge 15/2005 ha quindi ridisegnato l’istituto dell’accesso elevandolo a principio fondamentale ed estendendolo a tutta la pubblica amministrazione. Il diritto di accesso riguarda i documenti amministrativi, disciplinati dalla lett. d) dell’art. 22 (così come modificato dalla l. 15/2005), relativi ad un determinato procedimento e che sono detenuti dalla PA. Il problema che la norma ha risolto è quello relativo alla riferibilità del diritto di accesso a tutti gli atti di diritto privato emessi dalla PA. Infatti, secondo la nuova disciplina della l. 15/2005, che sul punto ha fatto propria le decisioni della giurisprudenza più recente13, importante per il diritto di accesso non è la natura

11 L’accesso partecipativo disciplinato dall’art. 10 della L.241/90 è il diritto dei destinatari della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo di prendere visione degli atti del procedimento per poter presentare memorie e documenti. F. Levato, Evoluzione e tutela del diritto di accesso ai documenti amministrativi, 2011, www.diritto.it.

12“I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.

Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.

Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.”

13 Il riferimento è alle decisioni 4 e 5 del 1999 del Consiglio di Stato, dove appunto si è deciso che <<Il diritto di accesso agli atti e ai documenti trova applicazione nei confronti di ogni tipologia di attività della pubblica amministrazione, compresi gli atti di diritto privato, poiché ogni attività

(16)

16

pubblica o privata dell’attività posta in essere ma il fatto che l’attività di diritto privato posta in essere dalla PA miri alla tutela del pubblico interesse e sia soggetta al principio di imparzialità. In modo più preciso, l’Adunanza Plenaria ha dichiarato che per tutti gli atti della PA sussistono esigenze di trasparenza, il cui soddisfacimento agevola il perseguimento dei valori riconosciuti dalla Costituzione di buon andamento e di imparzialità. Si è quindi osservato che la normativa sull’accesso ai documenti amministrativi rientra nello stesso ambito di applicazione dell’art. 97 Cost. e riguarda gli atti amministrativi in quanto tali, a nulla rilevando, ai fini dell'accesso, né la loro disciplina sostanziale pubblicistica o privatistica, né ‒ in caso di controversia ‒ la sussistenza della giurisdizione ordinaria o di quella amministrativa (di legittimità, o esclusiva, o di merito). Ciò che è importante è che l’attività, sebbene di diritto privato, costituisca nella sua essenza cura di un interesse pubblico e, soprattutto, debba essere espletata nel rispetto del canone di imparzialità.

La legge si è preoccupata anche di stabilire in modo preciso chi sono i destinatari e i titolari del diritto di accesso. Infatti, il nuovo art. 22 così come riscritto dalla L. 15/2005, dopo aver chiarito cos’è il diritto di accesso, cioè il diritto degli interessati di prendere visione dei documenti amministrativi, intendendosi come tali <<ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale>>14, ha individuato anche l’area dei soggetti interessati, dell'amministrazione è vincolata al l'interesse collettivo; possono essere esclusi soltanto i casi previsti tassativamente dalla legge.>>

(17)

17

vale a dire i titolari del diritto in questione che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. <<La nuova norma, che appare un po’ più restrittiva, in realtà non fa che tradurre alcuni orientamenti della giurisprudenza, la quale ha ripetutamente affermato che l’interesse giuridicamente rilevante debba essere concreto e personale, cioè immediatamente riferibile al soggetto che pretende l’ostensione dei documenti e specificamente inerente la situazione da tutelare>>15. I

titolari del diritto, quindi, devono avere un interesse:

- diretto, cioè appartenente alla sfera dell’interessato, quindi personale;

- attuale, cioè con riferimento alla richiesta di accesso ai documenti e non all’interesse ad agire in giudizio per tutelare la posizione vantata;

- concreto, cioè con un collegamento necessario tra il soggetto e un bene della vita coinvolto dall’atto o dal documento.

Secondo la dottrina prevalente, però, l’interesse deve anche essere serio, cioè meritevole, e motivato in modo adeguato. La l. 15/2005 ha inoltre individuato la categoria dei cc.dd. “controinteressati” non prevista nella legge precedente. Il controinteressato è quel soggetto in capo al quale delle esigente di riservatezza sarebbero compromesse dall’accesso dei documenti richiesti16.

Un ulteriore requisito, imprescindibile, che il diritto di accesso deve presentare, è quello della corrispondenza con una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento. Proprio questo requisito non ha fatto altro che confermare i risultati ai quali era giunta anche la giurisprudenza più recente che da un lato va ad escludere il

15 Cons. di Stato sez. V 2109/99

(18)

18

diritto di accesso per i titolari degli interessi di fatto, ma dall’altro va oltre la sfera degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi, purché venga in rilievo una posizione tutelata dall’ordinamento, quale ad esempio, le aspettative di diritto. Un altro problema che la l. 15/2005 ha affrontato riguarda le associazioni e i comitati portatori di interessi diffusi, infatti la suddetta legge ha esteso la qualifica di “interessati” anche ai soggetti privati “portatori di interessi diffusi”. La nozione dei destinatari, da un lato è risultata ampliata nella nozione che viene data di “pubblica amministrazione”, ossia che comprende “tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale e comunitario”17; dall’altro lato va a riproporre

l’elenco dell’art. 23 della l. 265/1999 che non è stato modificato dalla l. 15/2005 e definisce in modo più completo i soggetti nei cui confronti può essere esercitato il diritto di accesso ai documenti, cioè le amministrazioni, le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici e i gestori di pubblici servizi. Questo elenco dell’art. 23 si chiude con la menzione dei diritto di accesso nei confronti delle Autorità di garanzia e vigilanza.

La legge 15/2005 ha anche innovato l’art. 24 inquadrando in modo più completo i cc.dd. “limiti tassativi” al diritto di accesso che valgono per qualsiasi ambito di azione della pubblica amministrazione e i cc.dd. “limiti particolari” che riguardano i procedimenti adottati in settori attinenti a compiti specifici dell'Amministrazione. In parte questi limiti vengono definiti nella legge stessa e in parte si fa rinvio alla normazione secondaria, vale a dire le categorie di documenti che il Governo può sottrarre all’accesso mediante regolamento delegato. I limiti tassativi sono quelli

17 Art. 22 c.1 lett. e l. 15/2005

(19)

19

indicati nell’art. 24 della l. 241/90 al primo comma dove vengono esclusi dal diritto in questione tutti i documenti sottoposti a segreto di stato ai sensi della l. 801/77 o coperti dal divieto di divulgazione previsto dalla legge o dal regolamento delegato. A queste materie la l. 15/2005 ne ha aggiunte di nuove, escludendo l’acceso anche:

- nei procedimenti tributari;

- nei confronti delle attività delle PA dirette all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, programmazione e pianificazione;

- nei procedimenti selettivi quando vengono in rilievo documenti contenenti informazioni di natura psico-attitudinale relativi a terzi.

A questi limiti tassativi deve essere aggiunta anche la regola stabilita dal comma 3 dell’art. 24 della l. 241/90 così come introdotto dalla l. 15/2005, in base al quale «non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni». Questo è un principio generale che si colloca sull’altro piatto della bilancia rispetto al principio per cui «l'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza»18. Un ulteriore limite

tassativo è quello che concerne i documenti che contengono informazioni connesse agli interessi di cui al comma 1 dell’art. 24 della l. 241/90: per questi documenti si prevede che essi «sono considerati segreti solo nell'ambito e nei limiti di tale connessione. A tal fine le pubbliche amministrazioni fissano, per ciascuna categoria

18 art. 22, comma 2, L. n. 241/1990

(20)

20

di documenti, anche l'eventuale periodo di tempo per il quale essi sono sottratti all'accesso»19

Quando ci si trova di fronte a queste materie, le singole amministrazioni devono individuare le categorie di documenti da sottrarre all’accesso per esigenze di salvaguardia degli interessi previsti nel comma 1. I limiti particolari sono invece quelli stabiliti tramite regolamento dalle singole Amministrazioni (art. 24 co. 2), oltre a quelli che vengono indicati dal nuovo co. 6 dell’art. 24 che enuncia le regole di principio secondo cui il diritto di accesso può essere escluso per salvaguardare:

- la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali, - la politica monetaria e valutaria;

- l’ordine pubblico e la prevenzione e repressione della criminalità;

- la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, giuridiche, gruppi, imprese ed associazioni con particolare riferimento agli interessi di natura epistolare, sanitaria, finanziaria, industriale e commerciale;

- l’attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all’espletamento del relativo mandato.

In questi casi la disciplina viene rimessa ad un regolamento delegato del governo emanato nella forma del D.P.R. ai sensi del secondo comma dell' art. 17 l. 400/ 198820, al quale viene delegato il compito di stabilire non solo le modalità di

esplicazione del diritto ma in particolar modo i casi di esclusione nel rispetto dei

19 art. 24, comma 5, L. n. 241/1990

20 “Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le nor me generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.”

(21)

21

principi e dei criteri direttivi dettati dalla legge delega. L’elencazione dei casi di esclusione si chiude con il comma 7 dell’art. 24 dove viene precisato che comunque deve essere garantito l’accesso quando questo si riferisce a documenti necessari “per curare o per difendere in giudizio i propri interessi” e rinvia espressamente all’art. 60 del D.lgs. 196/0321 (Codice della Privacy). Il 722 comma dell’art. 24 è però

frazionabile in tre parti:

- la prima riguarda tutti quei documenti che possono rilevare lo stato di salute e la vita sessuale per i quali l’accesso è consentito a condizione che vi sia l’osservanza della regola del “pari grado” e della “indispensabilità”;

- la seconda riguarda tutti i documenti che contengono dati giudiziari e sensibili per i quali l’accesso è consentito a condizione che vi sia l’osservanza della sola regola della “indispensabilità”;

- la terza infine si riferisce a quei documenti contenenti sì dati personali ma né giudiziari, né sensibili per i quali l’accesso è comunque consentito solo se la loro conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici.

21 Art. 60. Dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale

“Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interess ato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.”

22 Articolo prima modificato dall'art. 22, L. 13 febbraio 2001, n. 45 e, a decorrere dal 1° gennaio 2004 dal comma 1 dell'art. 176, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e poi così sostituito dall'art. 16, L. 11 febbraio 2005, n. 15, con la decorrenza indicata

(22)

22

1.6 La nuova conferenza dei servizi come modificata dalla legge 15/2005

Molte sono anche le modifiche che hanno interessato la conferenza dei servizi introdotte dagli art. 8 - 13 della nuova legge 15/2005. La conferenza dei servizi, già prima dell’entrata in vigore della legge 241/90, era stata utilizzata in discipline settoriali23. La legge generale sul procedimento amministrativo 241/90 è andata ad

estendere quindi l’efficacia di un istituto giù utilizzato in dei settori specifici, che però ha subito ulteriori modificazioni da ultimo con la L. 15/2005 che ha perfezionato il modulo procedimentale disciplinato dagli articoli 14 e seguenti della legge n. 241/1990. La conferenza dei servizi è un istituto di semplificazione dell’attività amministrativa della PA e serve per poter riunire in un unico contesto logistico e temporale le valutazione delle singole amministrazioni portatrici degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, al fine di consentire il coordinamento tra le amministrazioni coinvolte e di favorire l’intervento di accordi tra le stesse, ai sensi dell’art. 15 della legge 241.

La l. 241/90 prevede due tipi di conferenza dei servizi: quella istruttoria disciplinata dall’art. 14 comma 1 e 3, dove vi è un’unica amministrazione competente a decidere (c.d. decisione monostrutturata24) che con la conferenza acquisisce l’avviso delle

altre amministrazioni portatrici di interessi coinvolti nella procedura; la conferenza dei servizi decisoria, disciplinata dall’art. 14 comma 2, dove la decisione viene definita pluristrutturata poiché è necessario l’assenso di più amministratori per poter adottare il provvedimento finale. L’istituto della conferenza dei servizi istruttoria non

23 Legge istitutiva dell’Enel, n. 1643 del 1962; in materia urbanistica, l’art. 81 della legge n. 616 del 1977, poi abrogato dall’art. 4, D.P.R. m. 383 del 1994; legge 21 ottobre 1987, n. 441, sullo smaltimento dei rifiuti.

24 Per l’uso di tale terminologia, F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, Milano, 2003, pag. 1468

(23)

23

ha subito delle incisive modifiche con la l. 15/2005, ma sono state apportate delle integrazioni che tendono innanzitutto a definirne in modo più chiaro l’ambito, comprendendo nei progetti più complessi quelli che riguardano gli “insediamenti produttivi di beni e servizi”25e per abbreviare si consente che, in luogo di un progetto

preliminare, l’istanza possa essere “documentata da uno studio di fattibilità”26; in

secondo luogo le modifiche mirano ad estendere il procedimento rinforzato, previsto dall’art. 14-bis c.3 per i casi in cui sia richiesta la VIA (valutazione di impatto ambientale), ai casi in cui la conferenza riguardi opere interregionali e una “amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità” esprima il proprio dissenso27. Ciò implica che l’autorità dissenziente si esprima sulle condizioni

per l’elaborazione del progetto, indicando tutte le alternative. Alle amministrazione che in seguito dovranno pronunciarsi sull’adeguatezza delle soluzioni progettuali prescelte, avuto riguardo all’interesse da ciascuno tutelato, viene aggiunta anche quella preposta alla pubblica incolumità. A questa conferenza devono essere invitate tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento necessario per l’adozione del provvedimento finale, e inoltre possono partecipare quelle amministrazioni la cui presenza viene ritenuta opportuna dalle amministrazioni procedenti28. Diverso

spessore sembra avere la conferenza dei servizi decisoria la cui disciplina è dettata nell’art. 14 c.2 e nei seguenti art. 14-ter e 14-quater della l. 241/90, completamente riscritti dalla l. 15/2005 che ha provveduto ad eliminare alcuni difetti di

25 Art. 14 bis c.1 legge 241/90 così come modificata dalla l. 15/2005 26 Art. 14 bis c.1 legge 241/90 così come modificata dalla l. 15/2005 27 Art 14-bis c.3bis legge 241/90

28 Come esempio di conferenza istruttoria, la giurisprudenza è solita annoverare quella prevista dall’art. 27 del decreto legislativo n. 22 del 1997 (c.d. decreto “Ronchi”), in tema di localizzazione di impianti di smaltimento di rifiuti. M. Ragazzo, La conferenza dei servizi: esiti della riforma ex lege 15/2005 e novità giurisprudenziali. In www.lexitalia.it, n. 6/2005.

(24)

24

coordinamento e chiarisce degli aspetti che avevano provocato non pochi interpretazioni. In primo luogo il termini di indizione della conferenza è stato portato a trenta giorni che iniziano a decorrere dalla ricezione della richiesta e non, come precedentemente deciso, dall’inizio del procedimento. Viene inoltre stabilito che “la conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate”29. Si stabilisce, infine, che la

prima riunione deve essere convocata “entro quindici giorni ovvero, in caso di particolare complessità dell'istruttoria, entro trenta giorni dalla data di indizione”30.

La convocazione deve pervenire alle amministrazioni interessate, anche per via telematica o informatica, non più con almeno dieci, ma con soli cinque giorni di anticipo rispetto alla data della prima riunione31. Sulle modalità della convocazione è

recentemente intervenuta la Sezione Quarta del Consiglio di Stato, con sentenza 15 novembre 2004, n. 745032. Tale decisione si pone in netta controtendenza rispetto

alle più recenti decisioni dello stesso Consiglio di Stato in materia di comunicazioni

29 Art. 14 c.2 della legge 241/90, Comma così modificato dal Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n. 104. 30 Art. 14-ter c.1 della legge 241/90, Articolo così modificato dalla Legge 11 febbraio 2005, n. 15 e successivamente dalla Legge 18 giugno 2009, n. 69.

31 Art. 14-ter c.2 della legge 241/90, Comma così modificato prima dall'art. 10, L. 11 febbraio 2005, n. 15 e poi dall'art. 49, co. 2, lett. a), D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, nella L. 30 luglio 2010, n. 122.

32 In questo caso, alcuni cittadini impugnavano l’autorizzazione concessa ad un’impresa che, nel corso del processo produttivo di lavorazione delle materie prime, emanava sostanze in vetro e plastica. Tra i motivi di impugnativa vi era la mancata convocazione, alla conferenza di servizi, dell’A.U.S.L. e della provincia, competenti rispettivamente in materia di tutela della salute e dell’ambiente. Il Giudice di primo grado (T.A.R. Veneto, Sez. I, 25 giugno 1994, n. 651) aveva ritenuto di applicare la specifica normativa regionale (legge Regione Veneto n. 33 del 1985), secondo la quale la conferenza di servizi di cui all’art. 3-bis della legge n. 441 del 1987 (normativa in materia di rifiuti) è valida quando sia presente la maggioranza dei componenti, purché essa raggiunga almeno il 40% dei componenti previsti: l’assenza dei rappresentanti dell e predette amministrazioni non poteva dunque inficiare la validità delle delibere autorizzatorie assunte in quella stessa sede. A tal fine riteneva altresì valida la convocazione effettuata a mezzo fax. Il Consiglio di Stato ha invece ribaltato tale impostazione, affermando che della dedotta convocazione attraverso fax delle predette amministrazioni, le quali non hanno partecipato alla conferenza, non fosse stato offerto alcun elemento di prova da parte della amministrazione appellata (ossia, la Regione): “l’avvenuta comunicazione sarebbe, infatti, dovuta essere provata attraverso un estratto dei registri del protocollo delle Amministrazioni, che erano tenute a protocollare i fax in arrivo”. [tratto da Lexitalia-rivista giuridica n.6 del 2005. Autore avv. Ma ssimo Ragazzo del foro di Venezia]

(25)

25

a mezzo fax. Per ciò che riguarda i lavori pubblici viene eliminato il richiamo all’art. 7 della legge 11 febbraio 1994 n. 10933, mentre per i lavori che vengono affidati in

concessione l’art. 14 c.5 della l. 241/90 ha stabilito che la convocazione alla conferenza può essere disposta anche dal concessionario, con il consenso del concedente, al quale comunque spetta il diritto di voto. Viene inoltre abrogata la regola nella quale si stabiliva che la conferenza deve assumere a maggioranza le proprie determinazioni in caso di dissenso espresso, e questa regola viene sostituita con la previsione secondo cui, all’esito dei lavori e comunque scaduto il termine per il loro compimento, “l'amministrazione procedente, in caso di VIA statale, può adire direttamente il Consiglio dei Ministri ai sensi dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 2006, n. 152; in tutti gli altri casi, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza”34.

Questa ha rappresentato sicuramente l’innovazione più importante, in quanto ha provveduto a sanare quelle difficoltà che si incontravano nel calcolare una maggioranza in presenza di amministrazioni di diversa rilevanza istituzionale e di diverse dimensioni. Per poter stabilire quali siano le posizioni prevalenti bisognerà tener conto del ruolo che le diverse amministrazioni assumono in sede di conferenza.

33L’art. 7 della suddetta legge afferma che “I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), nominano, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, un responsabile unico del procedimento di attuazione di ogni singolo intervento previsto dal programma triennale dei lavori pubblici, per le fasi della progettazione, dell'affidamento e dell'esecuzione.”

34 Comma aggiunto dall'art. 10, L. 11 febbraio 2005, n. 15 e poi così sostituita dall'art. 49 , co. 2, lett. d), D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, nella L. 30 luglio 2010, n. 122.

(26)

26

È stato proposto che questo ruolo venga individuato con riferimento al potere che ciascuna amministrazione avrebbe nel condizionare l’esito del procedimento35. Non

sembra però che la formula adottata dal legislatore sia facilmente interpretabile, né che la soluzione proposta sia di semplice applicazione, perché la posizione prevalente sembrerebbe piuttosto essere riferita alla posizione ed importanza istituzionale della singola amministrazione: si pensi, a tale proposito, al rilievo istituzionale rivestito dagli enti esponenziali di comunità territoriali.

La legge ha ridefinito anche gli effetti del dissenso espresso alla conferenza dei servizi da parte di un’amministrazione partecipante. La disciplina originaria della l. 241/90 si basava sul principio dell’unanimità degli assensi alla decisione finale, al punto che la conferenza veniva bloccata sia nel caso in cui non partecipasse un’amministrazione necessaria, che nel caso in cui un’amministrazione partecipante avesse espresso il proprio dissenso. Però l’originaria disciplina ha subito varie modifiche. La prima con la legge 24 dicembre 1993 n. 537 con la quale si stabiliva che nel caso di dissenso di un’amministrazione intervenuta, il provvedimento poteva comunque essere adottato con l’intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dell’amministrazione procedente. Un’altra modica venne introdotta con la legge 15 maggio 1997 n. 12736, con la quale si andava ad attribuire

all’amministrazione procedente il potere di adottare il provvedimento finale indipendentemente dall’avviso contrario espresso in seno alla conferenza, a

35 Cerulli Irelli “Osservazioni generali sulla legge di modifica della l. n. 241/90 - III parte”

36 C.d. legge “Bassanini bis” recante le Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo

(27)

27

condizione che però il provvedimento venisse comunicato al Presidente del Consiglio dei Ministri, alla Regione o al Sindaco37.

La legge 24 novembre 2000 n. 340 ha introdotto la regola maggioritaria che ha consentito all’amministrazione procedente di recepire la posizione maggioritaria espressa in sede di conferenza qualora l’avesse ritenuto opportuno. Anche la legge 11 febbraio 2005 n. 15 ha confermato la regola maggioritaria, stemperandola e introducendo il concetto di “posizioni prevalenti”. Resta comunque ferma la disciplina applicabile in presenza di dissensi che riguardano interessi sensibili.

37 Trascorsi trenta giorni dalla comunicazione all’organo di vertice senza che questi sospendesse il provvedimento, a seguito della valutazione comparativa delle ragioni espresse dall’amministrazione dissenziente e da quella procedente, la deliberazione si intendeva esecutiva . M. Ragazzo, La conferenza dei servizi: esiti della riforma ex lege 15/2005 e novità giurispr udenziali. In www.lexitalia.it, n. 6/2005.

(28)

28

1.7 Le modifiche all’articolo 21 della legge 241/90 ad opera della legge 15/2005

Importanti appaiono le novità introdotte ad opera dell’art. 14 della nuova legge, che, dopo l’art. 21 della legge 241/90, ha introdotto un capo IV bis, intitolato “Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo. Revoca e recesso." Si tratta di un gruppo di nuove disposizioni generali sul procedimento amministrativo che hanno trasformato la legge 241/90, poiché le maggiori lacune di questa legge riguardavano proprio il fatto che essa non conteneva norme generali riguardanti le modalità di funzionamento dell’intero procedimento amministrativo.

La legge innanzitutto ha distinto tra efficacia ed esecutività del provvedimento avendo riguardo sia alla tutela della sfera giuridica dei privati cui è diretto il provvedimento, sia alla celerità e all’efficienza dell’azione amministrativa.

Per quanto concerne l’efficacia, è stata prima di tutto individuata la categoria degli atti recettizi38, vale a dire i provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati

cioè tutti quelli a carattere ablatorio.

L’art. 21 bis della legge 241/90 ha stabilito che la comunicazione, per regola, deve avvenire direttamente alla persona interessata. Qualora tale persona risulti irreperibile devono essere seguite le forme stabilite dal codice di procedura civile per la notifica agli irreperibili. Qualora invece il numero di destinatari dovesse essere tale da rendere impossibile e gravosa la comunicazione personale, sarà l’Amministrazione a provvedere alla comunicazione con forme di pubblicità idonee e stabilite di volta in volta. L’art. 21 bis ha lasciato un ampio margine di discrezionalità all’amministrazione, non solo per ciò che ha riguardato la valutazione

38 Sono quegli atti i cui effetti si producono od iniziano a prodursi nel momento in cui sia pervenuto alla conoscenza del destinatario; diversamente, tale atto è privo di effetti.

(29)

29

del numero dei destinatari sufficiente a giustificare una diversa forma di pubblicità, ma anche su ciò che concerne le modalità idonee della stessa. La norma nel suo ultimo comma afferma che “I provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono immediatamente efficaci”. Questo significa che l’Amministrazione può valutare caso per caso se esistono delle circostanze che portano alla non applicazione della regola della previa comunicazione e quindi riconoscere all’atto l’immediata esecutività.

Gli art. 21 ter e 21 quater riguardano l’esecutività e l’esecutorietà del provvedimento amministrativo. Prima di tutto si è affermato il dovere in capo all’amministrazione di dare esecuzione immediata ai provvedimenti efficaci, salvo che la legge non stabilisca diversamente o lo stesso provvedimento determini il momento in cui effettivamente si debba dare esecuzione. Vengono inoltre definiti i termini, i limiti, e le modalità in presenza delle quali l’amministrazione può procedere alla sospensione dell’efficacia, cioè “per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell'atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze”39. La norma ha fatto propria la distinzione dottrinale tra efficacia, cioè un

fenomeno a carattere prettamente giuridico, e esecuzione, cioè un insieme di attività materiali. Quando un provvedimento amministrativo divenuto efficace impone degli obblighi al destinatario, si pone il problema di assicurare che questi obblighi vengano adempiuti. Nell’antica dottrina si riteneva implicito nell’efficacia del provvedimento amministrativo il carattere dell’esecutorietà, a differenza dei negozi di diritto privato.

(30)

30

Secondo questa dottrina, indipendentemente da specifiche disposizioni di legge, tutti i provvedimenti amministrativi a carattere ablatorio, possono essere portati ad esecuzione dall’amministrazione agente indipendentemente dal volere dei destinatari. Questa dottrina è stata però superata e oggi si ritiene che l’esecuzione coattiva degli obblighi imposti da provvedimenti amministrativi possa essere effettuata dall’amministrazione laddove previsto. Ciò significa che laddove non venisse stabilita l’esecuzione coattiva si continua ad applicare il regime di diritto comune con l’esecuzione in sede giurisdizionale. Quindi, i due concetti dell’art. 24 quater, esecutività ed esecutorietà, nonostante siano diversi dal punto di vista giuridico, sono comunque connessi tra di loro, in quanto attinenti entrambi alla fase di esecuzione di un provvedimento amministrativo. L’art. 21 ter così come modificato dalla legge 15/2005 ha stabilito che “Nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge, le pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l'adempimento degli obblighi nei loro confronti. Il provvedimento costitutivo di obblighi indica il termine e le modalità dell'esecuzione da parte del soggetto obbligato. Qualora l'interessato non ottemperi, le pubbliche amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all'esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge”. L’espressione “legge” utilizzata da questa norma deve essere intesa in senso stretto, come atto avente forza e valore di legge, sia di competenza dello Stato che delle Regioni secondo l’articolo 117 della Costituzione; questo in virtù della riserva di legge stabilita in materia dall’art. 23 Cost.40.

L’art. 21 quinquies ha disciplinato l’istituto della revoca del provvedimento amministrativo. La revoca è un provvedimento amministrativo di secondo grado,

40 Art. 23 Cost. “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.”

(31)

31

motivato, con cui la PA ritira, con efficacia non retroattiva (ex nunc) un atto inficiato da vizi di merito (inopportuno, inconveniente, inadeguato) in base ad una nuova valutazione degli interessi pubblici. Gli atti che possono essere revocati sono quelli ad efficacia durevole o prolungata41 che non hanno esaurito i loro effetti. La revoca è

discrezionale, in quanto basata su valutazioni che vengono compiute dallo stesso organo che ha emanato l’atto. L’art. 4, comma 1, n. 14, dell’Allegato 4 del decreto legislativo 2 luglio 2010 n.104 ha abrogato al termine del comma 1 dell’articolo 21 quinquies il periodo secondo cui “le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell’indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”. Dottrina e giurisprudenza in passato erano pervenute alla conclusione che la revoca, vale a dire il riesame che sta alla base della revoca, fosse legittimo solo nel caso in cui fosse sopravvenuto un fatto tale da rendere necessaria la rivalutazione degli interessi. Con l’art. 21 quinquies si è invece stabilito che l’amministrazione può revocare comunque l’atto anche sulla base di un riesame degli interessi originari42, quindi non necessariamente in presenza di fatti sopravvenuti. Il

legislatore ha inoltre stabilito che se la revoca crea un pregiudizio al soggetto che traeva beneficio dal provvedimento originario poi revocato, l’amministrazione deve corrispondere un indennizzo. La revoca ha un presupposto diverso rispetto all’annullamento; infatti si basa su un vizio di merito. È, cioè, un provvedimento che viene emesso in autotutela in ordine ad un precedente provvedimento della stessa amministrazione che si assume viziato non nella legittimità ma nell’opportunità.

41 Vale a dire quelli che si proiettano nel tempo, instaurando spesso un rapporto tra il soggetto privato e l’amministrazione.

42 Art.21 quinquies “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.”

(32)

32

Nella legittimità c’è un parametro oggettivo che è dato dalla legge; nel vizio di merito invece il vizio riguarda la discrezionalità. Quindi è discrezionale sia l’atto di primo grado che l’atto di revoca. La legge del 2 aprile 2007 numero 40 ha introdotto nell’articolo 21 quinquies un ulteriore comma in ordine all’indennizzo. Tale previsione ha escluso dall’indennizzo il lucro cessante e quindi ha consentito di rendere più netta la distinzione tra l’indennizzo (cioè un obbligo che nasce in conseguenza di un atto pregiudizievole) e il risarcimento del danno (vale a dire l’obbligo che sorge in virtù di un atto illecito).

L’art. 21 sexies riguarda non i provvedimenti amministrativi ma il recesso dai contratti della pubblica amministrazione. È stato, infatti, riconosciuto alla pubblica amministrazione un diritto potestativo di recesso unilaterale dal contratto solo nei casi previsti dalla legge o da clausole contrattuali. Quindi il recesso potrà essere esercitato, nei contratti a prestazioni corrispettive, solo a prestazioni non eseguite; mentre per i contratti ad esecuzione periodica o continuativa, il recesso fa salve le prestazioni eseguite fino a quel momento.

Per quanto riguarda l’invalidità degli atti amministrativi, la disciplina che li riguarda ne esce fortemente modificata dalla legge 15/2005; infatti con questa legge il legislatore, recependo l’elaborazione giurisprudenziale in tema di nullità dell’atto amministrativo, ha introdotto, nella legge 241/90, l’art. 21 septies operando per la prima volta una positivizzazione della figura. La norma ha determinato la sanzione della nullità al “provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o

(33)

33

elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”43.

Mediante la norma inserita con la legge 15/2005 il legislatore ha assegnato alla nullità la natura di rimedio tipico, contrapposta all’annullabilità, innovando in questo modo l’intero sistema. Ciò si traduce nella circostanza che, qualora non sia possibile sussumere un vizio dell’atto in alcuna delle ipotesi individuate dall’articolo 21 septies della legge 241/90, lo stesso darà luogo ad una illegittimità annullabile, stante la natura tassativa dell’elencazione contenuta nel suddetto articolo. Come riconosciuto anche dalla giurisprudenza amministrativa, le cause di nullità del provvedimento amministrativo devono essere intese come un numero chiuso. La nullità è, quindi, una patologia dell’atto che può essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse e senza nessuna preclusione temporale, visto e considerato che ilo diritto di agire in giudizio per ottenere la relativa declaratoria è imprescrittibile e la relativa azione non è soggetta a termini di decadenza.

L’art. 21 octies al primo comma ha individuato gli stessi vizi di legittimità menzionati dall’art. 26 del Regio Decreto del 26 giugno 1924 n. 1054, cioè incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge, come causa di annullabilità del provvedimento amministrativo. L’atto annullabile è immediatamente efficace, ma può comunque essere rimosso con una pronuncia costitutiva del giudice amministrativo, oppure attraverso un intervento della pubblica amministrazione. L’espressione “atto annullabile” sta a significare che ad un atto imperfetto l’amministrazione comunque consente di avere un’immediata efficacia che però è passibile di una triplice sorte: la definitiva sanatoria, nel caso in cui l’imperfezione possa essere integrata da un fatto sanante; il definitivo annullamento, quando

Riferimenti

Documenti correlati

a) Il bilancio di previsione finanziaria può subire variazioni nel corso dell'esercizio di competenza e di cassa sia nella parte prima, relativa alle entrate, che nella parte

che si evince dall’art. 21 septies, non può non notarsi come la dizione “elementi” prevista dalla normativa in oggetto non sia del tutto assimilabile ai “requisiti” di matrice

Conseguentemente, le Sezioni Unite affermarono che il potere dell’amministrazione nell’esercizio delle sue funzioni doveva assumersi inesistente (con conseguente negazione

I lavori della Commissione (composta da illustri giuristi dell’epoca quali Codacci Pisanelli, Mortara, Scialoja, Orlando e Calandra), tuttavia, si concentrarono sulla

motivazione in forma semplificata, e la sua predisposizione mira non solo a far fronte a evidenti esigenze di efficienza e di recupero di risorse nel lavoro dei consiglieri

Security Council called for a full cessation of hostilities; called upon the Government of Lebanon and UNIFIL to deploy their forces together throughout the South and called upon

Determinazione del sesso fetale mediante amplificazione di un frammento di 176 bp del gene TSPY1, interno al frammento di 217 bp della prima reazione e di un

Cassazione, secondo cui “la giurisdizione si determina non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche, e soprattutto, della