PARTE IV - APPLICAZIONE DELLA CARTA
comma 3: esclusione dalla fase di sperimentazione di quelle istituzioni scolastiche che già usino – all’atto dell’entrata in operatività delle norme di legge - anche in via sperimentale una delle lingue
7 IL SETTORE DELL’ISTRUZIONE – DISPOSIZIONI REGIONALI
5.1 La Legge 482/99 e il territorio .1 I finanziamenti e le risorse
I finanziamenti erogati ai sensi della legge 482/99 non contribuiscono quasi mai in modo significativo a portare avanti i progetti legati alle lingue di minoranza negli istituti toccati dall’inchiesta qualitativa:
il lavoro sul friulano è finanziato solo in parte (per circa 1/5) dalla 482; il resto dei finanziamenti provengono [sic] dalla legge regionale |sono bricioline [Pagnacco (Ins)].
Si è incontrato un grandissimo numero di insegnanti che ci hanno raccontato, spesso con un grande senso di frustrazione, di come da soli o in piccoli team a livello di classe o di plesso studiano e costruiscono un programma didattico, creano da sé
documenti e materiale, spesso con fotocopie, o comunque in economia, con molta fatica e una buona parte di lavoro volontario, fuori dall’orario scolastico:
ci sentiamo insegnanti di frontiera, di strada [San Pietro 1 (Ins)] abbiamo bisogno di quei soldi per poter lavorare bene e sono pochi, sono sempre le nozze coi fichi secchi [Ururi (Ins)]; per un’ora di lezione in lingua mochena ho bisogno di tre ore di lavoro a casa [Pergine (Ins)]; per ogni ora di friulano o di timavese fatte a scuola ce ne sono almeno 2 fatte a casa per preparare i materiali e prepararsi: è tutto abbastanza nuovo, stiamo imparando mentre facciamo e non ci sono i materiali, che creiamo noi | tutte le ore di insegnamento e aggiuntive per la preparazione dei materiali, dei percorsi, la produzione e la stampa dei materiali, tutto è fatto col volontariato [Paluzza (Ins)].
È quasi sempre necessario integrare e si possono proporre progetti di ampio respiro solo là dove si sa di poter contare su altre fonti di finanziamento nel caso, assai frequente, di sovvenzionamento solo parziale. Per le comunità che lavorano con maggior sicurezza economica e di status, la 482/99 con i suoi fondi e le modalità didattiche proposte diventa una sorta di valore aggiunto, un riconoscimento che viene dall’esterno, apprezzato, e che permette di intraprendere altre strade, magari meno battute in precedenza, come i corsi aperti ai genitori (a Pozza di Fassa), o la produzione di libri e altro materiale didattico di qualità (a Gignod, nella valle dei Mocheni), o, ancora, di finanziare progetti di contatto con altre comunità meno ricche (gemellaggi tra Fassa e Sauris). In verità alcuni di questi finanziamenti non sono o non sono più possibili ma sono ancora presenti nella percezione delle possibilità date dalla legge da parte delle scuole:
con i soldi della 482/99 abbiamo potuto coinvolgere meglio le famiglie degli allievi con alcuni incontri con esperti che hanno parlato del vantaggio del bilinguismo e motivarli di più e inoltre abbiamo stampato un bel libro per le prime classi elementari [Pergine (Ins)].
Anche tralasciando i casi macroscopici di Trentino e Valle d’Aosta in cui la scuola è di fatto di competenza provinciale la prima e regionale la seconda, in numerosi punti d’inchiesta la scuola è comunque in grado di attivare risorse locali: la Regione nel caso del Friuli e della Sardegna oppure i comuni, le comunità montane ma anche banche, fondazioni, bandi a tema (cittadinanza attiva, interculturalità, integrazione):
la legge regionale 26/96 è quella che ci permette di fare quasi tutto, la 482 contribuisce piuttosto poco [Settimo (Ins)]; da noi vanno a coprire la retribuzione dei docenti e degli esperti esterni e la produzione di materiale. Il resto lo paghiamo quasi tutto con la legge regionale 15 del ‘96 [Paluzza (Ins)].
Si noti come, nel caso di Gignod, la dirigente abbia addirittura scelto di rinunciare ai fondi della 482/99, perché, dice, preferisce attivare altre risorse sul territorio, che afferma di conoscere meglio [Gignod (Ins)], anche per l’esiguità dei fondi che arrivavano a fronte dell’impegno burocratico richiesto. I fondi provenienti dalla legge sono considerati strategici solo per le comunità che non godono di altri tipi di sovvenzione: in particolare gli albanofoni, soprattutto ad Ururi, e a Paesana:
siamo quattro gatti, non interessiamo a nessuno politicamente | la provincia è debole, la regione ancora più debole… fanno a gara per chi è peggio [Ururi (Ins)]; certo c’è la comunità montana che collabora e il comune, ma la provincia poco e la regione niente [Santa Sofia (Ins)].
In queste comunità l’atteggiamento è spesso molto pragmatico e a volte un po’ disilluso: si accettano i fondi che arrivano e con quelli si cerca di costruire il possibile, la base di partenza, apprezzando soprattutto lo spirito di fondo della legge quello del riconoscimento esplicito e della possibilità di introdurre le lingue di minoranza nella progettazione curricolare ed extra-curricolare, didattica ed organizzativa delle varie attività:
per ora ci accontentiamo, basta che il futuro ci riservi più attenzioni, altrimenti sarà stato tutto inutile [Ururi (Ins)]; i soldi si trovano, con molta fatica, ma si trovano, vanno unite le forze e organizzati gli sforzi [Settimo (Ins)]; e comunque stiamo molto meglio rispetto a prima della legge, ora la lingua ha il suo posto nell’attività scolastica [Santa Sofia (Ins)].
La legge, di fatto, designa l’istituzione scolastica come agente essenziale per la salvaguardia della lingua, senza fornirle al contempo gli strumenti adeguati per poter essere davvero incisiva nei suoi interventi, aumentando così la sensazione di frustrazione e di impotenza degli operatori scolastici, che si sentono mandati in prima linea:
ci chiedono di salvare la lingua, ma noi non siamo in grado di fare miracoli e così la lingua va a morire [San Pietro 1 (Ins)]; a cosa serve individuare delle comunità linguistiche e dichiarare di volerle tutelare se poi non si finanziano le attività di tutela? [Paluzza (Ins)].
Inoltre è unanime la percezione che i finanziamenti si vanno riducendo sempre di più col passare del tempo; molto comune l’esperienza riportata nei gruppi di una concessione di fondi che ammonta alla metà, se non a meno, delle somme richieste per i progetti presentati. Un tipo di situazione che porta, in casi estremi, anche all’instaurarsi di circoli viziosi: chiedo il doppio per avere ciò che mi serve, un tipo di comportamento che umilia anche chi lo mette in atto e che non contribuisce certo a creare un rapporto di fiducia tra scuola e istituzioni più alte:
sempre più scuole chiedono i finanziamenti e sempre meno viene dato [Pagnacco (Ins)]; è la mensa dei poveri | è la guerra tra poveri [Paesana (Ins)]; tante promesse non mantenute [San Pietro 1 (Gen)].
Se da una parte si ha la percezione che sempre più scuole fanno richiesta non fosse che per comprarsi il toner, il timore di molti, che aumenta il senso di abbandono da parte dello Stato, è soprattutto che vi sia la volontà, non ancora esplicitata, di chiudere definitivamente con i finanziamenti o di destinarli a pochi progetti scelti:
stiamo cavalcando un’onda che va a morire, ora resta solo da salvaguardare ciò che è rimasto [San Pietro 1 (Ins)].
Ora, nella percezione in particolare dei docenti, l’insegnamento delle LM a scuola ha ancora bisogno di fondi aggiuntivi, è molto lontano da una qualsiasi normalizzazione in cui la presenza della LM a scuola possa essere considerata di routine, per quanto una minoranza lo ritenga auspicabile:
dovrebbe diventare normale il parlare sloveno, la legge deve diventare inutile: questo è il vero traguardo! [San Pietro 1 (Ins)]
Le istituzioni inoltre faticano a mettere a disposizione servizi o istituzioni basiche per l’instaurarsi di questa routine; non vi sono, salvo le poche eccezioni delle regioni e province autonome, corsi universitari, classi di concorso, regolamentazioni per l’accesso all’insegnamento delle LM:
ci vorrebbe una classe specifica di concorso, come quella dei valdostani o dei ladini, per avere più chiarezza su chi può e chi non può (insegnare la lingua) [Paluzza (Ins)]; ci si inventa esperti, ma così si fa anche del male alla lingua [Arzana (Ins)]; abbiamo un estremo bisogno di corsi universitari: possibile che a Torino non ci sia un insegnamento di occitano attivato?! [Paesana (Ins)]; perché, se passa la legge sull’insegnamento al liceo, chi sarà abilitato a insegnare? [Pagnacco (Gen)].
I fondi distribuiti dalla legge 482/99, sempre più esigui sempre più incerti, rischiano di diventare soldi sprecati, quando non permettono la continuità didattica necessaria per dare credibilità al lavoro svolto anche di fronte alle famiglie e agli stessi ragazzi, creando a cascata, anche cadute di prestigio alla LM:
sprechi | come un fuoco che non si autoalimenta, con pochi legnetti, un solo fiammifero o due [Paesana ( Ins)]; lavoro sempre con lo spauracchio di non poter proseguire l’anno prossimo | abbiamo dovuto abbandonare la nostra piccola produzione editoriale e rinunciare alla creazione di reti [Santa Sofia (Ins)].
I contatti, sia in verticale con istituzioni superiori ed universitarie – soprattutto per la formazione, ma anche per ottenere materiale didattico e altre consulenze – sia in orizzontale con altre scuole della propria o di altre lingue di minoranza sono molto rari, sporadici e in genere difficili, perché non istituzionalizzati e sistematizzati, oltre che non adeguatamente finanziati. Quello che risulta veramente difficile è stabilire progetti unitari di grande respiro: lavorare in rete è senza dubbio fruttuoso, amplia conoscenze, fa progredire le metodologie, ma se non ci sono sostegni materiali i costi in termini di impegno (e le spese!) per garantire la continuità dell’esperienza in rete non sono sufficientemente ripagati e allora si abbandona o si continua con progetti individuali:
avevamo aderito a una rete di scuole per la didattica in sardo, a Tortolì; Ilbona doveva essere capofila, ma dopo 2 anni faticosi non siamo arrivati ancora a nulla | ci sono costi materiali e in termini di tempo, un impegno enorme [Arzana (Ins)]; bisogna condividere le esperienze, mettersi in rete, come fanno tanti altri, noi abbiamo invitato Monte Cilfone e altre scuole a collaborare, ma è molto difficile [Ururi (Ins)].
- della Valle d’Aosta in cui le scuole che lo desiderano ottengono l’appoggio del Bureau Régional Ethnolinguistique e soprattutto del Centre d’Etudes Francoprovençales (in particolare per aiuti dal punto di vista glottodidattico);
- della Val di Fassa le cui scuole lavorano in sinergia con l’Istituto Culturale Ladino, (OLFED) e da poco anche il Comprensorio Ladino di Fassa;
- del Friuli in cui sembra piuttosto buono il rapporto con la locale università e in cui, soprattutto, c’è un’abitudine consolidata di messa in compartecipazione delle esperienze e delle buone pratiche;
- in misura minore, della comunità albanese di Calabria che sembra avere un buon rapporto con la locale università.
Bisogna però sottolineare che tali risorse potrebbero forse aprirsi maggiormente, con reciproco beneficio, come nel caso ladino della val di Fassa, dove esiste un contatto e dialogo diretto tra istituzione scolastica e assessorato facente le veci di ministero, ma in cui il lato negativo della gestione autonoma sta nel fatto che la valle è da sola, coi suoi 7 comuni, quando avrebbe nella provincia a fianco risorse maggiori se messe in condivisione, con un Istituto Pedagogico di Bolzano che potrebbe offrire libri, pubblicazioni, formazione, convegni e molto altro. Situazione auspicabile anche per altri importanti centri di ricerca che di fatto tendono a lavorare isolati, senza un organismo centrale che possa contribuire a coordinarne gli sforzi e mettere veramente in rete le buone pratiche e le risorse.
bisognerebbe essere più lungimiranti e aperti, conoscere veramente quello che fanno nelle altre comunità: in rete [i.e. web] qualcosa si trova, ma con fatica: ci vorrebbe un’istituzione superiore, neppure il MIUR lo fa veramente [Paesana (Ins)].
5.1.5 Dieci anni dalla Legge 482/99: di nuovo ad un momento di svolta.
La legge è arrivata in un momento particolare, in cui nelle comunità meno forti, meno autonome anche culturalmente, si percepiva un vero senso di perdita identitaria e le LM versavano in cattive acque. La spinta data dall’ingresso delle lingue e delle culture minoritarie a scuola, sembra avere dato nuovo impulso alle comunità, come già accennato in precedenza.
Ma va segnalata con molta evidenza anche la sensazione, in quasi tutte le comunità e trasversalmente nei target adulti, che anche il momento attuale sia molto importante per il destino delle LM, che si sia arrivati ad una sorta di punto critico, di crinale, in cui i passi successivi, le scelte che si faranno, determineranno davvero la vita o la morte delle lingue e delle culture.
Insomma si percepisce il bisogno di un cambio radicale di marcia per evitare che gli sforzi fatti risultino inutili, quando non addirittura dannosi.
Per molte comunità c’è forte la percezione che si sia arrivati all’ultima generazione.
5.2 Potenzialità e modalità della scuola nel suo ruolo di agente di tutela e