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Legislazione nazionale

Nel documento "Il corpo della donna migrante" (pagine 66-72)

Parte III: Mutilazioni genitali femminili 1 Origini del fenomeno

2. Tipologie di mutilazion

3.3. Legislazione nazionale

La principale fonte normativa nazionale che disciplina le mu- tilazioni genitali femminili è la L. 9 gennaio 2006 n. 7, con cui sono stati introdotti gli artt. 583 bis e 583 ter al Codice Penale, che ha previsto una nuova fattispecie incriminatrice.

La L.n.7/2006 è composta da nove articoli, in cui sono con- tenute norme di principio poste a garanzia della persona e molteplici rinvii alle norme costituzionali e internazionali71.

Il legislatore non solo ha voluto creare “una norma-manifesto che potesse rendere il disvalore del fatto più evidente”72, ma ha vo-

69 PARLAMENTO EUROPEO, risoluzione 2014/2511(RSP) del 06.02.2014,

<http://www.europarl.europa.eu/oeil/popups/summary.do?id=1336905&t=d&l=fr>.

71 BOTTI, F., Manipolazioni del corpo e mutilazioni genitali femminili, Bologna,

Bononia University Press, 2009, p. 218.

72 BASILE, F., I delitti contro la vita e l’incolumità individuale. Trattato di diritto penale. Parte speciale. Volume terzo, Wolters Kluwer CEDAM, 2015.

luto anche punire abbastanza aspramente la commissione del sud- detto reato, prevedendo che pena fosse quella definita nei casi di le- sioni personali gravi o gravissime.

L’art. 583 bis prevede espressamente l’incriminazione delle “pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”, ed ai sensi del primo comma dell’articolo è prevista la reclusione da quattro a dodici anni per chiunque, che in assenza di esigenze terapeutiche, cagioni una mutilazione degli organi genitali femminili. Ai sensi del secondo comma dell’art. 583-bis si punisce con la reclusione da tre a sette anni chiunque, sempre in assenza di esigenze terapeutiche, provochi, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli or- gani genitali femminili diverse da quelle definite nel primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente.

Il terzo comma prevedere due ipotesi di circostanza aggra- vanti cioè l’eventuale minore età della vittima o l’eventuale scopo di lucro, prevedendo un aumento di pena fino ad un terzo.

La legge 1 ottobre 2012 n. 172 ha aggiunto il quarto comma all’art. 583-bis, il quale prevede la decadenza dall’esercizio della re- sponsabilità genitoriale73 e l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio inerente alla tutela, la curatela e l’amministrazione di sostegno, nel caso in cui l’autore del reato sia un genitore o un tutore, e questi sia stato condannato o abbia patteggiato la pena.

L’applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 CPP, in realtà non appare tecnicamente possibile in relazione al regime sanzionatorio previsto per il reato, il quale è punito con una pena da 4 a 12 anni di reclusione. Tale trattamento sanzionatorio, di notevole ri- gore, impedisce di fatto la possibilità di fare ricorso al patteggiamento. Il Legislatore, in tale modo, ha manifestato la volontà esplicita di non

73 Le parole “responsabilità genitoriale” sono state sostituite alle parole “potestà del

consentire il ricorso a riti alternativi, ribadendo l’“estraneità del reo al

contesto socio culturale del paese” 74.

Il quarto comma, infine, dell’art. 583-bis prevede la punibilità per i suddetti reati anche nel caso in cui il fatto sia stato commesso all’estero da un cittadino italiano o da un cittadino straniero residente in Italia. La norma introduce inoltre anche una condizione di procedi- bilità con l’enunciato “il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia”.

L’art. 583-ter introduce, invece, una pena accessoria stabi- lendo che “La condanna contro l’esercente una professione sanitaria per taluno dei delitti previsti dall’art. 583-bis importa la pena acces- soria dell’interdizione dalla professione da tre a dieci anni della sen- tenza di condanna è data comunicazione all’Ordine dei medici chi- rurghi e degli odontoiatri”.

L’unica attenuante prevista nella L.n.7/2006 è rintracciabile nell’art. 6 comma 2 in cui si prevede che la pena è diminuita di 2/3 se la lesione è di lieve entità.

Tale previsione normativa risulta poco consona ai principi ispiratori della legge, la quale, per la prima volta, ha introdotto nell’ordinamento giuridico delle norme di chiara “intolleranza” nei confronti di un reato culturalmente orientato, comminando pene se- vere per fatti riprovevoli costituenti reato.

Anche l’inserimento di tale norma nella parte del codice pe- nale relativo ai delitti contro la persona denota la volontà del legi- slatore di dare al reato una collocazione importante, che non giusti- fica l’inserimento dell’attenuante così genericamente posta.

74 BOTTI, F., ult. op. cit., pp. 206 – 207.

Quindi, il bene giuridico tutelato dalle nuove fattispecie pre- viste dagli artt. 583-bis e 583-ter è rappresentato non solo dall’inte- grità fisica, ma anche dalla salute psico-sessuale della donna.

Anche nei lavori preparatori della L.n.7/2006 si possono tro- vare elementi che portano alla conferma che l’intentio legis fosse specificatamente quella di salvaguardare l’integrità fisica, la salute psico-sessuale e la dignità della donna75.

I danni all’integrità fisica possono essere, secondo l’OMS, suddivisi in danni immediati e danni nel lungo periodo.

I danni immediati, più frequenti, sono stati individuati in danneggiamenti di vasi sanguigni da shock e infezioni di vario tipo, mentre i danni nel lungo periodo sono stati indicati in casi di sterilità, cicatrici, ascessi, neurinomi etc. Inoltre, le donne che subiscono tali pratiche risultano più esposte al rischio di contrarre il virus dell’HIV76.

Per quanto riguarda i danni alla sfera psico-sessuale, sono stati rilevati i casi di una riduzione della sensibilità sessuale, perdita o riduzione del desiderio sessuale ed altre disfunzioni relative anche all’aspetto psicologico.

L’approvazione della L.n.7/2006 ha costituito un importante traguardo per l’affermazione dei principi sopra esposti, ma in pratica non sono stati riscontrati ad oggi casi di applicazione pratica della stessa. Specificatamente si segnalano solo due casi in cui la giuri- sprudenza di merito si è espressa:

- Sent. 14 aprile 2010 Tribunale di Verona;

75 BASILE, F., ult. op. cit., pp. 137 – 138.

76 Cfr. KEOWN, M. K., Health Activists Link Spread of HIV-AIDS to FGM,

[online], in Womensnews.org, 10.08.2007, <http://womense- news.org/2007/08/health-activists-link-spread-hiv-aids-fgm/>.

- Sent. 23 novembre 2012 Corte d’Appello di Vene- zia.

I processi penali, a conclusione dei quali sono state emesse le sopra indicate due sentenze, hanno accertato fatti diversi tra loro ma con molti tratti “culturali” comuni.

Precisamente, i fatti che hanno dato luogo ai procedimenti penali si sono verificati entrambi a Verona nel 2006, e gli imputati sono stati cittadini nigeriani, tra cui una donna con la funzione di ostetrica, ed altri migranti in qualità di genitori di minori.

In un caso, la donna nigeriana con l’esperienza di ostetrica, aveva praticato un tipo di mutilazione denominata arué77 ad una

bambina di due mesi, su commissione della madre, anch’essa nige- riana, previo pagamento di un compenso di € 300.

Nel secondo caso, la medesima donna nigeriana con l’espe- rienza di ostetrica, previa pattuizione di un compenso di € 300,00 a richiesta di un cittadino nigeriano, padre di una minore, si era recata presso la loro abitazione, con una borsa contenente vari strumenti per eseguire la arué.

In relazione al primo episodio, nella sentenza del processo di primo grado, la donna nigeriana che aveva posto in essere la pra- tica mutilante veniva dichiarata responsabile del delitto di lesione degli organi genitali femminili di cui all’art. 583-bis comma 2, c.p. con l’attenuante della lesione di lieve entità.

Nella stessa sentenza veniva altresì ritenuta responsabile del medesimo reato, con la concessione dell’attenuante, la madre della minore per avere agito in concorso con la prima a porre in essere i fatti costituenti reati della fattispecie penale.

77 Cfr. BASILE, F., ult. op. cit.

Per quanto riguarda il secondo episodio, la stessa donna ni- geriana veniva ritenuta responsabile, in concorso con il padre della minore, nel tentativo del delitto di lesione degli organi genitali fem- minili di cui all’art. 583-bis comma 2, codice penale.

In entrambi i casi, la donna nigeriana esercitante la pratica ostetrica veniva ritenuta, altresì, responsabile del delitto di esercizio abusivo di una professione ex art. 348 c.p.

Le pene comminate sono state di anni 1 e mesi 8 di reclusione alla donna che aveva posto in essere materialmente le pratiche di mutilazione genitale, di mesi 8 di reclusione per la madre della prima minore, di mesi 4 di reclusione per il padre della seconda minore (essendoci stato in questo caso soltanto il tentativo di compiere il delitto).

Avverso la sentenza di condanna di primo grado proposero appello dinanzi alla Corte d’Appello di Venezia solo i genitori di entrambi le minori offese dalle pratiche mutilatorie, mentre l’esecu- trice materiale della mutilazione genitale nel primo caso e del tenta- tivo nel secondo non inoltrò appello avverso le sentenze di primo grado.

Il motivo principale addotto dagli imputati a favore della loro assoluzione fu l’assenza del dolo specifico.

La Corte d’Appello di Venezia accolse questo motivo di gra- vame ed escluse la sussistenza del dolo specifico, facendo riferi- mento al carattere simbolico della pratica ed alla non volontà da parte dei genitori di menomare le funzioni sessuali delle figlie.

Invece, venne rigettato l’ulteriore motivo posto a base dell’atto di appello da parte degli imputati, cioè quello relativo all’ignorantia legis (su cui successivamente si pronuncerà anche la Cassazione).

Questi sono gli unici casi concernenti l’applicazione della L. 7/2006.

Appare evidente come l’introduzione di questa legge non ab- bia davvero comportato una diminuzione di queste pratiche, e che “in tutti i sistemi che si sono attrezzati di norme repressive del tenore della nostra, la pratica delle mutilazioni genitali femminili non è stata né sradicata, né contenuta, bensì è rimasta in larga misura oc- culta e clandestina78.

Infatti, sono circa 35.000 le donne che hanno subito una mu- tilazione genitale femminile, mentre sono più di 7000 le bambine ritenute a rischio79.

Nel documento "Il corpo della donna migrante" (pagine 66-72)