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Tratta e donne migrant

Nel documento "Il corpo della donna migrante" (pagine 108-115)

Parte I: Previsioni legislative e donne migranti vit time di tratta

2. Tratta e donne migrant

La tratta internazionale di donne è un tema estremamente attuale in relazione all’ampio flusso migratorio che consente alla criminalità organizzata di sfruttare le donne che migrano. Coinvolge generalmente donne di nazioni più povere che si spostano (o che vengono spostate direttamente dagli sfruttatori) in nazioni con condizioni di vita che si supporrebbero più favorevoli. Possono quindi diventare vittime di tratta già prima di partire dai loro paesi di origini, o successivamente all’ar- rivo nei paesi di destinazione. Inoltre, i fattori che consentono lo svi-

123 ASSOCIAZIONE PER GLI STUDI GIURIDICI SULL’IMMIGRAZIONE, Os- servazioni allo schema di decreto legislativo recante attuazione della Direttiva 2011/36UE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI, 2014 < http://asgi.it/wp-con- tent/uploads/2014/06/1_0013_direttiva.2011.36.ue_.pdf >

luppo di tale fenomeno possono essere rintracciati anche nella globaliz- zazione, nel cambiamento degli stati nazionali, la povertà, la sperequa- zione del reddito e l’imperialismo124.

«The international sex trade continues to capitalize on and re- inforce gender, class, racial, ethnic, and national hierarchies. Women are still marginalized within countries, and their sta- tus can leave them more vulnerable to trafficking than men»125.

Il tipo di sfruttamento che comunemente si collega alle donne migranti è quello sessuale.

In questo senso, il dibattito odierno sulla tratta non può che ri- collegarsi al tema più ampio della prostituzione.

Si possono rintracciare due macro aree di teorie femministe. La prima è quella neo-abolizionista che asserisce che la prosti- tuzione non dovrebbe essere normalizzata, e che addirittura dovrebbe essere sanzionata dal Codice Penale.

L’altra teoria, più condivisibile, è quella propugnata dalle Sex- Work Feminists, affermando che la prostituzione andrebbe legittimata nel senso che per un verso potrebbe essere riconosciuta come un lavoro vero e proprio, legalmente istituito, e per altro verso potrebbe consen- tire una riduzione degli abusi.

Rispetto alle donne migranti le Sex-Work Feminists sostengono che normalizzando la prostituzione «and allowing women opportunities to migrate legally to work as prostitutes in other countries would help to eliminate the problems of trafficking»126.

124 LIMONCELLI, S. A., The politics of trafficking. The First International Move- ment to Combat the Sexual Exploitation of Women, Stanford (California), Stanford

University Press, 2010, p. 150.

125 LIMONCELLI, S. A., ult. op. cit. 126 LIMONCELLI, S. A., ult. op. cit., p. 153.

La maggioranza delle donne migranti vittime di sfruttamento provengono dalla Nigeria, nello specifico dall’aerea del Delta del Ni- ger, che comprende Edo State e la capitale Benin City.

Secondo un sondaggio condotto dal Women’s Health and Action Research Centre, che ha sede a Benin City, ad una giovane donna su tre è stato proposto di andare in Europa almeno una volta nella vita. Le estreme condizioni di indigenza e povertà, le discriminazioni di genere, la vasta rete di organizzazioni criminali e la corruzione, a cui la popo- lazione deve sottostare rappresentano i maggiori push factors che ali- mentano indirettamente la diffusione del fenomeno del trafficking127.

La tratta nigeriana è gestita dalle Madame, che afferiscono a vari network transazionali tramite cui si occupano di gestire le ragazze vit- time di sfruttamento, che di solito sono in particolari difficoltà econo- miche.

«Le sfruttatrici anticipano i soldi necessari per il viaggio, aprendo le porte a un indebitamento che spesso viene forma- lizzato da rituali voodoo. Durante il rituale il sacerdote offi- ciante o la Madame stessa raccolgono indumenti intimi, san- gue, ciocche di capelli e peli pubici delle donne che devono prestare giuramento di restituzione del debito e fedeltà alla Madame. Il materiale, conservato da quest’ultima, diviene strumento di coercizione e fonte di minaccia di malattia, follia o morte nel caso in cui gli accordi non vengano rispettati. Alla somma iniziale (solitamente intorno a 30.000 o 40.000 euro) si aggiungono le spese di vitto, alloggio e l’affitto del marcia- piede su cui la migrante si prostituisce, ampliando così il pe- riodo di sfruttamento. La restituzione del debito, suggellato da

127 ESPOSITO, F., QUINTO, C.R., DE MASI, F., GARGANO, O., COSTA, P.A., Voices of Nigerian Women Survivors of Trafficking Held in Italian Centres for Iden- tification and Expulsion, INTERNATIONAL MIGRATION, 2016.

un cospicuo regalo alla Madame, segna il passaggio a un po- tenziale affrancamento e alla possibilità di sfruttare a propria volta la prostituzione di donne di più recente arrivo»128.

Di recente una nuova pratica connessa a questo fenomeno si sta diffondendo. Gli sfruttatori fanno “ruotare” le ragazze nei vari territori di loro competenza consentendo un ricambio di esse129.

In Italia le donne vittime di tratta e sfruttamento possono acce- dere al permesso di protezione sociale previsto dall’art. 18 del T.U. 286/1998. Molto spesso, però, esse non sono informate della possibilità di essere incluse in questi percorsi e per molte di loro inevitabilmente si aprono le porte della detenzione amministrativa.

Uno dei problemi principali che concernono la possibilità di po- ter ottenere questo tipo di permesso sta nella previsione del luogo dove è avvenuto, o sta avvenendo, lo sfruttamento: il territorio italiano. In questo modo vengono lasciate completamente prive di qualsiasi tipo di tutela quelle donne che sono state sfruttate in altri Stati, compresi quelli di provenienza. Di solito esse vengono detenute in un CIE, in attesa di un rimpatrio forzato.

Molto spesso, quando essere vengono effettivamente rimpa- triate, sono sottoposte al rischio di ripercussioni come stigmatizzazione o ostracizzazione da parte delle loro comunità, e a riti di purifica- zione130.

128 BIANCHELLI, C., Il (dis)crimine della tratta. Un’indagine etnografica

dei processi penali per riduzione in schiavitù e tratta di esseri umani, Il Mulino, Fa-

scicolo 1, gennaio-giugno 2016.

129 RESTA, F., Vecchie e nuove schiavitù. Dalla tratta allo sfruttamento sessuale,

Milano, Giuffrè, 2008.

130 ESPOSITO, F., QUINTO, C.R., DE MASI, F., GARGANO, O., COSTA, P.A., ult. op. cit.

Un’altra frequente conseguenza dei rimpatri forzati è rappresen- tata dalla possibilità di essere nuovamente vittime di sfruttamento, e di integrare quel fenomeno che viene definito re-trafficking.

Queste donne tornano nei loro paesi dopo essere sopravvissute ad un sistema trasnazionale dello sfruttamento, che si basa sulla capi- talizzazione dei loro corpi, «we face with physical bodies; sym-

bolic bodies; bodies confined in power relations, dominion and market relations; bodies as goods of consumption or exchange; bodies which are in all cases instrument and symbol of relations which leave on the skin an indelible mark»131.

Un necessario riferimento va fatto in relazione alla previsione dell’art. 12 D. Lgs. 286/1998, in cui si delinea la fattispecie incrimina- trice del reato di favoreggiamento di immigrazione clandestina. La norma contiene una triplice declinazione della fattispecie: quella dell’ingresso clandestino, quella dell’emigrazione irregolare e quella della permanenza irregolare sul suolo italiano. Si tratta di una fattispe- cie di mera condotta, dunque non necessariamente posta in essere dallo scafista, ma applicabile anche all’ipotesi del viaggio individuale.

Le principali differenze con il reato previsto all’art. 601 C.P. consistono in:

§ soggetto passivo: nel caso del reato di favoreggia- mento dell’ingresso clandestino, è di norma il clan- destino stesso che acconsente al trasporto e all’in- gresso, mentre nel caso del reato di tratta il sog- getto subisce lo sfruttamento;

131 MASSARI, M., The Other and her Body: Migrant Prostitution, Gender Relations and Ethnicity, Cahiers de l’Urmis, 12, 2009 < http://urmis.revues.org/787 >.

§ bene giuridico compromesso: le ipotesi previste all’art. 12 che integrano l’ingresso clandestino of- fendono la sicurezza dello Stato e l’ordine pub- blico, laddove invece la tratta si pone in relazione all’offesa arrecata ai diritti umani della vittima; § relazione tra soggetto attivo e passivo: la relazione

tra colui che entra clandestinamente e il vettore (molto spesso lo scafista) si esaurisce con la con- clusione del viaggio, come se si trattasse di un con- tratto di trasporto. Invece, la relazione tra carnefice e vittima nella tratta non si esaurisce con l’arrivo nel Paese di destinazione, anzi, è a quel punto che la relazione acquista un valore qualificante e si per- petua nell’attività di sfruttamento;

§ finalità: nel caso del favoreggiamento dell’ingresso clandestino, la finalità perseguita è rappresentata dal condurre a termine un viaggio, caratterizzato dall’illegalità, mentre la finalità perseguita nella tratta attiene ai vantaggi economici derivanti dallo sfruttamento che si realizza sul territorio di destina- zione.

§ scelte sanzionatorie operate del legislatore: en- trambi i soggetti (attivo e passivo) di cui all’art. 12 vanno incontro ad una sanzione penale: il traspor- tante ai sensi dell’art. 12, il trasportato (ossia il clandestino) ai sensi dell’art. 10 bis D. Lgs. 286/1998. Nel caso della tratta, la sanzione penale interverrà solo per il soggetto protagonista attivo della fattispecie incriminatrice, mentre il soggetto passivo è considerato meritevole di tutela da parte dello Stato ricevente.

Nella pratica risulta difficile tenere distinte le due fattispecie incriminatrici, anche in relazione alla camuffabilità dei soggetti pas- sivi derivante dall’alto numero di migranti.

Parte II: Gli interventi della regione Toscana e alcuni

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