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4. Definizione del corpus

2.1 Émile Verhaeren

2.1.1 Les Campagnes Hallucinées

La raccolta di poesie si apre e si chiude significativamente con una poesia dedicata alla città. In questa raccolta, ancora dedicata alle campagne, compare per la prima volta l’espressione «ville tentaculaire». Entrambe le poesie, quella posta al principio e quella posta in chiusura, hanno lo stesso titolo, «La ville»8:

Tous les chemins vont vers la ville

Montueuse de brume, Là-bas, avec ses étages 7 Ivi, pp. 28-29.

8

172 En voyage vers des étages,

Comme d’un rêve, elle s’exhume.

Là bas,

Ce sont des ponts tressés de fer Comme des bonds à travers l’air ; Ce sont des blocs et des colonnes En faces rouges de gorgonnes ; Ce sont des tours sur des faubourgs Ce sont des toits et des pignons En vols pliés sur les maisons9.

Il primo verso («tous les chemins vont vers la ville») indica fin dal principio l’ubiquità della città attraverso il suo potere attrattivo che ne fa un centro incontrastato per le campagne circostanti. Una volta definita questa caratteristica, che è significativa anche per il fatto che alla città non si può sfuggire, si passa ad una descrizione della città attraverso i suoi piani e le sue altezze: motivo proposto dalla reiterazione della parola «étages». Fin dai primi versi si capisce che non è della città di Rodenbach e di Lemonnier che si parla, non è la Bruges tranquilla e incantata dei due autori, bensì di Anversa: la città la cui vitalità è riconosciuta attraverso le sue industrie e il suo porto. Seppure Verhaeren nomina raramente in maniera diretta la città e, in ogni caso, mai in questi versi, si può riconoscere Anversa senza avere nessun dubbio al riguardo. Il poeta è nato sulle rive della Schelda, il fiume che attraversa e costituisce il cuore pulsante di Anversa. Essa era la città attorno alla quale giravano gli interessi della campagna in cui egli viveva nella sua infanzia, la «Campine». Dunque non la calma dei canali di Bruges egli canta, ma l’anima ribelle e vitale di Anversa con i suoi fili in ferro sospesi come fossero dei ponti per fornire la nuova energia alle industrie. Non delle alte torri dei campanili delle chiese o dei «beffrois» si parla, ma dei comignoli delle fabbriche che si trovano nella periferia della città a cui fanno da contorno le piccole case con i tetti tradizionali delle Fiandre destinate ad ospitare gli operai.

C’est la ville tentaculaire, La pieuvre ardente et l’ossuaire. Debout,

9 Ivi, p. 7.

173 Au bout des plaines

Et de domaines.

Des lanternes météoriques

Sur des poteaux et des grands mâts, Même à midi, brûlent encor

Comme des œufs monstrueux d’or ; Le soleil clair ne se voit pas : Bouche qu’il est de lumière, fermée Par le charbon et la fumée10.

L’immagine è terrificante ed emblematica. La città è una grande piovra che estende i suoi tentacoli attorno ad essa e domina le pianure da una posizione dominante. Il contrasto visivo delle alte torri con le pianure al di fuori di essa è significativo. Questa nuova città che non rispetta i suoi confini possiede anche durante il giorno delle luci che rendono vano il ruolo del sole; esse sono come occhi demoniaci che non conoscono il riposo e come una bocca piena di carbone e di fumo.

Un fleuve de naphte et de poix

Bat les môles de pierre et les pontons de bois ; Les sifflets crus des navires qui passent Hurlent la peur dans le brouillard : Un signal rouge est leur regard Vers l’océan et les espaces.

Des quais sonnent aux entrechocs de leurs fourgons, Des tombereaux grincent comme des gonds,

Des madriers de fer soulèvent des cubes d’ombre Et les glissent soudain en des sous-sols de feu ; Des ponts s’ouvrant par le milieu,

Entre les mâts touffus dressent un gibet sombre11

10 Ivi, p. 8.

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Il lessico usato da Verhaeren non è di certo quello usuale nella lingua poetica. Ogni tentativo di idealizzazione sparisce per far posto al nudo realismo, anche se l’uso dell’immagine in Verhaeren è stata spesso oggetto di discussione da chi ritiene che sia o meno un simbolista12. Le parole dei versi appena citati appartengono alla sfera semantica dell’industria. La città è descritta come un moderno girone infernale in cui ai dannati si sono sostituiti i lavoratori. Nelle parole di Verhaeren si inizia a leggere un certo terrore, ma non manca anche una fascinazione altrettanto forte. Interessante notare come l’allitterazione della «r» e della «l» in alcuni versi suggerisca onomatopeicamente il suono degli ingranaggi di una fabbrica e dello scorrere dell’acqua. Il ritmo e il suono delle parole costituiscono di per sé un’ulteriore componente del messaggio che Verhaeren comunica attraverso i suoi versi. L’allitterazione della «r» e della «l» continua anche nei versi successivi:

[…]

Par au-dessus, passent les cabs, filent les roues, Roulent les trains, vole l’effort,

Jusqu’aux gares, dressant, telles des proues Immobiles, de mille en mille, un fronton d’or. Les rails raméfiés rampent sous terre

En leurs tunnels et leurs cratères Pour s’orager en réseaux clairs d’éclairs Dans le vacarme et la poussière.

C’est la ville tentaculaire.

La rue – et ses remous comme des câbles Noués autour des monuments –

Fuit et revient en longs enlacements Et ses foules inextricables

Les mains folles, les pas fiévreux, La haine aux yeux.

Happent des dents le temps qui les devance. A l’aube, au soir, la nuit.

Dans le tumulte et la querelle, ou dans l’ennui,

175 Elles jettent vers le hasard l’âpre semence De leur labeur que l’heure emporte13.

Non meno importanti delle industrie in una città tentacolare sono le ferrovie, i cui binari come veri e propri tentacoli si estendono oltre i confini cittadini. I cavi elettrici, i binari e i treni costituiscono una serie di linee parallele che intessono una ragnatela sul suolo e nel sottosuolo della città. Questo insieme inestricabile di linee viene ripreso nella strofa successiva quando le vie vengono definite annodate intorno ai monumenti. Luoghi d’identità dunque i monumenti, anche se la vita descritta da Verhaeren è quella di chi ci passa intorno senza nemmeno rendersene conto, preso dalla frenesia della produzione senza sosta.

Et les comptoirs mornes et noirs Et les bureaux louches et faux Et les banques battent des portes Aux coups de vent de leur démence.

Dehors, une lumière ouatée,

Trouble et rouge, comme un haillon qui brûle, De réverbère en réverbère se recule.

La vie, avec des flots d’alcool est fermentée Les bars ouvrent sur les trottoirs

Leurs tabernacles de miroirs

Où se mirent l’ivresse et la bataille ; Une aveugle s’appuie à la muraille

Et vend de la lumière en des bottes d’un sou ; La débauche et la faim s’accouplent en leur trou Et le choc noir des détresses charnelles

Dans et bondit à mort dans les ruelles14.

Dalle vie si passa alla descrizione più da vicino di coloro che le popolano e dei luoghi che frequentano: gli uffici e le banche, ma anche i bar dove si consuma l’alcool a fiumi e dove regna la miseria e il degrado. L’elenco crea un accumulo di elementi e ci presenta

13 Émile Verhaeren, Les Campagnes hallucinées, op. cit., p. 9. 14 Ivi, p. 10.

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un’immagine dopo l’altra senza alcuna soluzione di continuità. Il verso «la débauche et la faim s’accouplent en leur trou» rappresenta un’immagine allegorica senz’altro piena di significato per render conto di ciò che Verhaeren descrive.

Et coup sur coup, le rut grandit encore Et la rage devient tempête :

On s’écrase sans plus se voir, en quête Du plaisir d’or et de phosphore ; Des femmes s’avancent, pâles idoles,

Avec, en leurs cheveux, les sexuels symboles. L’atmosphère fuligineuse et rousse

Parfois vers le soleil recule et se retrousse15

All’alcool subentra la rabbia e la depravazione. Il mondo dei bassifondi operai è rappresentato da queste due componenti: risse che scoppiano senza ragione apparente e giovani ragazze che per sbarcare il lunario vendono il proprio corpo. L’atmosfera è buia, resa rossa dalla fuliggine del carbone che hanno addosso gli operai usciti dalle fabbriche; a tutto questo fa da sfondo la città, dominatrice:

[…]

La ville au loin s’étale et domine la plaine Comme un nocturne et colossal espoir ; Elle surgit : désir, splendeur, hantise ;

Sa clarté se projette en miroirs jusqu’aux cieux, Son gaz myriadaire en buissons d’or s’attise, Ses rails sont des chemins audacieux

Vers le bonheur fallacieux

Que la fortune et la force accompagnent ; Ses murs s’enfilent pareils à une armée

Et ce qui vient d’elle encore de brume et de fumée Arrive en appels clairs vers les campagnes. C’est la ville tentaculaire,

15 Ibid.

177 La pieuvre ardente et l’ossuaire

Et la carcasse solennelle.

Et les chemins d’ici s’en vont, à l’infini Vers elle16.

La città dominante si staglia sullo sfondo. In questi versi Verhaeren rende espliciti i sentimenti contrastanti che essa suscita: speranza, desiderio, splendore e paura. La luminosità delle sue lampade alimentate dal gas la rendono splendente anche di notte e i suoi binari rappresentano una destinazione di fallace felicità. I suoi muri paiono un esercito e i suoi fumi arrivano come un chiaro richiamo nelle campagne. Ancora dunque si insiste sull’impatto che essa ha nei confronti delle campagne circostanti: tematica che sarà sviluppata appieno nella raccolta del 1895.

A chiudere la raccolta dedicata alle campagne è, come già indicato, una poesia sulla città che si pone dunque in perfetta simmetria con la poesia che è stata appena analizzata. Questa chiusura potrebbe forse significare che per le campagne oramai non vi è più scampo e che non possono evitare di essere assorbite e circondate dall’elemento cittadino, come metaforicamente rappresentato dalla struttura della raccolta stessa.

Tandis qu’au loin, là-bas,

A l’occident, sous des cieux gras, Avec sa tour comme un Thabor, Avec son souffle et son haleine

Epars et aspirant les quatre coins des plaines,

C’est la ville que le jour plombe et que seule la nuit éclaire, La ville en plâtre, en stuc, en bois, en marbre, en fer, en or, – Tentaculaire17.

La città è dunque sempre intenta a sbuffare e a emanare i suoi fumi. Una città che sfida le leggi naturali in quanto è oscura di giorno e si illumina di notte. Verhaeren ha già forse in mente la sua raccolta sulle città tentacolari, visto che tale aggettivo è posto in posizione di chiusura all’intera raccolta. Questa nostra tesi è suffragata da Albert Ayguesparse, il quale

16 Ivi, p. 11.

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sostiene che Les Villes Tentaculaires e Les Campagnes Hallucinées abbiano un’origine comune e che questa sia da rintracciare in un viaggio compiuto da Verhaeren attraverso l’Europa in cui si perde nelle grandi città, visita i musei, i porti, le industrie, si fa assorbire dal ritmo sempre più rapido che, verso la fine del XIX secolo, la macchina imprime alla nostra civiltà. La scoperta di Londra è per lui una sorta di illuminazione. Egli capisce subito la grandezza poetica delle città moderne, i problemi umani ed economici che si pongono in relazione all’esodo rurale, la disoccupazione e la scomparsa dell’artigianato. Questa presa di coscienza si tradurrà nei suoi più bei versi. Ayguesparse cita in proposito proprio Les

Campagnes Hallucinées e Les Villes Tentaculaires18.