5 La misurazione e valutazione della performance nelle aziende del Trasporto Pubblico Locale
5.1 I limiti del concetto di reddito contabile nelle aziende a partecipazione pubblica
Con riferimento agli studi di Amodeo (1950), scopo della contabilità economica è quello di misurare la variazione della ricchezza complessiva di una data entità, in un certo intervallo di tempo. Applicando tale concetto al modello di financial
reporting delle società di capitali, la definizione di cui sopra trova due sostanziali
limitazioni70.
La prima limitazione, è relativa ai soggetti nella cui prospettiva si definisce la ricchezza, ovvero:
1) Se la società crea valore per altri soggetti (per esempio concorre al miglioramento del reddito pro capite dell’area, il cosiddetto indotto), tanto è consapevolmente ignorato il modello.
2) Se la società crea valore per l’azionista attraverso meccanismi differenti dalla distribuzione di dividendi o dall’alienazione delle quote di capitale (come per
70Capalbo Francesco (2014), op. cit.
esempio nel caso in cui concede loro notorietà spendibile), come in precedenza, tale valore è ignorato dalla contabilità.
Per quanto concerne la seconda limitazione, ossia, relativa ai rapporti tra la misurazione della produzione e la misurazione della fruizione di tale ricchezza, il valore deve prima passare in azienda e poi può essere erogato. Quindi, in condizioni normali, dato che un’attività è tale se genera flussi di cassa per l’azienda e l’azionista beneficerà poi di tali flussi quando gli verranno distribuiti come dividendi, i flussi in ingresso ed uscita, verranno tracciati contabilmente. Tuttavia, se l’azionista dovesse utilizzare direttamente un’attività aziendale, l’incremento di ricchezza di costui non sarebbe rilevato in contabilità. Di conseguenza, i risultati derivanti dalla contabilità economica non sarebbero più in grado di offrire una ragionevole misura dei vantaggi o svantaggi che lo stesso azionista ha tratto dalla partecipazione in quella società. Quindi, la fase dell’erogazione del valore creato viene anticipato attraverso l’uso diretto delle attività dell’azienda o anche attraverso il pagamento di enormi retribuzioni e compensi per soci che sono stati formalmente assunti come dirigenti o semplici dipendenti, senza però lavorare realmente per l’azienda. Rappresenta una prassi non corretta e discutibile anche sotto il profilo fiscale.
Quanto descritto, risulta decisamente rilevante nel caso di socio pubblico e società destinate all’adempimento dei fini istituzionali delle pubbliche amministrazioni.
In merito alla prima limitazione, gli stretti confini di riferimento per l’individuazione del valore creato e la conseguente impossibilità di considerare i vantaggi dell’indotto per il territorio è tanto più grave, quanto più istituzionale è il fine dell’azienda. Infatti, anche se la specifica azienda è in perdita, l’investimento può comunque essere conveniente nell’ottica dell’amministrazione se i ritorni economici per il territorio sono superiori alla perdita subita. Al fine di risolvere questa problematica, si dovrebbe estendere l’analisi fino ad inglobare strumenti di tipo macroeconomico (e non solo microeconomico come normalmente avviene).
Per quanto concerne la seconda limitazione, la fruizione diretta da parte dei soci è spesso intrinseca alle attività svolte dalle società partecipate. Molto spesso, nel settore delle utilities, i clienti (ovvero i soggetti rispetto ai quali il patrimonio deve essere misurato) coincidono con i cittadini residenti in quel determinato ambito locale; in questi casi abbiamo si la predisposizione di un sistema tariffario ai fini dell’erogazione del servizio che potrebbe risolvere il problema offrendo una forma di misurazione del valore creato. Tuttavia, molto spesso, nella realtà il valore fissato per la tariffa non rispecchia il valore equo della prestazione fornita ai cittadini, e quindi il problema risulta risolto solo in parte.
Possiamo notare come in questo caso si abbia quindi un’anticipazione del processo erogativo e di conseguenza la contabilità non è in grado di rilevare il valore creato dalla società a fronte di quello consumato per l’acquisizione dei fattori produttivi che sarà ovviamente individuato71.
Alla luce dei fatti, risultano evidenti le discrasie che comportano il considerare il reddito d’esercizio come primario indicatore al fine di misurare e valutare la
performance delle aziende del Trasporto Pubblico Locale (sono quindi stati
evidenziati, in relazione al tema della performance, i limiti del reddito contabile). Vari sono stati gli studi e contributi in dottrina, nel tentativo di sanare la distorsione indotta dal reddito d’esercizio72.
Il contributo più rilevante, suggerisce di isolare contabilmente il costo della fruizione anticipata, individuandolo come differenza rispetto al prezzo che si sarebbe dovuto richiedere in condizioni normali. Nel corso degli anni gli studi sono stati numerosi, poiché la problematica in esame coinvolge sia la galassia pubblica, che quella privata, poiché anche nelle aziende privatistiche si ha una quasi totale coincidenza fra soci e fruitori dei servizi (tale casistica accade di solito nelle ipotesi di integrazione verticale in cui l’azienda acquista la proprietà del proprio fornitore).
Sono state implementate nel corso degli anni tutta una serie di tecniche volte a definire tali valori che, noti come transfer prices, prestandosi all’uso di veicoli
71Capalbo Francesco (2014), op. cit. 72Capalbo Francesco (2014), op. cit.
per il trasferimento di ricchezza tra diversi soggetti di imposta, trova larga applicazione anche in campo tributario.
Quindi, se le se aziende contabilizzassero i ricavi ideali in base al transfer prices, la differenza con il ricavo reale dato dalla tariffa effettivamente pagata dai cittadini fruitori del servizio, potrebbe poi essere evidenziata a parte, nel Valore della Produzione con segno meno o tra i Costi della Produzione con segno positivo, per essere poi propedeutico ad una riclassificazione del Conto Economico coerente con le realtà analizzate.
Tuttavia, sussiste un’ulteriore fattore comportante l’indebolimento del reddito d’esercizio come indicatore della performance, ed è la particolare struttura dei settori in cui operano le società a partecipazione pubblica (nel caso in esame, il settore del Trasporto Pubblico Locale); infatti, in normali condizioni di mercato, i ricavi vengono definiti sulla base costo medio di produzione (grandezza calcolata secondo diverse tipologie, a seconda delle esigenze informative dell’azienda, del tipo di settore in cui opera l’azienda), ed i clienti hanno un’alternativa rispetto a diversi fornitori. Quindi, date due aziende, se a parità di volumi di produzione, una delle due produce a prezzi più alti (risulta più inefficiente), essa sarà destinata prima o poi a chiudere un esercizio in perdita e, parimenti, se due aziende, a parità di volumi produzione, riescono ad ottenere lo stesso livello di efficienza, ma una delle due non è in grado con i propri prodotti di soddisfare le esigenze della clientela (inefficace), allora l’azienda in questione assisterà ad una progressiva riduzione delle vendita (con conseguente contrazione dei ricavi) e sarà destinata, prima o poi, a chiudere in perdita.
In questi casi, il reddito assume valenza di indicatore della presenza o meno delle condizioni di efficienza e di efficacia.
Ma nei settori regolamentati, molto spesso manca l’aspetto della concorrenza, ed i ricavi vengono definiti ad hoc dagli apparati di governo competenti, sulla base di opportuni costi standard, che il Legislatore dovrebbe continuamente aggiornare, al fine di rendere quanto più possibile la determinazione delle tariffe vicina alla reale situazione del settore. Infatti, fissare tariffe troppo alte, significa far pagare ai cittadini un costo maggiore al servizio realmente erogato (con
conseguente danno sul benessere pubblico); viceversa, fissare tariffe troppo basse rispetto al valore del servizio erogato, rende insostenibile l’attività da un punto di vista degli equilibri economico – finanziari73.
Quindi, alla luce di quanto evidenziato, appare evidente come la perdita di rilevanza del reddito d’esercizio come misuratore della performance delle aziende del Trasporto Pubblico Locale, sia da attribuire alla progressiva perdita di significato dei ricavi, ossia, il consumo diretto, tanto quanto l’assenza di concorrenza incidono fortemente sulla valenza informativa del Valore della Produzione, che nel primo caso è misurato solo parzialmente, mentre nel secondo caso è influenzato dalle particolari condizioni di mercato.
Di conseguenza, al fine di poter valutare la performance delle aziende oggetto di analisi, occorrerà concentrarsi non sulla disamina dei ricavi, bensì sui costi supportati dalle aziende74. Possiamo fare ciò, poiché i costi di produzione sono
tutti relativi a mercati normalmente efficienti e non influenzati dalle politiche di erogazione del servizio. L’efficienza delle aziende del Trasporto Pubblico Locale non deve quindi essere ricercata nel segno finale del Conto Economico (utile o perdita), bensì la dobbiamo analizzare attraverso un’analisi estremamente analitica dei costi, che ponga in relazione i dati finanziari dei costi con i dati quantitativi della produzione. Si dovrà individuare tutta una serie di indicatori rilevanti, ossia, i cosiddetti Key Performance Indicators, normalmente accolti nei rapporti di gestione di tali aziende che, per definire le varie misure di efficienza e di efficacia, non abbiano ad oggetto il tradizionale parametro del reddito netto, ma la dimensione dei costi (per esempio, l’efficienza può essere definita attraverso il costo di trazione per Km, oppure mediante il costo medio della manodopera o il numero di autisti per vettura, ecc…). Ovviamente, i Key
Performance Indicators, non hanno senso in assoluto, ma devono essere
confrontati nel tempo (ossia, l’evoluzione nel corso dei vari esercizi) e nello spazio (effettuare una comparazione con le altre aziende).
73Capalbo Francesco (2014), op. cit. 74Capalbo Francesco (2014), op. cit.
I principali studi letterari, suggeriscono che i Key Perfomence Indicators, devono essere75:
1) Non numerosi (un numero limitato ma esplicativo della realtà oggetto di esame).
2) Sufficienti a spiegare l’uso delle principali risorse. 3) Integrati da indicatori di efficacia.
4) Standardizzati e direttamente ed oggettivamente derivabili dalla contabilità generale.
Con particolare riferimento al terzo e quarto punto, considerare unicamente la dimensione dell’efficienza, può portare si le aziende ad erogare il servizio ad un costo estremamente basso e con una tempistica inferiore alla media di settore, ma il servizio così offerto potrebbe non rispecchiare le esigenze dei consumatori, e quindi si assisterebbe ad una progressiva riduzione della domanda per il servizio. Mentre per quanto riguarda la derivabilità degli indicatori dalla contabilità generale, una diretta derivabilità da documenti ufficiali e sottoposti a certificazione, è l’unica condizione che permette l’oggettività di tali indicatori, altrimenti in caso contrario gli indicatori potrebbero essere alterati dalle cosiddette politiche di Bilancio, volte a manipolare i dati contabili, al fine di far apparire la situazione aziendale migliore, rispetto alla realtà.
In conclusione, l’analisi proposta evidenzia che nonostante i problemi riconducibili all’incapacità di considerare il valore creato per l’indotto, non sia tanto la natura del socio a rendere il reddito poco significativo, quanto le specifiche scelte di governance del Governo, tuttavia risolvibile, attraverso un maggiore impegno da parte dello Stato nella fase di definizione dei ricavi o con l’opportuna integrazione del modello con i rapporti di gestione.
75Capalbo Francesco (2014), op. cit.