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1. Dal disagio alla delinquenza

5.3 Le linee di indirizzo per l’assistenza ai minori sottoposti a provvediment

l’espressione di un disagio di carattere psico sociale derivante da una cosiddetta “carenza di salute”.

Il D.P.R. n. 448 del 1988, recante “Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico degli imputati minorenni”, introducendo una procedura penale calibrata sui ragazzi, ha introdotto importanti innovazioni che hanno interessato le misure cautelari e l’istituto della messa alla prova.

In tale quadro, gli interventi sanitari, costituiscono parte integrante dell’intervento socio- sanitario-educativo che si attua all’interno del contesto penale.

Le strutture nelle quali vengono realizzati gli interventi socio-sanitario-educativo sono:

 Il Centro di Prima Accoglienza ove i minorenni in stato di arresto, fermo o accompagnamento, vengono condotti i giovani che, nel limite massimo di 96 ore, verranno sopposti ad udienza di convalida da parte del Giudice per l’Udienza Preliminare;

 L’Istituto Penale per i Minorenni ove permangono i minorenni in applicazione della misura cautelare della custodia cautelare in carcere (art. 23 D.P.R. 448 del 1988) o quello che vengono condannati ad una misura detentiva;

 La Comunità ministeriale o privata ove permangono i minorenni in applicazione della misura cautelare del collocamento in comunità (art. 22 D.P.R. 448 del 1988), in espiazione di pena (nel caso di misure sostitutive o alternative alla detenzione), in messa alla prova (art. 28 D.P.R. 448 del 1988), o in misura di sicurezza (art. 36 del D.P.R. 448 del 1988);

 Il luogo di residenza del minorenne nel caso non vengano applicati provvedimenti restrittivi della libertà personale.

I Servizi della Giustizia Minorile in sinergia con i Servizi, gli Enti e le Istituzioni del territorio, supportano l’Autorità Giudiziaria Minorile attraverso attività conoscitivo- valutative, progettuali, di controllo, alle quali partecipano professionisti del servizio sociale, educatori e operatori sanitari.

Il minore, all’interno delle varie strutture che sono legate alla restrizione della libertà, viene peso in carico da una equipe multi disciplinare la quale, dopo un idoneo periodo di osservazione, redigerà un programma di trattamento individualizzato calibrato sulle carenze, anche di carattere sanitario, del giovane ristretto.

L’èquipe multidisciplinare deve valutare gli interventi in itinere al fine di verificare la loro efficacia.

Questo potrebbe investire anche la possibilità che i minori e giovani adulti autori di reato che presentano disturbi psicopatologici, alcol dipendenza, tossicodipendenza o portatori di doppia diagnosi necessitano di una valutazione specialistica e, se necessario, di un collocamento in strutture in grado di rispondere in modo efficace alle loro esigenze terapeutiche.

L’art. 22 del DPR 448/1988 ha introdotto la possibilità di collocare il giovane all’interno di comunità ministeriali che sono delle strutture non detentive protette. Il provvedimento che attua l’applicazione della suddetta misura deve valutare attentamente una serie di peculiarità che non devono tralasciare delle valutazioni di carattere psichico, sociale e familiare.

L’eventuale esercizio superficiale della valutazioni che indurranno il Giudice ad applicare le suddette misure potrebbero rivelarsi dannose per il processo socio/evolutivo/educativo del minore o giovane adulto, tra le quali:

 il succedersi di inserimenti in diverse comunità; spesso i giovani scappano e di conseguenza vengono sottoposti alla misura dell’aggravamento in carcere per mesi uno;

 l’assenza di progettualità in ottica rieducativa tese in concreto al reinserimento sociale;

 l’allontanamento unilaterale dal contesto familiare e sociale

Le Comunità per costituire un valido “luogo dell’intervento” devono essere sostenute dall’azione integrata dei Comuni e dei Servizi della Giustizia Minorile; inoltre va considerato la “status” del minore che, in quanto soggetto in evoluzione richiede risposte adeguate che tengano conto sia delle criticità di natura giudiziaria che sanitaria.

Considerate le molteplici espressioni del disagio giovanile si rende necessario prevedere Servizi in grado di dare tempestiva lettura della situazione.

La Conferenza Unificata del 20 novembre 2008 ha cristallizzato l’accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e le Autonomie locali riguardo alla necessaria razionalizzazione ed integrazione delle funzioni relative alla sicurezza in connessione con la necessaria sinergia tra i principi ed i criteri di collaborazione tra: l’ordinamento sanitario, l’ordinamento penitenziario e le circolari attuative che riguardano la giustizia minorile in ottemperanza all’art. 7 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° aprile 2008; tutto questo al dine di statuire specifici accordi su un piano regionale al fine di redigere dei protocolli inter istituzionali chiamati a definire:

 quando, da chi, come e dove, debba essere effettuata la anamnesi del soggetto in ordine alla sue condizioni di salute;

 le caratteristiche strutturali dei luoghi di cura, recupero, riabilitazione, tenendo conto che tutte le progettualità che ivi verranno realizzate saranno rivolte a degli adolescenti ed ai giovani adulti. Tutto questo non può prescindere dal mandato istituzionale che deve tendere sempre alla revisione critica sulla propria devianza ed al successivo reinserimento sociale;

 come consolidare –attivare efficacemente processi di integrazione-strategica, progettuale, operativa, tra soggetti, istituzionale e non, coinvolti nella presa in carico delle problematiche dell’area penale minorile.

I Servizi della Giustizia Minorile e quelli territoriali sociali e sanitari devono individuare il percorso terapeutico più idoneo ad ottenere i risultati prefissato coinvolgendo attivamente il minore e tenendo conto dei vincoli posti dall’Autorità Giudiziaria Minorile.

Tutto questo non può prescindere dal progetto trattamentale costruito attorno alle esigenze del minore giungendo, ove possibile, al collocamento in comunità. Le comunità si distinguono in: comunità educative, comunità del sociale o comunità terapeutiche.

Le comunità, sin dalla fase inziale del “collocamento”, devono riuscire a compendiare le esigenze trattamentali ed assistenziali con le esigenza della magistratura la quale attiverà misure tempestive per modificare o correggere eventuali disfunzioni presentatesi nel corso della permanenza del giovane in comunità..

Nel periodo di accoglienza del minore la Comunità dovrà svolgere un’osservazione funzionale a delineare la situazione clinica del soggetto finalizzata alla stesura del programma terapeutico riabilitativo e all’eventuale inserimento in una struttura comunitaria residenziale, terapeutica o socio-educativa.

La Comunità terapeutica, infine, è in grado di garantire un intervento terapeutico riabilitativo personalizzato e continuativo, risultando adatta nelle situazioni di disagio psichico grave o in fase acuta, caratterizzate da psicopatologia rilevante, grave disagio psico-relazionale, gravi disturbi del comportamento e precarietà del supporto familiare.