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2. Il contesto normativo

2.1 Lo scenario internazionale

Il percorso internazionale intrapreso per combattere la violenza contro le donne parte dalla concezione fondamentale che ci sia discriminazione, subordinazione e disparità di trattamento tra uomo e donna in tutto il mondo. Già nel 1945 nella carta dei diritti stilata dalla Nazioni Unite si esprime la volontà degli Stati di battersi per una piena uguaglianza dei diritti da parte di entrambi i sessi.

La Commissione sullo Status delle Donne (CSW) venne creata dalle Nazioni Unite nel 1946 con l’obiettivo di promuovere i diritti delle donne. Dall’anno della sua nascita fino al 1965 la Commissione concentrò le sue forze nel favorire la costruzione di convenzioni internazionali per eliminare le leggi presenti a sfavore della popolazione femminile.

Nel 1975 fu convocata la “Prima Conferenza Mondiale” sulla condizione della donna a Città del Messico in coincidenza con l’Anno Internazionale delle Donne per ricordare che le discriminazioni femminili continuavano ad essere un problema per la comunità

39 mondiale. La Conferenza, indetta dall’Assemblea Generale dell’Onu, insieme alla proclamazione del decennio delle Nazioni Unite per le donne, diede inizio alle attività internazionali per sostenere l’uguaglianza dei sessi. Gli obiettivi della Conferenza furono orientati a delineare le linee guida per le strategie future che i governi avrebbero dovuto adottare. Il Piano d’Azione si concretizzò in tre punti:

- la piena uguaglianza tra i sessi ed eliminazione delle discriminazioni sessuali; -il pieno coinvolgimento delle donne nello sviluppo sociale;

-un maggiore contributo delle donne per il rafforzamento della pace nel mondo.

Alla base dell’introduzione di questi principi esisteva la convinzione che lo sviluppo delle donne servisse per migliorare il contesto societario, in cui la partecipazione femminile non poteva essere esclusa.

Quattro anni dopo (1979) l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò la “Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazioni delle donne”39

(CEDAW) entrato in vigore nel 1981 e ratificata dall’Italia nel 1985. Il CEDAW, che ancora oggi costituisce l’accordo giuridico fondamentale per i diritti delle donne, cominciò a porre l’attenzione sulla violenza sessuale che risultava compromettere la possibilità delle donne di esercitare a pieno titolo i diritti umani. La Convenzione sostiene che le discriminazione devono essere combattute attraverso un cambiamento nella mentalità nell’educazione e nello svolgimento della vita quotidiana dei cittadini del mondo, per cui è necessario un superamento dei pregiudizi e degli stereotipi, oltre a una nuova concezione della legge e delle pratiche politiche portate avanti da ogni governo. Gli Stati furono invitati ad attivare qualsiasi forma di azione che potesse portare all’eliminazione della violenza contro le donne.

Nel 1980 a Copenaghen si riunì la “Seconda Conferenza Mondiale” per verificare i cambiamenti avvenuti in seguito alle precedenti iniziative. La partecipazione da parte dei Governi fu più estesa rispetto alla precedente: furono presenti 145 Stati, sintomo di un interesse maggiore. In questa sede venne riconosciuto che esisteva sempre una discordanza tra i diritti garantiti e la loro possibilità reale di esercitarli. Nel Piano d’Azione Mondiale, previsto per la seconda metà del Decennio delle Nazioni Unite,

39 La “Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne”

definita anche “Carta dei diritti femminili” è attualmente in vigore in 165 Stati con l’obbligo di riferire ogni quattro anni le misure che hanno adottato per superare gli ostacoli derivanti dalla divisione dei sessi.

40 vennero rafforzate e perfezionate una serie di iniziative per migliorare la condizione femminile. In particolare il programma interessò tre aree ritenute responsabili delle disuguaglianze dei diritti garantiti alle donne: l’istruzione, l’opportunità lavorativa e l’assistenza sanitaria.

In seguito alla fine del decennio delle donne si riunì la “Terza Conferenza Mondiale” (1985) a Nairobi definita come “La Nascita del Femminismo” dove i risultati rilevati in dieci anni di iniziative risultarono marginali. La discussione si concentrò sul legame esistente tra il tema della pace e quello della violenza contro le donne, considerato quest’ultimo come vincolo per il pieno sviluppo per l’armonia mondiale. L’attenzione venne posta sul collegamento tra l’utilizzo della violenza nelle relazioni interpersonali e il ricorso all’uso della forza nelle relazioni tra Stati. Risultò necessario, per promuovere la pace, progettare interventi mirati a intervenire prima di tutto sulle strutture base delle relazioni sociali. L’approccio della Terza Conferenza risulta innovativo in quanto venne riconosciuto per la prima volta il carattere universale della violenza di genere.

Il percorso sulla violenza si concretizzò nel 1989 con due Raccomandazioni Generali del Comitato CEDAW che iniziò a sollevare l’attenzione pubblica sulla violenza sessuale come limite effettivo per esercizio dei diritti umani. Nella Raccomandazione n.12/1989 gli Stati vennero incitati ad “adoperarsi per proteggere le donne dalla violenza di qualsiasi tipo esercitata dalla famiglia, posto di lavoro, o in qualsiasi altro ambito della vita sociale”40. La raccomandazione successiva n.19/1992 fornì una

specificazione ulteriore riguardo alla violenza contro il genere femminili: nell’art 1 “La violenza di genere è una forma di discriminazione che inibisce gravemente la capacità delle donne di godere dei diritti e delle libertà su una base di parità con gli uomini”. Nelle Osservazioni Generali inserite nella Raccomandazione: “La definizione di discriminazione comprende la violenza basata sul genere, che è la violenza diretta contro una donna in quanto donna e che colpisce le donne in modo sproporzionato”41.

Con la Conferenza di Vienna del 1993 sui “Diritti Umani delle Donne” i 171 Paesi membri riconobbero come obiettivo principale l’eliminazione dei maltrattamenti e delle disparità effettuate nei confronti della popolazione femminile all’interno del disegno

40 Cit: Convetion on the Elimination of all forms od Discrimination Against Women CEDAW,

Raccomandazione generale n.12 (ottava sessione 1989), Violenza contro le donne, p.29

41 globale di tutela dei diritti umani. Dalla sezione dedicata alla violenza di genere nacque la “Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’Eliminazione della Violenza Contro le Donne”. Come spiegato nel primo capitolo di questo testo, prese forma per la prima volta una definizione di violenza contro le donne nei suoi molteplici aspetti e luoghi in cui si possono riscontrare i maltrattamenti. Gli Stati furono considerati responsabili a livello internazionale di qualsiasi atto di abuso nei confronti del genere femminile anche se effettuati dai privati. Essi devono combattere il fenomeno sociale in tutti i modi possibili senza poter contare sulla giustificazione degli usi e dei costumi per non prendersi adeguate responsabilità sui doveri stabiliti.

Grazie alla decisione presa dalla Commissione delle Nazioni Unite nel 1994 di nominare un relatore che potesse riferire annualmente sul tema della violenza contro le donne, l’anno seguente la relazione di Radhika Coomaraswany42 si dedicò alla violenza

domestica definendola come “quella violenza che si verifica all’interno della sfera privata, in genere tra le persone che sono collegate attraverso l’intimità di sangue o di diritto. Nonostante l’apparente neutralità del termine, la violenza domestica è quasi un reato specificamente di genere, perpetrata da uomini contro le donne. Il contrario si verifica quando le donne cercano di difendersi dai loro partner abusanti”. Continuando nella lettura del documento si arrivò a riconoscere la violenza di genere e in modo particolare la violenza domestica come “…componente essenziale dell’oppressione sociale delle donne. Infatti la violenza contro le donne non solo deriva da, ma anche sostiene, gli stereotipi di genere ed è utilizzata per controllare le donne in uno spazio tradizionalmente dominato da donne, la casa”43. Importante sottolineare che in questa

sede la relatrice arrivò a chiedere che la violenza domestica venisse considerata come

42 Radhika Coomaraswany ex presidente della Commissione dei diritti umani dello Ski Lank, è avvocato

di fama internazionale dei diritti umani che ha lavorato come relatrice delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne. Nelle sue relazioni ha scritto sulla violenza in famiglia, violenza nella comunità, la violenza contro le donne durante i conflitti armati e sul problema del traffico di donne internazionale. È intervenuta a favore della popolazione femminile in tutto il mondo ed ha redatto la relazione “Comfort Women”. Ha condotto visite sul campo in Giappone e Corea sul problema del benessere delle donne, Rwanda, Colombia, Haiti e Indonesia per la violenza di genere in tempo di guerra, gli Stati Uniti sulle donne in carcere, Brasile sulla violenza domestica e Cuba sulla violenza contro le donne in generale.

43 Cit. Elvira Reale, Maltrattamento e violenza sulle donne. Vol. I La risposta dei servizi sanitari, Franco

42 tortura e trattamento crudele nei casi più gravi e maltrattamento nelle situazione meno gravi. La tesi è sostenuta dal fatto che nella violenza familiare si possano riscontrare le caratteristiche presenti nei casi di trattamento crudele che sono definite dal diritto internazionale in quattro elementi: determina gravi danni fisici e/o mentali alla vittima; è svolta con intenzionalità da parte dell’aggressore; ha finalità precise; prevede il coinvolgimento dello Stato che non si attiva per impedire il fenomeno. La violenza domestica non solo lede la salute mentale e fisica, ma può portare alla morte, è svolta in modo diretto per esercitare il controllo sulla partner con la finalità di ridurre la sua libertà ed infine si verifica con l’approvazione delle istituzioni statali se esse non intervengono adeguatamente alla risoluzione del problema.

Gli incontri internazionali continuarono a seguirsi negli anni successivi con la “Quarta Conferenza Mondiale” tenutasi a Pechino nel 1995. L’incontro fu improntato su dodici aree critiche che richiedevano l’intervento urgente per il raggiungimento della parità tra i sessi, tra cui la fragilità economica delle donne e la sua debole condizione sociale considerati fattori principali delle manifestazioni di abuso. La definizione di violenza maschile contro il sesso femminile stilata due anni prima venne ampliata integrando altri tipi di maltrattamenti non menzionati, come ad esempio la violazione dei diritti nei conflitti armati, la sterilizzazione e l’aborto forzato, la selezione del sesso del bambino prima della nascita e l’infanticidio femminile. Il Piano d’Azione programmato in questa occasione stabiliva la formulazione di misure di prevenzione, lo studio delle cause sui maltrattamenti di genere e l’annullamento della tratta delle donne, iniziative valutate a New York dal 5 al 9 giugno del 2000 con la convocazione di una sessione speciale chiamata “Donne 2000: uguaglianza di genere, sviluppo, pace per il XXI secolo” o anche “Pechino+5”, dove è stata svolta l’analisi degli ostacoli ancora presenti e le azioni future da far adottate dai governi44 con l’obiettivo principale di sviluppare un’adeguata giurisdizione che possa punire chi compie il reato di violenza contro le donne. La discussione venne ampliata sul processo di sensibilizzazione considerata indispensabile per combattere la violenza e sulla necessità di una conoscenza più approfondita del fenomeno attraverso lo sviluppo della ricerca, in modo da poter formulare politiche sociali inerenti. La valutazione della Convenzione di Pechino si è poi ripetuta l’11

43 marzo del 2010 sempre a New York dove gli Stati partecipanti hanno riaffermato gli impegni presi negli ultimi dieci anni.

La risoluzione 54/134 del 17 dicembre del 1999 dell’Assemblea Generale delle Nazione Unite dichiarò il 25 novembre la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne45. Ancora nel 2003 con la risoluzione 58/147 l’organizzazione mondiale riconobbe la presenza di varie forme di violenza domestica (fisica, sessuale e psicologica). Invece l’anno prima l’OMS dichiarò che la violenze maschili contro le donne un problema di sanità pubblica specificando che gli abusi commessi contro il genere femminile sono svolti in modo intenzionale, proiettati a far del male all’altra persona. La violenza contro il partner si presenta “in tutti i paesi, a prescindere dal gruppo sociale, economico, religioso o culturale. […] l’insopportabile carico della violenza all’interno della coppia è sostenuto dalle donne per meno degli uomini”46. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite nel 2008, con lo scopo di incentivare l’aumento delle risorse messe in campo per combattere la violenza contro le donne cercando di incentivare gli Stati a porre una legislazione in linea con gli standard internazionali, promosse l’iniziativa “UNiTE to End Violence Against Women”.

Le Nazioni Unite negli anni successi continuano ad occuparsi del tema della violenza contro le donne attraverso la creazione di un nuovo organismo per favorire l’uguaglianza di genere chiamato “UN Women”47 con l’obiettivo di sostenere le

associazioni intergovernative a formulare politiche e norme internazionali offrendo un affiancamento agli Stati per l’attuazione delle misure stabilite, garantendo, dove necessario un sostegno tecnico e finanziario. Nel 2012 è stata lanciata una campagna dall’UN Women dal nome COMMIT, mirata a stimolare i governi a mantenere gli impegni presi per la lotta contro la violenza alle donne.

45 La data è stata scelta per ricordare il brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabel, considerate

esempio di donne rivoluzionarie per l’impegno che hanno dimostrato per combattere il regime dittatoriale di Rafael Leònidas Trujilio nella Repubblica Domenicana.

46 Quaderni di Sanità Pubblica. Violenza e salute nel mondo. Rapporto dell’Organizzazione Mondiale

della Sanità (Parte Prima), CIS Editore, 2002.

47 UN Women nasce dall’unione di: Diviosne per l’Avanzamento delle Donne ((DAW), Istituto

Internazionale di Ricerca e Formazione per l’Avanzamento delle Donne (INSTRAW), Ufficio del Consigliere Speciale sulle Questioni di Genere e l’Avanzamento delle Donne (OSAGI) e Fondo delle Nazioni Unite per lo Sviluppo delle Donne(UNIFEM).

44 La sessione tenutasi dalla CSW nel marzo del 2013 si è concentrata sulla violenza di genere per intervenire sulla prevenzione e il supporto delle vittime di maltrattamento. Il documento stilato nell’occasione richiama l’attenzione sull’importanza di individuare le cause e i fattori di rischio che alimentano la presenza della violenza maschile contro la popolazione femminile.

Dal percorso affrontato dal diritto internazionale si desume che la violenza contro la popolazione femminile e in particolar modo la violenza domestica non è più un problema privato da risolve all’interno del contesto familiare, ma un problema pubblico del quale lo Stato si deve assumere le responsabilità, attraverso adeguate misure di prevenzione e tutela collocate nel contesto culturale nel quale si muove l’appartenenza di genere. È questo l’obiettivo delle Nazioni Unite: dare linee guida agli Stati in modo che possano attivarsi per fornire la possibilità alle donne di esercitare il proprio diritto di libertà, uguaglianza e sicurezza.