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Lo sguardo antropologico: Antonio Sorge, 2002-2003.

CAPITOLO V. La ricerca Il contesto: sguardi su Orgosolo

5.2. Lo sguardo antropologico: Antonio Sorge, 2002-2003.

Dopo quarantotto anni, alcuni elementi emersi nella ricerca fin’ora presentata, trovano conferma in una ricerca antropologica più recente svolta dall’antropologo italo- canadese Antonio Sorge202 che ha soggiornato, in ragione della sua ricerca, ad Orgosolo dal 2002 al 2003.

Gli ambiti investigati, l’ospitalità e l’amicizia verso un estraneo, ri-focalizzano alcune delle caratteristiche poste in evidenza dal Cagnetta nonostante il tempo trascorso.

Così la ritrae nel racconto antropologico Sorge. Un comunità fortemente connotata da elementi storici e culturali propri203, che si presenta nelle sue forme riprodotte nel tempo attraverso usi e consuetudini; dotata di un’organizzazione familiare ancora forte, tanto da costituire secondo l’antropologo canadese, la forma principale di coesione sociale; la caratteristica del nomadismo pastorale ancora in essere, seppur mitigata da strumenti più moderni come i mezzi per raggiungere i pascoli; e un aspetto, un tratto competitivo che emerge nei rapporti sociali, eredità di un passato in cui la “gente viveva gomito a gomito in una prossimità sociale e fisica, […] come risultato della scarsità materiale di lunga data.”204

L’analisi dell’ospitalità, quella offerta ad un estraneo, come lui, sconosciuto205, lo ha portato a definirla come “un’ingiunzione culturale” che appartiene a tutti indistintamente, a prescindere dall’età, dal genere, dallo status sociale. Un’ospitalità che non si aspetta di essere ricambiata e che si struttura rigidamente perché l’ospite non può ricambiare poiché gli viene riconosciuta una sacralità racchiusa in un detto orgolese, che svela l’importanza di questo aspetto, “Dove c’è l’ospite c’è Dio”.

202A.Sorge, Divergent visions: localist and cosmopolitan identities in highland Sardinia, in

“Journal of the Royal anthropological Institute”, 808-824, Royal Anthropological Institute 2008.

203 A.Sorge, Hospitality, Friendship, and the Outsider in Highland Sardinia, in “Journal of the

Society for the Anthropology of Europe”, Vol. 9, Issue 1, pp. 4–12. 2009

204 Ivi,15

205 Estraneo, rispetto al quale non vi sono riferimenti, né luoghi dove è stato e dove poter chiedere

di chi si tratti. Nelle zone interne della Sardegna, anche in tempi in cui i mezzi di comunicazione erano quasi inesistenti, era possibile avere informazioni su una persona che non si conosceva. Il cognome o meglio, l’appartenenza familiare e il paese di origine bastavano perché si potesse disporre di informazioni utili che orientavano poi comportamenti conseguenti. Fattori che consentivano la trasmissione di informazioni sono il nomadismo dei pastori, presente in diverse zone della Sardegna, e gli scambi commerciali.

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Elemento già noto al Cagnetta, la diffidenza e la paura del mondo esterno che si cela dietro la diffidenza dell’estraneo, paura non intesa come timore assoluto, ma come sentimento che nasce dall’incognita che porta chi non si conosce.

L’antropologo canadese racconterà i passaggi durante i quali ha dovuto sostenere una sorta di esame, celato dalle vesti dell’ospitalità, che ha consentito (e consente tuttora) di capire chi è s’istranzu206, cosa fa in quel contesto, quali interessi lo hanno condotto ad Orgosolo. Anche in questo caso un altro detto racconta l’origine dell’atteggiamento difensivo verso ciò che è estraneo, che non si conosce, acuito se, quell’estraneità, proviene da fuori dall’isola, dal mare. “Il diavolo viene dal Mare”207. Questa breve frase contiene la traslazione di esperienze avute nei secoli, che Sorge immagina essere all’origine di tanto isolamento e sofferenza, patita in un passato abbastanza recente, che egli stesso apprende dalla visione del film “Banditi ad Orgosolo.”208

Non manca di porre in evidenza che l’ostilità verso il mondo esterno è riferita soprattutto a ciò che rimanda ai vari domini che si sono succeduti nella storia della Sardegna, caratterizzandone la stessa evoluzione storica. Fra questi lo Stato, che nell’attualità viene indicato dal ricercatore nelle forze dell’ordine. Questa avversione la sperimenterà di persona e per la casualità di avere origini meridionali. Il suo modo di parlare l’italiano, infatti, con un ‘inflessione meridionale, aveva creato al suo arrivo l’idea che potesse essere un appartenente delle forze dell’ordine (Carabinieri o Polizia), sotto mentite spoglie e che quello che lui raccontava di essere, cioè un antropologo venuto a d Orgosolo per effettuare studi sulla comunità, fosse una copertura. “Nella prima parte del mio lavoro sul campo, gran parte della mia interazione con gli uomini locali consisteva nel giustificare la presenza e, in alcuni casi, a rispondere in modo convincente il più possibile alle accuse di essere un sbirro, o una Spia.”209 Lo stesso autore concluderà su questo aspetto che ciò deriva da un passato contrassegnato da una “police heavy-handedness”, polizia dalla mano pesante210, così come posto in rilievo dalla ricerca di Cagnetta.

206 Termine in lingua sarda che indica una persona estranea alla comunità.

207 Questo detto è diffuso in Sardegna, soprattutto nella zona centrale per evidenti ragioni storiche. 208 De Seta è il regista che girò il film Banditi ad Orgosolo, vincitore al Festival di Venezia

nel1961

209.A. Sorge Divergent visions: localist and cosmopolitan identities in highland Sardinia,. cit.,

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Fra le due ricerche, orientate da obiettivo di conoscenza simili, emerge un filo conduttore che partendo dall’analisi dell’evoluzione della storia della comunità di Orgosolo, rileva come alcuni fattori abbiano costituito un incidente, una o più fratture che hanno prodotto una serie di retroazioni e modificato, forse, un percorso evolutivo. Oggi sono tuttora visibili e riconoscibili quei comportamenti oppositivi, agiti più o meno velatamente, verso ciò o chi arriva dall’esterno, in forma di controllo. Il nodo problematico nei rapporti fra la comunità e lo stato appare ancora evidente e rilevabile in più occasioni, nonostante i livelli di “scontro” si siano mitigati nel tempo e si esprimano ora in termini diversi.

Ancora oggi la supremazia del senso di appartenenza, quella che viene indicata (dai i soggetti con i quali è entrato in relazione) nella ricerca di Sorge come “orgolesità” che si ha in ragione della nascita dentro quella comunità e che non può essere acquisita in altro modo, marca un tratto distintivo che ancora vive e si attesta essere un segno indelebile.