CAPITOLO V. La ricerca Il contesto: sguardi su Orgosolo
5.3. Lo sguardo poetico: Antonio Pira.
Da entrambe le ricerche riportate emerge il tratto di una comunità mai piegata dai diversi “governi” ma spesso ferita da questi e dai propri componenti, in una lotta contro l’esterno e al suo interno, quasi a voler fornire una giustificazione di fatti cosi gravi, in una dimensione per certi versi autolesionista.
Questa dimensione viene fatta propria dal poeta Antonio Pira che dai luoghi della detenzione in più occasioni, e in concomitanza con fatti di sangue, esorterà il suo paese a deporre l’arma della violenza. Il poeta ha vissuto la sua vicenda personale, lasciando alla poesia la rappresentazione dell’estraneità a fatti delittuosi, non riconoscendosi in modelli di violenza e vendetta.
La scelta di utilizzare le poesie di Antonio Pira è stata fatta perché in queste si ritrova quel sentimento espressione di un forte legame, di appartenenza non solo ad un luogo, ma ad un destino che accomuna che vi è nato; questo sentimento che è stato colto in più occasioni e soggetti nel corso del lavoro ad Orgosolo, egli lo interpreta con coinvolgimento critico.
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APPELLU A ORGOSOLO APPELLO A ORGOSOLO
A seschentos sessanta de altura A seicentosessanta metri di altitudine da livellu de mare sullevada dal livello del mare
ses tue, idda mia tantu amada, sei tu, paese mio tanto amato, mamma de fizos chi no han paura. Madre di figli che non hanno paura. Sa zente tua, forte sana e pura, La tua gente, forte sana e pura, ti attin dae su saltu dogn’intrada ti copre di ogni dono
ma pero tottu vida ses istada ma, tu però per tutta la vita malaida, ca mai as postu cura hai sofferto perché mai hai posto
rimedio.
Pon’orija idda mia a cust’appellu: Ascolta o mio paese, questo appello: non prus sambene, it’es custu terrore non più sangue, cos’è questo terrore Prite ses parca d’istint’e flagellu? Perché sei la Parca istinto e flagello? Auni su mannu a su minore Unisci il grande e il piccolo
che cando in sas orgosas fis novellu come eri in origine
calma s’ira assassina e su furore e calma l’ira assassina e il furore.
Nuoro 1951, Pireddu
AFFARZADU GIURAMENTU211 GIURAMENTO TRADITO
A ORGOSOLO A ORGOSOLO
Pustis chi has giuradu o ‘idda mia Dopo aver giurato, o paese mio da-e nou has torradu a cuminzare... hai iniziato da capo
De samben non ti podes saziare Di sangue non ti puoi saziare che Parca c’hat d’occhire sa mania Come la Parca hai abitudine alla
morte
Sa Nemesi ti dat mortale via La Nemesi ti indica la via
e tue curres a ti vendicare. della morte, e tu corri a vendicarti Ma... e proite? E cando has a cessare Ma, perché? Quando cesserà tant’odiu, tant’ira e tirannia? Tanto odio, tanta ira e tirannia? Supra de una rughe a manu tesa Sopra una croce a mano tesa
has giuradu narende: “Oe est sa paghe hai giurato dicendo:”Oggi si fa la e nessunu deppet fagher pius offesa”. pace e nessuno più potrà far male”
Opera grandiosa de ammirare; Opera grandiosa da ammirare; però sa paghe cun su faghe faghe. però la pace con i sotterfugi da’e bellu nou torrat a mancare. Mancherà di nuovo
In ogni logu sa civilidade In ogni luogo la civiltà sta avanzando,
211 Questa poesia venne scritta in occasione dell’ennesimo omicidio, dopo che le parti avverse
avevano giurato di deporre intenti vendicativi. Si sottolinea che la traduzione dal sardo all’italiano disperde la poeticità invece espressa dalla lingua sarda.
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hat avanzadu, ca s’era est civile; perché è l’era civile;
tue però in sa presente edade tu però in questa presente epoca ses diventada barbara, incivile. sei diventata barbara, incivile.
In su frontale ‘e su tuo giannile Nella tua porta
bido s’impronta ‘e s’infelicidade. Vedo l’impronta dell’infelicità. Frundich’ attesu pugnale e fusile Butta lontano il pugnale e il fucile e s’inimigu abbrazzalu che frade. E abbraccia il nemico come un
fratello.
Restitui s’offesa in su perdonu Restituisce con il perdono l’offesa e da-e oe su tou operare e da oggi il tuo fare
siat tottu pro operas de bonu. Sia per opere buone
Da-e su mannu a su pius minore Dal più grande al più piccolo sos fizos tuos si potana amare i tuoi figli si possano amare e s’abbrazzen in paghe e cun amore. E si abbraccino in pace e amore Ancona 1953 Pireddu
La consegna, l’esortazione a deporre le armi della vendetta e di ogni altra forma di violenza, è una costante nella produzione poetica di Antonio Pira, come anche di altri autori locali.
Colpisce un tratto, l’utilizzo della mitologia classica, sotto le vesti della Nèmesi, verosimilmente intesa in un’accezione storica, riferita ad avvenimenti passati che si ripercuotono sui discendenti come atto di “giustizia compensativa”, o anche come vendetta o punizione; e della Parca, a presidio del destino degli uomini. Come se la libertà di scelta, dell’uomo, fosse limitata da un potere superiore, la sorte; oppure da quei fondamenti culturali sempre conosciuti che bisogna onorare, per i quali ciò che viene richiesto all’uomo è di saper rispondere a quel “destino” nei modi previsti dalle consuetudini della propria cultura, de su connottu.
Questa componente restituisce un senso di arresa (che è stato osservato anche in diversi soggetti con i quali, in ragione dell’attività svolta ad Orgosolo, si è venuti in contatto), quel senso di arresa alla vita, a quello che porta, nel bene e nel male, rispetto al quale l’uomo interessato dalle vicende nulla può fare, o molto poco. Unito a questo, invece, l’appello, l’esortazione rivolta non ai propri concittadini, ma al paese perché ricomponga le situazioni di violenza.
Il paese, inteso nella sua valenza totale (comprendente origini, storia, tradizione, paesaggio fisico) come entità che ha il potere di riequilibrare quel determinismo,
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in parte riconosciuto alla sorte, come fosse un’entità superiore alle azioni di uomini e donne, che ne realizza le condizioni.
Proponendo la reificazione dell’immateriale (comportamenti, valori,) in qualcosa di altrettanto immateriale (la forza, la capacità di gestire il destino, la sorte), consegna ad un soggetto unico, la responsabilità della soluzione. Il soggetto, il paese, pare essere identificabile con “la collettività”. Questo forse il messaggio lasciato dal poeta: solo la forza dell’impegno collettivo, che rappresenta qualcosa di diverso e maggiore della somma dei suoi componenti, può offrire soluzioni diverse al flagello autodistruttivo della vendetta e della violenza.