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Lo straniero come soggetto del cambiamento

Nel documento Caratteri del processo migratorio: (pagine 39-44)

STRANIERI IN CASA NOSTRA

2.3 Lo straniero come soggetto del cambiamento

Quella dell’ibrido culturale di Schutz è una figura che si avvicina molto all’uomo marginale di Park, per il quale lo straniero è un agente del cambiamento sociale. E’ fondamentale conoscere il contesto in cui l’autore sviluppa le proprie ricerche e le proprie riflessioni: la città americana dei primi decenni del ‘900.

L’America a cavallo fra ‘800 e ‘900 è stata meta di migrazioni di milioni di persone provenienti da ogni parte del mondo, grazie alle quali fu reso possibile il processo di industrializzazione del paese ed una crescita economica imponente. La città rappresenta il cuore di quello sviluppo; essa cresce intorno alla fabbrica ed è all’interno di essa che diviene visibile tutta la complessità della società statunitense. E’ nella città che si rendono più evidenti i segni della secolarizzazione della società statunitense e l’elevazione al rango di valore dell’individualismo; processi questi, strettamente legati alle migrazioni di soggetti che passano da una realtà a struttura contadina ad una realtà metropolitana, liberandosi dal vincolo sociale delle tradizioni e dei costumi. La città rappresenta per i sociologi americani, in particolare per il Dipartimento di Sociologia e Antropologia di Chicago che opera negli anni ‘20, un vero e proprio laboratorio sociale. La città con i suoi quartieri del vizio ed i suoi slums, le comunità di immigrati e le relazioni etniche, gli emarginati e le sub-culture devianti sono gli aspetti della realtà urbana che più attraggono l’attenzione dei sociologi della Scuola di Chicago (la comunità scientifica legata a quel Dipartimento) che operano negli anni ’20 [Rauty 1995].

In questa riflessione merita attenzione il saggio di Park “Human

Migration and the Marginal Man”(1928) [Park 1993]. In questo saggio

Park vuole evidenziare da una parte la relazione esistente fra migrazioni e cambiamento sociale, dall’altra la relazione fra migrazioni e struttura della personalità. Per quanto riguarda il primo punto l’autore parte da un’accettazione della teoria catastrofica della civiltà, in base alla quale il

progresso si fonda sull’incontro fra culture differenti piuttosto che su processi evolutivi interni ad una determinata cultura. Poiché la migrazione determina il confronto fra culture differenti, essa è motore del cambiamento sociale, su “larga scala” e su “piccola scala”, sulla comunità territoriale e sulla personalità individuale. Infatti per l’autore il primo effetto della migrazione risulta essere l’emancipazione dell’individuo dai vincoli del vecchio ordine sociale (si pensi al passaggio dalla realtà a struttura contadina alla realtà metropolitana che ha caratterizzato la “Grande migrazione” transoceanica), dunque emancipazione dal controllo della tradizione e del costume. In seguito a questa emancipazione l’individuo diviene un cosmopolita, acquisendo  una sorta di distacco simile a quella dello straniero [Park 1993, p.202]. Compare quindi un nuovo tipo di personalità, un ibrido culturale,

[…] un tipo di uomo che vive all’interno di una vita culturale e della tradizione di due popoli diversi e ad essa partecipa intimamente, che non arriva mai a rompere, anche quando gli è possibile, con il proprio passato e con la propria tradizione e che non è mai completamente accettato, a causa dei pregiudizi razziali nella nuova società in cui egli cerca di trovare un posto [ivi, pp.206-207].

La posizione e la condizione sociale del nuovo tipo di personalità è quella della marginalità. L’individuo è un uomo marginale, cioè

[…] un uomo che è al margine di due culture e di due società, che non sono mai completamente compenetrate e fuse […]. Egli è, per eccellenza, lo “straniero”, che Simmel, egli stesso ebreo, ha descritto con tanta profondità e comprensione nella sua Soziologie [ivi, p.207].

L’uomo marginale di Park è anche un individuo psichicamente diviso, dilacerato, all’interno di un “sé diviso”, fra il vecchio e il nuovo sè [ibidem].

Vi sono delle differenze però fra lo straniero di Simmel e l’uomo marginale di Park, in quanto, citando la Tabboni, l’uomo marginale conosce dilemmi, aspirazioni all’integrazione, difficoltà psicologiche ed esistenziali che sono sconosciute allo straniero simmeliano [Tabboni 1993, p.54].

2.4 W.I. Thomas: il patrimonio culturale

dell’immigrato

Thomas nel suo lavoro “Gli immigrati e l’America” (1920) nel descrivere la condizione che gli immigrati vivono lungo il passaggio dal “vecchio mondo” al “nuovo mondo” scrive:

Egli [l’immigrato] si trova dunque fuori dalla vecchia società di appartenenza senza essere pienamente inserito nella nuova, ed è una situazione dolorosa: nessuna identificazione in nessun gruppo [Thomas 1997, p.115].

Emerge con chiarezza in queste parole il debito di Park, cui è attribuita in genere la teoria dell’uomo marginale, nei confronti di Thomas, per il quale l’uomo marginale si struttura non solo attraverso una comparazione tra la sua comunità e quella statunitense, ma anche lungo l’umiliazione che vi sperimenta a causa del proprio retroterra [Rauty in Thomas, 1997, p.XXX]

I processi di disorganizzazione individuale che l’immigrato vive nella società di arrivo, sono legati al venire meno del controllo che il gruppo primario (pilastro delle società a struttura contadina) esercitava nella società di partenza, al venire meno di quell’identificazione forte del soggetto con il proprio gruppo di appartenenza. L’immigrato perde la propria posizione sociale e di conseguenza il senso della propria personalità nel momento in cui entra in contatto con le condizioni di vita americane. Essendo una persona porta con sé abitudini, costumi, tradizioni, che costituiscono il patrimonio culturale dell’immigrato, in base al quale egli aveva uno status, cioè era riconosciuto dal gruppo, ed il senso della propria personalità, cioè il riconoscimento del suo ruolo nel gruppo.

Quando l’immigrato arriva in America, non solo deve lasciarsi alle spalle quella comunità che costituiva il fondamento della sua personalità e della sua dignità: gli stessi tratti distintivi della sua personalità (vestiti, lingua e così via), che in patria erano i simboli della sua dignità, qui vengono considerati con disprezzo e divengono il pretesto per umiliarlo [Thomas 1997, p.42]

E’ sull’appartenenza ad un mondo culturale e ad un contesto storico-sociale differente che si fonda il meccanismo di esclusione dello straniero, ed allo stesso tempo le difficoltà di inserimento nella società di arrivo.

Abbiamo visto come a partire da Simmel le analisi della figura dello straniero tendano ad evidenziare in modo ricorrente gli elementi antitetici di vicinanza e lontananza, integrazione ed esclusione. Schutz ha studiato il momento dell’impatto che lo straniero subisce all’arrivo nella “nuova” società da cui deve imparare a comprendere e conoscere regole, codici di comportamento, anche espressivi, “soluzioni” che sono ovvie e naturali solo per i membri di quella società ma non per lui.

Nel documento Caratteri del processo migratorio: (pagine 39-44)