• Non ci sono risultati.

Lo strutturalismo secondo Foucault: una “critica” del soggetto

Capitolo 1. Sovversione del soggetto

1.4 La questione del soggetto

1.4.1 Lo strutturalismo secondo Foucault: una “critica” del soggetto

Foucault sarebbe stato probabilmente d’accordo con l’affermazione di Balibar secondo la quale: «la questione del soggetto non ha mai smesso di accompagnare lo strutturalismo, di definire il suo orientamento»194. A partire dal 1966, anno di

191 AS, p. 147. Cf. AS, p. 150 e p. 185.

192 M. Foucault, Sur les façons d’écrire l’histoire, intervista con R. Bellour, in Les Lettres françaises, n.

1187, 1967, pp. 15-21, poi in DE I, n. 48, pp. 613-628; tr. it. Sui modi di scrivere la storia, in Archivio

Foucault 1, pp. 153-169, in particolare p. 160.

193 Ibidem. E aggiunge che Blanchot avrebbe fatto per la letteratura ciò che Lacan ha fatto per la

psicoanalisi: «è stato realmente il primo a dimostrare che le opere si collegano l’una all’altra grazie a questo lato esteriore del loro linguaggio in cui appare la “letteratura”. Così la letteratura è ciò che costituisce il fuori di ogni opera, ciò che erode ogni linguaggio scritto e lascia su ogni testo il segno vuoto di un’unghiata» (ivi, p. 161).

194 É. Balibar, «Le structuralisme: une destitution du sujet ?», in Revue de métaphysique et de morale,

52

pubblicazione di Les mots et les choses, nel corso di interviste o conferenze, si sono moltiplicate le domande rivolte a Foucault a proposito della sua appartenenza allo strutturalismo195. Nel rispondere, egli cita spesso anche Lacan e l’influenza esercitata dalla psicoanalisi sia sul proprio lavoro, sia sulla diffusione del paradigma strutturale. Le domande sullo strutturalismo non sono mai cessate, neanche con la fine della sua massima voga. Ancora negli anni Ottanta, ormai in chiave retrospettiva, Foucault viene interrogato sulla natura dei suoi rapporti con “gli altri” strutturalisti e sul suo ormai rinomato rifiuto a essere assimilato al gruppo (ammesso che un tale gruppo sia mai esistito, come spesso aggiunge). Quasi fin dall’inizio, la risposta standard di Foucault alla domanda sullo strutturalismo era: io non sono strutturalista e non lo sono mai stato, sono i critici che ci raggruppano sotto questa etichetta, ma se chiedete a me, o a ciascuno degli altri (Lévi-Strauss, Barthes, Althusser, Lacan ecc.), vi diremo che i nostri lavori sono diversi e non così facilmente sovrapponibili. Così, per esempio, durante un’intervista concessa a una rivista svedese nel 1968, dice all’intervistatore: «se lei interroga Lévi-Strauss, Lacan, Althusser o me, ciascuno di noi dichiarerà di non avere niente in comune con gli altri tre e che d’altra parte gli altri tre non hanno niente in comune fra loro»196. Analogamente, in occasione di un’altra intervista pubblicata lo stesso anno su La Quinzaine littéraire, con vena polemica, dichiara:

Lo strutturalismo è una categoria che esiste per gli altri, per quelli che non lo sono. […] Bisogna chiedere a Sartre che cosa sono gli strutturalisti, visto che egli ritiene che gli strutturalisti costituiscano un gruppo coerente (Lévi-Strauss, Althusser, Dumézil, Lacan e io), un gruppo che costituisce una specie di unità, ma bisogna anche rendersi conto che noi questa unità non la percepiamo197.

195 Sicuramente a partire dalla pubblicazione di Les mots et les choses, Foucault è stato ampiamente

identificato allo strutturalismo. Lui stesso, con le sue dichiarazioni, ha poi contribuito a screditare questa tesi. Perlopiù i critici, a tutt’oggi, mettono quindi in evidenza la sua distanza dal metodo strutturale. Milner scrive, per esempio, che «non […] faceva assolutamente parte» dello strutturalismo, (J.-C. Milner,

Le Périple structurale. Figures et paradigme, Seuil, Paris 2002; tr. it. Il periplo strutturale. Figure e paradigma, Mimesis, Milano-Udine 2009, p. 8). Cfr. anche J. Revel, Foucault, le parole e i poteri,

Manifestolibri, Roma 2016, in particolare p. 24 ss.

196 M. Foucault, En intervju med Michel Foucault, intervista con I. Lindung, Bonniers Litteräre Magasin,

Stockhom, 37° anno, n. 3, marzo 1968, pp. 203-211; tr. fr. Interview avec Michel Foucault in DE I, n. 54, pp. 679-690; tr. it. Intervista con Michel Foucault, in AF1, pp. 178-189, in particolare p. 180.

197 M. Foucault, Foucault réponde à Sartre, intervista con J.-P. Elakabbach, in La Quinzaine littéraire, n.

46, 1-15 marzo 1968; poi in DE I, n. 55, pp. 690-696; tr. it. Foucault risponde a Sartre, in AF1, pp. 191- 197, in particolare p. 194. Si sta riferendo a un’intervista a Sartre, apparsa su L’Arc nel 1966, sulla quale ritorneremo (§ 1.6). Negli anni, le sue prese di distanza dallo strutturalismo diventeranno sempre più nette. Affermerà, per esempio: «non ho niente a che vedere con lo strutturalismo» (Tetsugaku no butai, intervista con M. Watanabe del 22 aprile 1978, in Sekai, luglio 1978, pp. 312-32; tr. fr. La scène de la

53

Tuttavia, accanto al rifiuto dell’appellativo di “strutturalista” e al diniego opposto alle domande sulla sua appartenenza al “gruppo”, con altrettanta costanza Foucault ripete che c’è in effetti qualcosa che ha unito i cosiddetti strutturalisti: il rifiuto o la radicale trasformazione del soggetto così come era stato inteso fino ad allora dalla filosofia. Si tratta, a suo parere, dell’aspetto filosoficamente più rilevante del lavoro di tutti loro198, dell’unico elemento che veramente li accomunava e soprattutto dell’unico sul quale egli sia disposto, se non a riconoscersi appartenente al gruppo, almeno a riconoscere un debito teorico nei confronti degli “altri”. Le occasioni in cui Foucault fa questo genere di dichiarazioni sono numerose. Ne riportiamo di seguito alcune.

Nel 1968 dice a Lindung: «quello che distingue essenzialmente lo strutturalismo è che esso mette in discussione l’importanza del soggetto umano»199. Nel 1978, dieci anni dopo, in tutt’altro momento storico e in un diverso clima filosofico, con Watanabe, traduttore giapponese de La volonté de savoir, si spiega meglio, esplicitando i contenuti di questa differenza strutturalista: «Ritengo che il punto in comune tra tutti quelli che son stati definiti strutturalisti sia […] il riconoscimento [del] carattere non fondamentale, e non originario, del soggetto»200. E prosegue: «tutti noi [eravamo] d’accordo sul fatto che non si dovesse partire dal soggetto – dal soggetto nel senso di Descartes, inteso come punto originario a partire dal quale tutto doveva venir generato – e sul fatto che il soggetto avesse, a sua volta, una genesi»201.

Nello stesso anno, Duccio Trombadori gli chiede come spiegare il fatto che la critica lo avesse inserito insieme ad Althusser, Lévi-Strauss e altri, nel gruppo degli strutturalisti. Qual era il «fondo comune» delle loro ricerche? Foucault risponde che

philosophie, in DE II, n. 234, pp. 571-595; tr. it. La scena della filosofia, in Il discorso, la storia, la verità. Interventi 1969-1984, a cura di M. Bertani, Einaudi, Torino 2001, pp. 213-240, in particolare p.

222).

198 Ricordiamo che nessuno di loro era filosofo in senso stretto. Lo «strutturalismo generalizzato» (J.-C.

Milner, Il periplo strutturale, p. 36) ha coinvolto le scienze umane più che la filosofia, (l’antropologia con Lévi-Strauss, la psicoanalisi con Lacan, la storia delle religioni con Dumézil) ed era anzitutto un metodo, anche se con implicazioni filosofiche rilevanti (cfr. anche Aa. Vv., Cahiers pour l’analyse. Scritti scelti di

analisi e teoria della scienza, tr. it. di R Balzarotti dai Cahiers pour l’analyse, Seuil, Paris 1966-1969,

Boringhieri, Torino 1972 e J. Piaget, Le structuralisme, PUF, Paris 1968; tr. it. di A. Bonomi, Lo

strutturalismo, Il Saggiatore, Milano 1994).

199 M. Foucault, Intervista a Michel Foucault, 1968, in AF1, p. 180.

200 M. Foucault, La scena della filosofia, 1978, in Il discorso, la storia, la verità, p. 235.

201 Ibidem. Qui Foucault sembra attribuire la ragione di questo accordo e la conseguente coesione teorica

del “gruppo” alla polemica con la «generazione precedente» e alla sua «reazione talmente irritata» di fronte alla critica del soggetto (ibidem).

54

solamente Lévi-Strauss era veramente strutturalista; quanto agli altri («Althusser, Lacan e io») avevano in comune solo l’intento di «rimettere in discussione […] questo tema del “soggetto”, grande postulato fondamentale che la filosofia francese, da Descartes ai giorni nostri, non aveva più abbandonato»202. Prosegue poi descrivendo i lavori rispettivamente di Lévi-Strauss e di Althusser e conclude ribadendo che lo “strutturalismo” era un metodo che è servito a confermare una trasformazione filosofica radicale: «la rimessa in questione della teoria del soggetto»203.

In un’altra intervista, pubblicata su Telos nel 1983, infine, Foucault torna sulla questione dello strutturalismo e di nuovo riconosce come terreno filosofico comune degli anni Cinquanta e Sessanta l’intento di sottrarsi al soggetto. In questo caso il riferimento è, con più precisione, il soggetto fenomenologico. Questo non era in grado di «render conto, con altrettanta efficacia di un’analisi strutturale, degli effetti di senso che potevano essere prodotti da una struttura di tipo linguistico: da una struttura, cioè, in cui il soggetto nel senso della fenomenologia non interveniva in qualità di donatore di senso»204.

Contestualmente a queste osservazioni sull’unità dello strutturalismo intorno alla critica del soggetto, Foucault si trova spesso a sottolineare il ruolo centrale svoltovi dalla psicoanalisi in generale, e da Lacan in particolare. Così, nel 1969, nel corso di un’intervista successiva alla pubblicazione de L’archéologie du savoir dice:

Davanti all’analisi strutturale, un certo numero di pensatori tradizionali si sono spaventati. Di certo non perché ci si sia messi ad analizzare dei rapporti formali tra elementi indifferenti, era molto tempo che si faceva questo, non c’era ragione di

202 M. Foucault, in D. Trombadori, Colloqui con Foucault, Castelvecchi, Roma 2005, p. 46 (tr. fr.

Entretien avec Michel Foucault, in DE II, n. 281, pp. 860-914, p. 871). Si tratta di un’intervista registrata

nel 1978 e pubblicata nel 1980 su Il Contributo, n. 1, pp. 23-84.

203 Ibidem.

204 M. Foucault, Structuralism and Post-Structuralism, intervista con G. Raulet, in Telos, XVI, 1983, n.

55, pp. 195-211, poi in DE II, n. 330, pp. 1250-1276; tr. it. Strutturalismo e post-strutturalismo, in Il

discorso, la storia, la verità, pp. 301-332, in particolare p. 305. A proposito di Lacan commenta: «La

psicoanalisi, per lo più grazie all’influenza di Lacan, faceva emergere a sua volta un problema il quale, benché molto diverso, non era tuttavia privo di analogie con quanto detto sopra. Si trattava per la precisione del problema dell’inconscio – inconscio che non era certo compatibile con un’analisi di tipo fenomenologico. […] [Q]uando, all’incirca all’epoca in cui cominciavano a porsi i problemi del linguaggio, Lacan ha detto che, dato il modo in cui l’inconscio funziona, per quanti sforzi si facessero, non lo si sarebbe mai potuto ridurre agli effetti di donazione di senso di cui è capace il soggetto fenomenologico, ha formulato così un problema del tutto simmetrico rispetto a quello posto dai linguisti. In tal modo, il soggetto fenomenologico, veniva squalificato una seconda volta da parte della psicoanalisi, dopo che era già accaduto ad opera della teoria linguistica. Si capisce, pertanto, perché Lacan abbia potuto dire, proprio a quell’epoca, che l’inconscio era strutturato come un linguaggio» (ivi, pp. 305-306).

55

avere paura. Ma sentivano bene che ciò che era in questione era lo statuto stesso del soggetto. Se è vero che il linguaggio o l’inconscio si potevano analizzare in termini di struttura, allora cosa ne è di questo famoso soggetto parlante, di questo uomo che si presume mettere in opera il linguaggio, parlarlo, trasformarlo, farlo vivere! Che ne è di questo uomo che si suppone avere un inconscio, poter prendere coscienza di questo inconscio, potere riprendersene la responsabilità e fare del proprio destino una storia! E credo che l’astio […] che lo strutturalismo ha suscitato tra i tradizionalisti fosse legato al fatto che essi sentivano rimesso in questione lo statuto del soggetto205.

Durante una delle lezioni tenute a Rio de Janeiro nel 1973 invece dice:

la teoria del soggetto […] è stata profondamente modificata e rinnovata, nel corso di lunghi anni, da un certo numero di teorie, o ancora più seriamente da un certo numero di pratiche, tra cui la psicoanalisi si situa certamente in primo piano. La psicoanalisi è stata certamente la pratica e la teoria che ha rivalutato nella maniera più fondamentale la priorità un po’ sacra conferita al soggetto che si era stabilita nel pensiero occidentale a partire da Descartes.

Due o tre secoli fa, la filosofia occidentale postulava in maniera esplicita o implicita il soggetto come fondamento, come nucleo centrale di ogni conoscenza, come ciò a partire da cui, la libertà si rivelava e poteva sbocciare. Ora mi pare che la psicoanalisi abbia messo in questione in maniera insistente questa posizione assoluta del soggetto206.

Infine, a Duccio Trombadori dirà che:

Partendo dalla psicoanalisi, Lacan ha scoperto, o ha messo in luce, il fatto che la teoria dell’inconscio è incompatibile con una teoria del soggetto (nel senso cartesiano, ma anche fenomenologico del termine). Anche Sartre, e con lui Politzer, avevano respinto la psicoanalisi proprio criticando il tema dell’inconscio, giudicandolo incompatibile con la filosofia del soggetto. La differenza sta nelle conclusioni: Lacan infatti ne ha concluso che si dovesse abbandonare, per questa incompatibilità, proprio la filosofia del soggetto, a partire da un’analisi dei meccanismi dell’inconscio207.

205 M. Foucault, Michel Foucault explique son dernier livre, 1969, in DE I, n. 66, p. 802.

206 M. Foucault, A verdade e as formas juridicas, in Cadernos da P.U.C., n. 16, giugno 1974,

pubblicazione dalle conferenze tenute all’Università Cattolica di Rio de Janeiro nel maggio del 1973; tr. fr. La vérité et les formes juridiques, in DE I, n. 139, pp. 1406-1514; tr. it. La verità e le forme giuridiche, in AF1, pp. 83-165, in particolare pp. 84-85. Ancora, nella celebre intervista rilasciata al Corriere della

sera all’indomani della morte di Lacan dirà: « Se ripenso agli anni Cinquanta, all’epoca in cui lo studente

che ero leggeva le opere di Lévi-Strauss e i primi testi di Lacan, mi sembra che la novità fosse questa: scoprivamo che la filosofia e le scienze umane vivevano su una concezione molto tradizionale del soggetto umano, e che non bastava dire, come alcuni, che il soggetto era radicalmente libero o, come altri, che era determinato dalle condizioni sociali. Andavamo scoprendo che bisognava cercare di liberare tutto ciò che si nasconde dietro l’uso apparentemente semplice del pronome “io”. Il soggetto: una cosa complessa, fragile, di cui è difficile parlare, e senza la quale non possiamo parlare» (Lacan il “liberatore”

della psicoanalisi, intervista pubblicata sul Corriere della sera l’11 settembre 1981; tr. fr. Lacan le « libérateur » de la psychanalyse, in DE II, n. 299, pp. 1023-1024).

56

Foucault descrive, così, una pars destruens dello strutturalismo sulla questione del soggetto (il soggetto non è né originario né fondamentale). Accanto a essa, pur senza distinguerla con chiarezza, riconosce poi una pars construens. La estrapoliamo quindi dalle sue dichiarazioni, sostenendo con Balibar che essa sia consistita in una nuova determinazione del soggetto e del suo “posto”: il soggetto dello strutturalismo è un effetto, è costituito invece di esser costituente208. Durante l’intervista con Chapsal, per esempio, Foucault dice:

L’importanza di Lacan deriva dal fatto che egli ha dimostrato, attraverso il discorso del malato e i sintomi della sua nevrosi, in che modo siano le strutture, il sistema stesso del linguaggio (e non il soggetto) a parlare … Prima di ogni esistenza umana, prima di ogni pensiero umano, ci sarebbe già un sapere, un sistema, che noi riscopriamo209.

Mentre, nella già citata intervista del 1978 con Watanabe, dopo essere stato interrogato sulle proprie “amicizie” (filosofiche) e aver citato Deleuze, Klossowski, Bataille e Blanchot, dirà che grazie a Freud è potuta

affiorare l’idea che il soggetto non costituisca la forma fondamentale ed originaria, ma si formi, piuttosto, a partire da un certo numero di processi che, a loro volta, non appartengono all’ordine della soggettività, bensì a un altro ordine, evidentemente assai difficile da nominare e da far apparire, ma ben più

fondamentale e originario che non il soggetto stesso. Il soggetto ha una genesi, il

soggetto ha una formazione, il soggetto ha una storia. Il soggetto non è dunque originario210.

Ricapitoliamo: da Descartes fino a Sartre (a suo modo) il soggetto in filosofia è stato considerato fondamentale – nel senso del fondamento – e originario – nel senso di ciò che sta al principio, all’inizio. I cosiddetti strutturalisti hanno condiviso il tentativo di mettere in discussione e in crisi questo soggetto tradizionalmente inteso ed è solo su

208 É. Balibar, «Le stucturalisme: une destitution du sujet?», in Revue de métaphysique et de moral,

2005/1, n. 45, pp. 5-22, http://www.cairn.info/revue-de-metaphysique-et-de-morale-2005-1-page-5.htm.

209 M. Foucault, Entretien avec Madeleine Chapsal, in La Quinzaine littéraire, n. 5, 16 maggio 1966, poi

in DE I, n. 37, pp. 541-546; tr. it. Intervista con Madeleine Chapsal, in AF1, pp. 117-122, in particolare p. 118.

210 M. Foucault, La scena della filosofia, 1978, p. 234, corsivo mio; continua: «E chi l’aveva detto per

primo? Freud, naturalmente. È stato tuttavia necessario che Lacan lo mostrasse in maniera chiara, ed è qui che viene la sua importanza. Ma anche Bataille, in un certo senso, e Blanchot, a modo suo, come del resto Klossowski, credo che abbiano ugualmente contribuito a mandare in frantumi l’evidenza originaria del soggetto, facendo emergere delle forme di esperienza nelle quali la frantumazione del soggetto, il suo annientamento, il fatto di dover affrontare i propri limiti, il suo stesso vacillare al di fuori dei propri limiti, mostravano a sufficienza che non possedeva affatto quella forma originaria ed autosufficiente che la filosofia, tradizionalmente, gli attribuiva» (ibidem).

57

questo punto che Foucault è disposto a riconoscere che ci sia stato qualcosa in comune fra lui è “gli altri”. Sono stati tutti figli di Freud e di Saussure quindi. Tra di loro Lacan ha svolto un ruolo centrale. Lo strutturalismo avrebbe trovato una propria unità nell’affrontare la questione del soggetto, in due tempi: destituendolo dalla sua posizione costituente e mostrandolo costituito. Da cosa? Da “qualcosa di ben più fondamentale e originario”.

Foucault cita con disinvoltura il soggetto cartesiano, origine e fondamento, ma esiste o è mai esistito in filosofia un tale soggetto? La longevità attribuitagli – da Descartes a Sartre – alimenta un sospetto. Per restituire il senso delle espressioni usate da Foucault (come “soggetto nel senso di Descartes” o “concezione tradizionale del soggetto umano”) bisogna anzitutto riconoscere l’intento retorico che animava le sue parole. È sull’altare della forza argomentativa che in quelle occasioni sacrificava le distinzioni e le precisazioni, non esitando a uniformare un’ampia parte della filosofia precedente per sostenere la propria posizione e farne risaltare la specificità. La vaghezza si spiega allora con le necessità dell’argomentazione.

D’altra parte, non si può trascurare il fatto che le espressioni che usa erano all’epoca molto diffuse e che, dovutamente specificate, hanno un contenuto storico- filosoficamente valido al di là della loro generalità, o almeno si riferiscono a una specifica lettura della storia della filosofia. Nel riferirsi al soggetto cartesiano, e in generale a un soggetto “tradizionale”, Foucault segue la narrazione heideggeriana. Da un certo punto di vista, è Heidegger che ha “inventato” la “questione del soggetto” per la filosofia del Novecento. Quindi, prendendo in considerazione Heidegger, ma non solo, diremo adesso cosa o chi sia questo soggetto tradizionale e in che senso Foucault possa attribuirgli i caratteri dell’origine e del fondamento. Solo dopo potremo tornare allo strutturalismo e ai motivi e alle conseguenze della destituzione del soggetto.