• Non ci sono risultati.

Oggetti a: i rappresentanti del reale nella realtà

Capitolo 2. Sguardo e discorso

2.1 La psicoanalisi non è un idealismo

2.1.1 Oggetti a: i rappresentanti del reale nella realtà

Nel seminario del 1964 si trovano sia l’apice della teoria della dipendenza del soggetto dalla catena significante sia la determinazione dell’importanza del terzo registro, quello del reale, nella forma dell’oggetto a. A partire da qui, la teoria lacaniana procederà a una sempre maggior concentrazione sul registro del reale. Se il simbolico è il registro del linguaggio, il reale è ciò che lo eccede (anche nel senso che fa eccezione). Miller scrive che Lacan manterrà l’oggetto a fino al seminario XX e solo allora «abbass[erà] le braccia […] dicendo che questo oggetto non risolve l’approccio al reale»416.

Dall’esclusione del reale dall’esperienza umana, secondo Lacan, dipende la possibilità che si determini qualcosa come una realtà. Realtà e reale sono distinti e lo sono proprio in virtù della loro reciproca relazione. Sono distinti ma interdipendenti. Il reale infatti, non è un fuori, un assolutamente altro. I tre registri sono legati tra loro, come mostreranno bene i nodi borromei di Lacan, nei quali se si scioglie un nodo, si sciolgono anche tutti gli altri.

La psicoanalisi affronta la castrazione, cioè sa che è in virtù della castrazione che si struttura il nostro rapporto al mondo. Castrazione vuol che l’esperienza si fonda su un’elisione, sull’elisione del reale a beneficio della realtà simbolica. La castrazione avviene nel momento in cui il significante “marchia” il corpo dell’animale parlante: «quell’incarnazione del soggetto che si chiama castrazione»417. All’elisione del reale

corrisponde quella che Lacan chiama “estrazione dell’oggetto a”, sulla quale si sofferma Miller nelle sue Schede di lettura lacaniane. Scrive Lacan in una nota aggiunta nel 1966 alla Questione preliminare a ogni possibile trattamento della psicosi che «il campo

416 J.-A. Miller, L’Essere e l’Uno, in La Psicoanalisi, n. 52, p. 162.

417 J. Lacan, La logique du fantasme, Annuaire 1969 de l’École pratique des hautes études, pp. 189-194,

poi in Autres écrits, pp. 323-328; tr. it La logica del fantasma. Resoconto del seminario del 1966-67, in

99

della realtà […] non si sostiene che per l’estrazione da esso dell’oggetto a, che peraltro gli fornisce il suo quadro»418. Spiega Miller:

È proprio perché l’oggetto a è estratto dal campo della realtà che esso può dargli il suo quadro, la sua cornice. Se prelevo dalla superficie di questa tavola il pezzo che rappresento con un quadrato tratteggiato, ottengo quello che possiamo chiamare

un’inquadratura: […] del buco, ma […] anche del resto della superficie. […] Ebbene l’oggetto a è come un pezzo di superficie, la cui sottrazione alla realtà può inquadrare la realtà419.

L’estrazione dell’oggetto a inquadra la realtà. La realtà è inquadrata come realtà se e solo se un oggetto a manca perché è stato estratto. Nel seminario XI, nel contesto della definizione dello sguardo come oggetto a, il confronto con la filosofia si fa particolarmente sensibile. Ciò perché, tradizionalmente, la filosofia ha assegnato un primato conoscitivo alla visione420. Introducendo il tema dello sguardo, Lacan si pone evidentemente in dialogo, e in conflitto, con essa. Secondo Lacan, infatti, la filosofia, almeno da Descartes, pone lo sguardo sempre dal lato del soggetto, del filosofo che guarda il mondo e vede che gli si offre come rappresentazione. Il filosofo vede che nel nostro rapporto col mondo si tratta di rappresentazioni, e allora si pone problemi di coscienza, di intenzioni, di pensieri. Merleau-Ponty, invece, avrebbe forzato la fenomenologia ipotizzando che ci sia uno sguardo preesistente al nostro, che siamo guardati oltre che guardanti, guardati dal mondo. Ma la psicoanalisi può superarlo, perché insegna che non solo il mondo ci guarda, ma che l’esperienza si fonda sull’elisione di questo sguardo421. In quanto eliso, lo sguardo è oggetto a, rappresentante

del reale mancato. La psicoanalisi, anche grazie alla sua concezione dello sguardo come

418 J. Lacan, D’une question préliminaire à tout traitement possible de la psychose, redatta tra dicembre

1957 e gennaio 1958, pubblicata in Écrits, pp. 531-584; tr. it. Una questione preliminare a ogni possibile

trattamento della psicosi, in Scritti, vol. 2, pp. 527-579, in particolare p. 550, citato in J.-A. Miller, Schede di lettura, p. 91. Si tratta evidentemente – come precisa Lacan stesso – di una nota aggiunta al

momento della pubblicazione degli Scritti, dal momento che nel 1957 o 1958 l’oggetto a non faceva ancora parte della sua teoria (cfr. ibidem).

419 J.-A. Miller, Schede di lettura lacaniane, pp. 91-92.

420 Per una rassegna delle principali critiche all’«ocularocentrismo» – ovvero al primato assegnato

all’occhio e alla vista in filosofia, – soprattutto nell’ambito del pensiero francese del Novecento, cfr. M. Jay, Downcast Eyes. The Denigration of Vision in Twentieth-Century French Thought, University of California Press, Berkeley-Los Angeles 1993.

421 Lacan ipotizza che Merleau-Ponty stesso “si sarebbe superato”, se avesse potuto continuare il suo

100

oggetto a, «si pon[e] come ciò che modula in modo più radicale quel rapporto […] che a lungo è stato preso per la conoscenza»422. Il soggetto, quindi, non è soggetto della conoscenza ma dell’inconscio. Lacan afferma durante una conferenza di qualche anno successiva:

È veramente una storia folle questa idea di soggetto della conoscenza, ci si chiede come se ne possa ancora parlare nei corsi di filosofia. […] Quanto all’idea di mettere quello che chiamiamo l’uomo in rapporto con quello che chiamiamo il mondo, essa richiede che consideriamo questo mondo come un oggetto, e che facciamo del soggetto una funzione di correlazione. Il mondo pensato come ob-

getto presuppone un sub-getto. Tale rapporto può prendere sostanza, o essenza,

solo da una grande immagine di contemplazione il cui carattere totalmente mitico è palese. […] Noi, invece, sappiamo che cos’è una scienza. Nessuno di noi padroneggia la scienza nel suo complesso. La nostra cara scienza galoppa a tutta velocità per il movimento che le è proprio, al punto che noi non possiamo farci niente423.

L’oggetto a è ciò che si produce attraverso il marchio, il taglio del vivente da parte del linguaggio, è «la produzione della divisione del soggetto»424.Non per questo, però, appartiene direttamente al registro del reale; del reale, infatti, fa solo funzione. Non è reale, ma sta per il reale. Come commenta Pagliardini: «Lacan nel Seminario XX arriva a dire che l’oggetto piccolo a non è che un sembiante rispetto al reale, il che non vuol dire che non sia importante, ma vuol dire semplicemente che l’oggetto piccolo a presentifica il reale nel simbolico e non il reale come tale»425, né – aggiungiamo – il godimento come tale. Il problema del reale e del godimento come tali sarà affrontato da Lacan solo nei suoi ultimi seminari. Sottolineiamo, infine, che l’oggetto a non è un prodotto del soggetto, bensì del processo attraverso cui il soggetto si costituisce. Non dipende dal soggetto e quindi non è un oggetto nel senso di “ciò che sta dinnanzi”, “ciò che sta di fronte”, oggetto dell’esperienza o oggetto del pensiero. È un oggetto che non è un oggetto426:

422 S11, p. 61. Sull’oggetto a nell’opera di Lacan cfr. J. Allouch, Comment Lacan inventa l’objet petit a,

1998, disponibile su www.jeanallouch.com/pdf/72 e G. Le Gaufey, Objet a: approches de l’invention de

Lacan, Paris, Epel 2012.

423 J. Lacan, Il mio insegnamento, 1967-1968, in Il mio insegnamento e Io parlo ai muri, p. 68.

424 S13, p. 294. Cfr. l’oggetto a è «qualcosa da cui il soggetto, per costituirsi, si è separato come organo.

Vale come simbolo della mancanza» (S11, p. 102)

425 A. Pagliardini, Il sintomo di Lacan. Dieci incontri con il reale, intervista con F. Cimatti, disponibile su

http://www.doppiozero.com/materiali/il-sintomo-di-lacan-dieci-incontri-con-il-reale.

426 Cfr. R. Boothby, Figurations of the object a, in S. Žižek, a cura di, Jacques Lacan. Critical

101

designare questo a piccolo con il termine oggetto è fare un uso metaforico di questo termine, poiché esso è tratto dalla relazione soggetto-oggetto, da cui il termine oggetto di costituisce. Quest’ultimo è sicuramente appropriato per indicare la funzione generale dell’oggettività, ma ciò di cui dobbiamo parlare usando il termine a è, per l’appunto, un oggetto esterno a qualsiasi definizione possibile dell’oggettività427.

Non abbiamo pretese di completezza nel trattare dell’oggetto a, che riveste un ruolo centrale nell’insegnamento di Lacan, nell’arco di diversi anni. Ci limitiamo, attraverso la lettura dei seminari di questo periodo (prima metà degli anni Sessanta), a situare l’oggetto a nella fase apicale della sovversione del soggetto e a seguire la trattazione lacaniana dello sguardo come oggetto a.