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Capitolo 3. Verità e soggettivazione

3.6 Processi di soggettivazione

Negli ultimi anni, Foucault si è dedicato a quella che durante il corso di Lovanio del 1981 chiamò “filosofia critica delle veridizioni”, «il [cui] problema non è di sapere a quali condizioni un enunciato sarà vero, ma quali sono i diversi giochi del vero e del falso che vengono instaurati e in quali forme». Fin qui, si tratta della ricerca sui giochi di verità. In una filosofia critica delle veridizioni, aggiunge Foucault, non si tratta di «sapere in che modo un soggetto in generale possa conoscere un oggetto in generale», piuttosto, si tratta di «sapere in che modo i soggetti sono effettivamente legati nelle e dalle forme di veridizione in cui sono implicati»723. Insieme alla questione dei regimi e poi dei giochi di verità, quindi, nella filosofia critica delle veridizioni, fa la sua (ri)comparsa il soggetto, o meglio, “i soggetti”724.

La frase «non è il potere a costituire il tema generale delle mie ricerche, ma il soggetto» si trova in un testo dell’82, The Subject and the Power, pubblicato da Foucault come Postfazione al volume di Dreyfus e Rabinow. Una simile affermazione, considerata nel contesto dei suoi ultimi libri e corsi, nei quali le parole “soggetto”, “soggettività”, “soggettivazione” ricorrono di continuo, potrebbe far sospettare che egli abbia ricusato la propria presa di posizione anti-soggettiva. Non è così, il soggetto alla cui critica Foucault si appellava negli anni Sessanta era «essenziale», o sostanziale, cioè di per sé sussistente, «a priori», cioè abitava il prima dell’esperienza, e «trascendentale», condizionava esso stesso la possibilità dell’esperienza725. Non c’è alcunché di simile che “ritorni” nell’ultima parte dell’opera di Foucault. Nello stesso testo del 1982, troviamo infatti specificato che non si tratta del soggetto, ma dei «modi di soggettivazione»726.

A un certo punto dell’opera foucaultiana fanno la loro apparizione in particolare tre parole che sono imparentate con “soggetto”: assoggettamento [assujetissement],

723 M. Foucault, Mal fare, dir vero, p. 11, corsivo mio.

724 Come scrive Rovatti, i regimi di verità hanno «innanzitutto e sempre a che fare con la storia delle

pratiche e con la storia specifica delle soggettivazioni» (P. A. Rovatti, Dimmi chi sei. Foucault e il

dilemma della veridizione, in “Aut Aut”, n. 362 (2014), pp. 35-48, in particolare p. 45).

725 Ricalchiamo questo terzetto da F. Gros, Verità, soggettività, filosofia nell’ultimo Foucault, in M.

Galzigna, a cura di, Foucault, oggi, Feltrinelli, Milano 2008, pp. 293-302, in particolare p. 293.

726 «Il mio obiettivo, piuttosto, è stato di fare una storia dei differenti modi di soggettivazione degli esseri

umani nella nostra cultura» (M. Foucault, Perché studiare il potere: la questione del soggetto, 1982, p. 237).

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soggettivazione [subjectivation] e soggettività [subjectivité]. O meglio, come scrive Revel, nell’opera di Foucault avviene un «doppio spostamento semantico della questione del soggetto – in un primo tempo dal soggetto alla soggettività, poi successivamente dalla soggettività alla soggettivazione»727.

I soggetti sono effetti di rapporti di potere: «il potere non produce solo desiderio; […] il potere produce la forma stessa del soggetto, produce ciò che assembla [makes up] il soggetto. La forma che il soggetto assume è, esattamente, determinata dal potere»728.

Foucault non parla spesso di “soggetti”, preferendo riferirsi ai processi che fanno degli individui dei soggetti, o meglio che formano le soggettività. I processi di formazione delle soggettività hanno due facce: l’assoggettamento e la soggettivazione. I processi di assoggettamento sono «i mod[i] in cui gli individui sono [conosciuti] e guidati dagli altri»729. Ogniqualvolta qualcosa viene definito come vero (o falso), cioè sempre, perché non c’è esercizio del potere senza un’economia dei discorsi di verità e il potere è presente in ogni relazione umana, questa definizione agisce sugli individui rendendoli soggetti (soggetti a, non soggetti di). È questo ciò che Foucault chiama assoggettamento:

Dopotutto, siamo giudicati, condannati, classificati, costretti a compiti, destinati a un certo modo di vivere o a un certo modo di morire, in funzione dei discorsi veri che portano con sé effetti specifici di potere730.

L’assoggettamento è il processo di soggettivazione guardato dal lato della coercizione731. I processi di soggettivazione, invece, sono i diversi modi in cui gli

727 J. Revel, «Tra politica ed etica: la questione della soggettivazione», pubblicata su EuroNomade il 3

novembre 2014, http://www.euronomade.info/?p=3572

728 M. Foucault, Schizo-Culture: Infantile Sexuality, conferenza tenuta alla Columbia University nel

novembre 1975, inedita in francese, pubblicata in Foucault Live. Interviews 1961-1984, a cura di S. Lotringer, Semiotext(e), New York 1996, pp. 154-167, in particolare p. 158; citata da Arnold I. Davidson,

From Subjection to Subjectivation, p. 58.

729 M. Foucault, Subjectivity and Truth, Christianity and Confession, conferenze tenute al Dartmouth

College, nel New Hampshire, nel novembre 1980; tr. it. Sull’origine dell’ermeneutica di sé, a cura di “Materiali Foucaultiani”, Cronopio, Napoli 2012, p. 40; rimandiamo anche a L. Cremonesi, O. Irrera, D. Lorenzini e M. Tazzioli, Introduzione a A.a. V.v., Foucault e le genealogie del dir-vero, p. 10.

730 M. Foucault, Bisogna difendere la società, p. 29.

731 I due concetti di “assoggettamento” e “soggettivazione” non sono coevi nell’opera di Foucault. Il

primo risale ai primi anni Settanta, all’inaugurazione dell’analitica del potere, mentre il secondo appare negli anni Ottanta, con l’apertura delle ricerche sulle pratiche di sé e con il passaggio dal paradigma del potere a quello del governo. Per una precisa ricostruzione della relazione tra i due concetti, che prende in considerazione anche gli elementi della “soggettivzione” che si trovavano già nei testi degli anni Settanta cfr. L. Cremonesi; O. Irrera; D. Lorenzini; M. Tazzioli, a cura di, Foucault and the Making of Subjects,

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individui conoscono e conducono se stessi, «i processi attraverso cui il sé è costruito e modificato da se stesso»732. Come dirà, ancora più chiaramente, durante un’intervista rilasciata ad Alessandro Fontana nel 1984: «il soggetto si costituisce attraverso delle pratiche di assoggettamento, o, in modo più autonomo, attraverso delle pratiche di liberazione, di libertà, come nell’Antichità, a partire, beninteso, da un certo numero di regole, stili, convenzioni, che si ritrovano nel milieu culturale»733.

A prima vista il tema della cura di sé e delle pratiche di sé sembra introdurre una costruzione attiva, autonoma, di soggettività, mentre i sistemi coercitivi della psichiatria e della penalità sembravano riguardare solo soggetti costituiti, passivi e dominati. Foucault effettivamente distingue tra processi passivi e attivi di costruzione delle soggettività, ma è importante ricordare che la differenza non riguarda la libertà. La libertà è sempre presente laddove si giocano dei rapporti di potere, tanto nel caso della costituzione di soggettività folli o criminali, quanto nelle pratiche di sé delle scuole filosofiche antiche. Sollecitato a chiarire esattamente questo punto, Foucault risponde: «È vero […] che la costituzione del soggetto folle può essere […] considerata come la conseguenza di un sistema di coercizione», e quindi ci si troverebbe qui di fronte a un «soggetto passivo», ma «il soggetto folle non è un soggetto non libero e […] il malato mentale si costituisce come soggetto folle proprio nei confronti e di fronte a colui che lo dichiara folle»734. Lo stesso caso è quello del soggetto delinquente. Foucault si riferisce alle ricerche che ha condotto fino a Surveiller et punir. Rispetto alla maggiore autonomia delle soggettività (auto)costituitesi tramite processi di soggettivazione, invece, dichiara: «se oggi mi interesso al modo in cui il soggetto si costituisce in modo attivo, attraverso le pratiche di sé, queste pratiche non sono tuttavia qualcosa che l’individuo si inventa da solo. Sono degli schemi che trova nella sua cultura e che gli vengono proposti, suggeriti, imposti dalla sua cultura, dalla sua società, dal suo gruppo sociale»735. Processi di soggettivazione quindi non vuol dire libera e autonoma

Rowman & Littlefield, London-New York 2016, pp. 1-9. Sullo stesso problema cfr. nello stesso volume anche G. le Blanc, Becoming a Subject in Relation to Norms, in particolare p. 129 ss.

732 Cfr. M. Foucault, Sull’origine dell’ermeneutica di sé, p. 40.

733 M. Foucault, Une esthétique de l’existence, intervista con Alessandro Fontana, in Le Monde, 15-16

luglio 1984, poi in DE II, n. 357, pp. 1549-1554, in particolare p. 1552.

734 M. Foucault, L’etica della cura di sé come pratica della libertà, 1984, in AF3, p. 283. 735 Ivi, pp. 283-284.

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costruzione di soggettività. Tuttavia, è vero che Foucault negli anni Ottanta ha dedicato più spazio a descrivere la relativa indipendenza e autonomia delle tecniche di sé736.

Negli ultimi anni la parola “assoggettamento” si trova sempre meno nei testi di Foucault, in parte perché “soggettivazione” indica processi attivi di costituzione dei soggetti, nel senso che abbiamo indicato, ma anche perché “soggettivazione” viene a coprire lo spazio semantico che prima era occupato da “assoggettamento”. È evidente che le soggettività prodotte dalla tecnica cristiana della confessione sono assoggettate, nondimeno, nel trattarne Foucault usa ormai quasi solo le espressioni “tecniche” o “processi di soggettivazione”. Ancora durante l’intervista dell’84, infatti, fornisce una definizione più ampia del termine: «chiamerei soggettivazione il processo attraverso cui si ottiene la costituzione di un soggetto, più esattamente di una soggettività», senza riferimento a una differenza tra attività o passività del processo737. Sulla differenza radicale tra soggetto tradizionale e processi di soggettivazione, ancora Deleuze insiste ripetutamente: nei «processi di soggettivazione […] non si tratta in alcun modo della costituzione di un soggetto», bensì della «creazione di modi di esistenza»738 e «se c’è un soggetto è un soggetto senza identità»739. I processi di soggettivazione sarebbero «invenzione di nuove possibilità di vita»740, «operazion[i] artist[iche]»741, «la produzione di un modo di esistenza»742. Infine, le soggettività non sono sostanze ma «form[e]» e forme «mai identic[he] a se stess[e]»743.

L’ultima parte dell’opera di Foucault, dunque, non è stata in alcun modo un “ritorno” al soggetto. Foucault ha escluso dalla questione del soggetto sia la domanda identitaria: chi sei?744; sia la questione gnoseologica: “cosa posso conoscere?”, «la matrice teorica della problematica trascendentale che pensa il soggetto come un’istanza pura di

736 Cfr. A. I. Davidson, From Subjection to Subjectivation, p. 59.

737 M. Foucault, L’etica della cura di sé come pratica della libertà, 1984, in AF3, p. 271. 738 G. Deleuze, Pourparler, p. 157; cfr. anche p. 142 e p. 152.

739 Ivi, p. 154.

740 Ivi, p. 158; cfr. ivi, p. 129, e p. 123: Deleuze usa la stessa espressione tre volte. 741 Ivi, p. 152.

742 Ivi, p. 133.

743 M. Foucault, L’etica della cura di sé come pratica della libertà, 1984, in AF3, p. 283.

744 Cfr. F. Gros, Verità, soggettività, filosofia nell’ultimo Foucault, in M. Galzigna, a cura di, Foucault,

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conoscenza»745, con le parole di Gros. È Foucault stesso a definire la propria ricerca, indicando in che modo differisca da altre strategie di elisione del riferimento filosofico al soggetto. Durante una conferenza tenuta a New York nel novembre 1980, espone una sorta di riepilogo dicendo che «due strade potevano condurre al di là» della «filosofia del soggetto», la prima era «la teoria del sapere oggettivo, intesa come analisi dei sistemi di significazione, come semiologia. Era la strada positivismo logico. La seconda strada era quella aperta da una scuola di linguistica, di psicoanalisi e d’antropologia […] discipline raggruppate sotto la voce “strutturalismo”»746. Foucault afferma che il suo è

stato il tentativo di esplorare una “terza via” e dichiara: «Ho cercato di uscire dalla filosofia del soggetto facendo la genealogia del soggetto moderno, che affronto come una realtà storica e culturale; vale a dire come qualcosa capace di trasformarsi»747.