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Lo studio della diversità nel processo di trasferimento

IV. Trasferimento dei sistemi di controllo

4.2 Filiale estera e autonomia

4.3.2 Lo studio della diversità nel processo di trasferimento

L’approccio neo-istituzionale è stato utilizzato per studiare la diversità tra i sistemi di management, tale approccio presume che in contesti diversi i sistemi di management debbano essere diversi. L’idea che i sistemi di controllo siano il risultato di un predefinito e razionale comportamento è stata messa in dubbio dall’approccio neo-

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istituzionale. I comportamenti e le azioni effettuate dalle persone non sono del tutto razionali, ma dipendono anche dal contesto in cui le aziende operano (Meyer e Rowan, 1977; Burchell et al, 1980; Boland e Pondy, 1983; Meyer e Scott 1983). Le persone associano certe azioni e regole a contesti istituzionali specifici (March and Olsen, 1984). Le azioni e le regole istituzionalizzate vengono seguite perché sono percepite come naturali, come parte della normale realtà e come azioni legittime (March and Olsen, 2006). Le regole istituzionali che le organizzazioni incorporano funzionano come dei miti che legittimano l’azienda e la guidano verso la stabilità. Queste regole contribuiscono anche alla sopravvivenza dell’organizzazione. La struttura dell’organizzazione viene creata ed elaborata seguendo dei miti in un contesto altamente istituzionalizzato. Le organizzazioni devono supportare questi miti per essere accettate dalla società, ma nello stesso momento devono adottare delle procedure di tipo pratico. Queste ultime indirizzano l’organizzazione verso il raggiungimento dell’efficienza. In questo senso i due requisiti di legittimità e di efficienza potrebbero essere in disaccordo tra di loro, promuovendo quale soluzione ideale quella di trovare uno stato di accorpamento (Meyer and Rowan, 1977). Alcune azioni e regole vengono giudicate appropriate solo in condizioni specifiche, quindi che il sistema di management potrebbe non essere razionale o efficiente. Le scelte e i sistemi con cui viene gestita l’azienda non dipendono solo dai calcoli razionali, la struttura aziendale è il risultato delle scelte compiute in un contesto istituzionale, caratterizzato da valori culturali specifici. Si presume quindi che in contesti istituzionali diversi, con valori culturali diversi i sistemi di gestione debbano essere differenti gli uni dagli altri.

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La diversità è stata analizzata secondo varie teorie, tutte collocate all’interno del neoistituzionalismo. Boussebaa et al., (2012) hanno indicato tre diverse teorie basate sull’approccio neo-istituzionale:

 Dualità istituzionale

 Il capitalismo comparativo

 post-colonialismo

a. Dualità istituzionale

Con dualità istituzionale si intende la presenza di due contesti istituzionali diversi tra di loro, questo è il caso delle aziende che trasferiscono i sistemi di controllo da un contesto istituzionale diverso rispetto a quello di origine. Kostova (1999) ha analizzato il trasferimento dei sistemi manageriali all’interno delle multinazionali, l’autore ha sviluppato un approccio teorico che individua quali sono i fattori che contribuiscono al successo del trasferimento nelle multinazionali. Nel suo lavoro l’autore ha fatto una differenza tra l’implementazione e l’internalizzazione delle strategie organizzative, l’implementazione misura il grado con cui le procedure formali e le pratiche sono utilizzate, l’internalizzazione invece è la condivisione dei simboli e dei valori su cui trovano fondamento le pratiche adottate dall’azienda. L’internalizzazione si raggiunge se i sistemi manageriali trasferiti sono fusi con i valori dell’azienda, questo avviene quando le pratiche sono accettate dai riceventi, e quando essi vedono i propri valori compatibili con quelli alla base delle pratiche organizzative.

Il successo del trasferimento è legato ai profili istituzionali, intesi come i profili cognitivi, regolatori e normativi (Kostova e Roth, 2002). È legato anche alle

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caratteristiche organizzative della filiale estera e alla compatibilità tra la cultura (Youssfi, 2011) organizzativa e i valori su cui posano le pratiche aziendali (Kostova 1999). L’esistenza di una distanza tra i profili istituzionali, la presenza di una cultura aziendale che non supporta l’apprendimento, la incompatibilità tra i valori simbolici dei sistemi manageriali trasferiti e i valori delle cultura aziendale porterebbero al fallimento dell’internalizzazione delle pratiche. Le pratiche potrebbero essere implementate ma non internalizzate, l’internalizzazione infatti, avviene quando la distanza tra i profili istituzionali è minima, quando esiste un’apertura all’apprendimento da parte delle filiali estere e quando i valori simbolici della strategia organizzativa imposta dall’azienda madre e la cultura aziendale del ricevente sono compatibili tra di loro. In un altro lavoro simile Kostova e Roth (2002) hanno esaminato sotto l’aspetto della dualità istituzionale per quanto riguarda l’adozione delle pratiche organizzative da parte delle filiali estere. Gli autori hanno individuato due fattori decisivi nell’adozione delle pratiche organizzative da parte delle filiali estere. Il primo è il profilo istituzionale del Paese ospitante, il secondo è il contesto relazionale all’interno della multinazionale. Quando la filiale estera dipende o si identifica nell’attività dell’azienda madre l’adozione avrà più chance.

In presenza di due profili istituzionali diversi, quello dell’azienda madre e quello della filiale, il trasferimento e l’adozione delle pratiche organizzative dalla prima alla seconda risulta difficile o potrebbe addirittura fallire. Una delle condizioni necessarie perché ciò avvenga è la compatibilità dei profili istituzionali. Le pratiche organizzative nate in contesti istituzionali simili portano dei valori culturali altrettanto simili, perciò il loro trasferimento avrà successo in quanto le distanze istituzionali e culturali sono minime.

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b. Capitalismo comparativo

Il capitalismo comparato tende a definire le istituzioni attraverso l’uso di qualche indicatore piuttosto che attraverso una esplicitazione dettagliata, le istituzioni vengono ciò definite come variabili unidimensionali (Jackson and Deeg, 2008). Il capitalismo comparato sostiene che le istituzioni sono comprensibili dagli atteggiamenti adottano gli individui. Le istituzioni potrebbero essere raggruppate e definite attraverso alcune dimensioni (Boussebaa et al., 2012). Lo studio della diversità si basa sulla comparazione tra le istituzioni dei vari contesti, dando maggiore attenzione al confronto tra le stesse e alle dimensioni e variabili che le definiscono. A differenza del primo approccio, in questo caso ci si concentra sull’istituzione in sé. L’approccio del capitalismo comparato ha sviluppato una teoria del vantaggio istituzionale, con cui vengono definiti i punti di forza e di debolezza in relazione all’attività economica. Si evita una descrizione teorica e si cerca di approfondire e definire delle dimensioni, o degli indicatori, che potrebbero spiegare l’istituzione e di conseguenza la diversità. L’approccio vede l’istituzione in termini di interdipendenza con gli altri attori del contesto operativo (Aoki, 1994), si cerca ad esempio di capire come le aziende rispondono ai condizionamenti delle varie istituzioni, e qual è il legame che stabilisce una coesione tra le istituzioni e le aziende in un dato contesto.

Le differenze esistenti nei sistemi capitalistici rappresentano una fonte di diversità anche nei sistemi di management, le regole dettate dal sistema capitalistico stabiliscono e diffondono le istituzioni. Il rispetto di queste ultime è condizione necessaria per raggiungere la coesione tra le aziende e l’istituzione (Jackson e Deeg, 2008). Essere in presenza di un sistema capitalistico liberale è diverso dall’avere un

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sistema in cui lo stato agisce come regolatore, in quanto tipi diversi di sistemi possono influenzare in maniera differente le aziende in generale (1Hall and Soskice, 2001).

c. Post-colonialismo

Gli studi sul post-colonialismo si sono sviluppati successivamente al crollo del colonialismo europeo. Con il postcolonialismo si indica cioè, la situazione sociale e culturale del dopo colonialismo (Bhabha. 1994), caratterizzata dall’apparizione simultanea di economie sviluppate e di economie arretrate, economie forti ed altre deboli.

Con la globalizzazione e l’espansione a livello mondiale delle multinazionali appartenenti alle economie sviluppate, e la diffusione e l’implementazione dei sistemi di management provenienti dai Paesi sviluppati, è stato introdotto il termine postcolonialismo negli studi di manageriali. Si parte dal presupposto che i Paesi sviluppati o, come vengono chiamati, Paesi del Nord detengono e dominano la gestione della conoscenza (Jack and Westwood, 2006; Westwood, 2001). Queste multinazionali hanno contribuito, tramite le loro filiali, alla diffusione di sistemi di controllo provenienti dai Paesi che detengono il potere. Le multinazionali hanno un’ottica coloniale nella diffusione dei sistemi manageriali (Frenkel & Shenhav, 2003, Westwood, 2009; Prasad, 2003). Le multinazionali, detenendo il potere e la conoscenza, impongono la loro modalità di gestione alle filiali. L’ottica coloniale impone anche la sottovalutazione degli strumenti utilizzati dalle economie meno sviluppate, legittimata da questi due elementi. Questa situazione è stata rafforzata dalla globalizzazione e dalla diffusione di organismi internazionali di provenienza

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Occidentale, dalla diffusione del sistema educativo basato su teorie nate e sviluppate in Paesi del Nord.

Lo studio del trasferimento dei sistemi di management all’interno di questo approccio non può essere ridotto a caratteristiche di tipo istituzionale (Boussebaa et al., 2012). Mentre i primi due approcci considerano l’importanza dei fattori istituzionali, questo approccio aggiunge anche che è il potere delle multinazionali, esercitato secondo un’ottica colonialista, che fa si che siano esse ad imporre le proprie logiche e modi di management alle filiali. Gli approcci basati su una visione puramente istituzionale danno l’importanza maggiore alle forze istituzionali e sottovalutano i processi locali di adattamento (Fourcade and Savelsberg, 2006). Il potere esercitato dalle multinazionali, già consolidato tramite i processi di globalizzazione e il dominio della conoscenza da parte dei Paesi industriali, ha un ruolo fondamentale nel trasferimento delle pratiche di gestione.

Il postcolonialismo utilizzato come approccio di studio implica l’esistenza di due soggetti, uno che detiene la produzione della conoscenza e l’altro che la importa. La logica è simile al colonialismo (Frenkel and Shenhav, 2003), per cui i Paesi sviluppati esportano i loro sistemi di management, mentre quelli arretrati li importano solo. Nell’immaginario delle persone si matura un’idea per cui la condizione di sviluppo economico, il potere detenuto ed i sistemi di management adottati sono collegati. In questo senso, le multinazionali impongono la loro logica perché è quella che ha portato al successo. L’approccio sottostima la diversità culturale, nel senso che, nonostante riconosca la diversità, ne sottovaluta l’influenza sui sistemi manageriali.

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